Immaginate di ammirare la “Venere” di Botticelli da soli all’ora del crepuscolo, avere una Domus di Pompei tutta per voi o visitare la Cappella Sistina e il Cenacolo vinciano senza turisti impenitenti che schiamazzano e pensano solo a come posizionare il selfie stick. Fino a qualche tempo fa, sembrava un sogno. Oggi è una scelta obbligata. Quello dei musei e del turismo culturale è stato il primo settore a chiudere per l’emergenza covid-19 e sarà uno degli ultimi a riaprire. Dopo, solo i ristoranti e i parrucchieri. Il perché è facile capirlo: assembramenti, gruppi di turisti o scolaresche e lunghe code in attesa di entrare. Per almeno un anno, e forse di più, sarà tutto un lontano ricordo.
Dopo due mesi di lockdown obbligato, il settore del turismo è stato “il più colpito” come ha ammesso il premier Giuseppe Conte: secondo l’ultimo bollettino dell’Enit (Agenzia Nazionale Turismo), nel 2020 la spesa turistica in Italia vedrà un crollo di 66 miliardi di euro, di cui 46 dovuti al calo dei viaggiatori italiani e 20 di quelli stranieri. Poi ovviamente c’è tutto l’indotto – alberghi, ristoranti, consumi – che potrebbe far raddoppiare fino a 120 miliardi le perdite. A risentirne di più saranno le città che dipendono maggiormente dal turismo internazionale: rispetto al 2019 Venezia farà registrare un calo del 43,4%, Firenze del 36% e Milano del 25,8%. Secondo l’ente del turismo, per tornare alla normalità dovremo aspettare addirittura il 2023.
Nel frattempo se i musei non si sono mai fermati con iniziative social (gli Uffizi sono sbarcati addirittura su Tik Tok), guide virtuali e piattaforme dove portare il museo “a casa tua” (Pinacoteca di Brera, Museo Egizio di Torino e le Gallerie Estensi di Modena), entro maggio dovranno riaprire i battenti adeguandosi alle misure di sicurezza. La data cerchiata in rosso sul calendario è il 18 maggio ma in realtà è piuttosto indicativa: l’impressione è che musei e monumenti andranno in ordine sparso. “Noi siamo pronti a riaprire subito dal 18 – dice al Fatto Quotidiano il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt – abbiamo già tre mostre in allestimento”. Lo stesso potrebbero fare anche la Pinacoteca di Brera, i Musei Vaticani, Pompei e il Colosseo mentre altri, come il Museo Egizio di Torino, apriranno a inizio giugno. Ma come? Il primo accorgimento è quello di contingentare le entrate: meno ingressi, più spazi interni. L’idea è anche quella di eliminare completamente le code all’entrata: “Dovremo solo potenziare l’algoritmo che stiamo utilizzando da mesi in collaborazione con l’Università dell’Aquila – continua Schmidt – ogni turista che prenota la visita agli Uffizi riceve un codice, una data e un orario e basterà presentarsi a quell’ora evitando la coda. Questo ci permette di controllare gli ingressi e spalmarli durante tutta la giornata evitando assembramenti sia fuori che dentro il museo”. Ogni struttura e parco museale dovrà studiare una strategia calcolando una media di visitatori per sala o per area così da far rispettare la distanza di sicurezza di un metro e ottanta. Ovviamente il tutto regolato da una rete di videosorveglianza già esistente in grado di “scaglionare” le entrate.
Secondo le prime stime, per i musei più grandi (Vaticani e Uffizi) non entreranno più di 30/40 persone alla volta: “Grazie al nostro software, ogni visitatore ha 44 metri quadri a disposizione dentro il museo” spiega Schmidt. Al Cenacolo di Leonardo da Vinci non potranno entrare più di dieci persone e anche la Pinacoteca di Brera sta studiando come contingentare gli ingressi: “Dobbiamo pensare che il pubblico andrà rassicurato comunicando che a Brera si è più sicuri e lontani dal rischio di infezione – assicura il direttore James Bradburne – Brera dovrebbe essere un’isola di tranquillità”. Anche per il Museo Egizio di Torino si potrà solo prenotare online e gli ingressi saranno scanditi a intervalli temporali (ogni 7 minuti circa), mentre a Pompei alcune Domus che non permetteranno di rispettare le distanze saranno chiuse al pubblico.
A cambiare poi saranno soprattutto le modalità di fruizione. Se tutto dovrebbe rimanere uguale per i grandi monumenti all’aperto come il Colosseo o Pompei, quelli al chiuso stanno programmando nuovi percorsi per evitare assembramenti. I Musei Vaticani resteranno chiusi la mattina e apriranno il pomeriggio e la sera, mentre se le audioguide al momento non saranno utilizzabili, l’idea è quella di cambiare i percorsi interni delle mostre: “La disposizione delle sale sarà diversa – annuncia il direttore degli Uffizi – ci sarà una ‘social distancing’ anche tra le opere più famose dove spesso si accalcano più persone”.
Poi c’è la questione delle norme di sicurezza. Confcultura nei giorni scorsi ha stilato un vademecum di regole da rispettare: tra queste il distanziamento sociale, il lavaggio frequente delle mani, l’utilizzo di gel disinfettanti e delle mascherine. In ogni sala ci dovranno essere erogatori di gel disinfettante e l’areazione interna dovrà avvenire di frequente. Tutto questo senza mettere in pericolo le opere all’interno delle sale. Al Cenacolo di Santa Maria delle Grazie a Milano, per esempio, è obbligatoria la sanificazione da polveri e impurità e per questo gli ingressi potrebbero essere dimezzati. Anche se non sarà obbligatorio, alcuni musei – Vaticani e Uffizi – stanno già installando dei termoscanner all’ingresso per misurare la temperatura corporea dei visitatori.
Nonostante la crisi economica e l’incertezza sul futuro, secondo i direttori dei musei più importanti d’Italia l’emergenza potrebbe trasformarsi in una grande opportunità per il turismo italiano: “È vero, non avremo più un milione di visitatori quest’anno e abbiamo già perso 10 milioni di euro – spiega Schmidt – ma questi mesi saranno come quelli del post-alluvione di Firenze del 1966 e della bomba di via dei Georgofili del 1993: quando ci sarà il vaccino, tornerà a esplodere il turismo di massa e dovremo farci trovare pronti. Dobbiamo ripensare a un modello nuovo: quello che io chiamo lo slow tourism”. Insomma, tra la Firenze che muore di troppi turisti e quella che muore perché non ce ne sono più, andrà trovata una via di mezzo. Una posizione condivisa dal direttore di Brera, Bradburne: “La crisi è anche un’opportunità per riflettere e ripensare cosa è un museo e cosa è una biblioteca, ma sempre tenendo fermi i nostri valori” dice. E come? “In questi mesi avremo solo visitatori italiani ma quando torneranno i flussi esteri dobbiamo cercare di ridurre il turismo ‘mangia e fuggi’ incentivando la fruizione del museo in più giorni, le visite legate ad altri luoghi della città e la valorizzazione della cultura locale”. L’esempio è piuttosto emblematico: “Secondo i nostri dati solo il 5% di chi viene a vedere il Rinascimento degli Uffizi va a visitare anche il Museo di San Marco – conclude Schmidt – e poi il turista di Monaco che arriva a Firenze e va a mangiarsi la pizza e a bersi una birra, invece di gustarsi una bistecca con un bicchiere di rosso, ha già sbagliato tutto. Se riusciremo a vincere questa sfida potremo uscire più forti da questa crisi”.