Francesco Starace era talmente sicuro di ottenere il terzo mandato alla guida di Enel che si è stupito quando il governo non gli ha lasciato il diritto di scegliersi il presidente. E si è stupito ancora di più quando, anziché proclamarlo amministratore delegato a vita con monumento equestre, i Cinque Stelle gli hanno fatto secca la fedele presidente Patrizia Grieco. Il Pd che non adora Starace – l’antipatia per la sua protervia unisce un’ampia fascia che va da Giuseppe Conte a Nicola Zingaretti fino a Massimo D’Alema – ha avallato l’indicazione del nuovo presidente, l’avvocato Michele Crisostomo, e del consigliere Costanza Esclapon, una comunicatrice con una carriera in gran parte accanto a Luigi Gubitosi di Telecom.
Starace ha fatto l’inferno contro le due nomine ma, come succede in questi casi, ha ottenuto solo di dare più soddisfazione a chi ha deciso di punirlo. Cristosomo è di certo più avvezzo a vicende bancarie che elettriche, ma è pronto ad appoggiare il progetto governativo della rete telefonica unica che Starace ostacola strumentalmente assieme all’unico alleato che gli è rimasto (a parte lo storico mentore Matteo Renzi): se stesso.
Ora si dirà: che c’entra l’infrastruttura di Internet con la multinazionale dell’energia? Bella domanda. Tutto nacque quando il governo Renzi pensò di fare concorrenza alla privatizzata Telecom sulla rete. A dicembre del 2014, all’alba dell’epoca renziana che si credeva eterna, fu così lanciata Open Fiber, a metà tra Cassa Depositi e Prestiti ed Enel. La nuova e vuota società ha vinto con enormi ribassi i bandi di gara per portare la fibra ottica nelle case delle zone più disagiate dell’Italia. E nel frattempo, tra enormi ritardi e difficoltà dei suoi cantieri di cablaggio, si è messa a battagliare con Telecom, che ha proprio la Cdp come secondo azionista.
Il governo, sul punto compatto come non mai, vuole un grande operatore di rete con la fusione in Telecom di Open Fiber. Ma Starace frena perché vuole che la sua quota in Open Fiber sia strapagata, riconoscendogli una plusvalenza sull’investimento fatto. E mentre si fa sovrastimare Open Fiber da Mediobanca, aumenta le offerte combinate di Enel col binomio internet-elettricità. Tra le più recenti c’è la più bizzarra, quella con Melita, azienda maltese appena sbarcata in Italia e subito accolta da una sinergia con Open Fiber. Anche negli ultimi giorni Enel ha proposto ai suoi clienti un contratto combinato con Melita a prezzi di saldo, dimostrando di crederci parecchio. Sicuramente ci crede Starace, che risulta tra i consulenti del fondo d’investimento Eqt, proprietario di Melita. A parte i potenziali conflitti d’interessi, Starace non vuole riconoscere le attuali imbarazzanti dimensioni di Open Fiber: 186 milioni di fatturato e 117 di perdita netta nel 2019. Enel ha a bilancio il 50 per cento di Of a 384 milioni, e Starace vorrebbe uscire dalla partita con un’ampia plusvalenza, vendendo la sua quota a non meno di 500 milioni, meglio se 700.
Cifre irrilevanti per un gruppo che nel 2019 ha aumentato i suoi debiti di 5,5 miliardi, toccando quota 61,5. Ma non è questione di soldi: Starace vuole poter dire che Open Fiber è stata una grande operazione di successo, un puntiglio irrinunciabile per un uomo che non vuole smentirsi o subire una decisione che non ha concordato.
L’istinto di imporsi sempre l’ha indotto, alla vigilia della presentazione delle liste per il Cda, a battersi con tutti i mezzi – anche spedendo in avanscoperta i suoi consulenti a spargere veleni – per bloccare le nomine di Crisostomo e Esclapon. Il primo ha due difetti: gli è sconosciuto e non è benedetto da lui. Il 48enne avvocato di origini salentine (da qui la leggenda che lo vuole tra i protégé di D’Alema) arriva all’Enel in schietta quota 5 Stelle, voluto dal sottosegretario Riccardo Fraccaro. E il suo mandato è quello di aiutare la nascita della rete unica. Anche Esclapon è in quota Cinque Stelle, anche se i suoi legami con Gubitosi sono così solidi che qualcuno la considera “in quota Telecom”.
Starace avrà sicuramente le sue buone ragioni per lamentare con l’azionista di controllo, il Tesoro, che d’ora in poi quando il cda Enel parlerà di fibra ottica sarà come avere in sala un uditore di Gubitosi. Ma deve prendersela con se stesso se ha tardato a capire che adesso al governo ci sono i Cinque Stelle. I quali non hanno gradito il lavoro di sabotaggio di Starace e hanno scelto con cura nomi a lui sgraditi per il cda. I pentastellati sono stanchi di scontare l’atteggiamento isterico di Starace su Open Fiber. Neanche il premier Conte ne ha un buon giudizio e il Pd di Nicola Zingaretti lo reputa legato in maniera indissolubile alla stagione renziana. Anche per questo Starace ha tentato di agganciare D’Alema ma non è riuscito a entusiasmarlo, diciamo.
Per ragioni forti – la pandemia, la continuità, il Quirinale – e perché Enel ha fatto egregi numeri negli anni scorsi, Starace non ha rischiato la poltrona. Ma il suo terzo mandato, circondato da un cda non più amico, e un governo azionista che diffida di lui, comincia in ripida salita.