La certezza sono le 21.758 assunzioni dal 21 febbraio al 24 aprile. Sono 4.535 medici, 10.265 infermieri e 4.579 operatori socio-sanitari che vanno a irrobustire la Sanità pubblica. Non riempiranno tutti i vuoti d’organico scavati negli anni ma sono una boccata d’ossigeno per un sistema che ha retto come ha potuto, anzi non sempre ha potuto reggere all’emergenza che ha travolto il Paese dal 20 febbraio. Il resto è affidato al “fu” decreto aprile, ormai destinato ad essere emanato a maggio: dal ministero dell’Economia fanno sapere che tra Servizio sanitario e Protezione civile si ragiona su 4 miliardi e conviene sempre ricordare che il Ssn ha perso 37 miliardi in dieci anni, secondo i calcoli della Fondazione Gimbe.
I numeri ricordano che l’epidemia è in pieno corso: ieri 382 morti, più dei 333 dei 260 di domenica, hanno portato il totale a 27.359; ancora 2.091 nuovi casi e siamo a 201.505, superando un’altra soglia psicologica; scendono ormai dai primi di aprile i pazienti in terapia intensiva (dai 4.068 del 3 aprile ai 1.863 di ieri, 93 in meno rispetto a lunedi) e quelli ricoverati (dai 29.010 del 4 aprile a 19.723, 630 in meno in un giorno); da dieci giorni diminuiscono anche gli attualmente positivi (105.205, 608 in meno da lunedì), che sono sempre e solo quelli noti a fronte di centinaia di migliaia mai registrati da tamponi e statistiche.
La sfida, per il ministro Roberto Speranza e le Regioni, è sempre quella. Sorveglianza, controlli, tamponi. Entro sabato un provvedimento del ministro della Salute, decreto o circolare non si sa ancora, stabilirà parametri e soglie per dare consistenza all’allegato 10 del Dpcm 26 aprile di Giuseppe Conte, cioè indicherà i limiti superati i quali dopo il 4 maggio si richiuderà tutto per tornare alla “fase 1”. Non c’è solo il monitoraggio di R0, il tasso di riproduzione del virus, quante persone sono infettate in media da un contagiato, che ora secondo l’Istituto superiore di sanità (Iss) è tra 0,5 e 0,7 ma secondo stime indipendenti è più vicino a 1. Il monitoraggio della “fase 2”, come da allegato 10, dovrebbe riguardare anche la rediness, la prontezza, l’abilità nell’individuare e testare i sospetti, risorse adeguate per il contact-tracing, l’isolamento e la quarantena, i carichi sugli ospedali e sul sistema sanitario. Servirà ma non basterà la app, che almeno a metà maggio – conferma il commissario Domenico Arcuri – arriverà. Il provvedimento di Speranza dovrebbe rafforzare i dipartimenti di prevenzione distrettuali delle Asl oltre che gli ospedali. La battaglia si vince sul territorio, prima che i malati gravi arrivino in ospedale.
Speranza e i suoi tecnici sanno bene che: 1) la pandemia ha mostrato una serie di falle del Servizio sanitario; 2) l’aumento dei contagi dopo le riaperture, per quanto calmierate, è scontato, c’è solo da augurarsi che non sia troppo violento e arrivarci più preparati che a febbraio. Oggi, secondo il professor Gianni Rezza dell’Iss, passano 15 giorni tra il contagio, i sintomi, il tampone (quando te lo fanno) e la notifica che poi finisce nel bollettino della Protezione civile. O si riduce quel tempo o l’andamento si capirà solo quando i malati torneranno a premere su pronto soccorso e ambulatori.
Innanzitutto si lavora al potenziamento della rete strutturale degli ospedali: vanno potenziati gli ospedali Covid, ma pure rideterminati i posti letto per i non Covid. In questi due mesi la medicina si è concentrata quasi esclusivamente sul coronavirus, trascurando molte altre patologie. Ma le cose non possono continuare così. Poi, si lavora al potenziamento della rete territoriale e assistenziale e di quella domiciliare. Il terzo piano riguarda il sistema di monitoraggio della diffusione del virus, il contact tracing (App, test sierologici, verifica dei dati). Sono sul filo e lo sanno, il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri lo dice: “Non si può programmare una riapertura senza avere la certezza di Usca e servizi territoriali, medici di Medicina Generale, medici competenti in Sanità pubblica e utilizzo dei tamponi”, ha detto a Sky Tg24 il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri. Ancora: “Nella fase 2 saranno i medici di base a fare i tamponi”. Vedremo. Secondo “si stanno colmando tutte le lacune necessarie. A mio avviso è molto meglio rinviare di qualche giorno la riapertura se tutto il sistema non è pronto”.