In tutto il mondo molti Paesi usano la tecnologia digitale contro la pandemia da coronavirus attraverso il tracciamento degli smartphone per monitorare gli spostamenti della popolazione e tracciare i contatti (contact tracing) delle persone infette o a rischio. La localizzazione avviene grazie alla collaborazione delle società produttrici dei sistemi operativi dei telefoni mobili e di telecomunicazioni e anche attraverso lo sviluppo di applicazioni (app) da scaricare sui cellulari. Queste mosse però hanno alzato l’allarme sui rischi per i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini da parte del Parlamento europeo, dei garanti per la privacy e di molte associazioni. La Commissione Europea ha dettato linee guida agli Stati membri della Ue per un approccio comune sulle app e dei dati mobili come misure eccezionali e temporanee che devono rispettare le norme internazionali ed europee. Una panoramica della situazione a livello internazionale è contenuta nel rapporto “Il tracciamento dei dispositivi mobili per combattere il coronavirus” redatto da Costica Dumbrava per Eprs, il Servizio di ricerca parlamentare europeo.
La maggior parte degli Stati Ue ha scelto i sistemi di tracciamento a corto raggio basati sulla tecnologia Bluetooth invece di quelli basati sulla posizione usati da alcuni Paesi asiatici, meno rispettosi della privacy. In Italia l’app “Immuni” che sarà realizzata dalla società Bending Spoons userà il protocollo centralizzato di gestione dei dati del consorzio Pepp-Pt. In Austria il 17 marzo l’operatore di tlc A1 ha trasmesso al governo le analisi sui movimenti dei cittadini e l’app Stopp Corona della Croce Rossa austriaca, già scaricata 400mila volte e prima in Europa, sarà aggiornata per appoggiarsi invece che a Pepp-Pt ai concorrenti di DP-3T che usano dati decentralizzati. In Belgio il governo ha istituito una task force per analizzare i dati anonimi delle società telefoniche. La Bulgaria ha approvato una legge che consente alla polizia di richiedere i dati degli operatori telefonici e di internet sulle persone in quarantena obbligatoria. Gli operatori internet sono obbligati a conservare i dati per sei mesi e a trasmetterli alla polizia su richiesta. Ma vi sono stati casi di discriminazione etnica: nella città di Burgas le autorità locali hanno usato un drone dotato di termocamera per misurare la temperatura delle persone in un quartiere abitato soprattutto dalla minoranza Rom. In Croazia i cittadini possono segnalare alla polizia con una app violazioni della quarantena. La Repubblica Ceca chiederà il consenso degli infetti alla condivisione dei dati dei loro cellulari e delle loro carte di pagamento per tracciarne i contatti. A Cipro le persone infette saranno monitorate con i braccialetti elettronici.
La Polonia ha rilasciato un’app chiamata “Quarantena domestica” obbligatoria per i positivi o potenzialmente infetti. Gli utenti devono inviare periodicamente selfie localizzati per provare che sono a casa, altrimenti arriva la polizia. L’account dura 14 giorni dall’attivazione ma i dati saranno conservati per sei anni. In Slovacchia l’Ufficio di sanità pubblica può usare i dati degli operatori di tlc per tracciare su base consensuale le persone infette o in quarantena obbligatoria e la polizia può identificarle dopo il via libera di un giudice. In Spagna i Governi di Madrid e della Catalogna hanno rilasciato app di tracciamento basate sullo standard decentralizzato DP-3T. Nel Regno Unito BT, uno dei maggiori operatori di tlc mobili, sta testando con il Sistema sanitario nazionale un’app di tracciamento in una base dell’aeronautica militare. Anche l’Islanda ha lanciato un’app volontaria. La Svizzera lancerà un’app basata su DP-3T l’11 maggio. Anche l’Estonia studia un’app basata su DP-3T, mentre l’Irlanda ha affidato lo sviluppo di un’app Bluetooth alla società Nearform.
In Francia l’operatore di tlc mobili Orange condivide dati di geolocalizzazione aggregati e anonimizzati con Inserm, un istituto di ricerca pubblico sulla salute, mentre il governo sta sviluppando un’app di tracciamento chiamata StopCovid. Ma venerdì scorso le multinazionali statunitensi Apple e Google hanno respinto le richieste di Francia e Germania di adeguarsi al loro approccio centralizzato sul contact tracing basato sullo standard Pepp-Pt. Apple e Google, i cui sistemi operativi gestiscono il 99% degli smartphone mondiali, hanno dichiarato che entro questa settimana lanceranno invece versioni di prova di app basate sullo standard decentralizzato DP-3T. Un alto funzionario francese ha spiegato all’agenzia Reuters che “gli Stati europei sono stati tenuti in ostaggio da Google e Apple”.
La Germania ha invitato Apple a supportare l’app centralizzata sviluppata dal centro di ricerca Fraunhofer Hhi per il Robert Koch Institute, l’agenzia federale di risposta sanitaria al coronavirus, alla quale Deutsche Telekom trasmette dati anonimi sulla posizione dei suoi utenti. L’Autorità tedesca per la privacy ha ribadito la necessità di rispettare i principi di protezione dei dati e Berlino ha dichiarato che le app saranno solo volontarie. Secondo una portavoce del governo “la Germania si fida del Robert Koch Institute mentre con il sistema decentralizzato devi fidarti di Apple e Google”. Parigi e Berlino vogliono che le loro app di tracciamento funzionino anche se il telefono non è sbloccato e chiedono che il Bluetooth resti sempre acceso. Apple e Google invece rifiutano di consentire il monitoraggio Bluetooth di altri dispositivi in esecuzione in background sui loro sistemi operativi spiegando che così si accetterebbe la sorveglianza statale. Google ha definito il protocollo decentralizzato DP-3T sviluppato da un team svizzero “la migliore soluzione per il rispetto della privacy”. Di norma i Paesi Ue sono attenti alla privacy mentre le società Usa sono “affamate” di dati, mentre in questo caso parrebbe il contrario. Ma la verità è che dove vanno i dati va il loro controllo e il loro possibile sfruttamento, anche a fini economici.