Sorteggio per il Csm, Anm boccia la Cartabia

“No al sorteggio”. È l’esito del referendum consultivo indetto dall’Associazione nazionale magistrati chiamati a pronunciarsi sullo strumento per scegliere i candidati del Csm. Viene così bocciato il sistema elettorale maggioritario per l’elezione dei consiglieri togati, opzione prevista, sia pure con dei correttivi, dalla riforma della ministra Cartabia. Contro il sorteggio sono stati 2.470 i voti espressi a fronte di 1.787 favorevoli, per un’affluenza pari al 54,31%. Per quanto riguarda invece il sistema elettorale, la maggioranza ha scelto il proporzionale: 3.189 i voti favorevoli a fronte di 745 a sostegno del maggioritario. Al quesito sul sistema elettorale su 7.822 elettori hanno votato in 4.091 per un’affluenza del 51,97%.

‘Spia dei russi’, militare ora rischia 2 processi

Il 14 febbraio il gup di Roma vaglierà la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura di Roma per l’ufficiale della Marina, Walter Biot, accusato di spionaggio. L’uomo è stato arrestato nel marzo 2021, accusato di vendere notizie coperte da segreto a un funzionario dell’ambasciata russa e rischia due processi. La procura ordinaria gli contesta spionaggio, rivelazione di segreto di stato e corruzione. I pm militari, “procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio”, “procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato”, “esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio” e “comunicazione all’estero di notizie non segrete né riservate”. Fra le parti offese, il Sindacato Militari di Luca Marco Comellini.

Operai mandati a togliere amianto a mani nude. Dieci anni a 4 dirigenti di Isochimica e Ferrovie

Di fronte ai cancelli della ex Isochimica, ad Avellino, un gruppo di operai sopravvissuti a questa fabbrica della morte ha aspettato la sentenza in silenzio. Con loro le vedove e gli orfani di chi non ce l’ha fatta. I giudici erano in camera di consiglio a Napoli, nell’aula bunker di Poggioreale. Ma l’attesa, tra i telefonini in contatto con gli avvocati, era tutta qui, nel Borgo Ferrovia. Il luogo simbolo di una tragedia sul lavoro. Dove decine e decine di operai, alcuni poco più che ragazzini, furono mandati allo sbaraglio, a coibentare i treni delle Ferrovie dello Stato e poi a seppellire l’amianto nel terreno lì intorno. A mani nude. Senza protezioni.

Accadde tra gli anni 70 e ’80 e il dominus di questa storiaccia, il patron di Isochimica Elio Graziano, è morto nel 2017, durante il processo che lo vedeva come principale imputato. Un processo che forse non si sarebbe mai celebrato se non ci fossero state le coraggiose inchieste di un giornalista di Avellino. Si chiamava Enrico Fierro, ha lavorato a lungo al Fatto Quotidiano. Quando era all’Unità pubblicò uno scoop clamoroso: le foto degli operai che interravano di notte l’amianto nelle pertinenze della fabbrica.

Purtroppo Fierro è scomparso a novembre e non ha potuto ascoltare una sentenza che ha reso giustizia alle famiglie di 33 operai deceduti per le patologie correlate alla prolungata esposizione dell’amianto: quattro condanne per omicidio colposo plurimo a dieci anni di reclusione per il responsabile della sicurezza di Isochimica, Vincenzo Izzo, per il suo vice, Pasquale De Luca, nonché per Aldo Serio e Giovanni Notarangelo, funzionari di Ferrovie dello Stato. Il Tribunale ha assolto altri 22 imputati (per lo più politici ed ex amministratori che approvarono delibere su Isochimica) e ha disposto una provvisionale di 50mila euro per le famiglie delle vittime. “Viviamo con una bomba a orologeria addosso. Non sappiamo quando, ma sappiamo che prima o poi esploderà”, disse nel 2013 un operaio al Fatto a proposito delle fibre di amianto rimaste nei loro polmoni.

Il processo, durato sei anni e 127 udienze, nacque grazie all’impulso del procuratore capo di Avellino – oggi in pensione – Rosario Cantelmo, che appena insediatosi spolverò dossier dimenticati negli archivi e disse: “Isochimica sarà una priorità del mio ufficio”. Uno dei suoi pm, Roberto Patscot, era in aula ieri: ora è in forza alla Procura di Napoli, ma si è fatto applicare a questo dibattimento fino alla fine.

Paura per Ferrara: colpito da infarto. “Grave, ma stabile”

Il fondatore del Foglio Giuliano Ferrara è ricoverato all’ospedale Misericordia di Grosseto, dopo un infarto che lo ha colpito giovedì in tarda serata nella sua casa di Scansano, in Maremma. Il 118 lo ha portato d’urgenza al nosocomio dove i medici lo hanno sottoposto a un intervento di angioplastica, prima di trasferirlo in prognosi riservata nel reparto di terapia intensiva cardiologica. Le condizioni del giornalista, che ha 70 anni, sono definite dai sanitari gravi ma stabili. “Fortunamente Giuliano sta migliorando”, ha spiegato in serata la moglie Anselma Dell’Olio. Unanime la vicinanza del mondo politico. “Forza Giuliano, grande amico mio!”, ha twittato Silvio Berlusconi. “Vicino con affetto a #GiulianoFerrara, in queste ore di sofferenza”, il messaggio di Piero Fassino. “Forza Giulianone, siamo tutti con te!”, gli ha fatto eco Guido Crosetto. Molti i colleghi che hanno fatto sentire la propria vicinanza al giornalista. “Un Elefantino ha stoffa, tempra, coraggio. Tornerà presto, ne sono sicuro”, ha aggiunto il direttore de La Stampa Massimo Giannini.

Studenti in piazza contro lo “scuola-lavoro”. Cariche e feriti a Napoli, Torino e Milano

Cariche e manganellate contro gli studenti in marcia contro l’alternanza scuola-lavoro a Torino, Napoli e Milano, in una giornata di mobilitazione e tensione nelle piazze italiane organizzata per protestare dopo la morte di Lorenzo Parelli, 18enne schiacciato da una barra d’acciaio di 150 chili nello stabilimento della Burimec a Lauzacco di Pavia (Udine) il 21 gennaio.

Dieci ragazzi sono rimasti feriti ieri mattina a Torino, dove gli agenti del reparto Mobile hanno caricato il corteo portato in piazza dal Kollettivo Studenti Autorganizzati per ricordare il giovane friulano. “La vostra scuola uccide”, era il nome dato alla manifestazione: “In Italia le morti sul lavoro nel 2021 hanno sfiorato le 1.400 – si legge nel volantino –. Anche noi andiamo a sommarci a questi grafici, dal momento che chi dovrebbe tutelarci ci butta dentro il calderone senza pensarci due volte”. I giovani si erano riuniti per un sit-in (i cortei sono vietati in zona arancione) e poi hanno deciso di partire in corteo, la polizia si è adoperata per fermarli e un agente è rimasto ferito.

Altri disordini sono avvenuti a Napoli, dove sono stati caricati i manifestanti, tra cui alcuni antagonisti dei centri sociali, che hanno lanciato vernice rossa contro la sede dell’Unione industriali, e a Milano. Qui il corteo con circa 300 persone tra studenti, centri sociali, anarchici e sigle sindacali Fiom Cgil e Si Cobas, si stava dirigendo verso la sede di Assolombarda per depositare all’ingresso una finta trave d’acciaio insanguinata, fatta di cartapesta, ma il percorso è stato bloccato dalla polizia. Cortei anche a Lucca e a Roma, dove si è verificato qualche momento di tensione quando i manifestanti che hanno lanciato vernice rossa contro gli agenti. “Lorenzo ha perso la vita durante una attività che il ministero dell’Istruzione considerava formativa. Non vogliamo che la sua morte passi in secondo piano – ha detto Tommaso Biancuzzi, coordinatore nazionale della Rete degli Studenti medi, che ha lanciato la mobilitazione –. Non vogliamo un’istruzione che ci insegni che il lavoro è morte e precarietà”.

Nel frattempo ieri è stata eseguita l’autopsia sul corpo di Parelli. Oltre al legale rappresentante dell’azienda, una seconda persona è indagata nell’inchiesta della procura di Udine. Si tratterebbe del primo operaio che soccorse il ragazzo. Oggi la salma potrebbe essere riconsegnata alla famiglia assieme al nullaosta per la sepoltura.

Biden: sui Bitcoin in gioco sicurezza nazionale Usa

Un ordine esecutivo della Casa Bianca per introdurre regole nel Far West delle criptovalute. Lo sta preparando l’amministrazione Biden, dopo aver definito la regolamentazione del bitcoin “una questione di sicurezza nazionale” per gli Stati Uniti. L’ordine esecutivo della Presidenza mira a mettere ordine nell’approccio del governo sul settore, un ambito vastissimo che spazia dai controlli finanziari e antiriciclaggio all’autorizzazione di prodotti finanziari, dalle verifiche sulla stabilità delle società del settore alla misurazione e limitazione delle emissioni causate dai consumi di elettricità delle imprese energivore che “minano” il bitcoin. Sinora le criptovalute si sono mosse in un sostanziale vuoto giuridico, parzialmente colmato dalla rincorsa regolamentare di agenzie di controllo e Autorità finanziarie, specie sul fronte antiriciclaggio. Un problema che riguarda l’intero sistema economico e finanziario globale, vista l’applicazione sempre più ampia della tecnologia blockchain.

Il memorandum dell’amministrazione Biden sulla sicurezza nazionale, che dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, incaricherà alcune agenzie governative di analizzare gli asset digitali e di assemblare un quadro normativo che copra criptovalute, stablecoin e Nft (token non fungibili). Nell’iniziativa saranno coinvolti il ​​Dipartimento di Stato, il Dipartimento del Tesoro, il Consiglio economico nazionale e il Consiglio dei consulenti economici, oltre al Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. L’amministrazione Biden incaricherà le agenzie di lavorare anche sull’armonizzazione delle normative sulle criptovalute e gli asset digitali emanate da altri Paesi, in modo da proporre una sorta di linee guida regolamentari intorno alle quali si possa costruire un consenso internazionale, vista la dimensione globale del fenomeno.

Alle agenzie Usa sarebbero concessi dai tre ai sei mesi per presentare proposte, riservando alla Presidenza il ruolo di coordinamento. Sinora il tema è stato affrontato da varie agenzie tra cui la Sec, l’equivalente Usa della Consob, e la Commodity Futures Trading Commission (Cftc), l’ente che regola i derivati finanziari, che si sono scontrate e divise sulla regolamentazione dei token, la supervisione delle piattaforme di scambio (gli exchange) e le regole per le stablecoin, le criptovalute “agganciate” a una moneta ufficiale. Anche al Congresso di Washington sono andate in scena in diverse audizioni le divisioni tra repubblicani e democratici, mentre alcuni Stati come il Texas si muovono in autonomia per attrarre le attività di mining. A novembre la Casa Bianca aveva pubblicato un rapporto sulle stablecoin , chiedendo al Congresso regole sul settore. All’inizio del mese la Federal Reserve ha pubblicato un rapporto sul progetto di un dollaro digitale (Cbdc) e ha chiesto il sostegno di Casa Bianca e Congresso.

Anche altri Paesi considerano le criptovalute una questione di sicurezza economica nazionale. La Banca centrale russa e il ministero delle finanze di Mosca in settimana hanno affermato che mining e trading di bitcoin devono essere regolati in modo più rigoroso. Nei mesi scorsi Pechino, alle prese con la crisi energetica, ha bandito dalla Cina tutte le attività di mining.

Diamanti, così Banca d’Italia ha cercato di coprire le tracce

Lo scandalo dei diamanti venduti in banca torna a bussare con forza in Banca d’Italia, dopo che Report il 13 dicembre scorso ha intervistato il whistleblower della Vigilanza, Carlo Bertini, sui rapporti tra il broker di pietre Dpi e Mps. Via Nazionale afferma di aver fatto tutto il possibile per prevenire la truffa e di aver collaborato con la magistratura (linea che ribadirà l’8 febbraio alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche). Tutto vero, ma solo in parte. Nel carteggio con la pm Maria Grazia Colacicco della Procura di Milano, che per oltre tre anni ha indagato sulla vicenda chiedendo il rinvio a giudizio di 105 manager e cinque società tra le quali il broker Idb, Banco Bpm, Banca Aletti, UniCredit e Mps, così come nella risposta a Report, Bankitalia ha dimenticato un documento fondamentale: la nota 277652 del 30 marzo 2011, relativa a “Diamond Private Investment. Intermediazioni diamanti da investimento e commercio al dettaglio e all’ingrosso”. Un parere con il quale la Vigilanza “non aveva sollevato obiezioni in merito all’attività di Dpi, né aveva chiesto l’adozione di particolari cautele da parte delle banche, limitandosi a rinviare alle generali disposizioni in tema di organizzazione e controlli interni e di tecniche di attenuazione del rischio da parte degli istituti bancari”. Parola dell’Antitrust, che cita quel documento nella relazione con la quale il 20 settembre 2017 sanzionò Dpi (un milione), Mps (2 milioni) e Intesa Sanpaolo (3).

La nota del 30 marzo 2011 fu inviata da Banca d’Italia a Dpi in risposta ai quesiti che il broker aveva inviato in via Nazionale l’11 ottobre 2010. La risposta di Banca d’Italia era fondamentale: solo il giorno dopo aver avuto l’ok di via Nazionale Dpi pubblicò per i suoi clienti lo studio “I diamanti, una forma di investimento” e il successivo 16 giugno firmò la collaborazione col Montepaschi. Lo si apprende da un memorandum di 153 pagine sulla vicenda, redatto da Deloitte il 28 maggio 2018 per il consiglio di amministrazione di Banca Mps. Nel documento si legge che “Dpi aveva formulato anche a Banca d’Italia stessa alcuni quesiti ‘in merito alla possibilità per le banche di vendere diamanti per suo conto”. Secondo quanto prospettato da Dpi, l’attività delle banche sarebbe consistita in 1) divulgare alla clientela materiale informativo sui prodotti offerti; 2) profilare e valutare la propensione al rischio della clientela interessata ai diamanti; 3) raccogliere gli ordini e 4) ricevere i pagamenti. La Dpi faceva presente che l’acquirente avrebbe avuto la facoltà di avvalersi della sua assistenza nell’eventuale rivendita del diamante, conferendo a Dpi stessa un apposito incarico remunerato (senza patto di riacquisto, né garanzia di rivendita)”.

Nella risposta, secondo Deloitte, “Banca d’Italia riteneva (tra l’altro) che ‘le attività prospettate potessero considerarsi connesse a quella bancaria’ e richiamava l’attenzione su alcuni aspetti che avrebbero dovuto essere approfonditi dalle banche “in sede di proprie valutazioni sull’attivazione o meno dell’attività”, restando “nella completa discrezionalità e responsabilità della banca scegliere se svolgere o no tali attività in base ad attente valutazioni”. Dunque Banca d’Italia dava via libera a Dpi purché le banche valutassero da sé se “il vino era buono”. Come avrebbero potuto non apprezzarlo, dato che dal business con Dpi incassavano commissioni fino al 24%?

La risposta di Banca d’Italia è citata anche in un parere legale di 25 pagine redatto sempre il 28 maggio 2018 dal professor Francesco Carbonetti per il consiglio di amministrazione di Mps, che tra il 2013 e il 2016 sui diamanti ricevette ben 32 documenti allegati all’ordine del giorno delle sue riunioni. Nel carteggio con la Procura di Milano, firmato dal capo del servizio Supervisione Fabio Bernasconi e dall’ex numero uno della Vigilanza Carmelo Barbagallo, Banca d’Italia afferma di aver dato “un nulla osta generico” nel 1998 alle vendite allo sportello di prodotti come monete, orologi o viaggi, considerandoli “connessi” ai servizi bancari, e di aver chiesto conto alle banche dei diamanti nel 2017 dopo l’avvio dell’inchiesta Antitrust. Ma non cita la nota del 2011, nonostante alleghi 41 documenti di cui 26 di Mps.

L’Antitrust dice di non poter mostrare la nota. Via Nazionale risponde che “l’8 febbraio è fissata un’audizione della Banca d’Italia alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario. In quella sede saranno approfonditi tutti gli aspetti della vendita dei diamanti, peraltro già ampiamente descritti nei documenti sul nostro sito. Prima di allora non sembra opportuno tornare sul tema, anche per rispetto istituzionale verso i componenti della Commissione parlamentare e per la sua presidente”.

Caltagirone esce dal patto Generali: vuole mano libera

Nuovo colpo di scena nella guerra per le Generali: ieri le società del Gruppo Caltagirone hanno comunicato il recesso unilaterale – con effetto immediato – dal Patto parasociale sottoscritto il 10 settembre con Delfin, la holding di Leonardo Del Vecchio, e Fondazione Crt. La motivazione, si legge in una nota del Gruppo, è che si “ritiene oramai superata la funzione cui il patto era preordinato”. E quindi, anche nell’ottica “di evitare di alimentare ricostruzioni tanto fantasiose quanto infondate circa i contenuti degli impegni reciproci che erano stati convenuti” si è deciso per l’uscita dal patto. Caltagirone presenterà una sua lista autonoma, che potrebbe essere “corta” o lunga”, si legge nella nota, cioè esprimere solo consiglieri di minoranza o puntare alla maggioranza del Cda.

Come noto, i tre “pattisti” vogliono scalzare Mediobanca, primo azionista, dal controllo del colosso assicurativo ed evitare il rinnovo dei vertici, a partire dall’ad Philippe Donnet. Sarà battaglia all’assemblea di aprile. Perché l’uscita di Caltagirone allora? L’ipotesi di uno scontro appare improbabile. Verosimilmente i tre azionisti (che raccolgono il 16% del capitale) hanno deciso di tenersi le mani libere dagli obblighi di comunicazione in capo al patto. Se quest’ultimo dovesse superare il 20%, infatti, scatterebbe l’obbligo di comunicarlo alla Consob, così come se un singolo aderente dovesse superare il 10% servirebbe l’autorizzazione dell’Ivass, l’authority delle assicurazioni. Così possono rastrellare azioni senza lasciare traccia.

Mail Box

 

Domande e risposte sul capo dello Stato

Vi propongo un’idea circa la soluzione dell’elezione del presidente della Repubblica, con un piccolo sacrificio dell’uscente Mattarella, e cioè: la sua disponibilità a ripetere il mandato a condizione che venga modificato in cinque anni, e ripetibile una sola volta, come negli Usa; che dal prossimo turno venga eletto dai cittadini, e che l’Italia diventi una Repubblica Presidenziale tipo cancellierato. In questo modo avremmo un sistema molto più snello, moderno e veramente democratico e il presidente Mattarella sarebbe ricordato come un vero grande statista e non come un semplice ex presidente.

Vilmo D’Intino

Caro Vilmo, nessun presidente può porre condizioni, men che meno su riforme costituzionali. Lo fece Napolitano e infatti fu il peggiore di tutti.

M. Trav.

 

Ma al centrodestra non converrebbe votare un Mattarella bis sicuramente appoggiato anche dai 5Stelle, Pd e Italia Viva per poi, tra un anno, andare a elezioni e probabilmente vincerle? Poi, in seguito alle dimissioni di Mattarella, potrebbero eleggerne uno di loro gradimento (a quel punto anche il Nano di Arcore) visto che avrebbero la maggioranza.

Enrico Zanfini

Caro Enrico, questa è logica: per questo Salvini fatica a capirla.

M. Trav.

 

Ma secondo voi che differenza passa tra un terrapiattista, che crede appunto che la Terra sia piatta, ed Elisabetta Alberti Casellati, che invece ritiene che Ruby sia davvero la nipote di Mubarak?

Federico L.

È leggermente più attendibile il terrapiattista.

M. Trav.

 

Ma Mattarella, quando ha deciso di dare vita al governo Draghi, sapeva che: 1) Entro un anno il suo mandato sarebbe scaduto? 2) Draghi aspirava alla presidenza della Repubblica? 3) Che l’eventuale passaggio diretto da presidente del Consiglio a presidente della Repubblica avrebbe potuto mettere a rischio la tenuta del governo?

Emilio Trotta

Posto che Mattarella sbagliò di grosso a chiamare Draghi, le eventuali aspirazioni di quest’ultimo non potevano né dovevano riguardarlo.

M. Trav.

 

Ove mai succedesse di avere la on. Maria Elisabetta Casellati Mazzanti vien Dal Mare come presidente di cotanta Repubblica, funzionerebbe in modo retroattivo il divieto di vilipendio di capo dello Stato? Nel caso sarei molto preoccupato per il direttore del Fatto: non fosse altro per quella famosa frase “quando smetterò di sentire le puttanate di questa signora”.

Alessandro Colombera

Tranquillo, il reato non è retroattivo. Fermo restando che, se la signora ripetesse quelle puttanate, ripeterei che sono puttanate.

M. Trav.

 

Portalettere o avvocati? Che spasso queste email

Leggo molto divertito dello scambio di risposte via lettere fra Travaglio e avvocati vari. Ma come sono permalosi e suscettibili questi avvocati? O devo pensare che la verità offende, e che troppi di loro sono portalettere fra detenuti al 41-bis ed esterni?

Francesco Collecchia

 

Caro Francesco, conosco decine di avvocati veri e seri che mai scriverebbero lettere così tragicomiche.

M. Trav.

 

Schiena dritta contro i mafiosi al 41-bis

Ma al 41-bis non ci va gente che, data la sua pericolosità, deve stare in isolamento? Che “isolamento” è poter scrivere al proprio avvocato senza nessuna vigilanza o controllo? Meno male che il nostro direttore ha la schiena dritta: tutto potranno dirgli, tranne che che è affetto da cifosi, scoliosi, lordosi ecc.

Maria Letizia Grilli

 

Chi ha il richiamo può ancora ammalarsi

Leggevo che con la terza dose si avrà il Green pass illimitato. Ma sono pazzi questi funzionari dei ministeri? Mio cugino ha fatto la terza dose due mesi fa e ha contratto comunque il virus: e infatti ora è chiuso dentro casa. E non è affatto l’unico caso di malati Covid vaccinati che conosco. Ma sono dei pazzi a dare queste indicazioni?

Omero Terrin

 

Sì.

M. Trav.

 

Addio cara Anna Maria dalla famiglia del “Fatto”

Vorrei porgere le mie sentite condoglianze a Marco Pellegrini per la morte della mamma Anna Maria Rizzuto, come me, grande lettrice entusiasta del Fatto. Ricordo quella lettera e un epilogo così triste mi ha davvero toccato. Noi, lettori e giornalisti della famiglia Fatto, ci sentiamo legati da un affetto un po’ speciale. Almeno io penso e sento così.

Carmen Puricelli

Ingiustizie. “La Sanità è ingolfata per colpa degli evasori e dei no-vax”

Caro direttore Travaglio, tempo fa, alla lettera di un lettore che poneva la domanda se far pagare le spese sanitarie di ricovero in ospedale per Covid-19 a chi non è vaccinato, lei ha risposto che il Servizio sanitario nazionale è pubblico, pertanto tutti hanno il diritto di essere curati, aggiungendo, poi, che si dovrebbe valutare, invece, se il ricoverato è un evasore fiscale. In questo caso, se interpreto bene la sua risposta al lettore, si dovrebbe prendere in considerazione il fatto che le spese sanitarie siano a carico di chi, ricoverato, è un evasore fiscale. Personalmente condivido la sua risposta, ma è poi così?

Come può constatare dalle corrispondenze qui sotto riportate (nella email, ndr), mi sono trovato nella condizione di vedere rimandato il mio intervento chirurgico, intervento chirurgico che sono riuscito a recuperare e al quale sono stato sottoposto nella successiva data programmata.

Posso garantirle che sono già tre volte vaccinato e, soprattutto, da lavoratore dipendente per tutta la mia vita lavorativa e ora da pensionato, ho sempre pagato le tasse a mio carico. Tralasciando la mia condizione famigliare particolare, da totalmente vaccinato e da non evasore fiscale ho rischiato di veder rinviato a chissà quando il mio intervento chirurgico. Quante persone, in passato ma ancora oggi, non vaccinate ed evasori fiscali hanno occupato e occupano ancora letti negli ospedali, perché positivi al Covid-19, riducendo drasticamente attenzioni, cure, interventi chirurgici a chi avrebbe più diritto di loro in quanto vaccinati e non evasori fiscali?

Così conclude il suo editoriale di qualche giorno fa: “È solo un’impressione, o stiamo diventando tutti matti?”. Forse questa pandemia sta portando tutti in quella direzione, ma personalmente ritengo che l’Italia sia un Paese ideale per i “furbi” e i “malviventi”; il Paese del “sottosopra” e il Paese dello “speriamo che ce la caviamo”, o del “si salvi chi può”.

Roberto Maria Bacci