Soluzione miracolosa: così il santone ha ispirato Trump

Hanno fatto un ‘pacco’ a Donald Trump. E lui se l’è ‘comprato’, compromettendo, d’un colpo solo, la fama d’uomo d’affari ‘cui non la si fa’ e il – residuo – prestigio di presidente degli Stati Uniti. A dargliela a bere è stato Mark Grenon, un personaggio tra il predicatore evangelico dell’America Duemila e l’imbonitore ciarlatano del Far West, instillandogli il germe del dubbio che una ‘cura miracolosa’ – gocce di candeggina diluite in acqua – poteva servire a combattere il coronavirus.

Grenon è l’arcivescovo – così si definisce – della Genesis II, Chiesa della Salute e della Guarigione, il cui fondatore, Jim Humble, se ne vive fuori dalla portata delle leggi degli Stati Uniti, in Messico. Humble è stato cercatore d’oro in Nevada e sostiene di essere giunto sulla Terra da un’altra Galassia. L’ultima sua residenza nota, e rivelata da un reportage della Abc nel 2016, è un villaggio vicino a Guadalajara.

In dissenso con i suoi seguaci, che lo avrebbero tagliato fuori dai profitti della sua chiesa, Humble ha recentemente sconfessato il suo intruglio: “Non cura niente”; ma non l’ha scritto a Trump. Grenon, invece, ha mandato giorni fa una bella letterina alla Casa Bianca, che ha catturato l’attenzione presidenziale. L’arcivescovo se ne va in giro a predicare ogni settimana in una cattedrale diversa, spesso un motel all’intersezione di due statali. Più che dei fedeli, cerca, con citazioni dal Libro dei Salmi, creduloni che si portino a casa la sua cura miracolosa capace di curare ogni malattia, dall’autismo al cancro e, naturalmente, ora che ce n’è bisogno, al coronavirus: secondo la ricetta asta mischiare da tre a sei gocce di candeggina con l’acqua e bere la soluzione. Chi ha la vocazione e può spendere circa 500 dollari può diventare ‘ministro della salute’ della chiesa e trasformarsi a sua volta in imbonitore. Grenon e la Genesis II hanno già ricevuto a più riprese diffide dalle autorità federali: l’ultima il 17 aprile, quando la Food and Drug Administration ha diffidato la chiesa dal propagandare e vendere la ‘cura miracolosa’ come rimedio al coronavirus. Trump, evidentemente, non lo sapeva. Grenon vende da anni il prodotto con l’etichetta MMS (“miracle mineral solution”), sostenendo – ma non è vero – che può curare il 99% di tutte le malattie, compresi cancro, malaria, Aids, herpes, leucemia e persino l’autismo, oltre che, ovviamente, adesso che c’è, il coronavirus: una goccia all’ora basta. La Genesis II, che sul suo sito web si autodefinisce curiosamente “chiesa non religiosa”, sostiene d’avere venduto milioni di kit della sua MMS e di avere ordinato circa 2000 ‘ministri’. Per essere fuori dalla portata degli strali della legge, Grenon evita di presentare la cura come un medicinale: è un sacramento; e chi lo riceve non lo paga, ma fa una donazione. Il fermento sull’origine dei ‘consigli per la salute’ presidenziali segna giornale tragiche: il numero dei decessi negli Usa ha superato i 50 mila ed è ormai oltre 52 mila e quello dei contagi va ben oltre i 900 mila e s’avvicina al milione, stando ai dati della Johns Hopkins University. Con 1.258 decessi venerdì, la cifra giornaliera è stata la più bassa delle ultime tre settimane. Giovedì, al contrario, c’era stato uno dei bilanci giornalieri più pesanti, con almeno 3.170 morti. A difendere Trump, sono rimasti solo pochi intimi: Rush Limbaugh, nel suo show radiofonico giornaliero, ha ripreso la tesi della Casa Bianca, un polverone sollevato ad arte dalle fake news.

“Vogliono persuaderci che il presidente ha detto di bere l’acido muriatico per sturare i lavandini”; Breitbart, magazine online ultra-conservatore, fondato dall’ex stratega di Trump, Steve Bannon scrive che “il presidente non ha proposto di iniettare del disinfettante alle persone, ma di approfondire processi che possono portare alla pulizia dei polmoni dei pazienti”. La Fox prende le distanze: “Iniettarsi disinfettante è velenoso, per favore, non fatelo a casa”, avverte il suo pubblico.

Nonostante con i suoi briefing quotidiani sul coronavirus sia l’unico che sta effettivamente facendo campagna elettorale, Trump vede sfumare sempre più la sua popolarità, che s’era avvicinata al 50% all’inizio dell’epidemia ed è scivolata ad aprile al 46%, con il 51,5% degli americani che disapprova il suo operato, sempre secondo la media dei sondaggi di RealClearPolitics.

Secondo il sito Axios, Trump avrebbe intenzione di diradare la presenza ai briefing. Il suo staff lo avrebbe convinto che le apparizioni quotidiane rischiano di trasformarsi in una sovra-esposizione e di divenire un boomerang elettorale, specie se le sue affermazioni mettono in difficoltà le autorità sanitarie federali e gli stessi super esperti ingaggiati dalla Casa Bianca.

Mail Box

 

Negozi, con le riaperture imponiamo anche il Pos

È la prima volta che scrivo a un quotidiano. A proposito di aperture degli esercizi commerciali, si potrebbe proporre di dare la precedenza a tutti quelli che hanno installato i dispositivi per i pagamenti con carte, facendo leva sul fatto che i contanti possono essere veicoli di contagio. Si toglierebbero molti alibi agli oppositori di questo sistema di pagamento e sarebbe un bel contributo all’emersione del nero…

Inoltre, sogno per un prossimo assetto politico: presidente della Repubblica: Petrini Carlo; assessore alla Sanità: Strada Gino; Beni culturali: Montanari Tomaso; Innovazione: Gabanelli Milena; Interni: Arlacchi Pino. Un posticino lo riserverei anche al burbero Fini Massimo

Gianluigi Ripamonti

 

L’esistenza non è fatta di sola scienza e progresso

Egregio Direttore, affidare al Crocifisso, alla Madonna o al Santo Patrono i concittadini di una comunità, bambini, giovani, anziani, ammalati e quanti hanno perduto il posto di lavoro come hanno fatto nei giorni scorsi oltre cento sindaci in tutta Italia, compreso quello di Barrafranca (Enna), non vuol dire rifiutare l’importanza della scienza e del progresso come avete in maniera distorta e, permettetemi, faziosa, scritto sul vostro quotidiano. Al contrario, si tratta di gesti che interpretano il sentire più profondo del nostro popolo.

Mi auguro, invece, che il gesto del Sindaco Fabio Accardi, che appartiene a un’area politica diversa da quella della Lega di Salvini e quindi dalla mia, abbia un seguito. Perché la nostra esistenza, che piaccia o no, non è fatta di sola scienza e progresso, ancor meno di positivismo scientista e di progressismo ideologico. Quindi chiediamo rispetto, anche nella legittima diversità di idee, per il credo di tantissimi italiani.

Alessandro Pagano, Vice capogruppo Lega alla Camera

 

L’altra epidemia pericolosa: le multe a chi passeggia

Fioccano multe contro i cittadini che non rispetterebbero il coprifuoco. Certo ci saranno i soliti furbetti, ma fra i multati ci sono anche tanti che si muovono nel rispetto delle norme. L’ordinanza del ministero della Salute del 19 aprile infatti consente di passeggiare mantenendo le distanze. Norma reiterata dai Dpcm successivi… Cosa c’è di più salutare di una camminata contro un virus che colpisce il sistema circolatorio e respiratorio!… Contro l’epidemia di verbali ci si sta organizzando per impugnarli. E questo anche per porre il problema di limitazioni della libertà con atti amministrativi di dubbia legittimità costituzionale. Non va dimenticato infine che il coprifuoco totale si è reso necessario per un indebolimento a lungo perpetrato della Sanità pubblica: tagliando, privatizzando, federalizzando. Qualcuno pagherà per questo?

Ugo Boghetta

 

Non ce la faccio più: sento forte il richiamo del mare

Ho 67 anni e da qualche anno sono in pensione, dopo 44 anni di lavoro; speravo di poter realizzare qualche sogno nel cassetto rinviato a tempi più distensivi. Purtroppo, come tanti, la pandemia mi ha costretto a stare in casa, privandomi di godere delle gioie delle mie due figlie che vivono in altri Comuni e dei relativi nipotini.

L’ultimo l’ho visto reggersi seduto e ora cammina: non vorrei che il nostro prossimo incontro sarà quando andrò a prenderlo a scuola. Ho un hobby, quello della subacquea, ma da più parti sento che gli over 60 dovranno continuare a restare a casa. Ogni giorno trascorso è per me un tempo perso che non recupererò mai più, e ogni immersione persa è una grande occasione mancata. Godo di ottima salute: non vorrei trascorrere il mio tempo seduto sul divano ad aspettare la morte… Non ce la faccio più, sento forte il richiamo del mare: non vorrei trovarmi nella condizione di dover “evadere”, pensando che dalla mia parte ho la Costituzione.

Claudio Botticella

 

Con la pandemia ho anche scoperto il “Fatto”: grazie

Anche io, come tanti prima del Covid-19, pur conoscendo il Fatto, non lo compravo pur apprezzando molti dei suoi giornalisti. Ora lo leggo con immenso piacere e, facendo il paragone, trovo spesso delle incongruenze (mi dispiace dirlo) con quello che era il mio storico quotidiano di riferimento. Continuerò a leggere il Fatto anche a pandemia finita.

Gabriella Procopio

 

Il 25 aprile e la resistenza della libera informazione

Cari Padellaro e Travaglio, buon 25 Aprile ad entrambi.

Confesso che tutte le volte che compro il Fatto Quotidiano la prima cosa che vado a leggere è la “spalla” del direttore Travaglio. Oggi ho potuto gioire di una doppia spallata molto gradita per i contenuti che contraddistinguono il vostro (nostro) giornale e che sono i motivi che spingono noi lettori a seguirvi.

Mi avete risvegliato, con quel pezzo , le stesse “emozioni” del Poeta in quel componimento “Guido io vorrei che tu Lapo ed io fossimo collocati in una navicella…”.

Ecco, onore a voi, alla redazione, a tutti gli addetti della vostra società e grazie davvero per averci permesso da tempo di salire a bordo come lettori di questa navicella di libera informazione, e assaporare dopo un lungo “monopolio del giornalismo a senso unico” quella informazione LIBERA!

Lunga vita al Fatto Quotidiano.

Gaetano La Manna

Scrittura e condivisione sono gli unici modi per riconoscere il Risorto

Dopo Pasqua i vangeli narrano veri episodi per rafforzare la fede in Cristo come il Risorto per sempre, come il Vivente. Un messaggio non facile da comprendere neppure per coloro che erano stati suoi discepoli. Per questo i vangeli insistono: non si può rimuovere ciò che è accaduto nella settimana di Pasqua e conservare solo il ricordo di Gesù maestro e guaritore. L’ingiusto processo, la sofferenza, la morte sul legno della croce romana: tutto ciò è stato reale, non è stato un incubo. Gesù è morto veramente. Ma anche la risurrezione è avvenuta veramente. Diversa da quella di Lazzaro (Giovanni 11,44), che era tornato alla vita di prima, con il corpo di prima.

Il corpo di Gesù, invece, è nuovo, egli non torna alla vita di prima, egli è e resta il Vivente. Tra il corpo del Gesù storico e quello del Gesù risorto c’è continuità, si tratta della stessa persona, ha ancora i segni dei chiodi sulle mani e i piedi (Luca 24,39), ma c’è anche diversità. È vero che mangia e parla (v.43), ma è anche vero che appare e scompare (v.36) e viene scambiato per uno spirito o un fantasma (v.37). È vero che viene riconosciuto dai discepoli, ma non immediatamente (v.16).

I vangeli non sono in grado di dirci di più, non ci sono parole umane per descrivere un avvenimento di quella portata. L’apostolo Paolo scrive alla comunità di Corinto che il corpo della risurrezione è diverso da quello mortale come la pianta è diversa dal seme (I Corinzi 15,37ss). Ci dobbiamo accontentare di questo, senza semplificare, mantenendo lo stupore e l’interrogativo dei discepoli. Ma anche senza timori: qui non è questione di fantasmi, ma di una persona vivente. Come Gesù è veramente, non apparentemente, morto, così è veramente, non apparentemente, risuscitato, e perciò è il Vivente. Il cristianesimo non è una religione dei fantasmi né della paura, non dà spavento ma gioia, non timore ma fiducia, non oppressione ma liberazione. La fede nei fantasmi non conforta, non cura, non crea comunità, non dà vita. La fede nel Vivente sì.

L’episodio biblico che ci viene proposto oggi – i due discepoli che sulla via di Emmaus incontrano il Risorto (Luca 24,13-35) – aggiunge due elementi importante della fede pasquale: il primo è la Scrittura come chiave interpretativa della vicenda di Gesù (“Allora Gesù disse loro: ‘O insensati e lenti di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette! Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?’. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano”, vv.25-27); il secondo elemento è lo “spezzare il pane” come segno di riconoscimento e comunione (“Quando fu a tavola con loro prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero; ma egli scomparve alla loro vista”, vv.30-31).

Che cosa ci vuole dire il Vangelo? Che la Scrittura è l’unico modo per riconoscere Cristo Risorto. Persino per coloro che avevano conosciuto direttamente Gesù. Tanto più lo è per chi è venuto dopo, quindi anche per noi oggi. La Scrittura è troppo poco? Forse. Ma quando i cristiani si sono richiamati e ancorati alla Scrittura, è nata sempre una grande stagione di libertà, di rinnovamento e di speranza (i discepoli dopo quella straordinaria “catechesi di strada” sulla via verso Emmaus “dissero l’uno all’altro: ‘Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr’egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?’”, v.32). La fede cristiana però non è solitaria né astratta, perciò la Scrittura è accompagnata dallo “spezzare il pane” comunitario: gesto “laico” (il pane quotidiano) eppure pienamente “cristiano” (la comunione della mensa), gesto di condivisione e di speranza in una mondo fraterno e giusto.

*Già Moderatore della Tavola Valdese

Il ghiaccio artico estivo scomparirà già prima del 2050

In Italia – Lunedì 20 e martedì 21 aprile la depressione mediterranea “Vera” ha finalmente prodotto una solenne piovuta specie su Torinese, Cuneese e in Sardegna orientale (fino a 220 mm caduti nel Nuorese; 185 mm a Barge, Cuneo). Qualche allagamento intorno a Olbia, mentre in Piemonte il suolo arido ha assorbito l’acqua con avidità e la modesta piena dei fiumi non ha dato problemi. Ancora all’asciutto il Nord-Est, dove non piove dal 6 marzo (51 giorni), situazione inedita da molti decenni in questa stagione; a Trieste si sta per chiudere un quadrimestre gennaio-aprile tra i più siccitosi in un secolo (77 mm, per ora), simile solo ai casi del 1993 e 2012. Molti spazi di informazione meteo hanno parlato a sproposito di “rischio pioggia” o “maltempo”, attribuendo una connotazione negativa a precipitazioni desiderate e benefiche per l’agricoltura e le riserve idriche. L’Ispra ha presentato gli inventari nazionali delle emissioni inquinanti in atmosfera, tutte in diminuzione tra il 1990 e il 2018: gas serra (-17%), ossidi di azoto (-68%) e di zolfo (-94%), piombo (-95%), ammoniaca (-22%), PM10 (-40%), diossine (-45%). Il calo di emissioni climalteranti in realtà era fermo dal 2014, ma ora le restrizioni per il Covid-19 in marzo-aprile hanno fatto crollare del 35% quelle di CO2 rispetto agli stessi mesi del 2019, stando a un report di “Italy for Climate”, gruppo di imprese italiane impegnate per l’ambiente. Un risultato che sarebbe in linea con gli obiettivi EU dell’Accordo di Parigi al 2030, ma è illusorio pensare di mantenerlo con la ripresa nel dopo-virus… Sarà però importante rendere strutturali almeno le misure per l’efficienza energetica, il telelavoro e le fonti rinnovabili.

Nel mondo – Domati i roghi nelle foreste di Chernobyl, a bruciare nei giorni scorsi era il Parco Nazionale di Biebrza, in Polonia: le fiamme hanno divorato boschi e torbiere, habitat di fauna rara e protetta. A Varsavia l’ultima pioggia significativa risale al 13 marzo, ma la siccità riguarda tutta l’Europa centrale. A Ginevra nella serie dal 1864 non c’è riscontro di 43 giorni consecutivi senza precipitazioni. C’è però chi sta ancora peggio. Dal 2010 il Cile centrale vive una mega-siccità con pochi precedenti negli ultimi millenni secondo René D. Garreaud, docente di meteorologia all’Università di Santiago, città che nel 2019 ha ricevuto appena 82 mm d’acqua, un quarto della già modesta norma! Il grande invaso El Yeso è sceso al 40% della sua capacità e oltre centomila animali da allevamento sono morti. All’opposto la pioggia è troppa in vari Paesi dall’Africa, al Medioriente, al Sud-Est asiatico e all’Oceania: alluvioni e decine di vittime in Angola, Ruanda, Burundi, Kenya, Gibuti, Vietnam, Indonesia e Nuova Caledonia. Dopo la sfuriata di Pasqua, nuovi tornado nel Sud degli Stati Uniti il 22-23 aprile, 7 morti tra Texas e Oklahoma. In occasione della cinquantesima Giornata della Terra (22 aprile), il servizio di monitoraggio EU-Copernicus ha diramato il rapporto “European State of the climate”: il 2019 è stato l’anno più caldo nel continente, seguito dal 2014, 2015 e 2018, e verrà ricordato per le storiche ondate di calore di giugno e luglio, con 46 °C in Francia. Uno studio condotto con le più recenti generazioni di modelli al calcolatore, cui ha contribuito anche l’italiano Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (Arctic Sea Ice in CMIP6, su Geophysical Research Letters), ha evidenziato che il ghiaccio marino artico potrà scomparire in estate già prima del 2050, saltuariamente se ridurremo subito le emissioni serra, ma nella maggior parte degli anni se continueremo con l’attuale economia fossile. Intanto, nell’ultima settimana le temperature intorno al Polo Nord sono state 15 °C sopra media!

I fascisti vogliono la Liberazione

Mettetevi nei panni di un fascista. Quando arriva, dovunque arrivi, anche in un Parlamento democratico, porta con sé la Shoah e i suoi morti (milioni). Porta una identificazione totale con il progetto di sterminio più grande nella storia, fino a quel momento, che alcuni di noi hanno visto mentre avveniva, mentre erano proclamate all’unanimità (al grido di duce, duce) leggi folli firmate da un re traditore dei suoi cittadini, in un Paese popolato di spie infiltrate nelle scuole e nelle fabbriche, segnato da arresti ed espulsioni, persone che scomparivano, deportazioni di adulti, vecchi, bambini, malati.

Se occorreva, falsi scienziati onorati da tutti pubblicavano “manifesti per la difesa della razza”. Mussolini, il capo e complice della strage, aveva esplicitamente detto “al popolo” che gli italiani ebrei non erano italiani, spiegandolo e argomentandolo come se fosse vero. Pensateci bene: ogni fascista che vi compare davanti rappresenta, come se ne fosse il console, l’orrore di Auschwitz.

È un fatto repellente. Ma non è tutto. Fascista è chi ha ucciso uno per uno i suoi avversari, dal massacro a botte di Gobetti al corpo esanime di Matteotti, al delitto, tramite sicari, dei fratelli Rosselli, alla strage delle Fosse Ardeatine, organizzata in fretta ma con molta attenzione, ai militari antifascisti, agli avversari politici, ai cittadini ebrei. Mentre i nuovi candidati al fascismo fanno il saluto romano, stanno dicendo: le Fosse Ardeatine siamo noi. E siamo noi quelli che hanno riempito di morti, fucilati e impiccati le città e le campagne italiane, come la migliore letteratura italiana, con i suoi nomi più grandi, non ha smesso di ricordare. E allora è naturale essere imbarazzati quando, per coloro che hanno tentato di assassinare l’Italia, arriva la data del 25 aprile. Bisogna inventarsi una storia e far finta che sia la Storia. Hanno provato col negazionismo.

Ma il negazionismo è stato respinto dal mondo libero persino con leggi che prevedono espulsioni e condanne e divieto di insegnamento. Lo squallido gioco si arrotola su se stesso quando i fascisti tentano contemporaneamente due mosse.

La prima, come tutti gli assassini, è “non siamo stati noi”, negando decisioni, discorsi, azioni e celebrazioni di Mussolini, che sono invece pezzi tetri e definitivi della storia italiana. La seconda è il tornare a mostrare svastica, pugnale e saluto nazi-romano sia come beffa dei morti e dei sopravvissuti, sia come preannuncio di un imminente ritorno. Alla formula si aggiunge l’espediente penoso del tricolore, sventolato come simbolo di una celebrazione congiunta e comune. Sventolare la bandiera come se i caduti dalla fucilazione di massa di Cefalonia e i cittadini selezionati dai collaboratori italiani del capitano Priebke alle Fosse Ardeatine potessero fare causa comune e celebrazione congiunta. Basta divisioni. Questa proposta di “liberazione insieme” di torturati e torturatori, è una squallida trappola come se fosse naturale usare il tricolore come la bandiera del razzismo. I fascisti stanno cercando una nuova strategia: rubare la festa della Liberazione, che è ancora ricordata da alcuni come una vittoria, e sostituirla con una immensa cerimonia funebre. Si tratta di inventare, col pretesto del tricolore che dovrebbe legare tutti i vivi, una festa di tutti i morti, dalla massa di soldati sacrificati alla inettitudine di un re incapace nel 1915, alle guerre coloniali, alla guerra alla Francia, Inghilterra, all’America, alla Russia, alla guerra di Liberazione, come se tutto l’immenso massacro fosse l’impegno congiunto e patriottico di Sandro Pertini e del capitano Priebke, del quotidiano l’Unità di Gramsci e del periodico La difesa della razza, di Telesio Interlenghi.

Ti dicono, ultimo inganno dalle finestre del vicepresidente del Senato: metti la bandiera italiana alla finestra e dichiara che stai celebrando tutti i morti italiani, dalle guerre ai contagi. Se rifiuti, suggeriscono, sei con i comunisti e contro la patria. È falso.

Il fascismo, come mostra ogni libro di storia, non è un’opinione, è un reato grave e continuato commesso in Italia in stretto legame con gli invasori tedeschi, e ripetuto in Europa da volonterosi complici fascisti. È giusto fare la pace, 75 anni dopo tanta guerra. Ma con chi? Non tanti se la sentono di mandare al macero Lettere di condannati a morte della Resistenza che alcuni di noi ricordano di avere letto pochi anni dopo il Giorno della Liberazione. È ancora il nostro libro e il libro di molti italiani…

Niente calcio: sarebbe un’emozione surrogata

 

“Spero fortemente che il calcio riparta, ma non lo condivido. Una contraddizione che poggia su una forte necessità di quella distrazione che il pallone può garantire ai tifosi come noi contrapposta al buon senso che, invece, riporta subito l’attenzione sui problemi di carattere sanitario che una scelta di questo tipo potrebbe provocare”.

Gianluca Caporlingua

 

“Far ripartire il campionato in queste condizioni sarebbe ridicolo, delirante, impossibile. Sarebbe il colmo, ma dopo la strage nelle case di riposo per anziani nella civilissima Milano, tutto è ormai possibile”.

Beppe Grossi

 

Sono (riassunte) due tra le tante lettere ricevute dopo la mia rubrica della scorsa domenica sul sì o sul no alla ripresa del Campionato di calcio. Un “no ma siamo matti”, quello di Grossi ampiamente maggioritario. Mentre, caro Gianluca, a essere possibilisti siamo rimasti in pochi. Anzi, le dirò che oggi come oggi propendo più per il no che per il sì, e non soltanto sulla base delle argomentazioni rappresentate a livello di governo dal ministro della Salute, Roberto Speranza (“il calcio è l’ultimo dei problemi”). Provo un sentimento più profondo, o se volete meno superficiale maturato, anche, per aver letto tante opinioni così divergenti dalla mia. Ho scoperto che in realtà assistere a delle partite di un torneo irrimediabilmente falsato, a porte chiuse, e unicamente allo scopo di rattoppare i bilanci di società e televisioni, be’ se è così non m’interessa più. Proprio perché continuo ad amare questo sport (come amo il basket, il ciclismo, il tennis o il motomondiale). Proprio perché mi manca molto la mia Roma (così come mi mancano Wimbledon e il Tour), mi sono convinto che la magia di uno spettacolo è nello spettacolo. E che organizzare i surrogati di quell’emozione, soprattutto quando interrotta da un cataclisma, è come pensare di usare i mattoncini del Lego per ricostruire il Colosseo. Umberto Zappelloni scrive sul Foglio che a parte il colossale buco economico provocato da uno stop del calcio europeo (circa 4 miliardi), si rischia un danno ulteriore: “il calo del desiderio, della passione”, poiché “i riti diventano tali se c’è una ripetitività dei comportamenti”. Può darsi, anche se personalmente non credo che “dopo” avremo “perso la passione e la voglia di viverla tutti assieme”. Anzi, quando si tornerà allo stadio, speriamo già nel prossimo autunno, sarà come un’altra prima volta. Ma in più questa volta ci sentiremo (mi sentirò) intimamente riconoscenti alla vita.

Come Eukanuba: ogni donna respinta medita vendetta

Dall’Upanishad del sultano Ahmed I. Un principe, costretto a espatriare per un fattaccio di cronaca, trovò accoglienza nella reggia di un collega del padre, dove fece colpo sulla regina, l’esuberante Eukanuba, della cui bellezza si discorreva in ogni angolo della Terra. Innamoratasi in modo fulmineo dell’ospite, che aveva il viso bruciato dal sole del deserto di Ashtan e dai venti gelidi dell’Himalaya, a tavola non riusciva a staccare gli occhi da lui, immaginando i brividi che avrebbe provato fra le sue braccia, turgide di vigore e striate dalle cicatrici di cento battaglie. Così, prima che qualche ancella soggetta a frastorni ovarici glielo portasse via, lo attirò nelle sue stanze con un quarto di sorriso obliquo, che prometteva tutto ciò che può promettere una principessa d’Oriente con i nervi illanguiditi dalle calde notti di una estate interminabile, mentre le stelle cadenti solcano il cielo turchese, profumato di cannella e di fiori di mango. Ma il giovane, consapevole dei doveri dell’ospite, non voleva oltraggiare la morale, né la religione; e la sua bella bocca, sormontata da due baffetti che erano come due piccole ali di rondine, le disse di no. Il giorno dopo, la regina, nel prendere dalle mani di una schiava un sorbetto fatto di nevi del monte Hermon e di gelsomini di Gerusalemme, raccontò al marito, con quella sua voce un po’ rauca, per la qual tre medici avevano espiato i loro insuccessi con l’amputazione della lingua sulla piazza del mercato, e tre chirurghi col supplizio infamante del palo lubrificato nel minareto della moschea di Solimano il magnifico; raccontò all’augusto marito, distraendolo dal serpente che, nell’arena, stava stringendo nelle sue spire un pirata cinese, che il giovanotto aveva cercato, con una disinvoltura riprovevole, di farla contravvenire ai suoi doveri di sposa pudica e fedele. In quel mentre, l’ignaro principe, a spasso per i corridoi del palazzo, si imbatteva nel gran ciambellano, e gli rivolgeva una tacita domanda. L’eminente dignitario, con un movimento discreto della barba intrecciata di fili d’oro, indicò due archi lontani, formati da piante balsamiche, dai quali pendevano cartelli in persiano con l’indicazione “signore” e “signori”. Il principe vi trovò un luogo incantato, vibrante di mosaici di giada, e canoro di fontanelle odorose. Quando, sollevato, uscì, lasciandosi alle spalle uno scroscio di acque cristalline, trovò un drappello in attesa. A un cenno del re, per il quale i pensieri più reconditi della moglie erano comandi, due guardie lo afferrarono, lo trascinarono nell’arena, e lo gettarono alle pantere del Bengala, nel tripudio della folla. In ogni donna respinta c’è una Eukanuba, con la sua piccola vendetta a portata di mano.

Dai rotoli di Qumran. Dio, per mettere alla prova la fedeltà di Giobbe, gli uccise 7000 pecore, 3000 cammelli, 500 paia di buoi e 500 asine. E gli fece venire una fastidiosa malattia della pelle. Ma Giobbe non si lamentava. Sua moglie invece era un lagna continua: “Te l’avevo detto di non… Se invece di… Tu fai sempre… Come hai fatto a…?”. Ma Giobbe non si lamentava. E per premio Dio lo guarì dalla psoriasi, gli diede il doppio degli armenti perduti, e gli ammazzò la moglie.

L’Huff di Feltri jr. riscrive la storia

Chissà se Mattia Feltri se lo aspettava così il suo primo giorno all’Huffington Post. Appena arrivato dalla Stampa , Feltri ha avuto un inizio difficile. Ieri ha pubblicato un editoriale sul 25 aprile sostenendo, immaginiamo per lo stupore dei lettori, che “la nostra Costituzione, scritta da tutti i partiti antifascisti, è una Costituzione antifascista e, nella prassi, diventa una Costituzione anticomunista perché conduce l’Italia nel mondo libero e democratico”. Forse in questi anni ci siamo persi qualcosa. Vien da chiedersi in che parte, esattamente, la nostra Costituzione sia anticomunista. Scopriamo così, con 70 anni e rotti di ritardo, che tutti i padri costituenti comunisti dovettero rinunciare al partito e tornare in carcere. O che Berlinguer per anni ha riempito piazza clandestinamente, come un pericoloso criminale. Buono a sapersi. E se non bastassero le confusioni storiche, Feltri è incappato pure in un guaio di cronaca. Pareva infatti, per stessa confessione di Mattia Santori, che il leader delle Sardine fosse stato contattato dal Papa. Notizia smentita: la telefonata era uno scherzo. Sull’Huffington si corre a modificare il titolo, ma ci si scorda l’occhiello, che tuttora recita: “Il leader del Movimento svela la chiamata ricevuta alcuni mesi fa dal Pontefice. ‘Ho pensato a uno scherzo’”. Tu guarda a volte l’intuito.

A Messina piace “fare”, forse anche un po’ disfare

Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, manager del primo gruppo bancario italiano, con la mega-intervista concessa ieri al Sole 24 Ore mostra di ambire a qualcosa di più di un presidio mirato degli interessi del mondo bancario. Il cuore della proposta, infatti, è di spostare parte della ricchezza degli italiani “verso l’acquisto di titoli che potremmo chiamare bond sociali”. L’Italia è ricca, dice Messina, ha 10 trilioni di euro di ricchezza, ma solo il 4% è riservato ai titoli di Stato. Poi ci sono 26 miliardi di Tfr e ci sono 200 miliardi di capitale all’estero che, opportunamente scudato, potrebbe rientrare. E così si potrebbe affrontare di petto il nodo del debito pubblico, ma soprattutto concedere “finanziamenti alle aziende a fondo perduto”. Due risultati con una mossa: alleggerire il peso del debito pubblico nei bilanci delle banche e una garanzia solida, statale, per la liquidità alle aziende.

Peccato che un po’ di dati non siano corretti. Non è vero che le famiglie abbiano 10mila miliardi di ricchezza, ma “solo”, secondo Banca d’Italia, al netto delle passività, 3.276 miliardi. Il resto, 5.526 miliardi è patrimonio immobiliare che, al 75%, serve per abitare. E poi non è vero che le famiglie posseggano solo il 4% dei titoli, ma arrivano al 32,2% se si considera anche il possesso indiretto tramite fondi comuni e, soprattutto, le assicurazioni. Queste cose Messina le sa, per questo è lecito cercare un senso politico. La proposta di “bond sociali” sembra fatta per piacere molto a Matteo Salvini. E tutta l’intervista potrebbe inscriversi nel ricco filone delle manovre per un governo di unità nazionale.

“In momenti come questi i leader saranno quelli che dimostreranno di saper fare le cose” conclude l’intervista Messina. Guarda caso, le stesse parole di Maurizio Molinari nel primo editoriale su Repubblica: “Conoscere e desiderare non basta, bisogna realizzare e fare”. Fare, e forse disfare governi.

Il pragmatismo spiegato a Di Maio

Dice il ministrodegli Esteri che bisogna essere “pragmatici” in questa trattativa europea, attitudine che Luigi Di Maio – anche a voler tralasciare il Mes – declina sulla Stampa anche così: “Finanziamento ‘a fondo perduto’ non significa soldi regalati”, ma risorse che “vanno comunque restituite” (il fondo perduto e poi ritrovato). Cos’è il pragmatismo, allora? Ve lo spiega il vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini: adesso, scrive, arriveranno soldi dall’Europa e – Franza (grant) o Germagna (loan), Mes o Recovery Fund – va detto che “la Merkel ha ragione”. Su cosa? “L’Italia non può esigere un colossale aiuto dall’Europa e in prospettiva tollerare un’evasione fiscale per almeno 110 miliardi l’anno, pensioni a quota 100, una giustizia lenta e incerta e tanti altri aspetti…”. Insomma, lo schema è soldi (a fondo perduto e ritrovato) in cambio di “riforme” indicate dai creditori: non ricorda tanto quella letterina del 2011? La baracca starà in piedi, se lo farà, solo grazie alla Bce: l’unica solidarietà che serve è che Christine Lagarde dica che è qui per chiudere gli spread, comprare tutto quel che si muove e alla scadenza, come già fa via Bankitalia, girarci gli interessi. Tutto il resto è pragmatismo, categoria concettuale che – come “la questione di metodo” – fa la sua comparsa in una discussione solo quando sta per andare tutto a puttane.