Mentre Conte viene accusato contemporaneamente di decidere tutto da solo come ogni dittatore che si rispetti e di non decidere nulla delegando tutto a una pletora di task force, Bonafede viene tacciato simultaneamente di non scarcerare nessuno e di scarcerare tutti, compresi i boss al 41-bis. Ora, è vero che il Guardasigilli s’è opposto alle campagne della solita lobby dei decarceratori, che prende a pretesto l’emergenza sanitaria e le rivolte violente per paventare “stragi nelle carceri” e invocare amnistie, indulti e liberi tutti. Infatti nel decreto Cura Italia ha previsto solo lo snellimento delle procedure di leggi già esistenti che prevedono i domiciliari per chi deve scontare pene residue di 18 mesi, aggiungendo l’obbligo del braccialetto elettronico per quelle superiori ai 6 mesi ed escludendo i condannati per mafia e altri gravi delitti. Ma di stragi da coronavirus, almeno nelle carceri, per ora non si vede l’ombra: i controlli sanitari potenziati su detenuti, agenti e amministrativi hanno circoscritto il contagio a pochissimi casi (un solo morto in due mesi su 60mila detenuti). Con buona pace dei tromboni che prevedevano apocalissi, dei radicali che hanno addirittura denunciato Bonafede per epidemia colposa e dei renziani che chiedevano la testa del direttore del Dap.
Ora la destra più analfabeta, orgogliosamente capitanata da Salvini che confonde il Codice penale con Topolino, accusa Bonafede di aver scarcerato da Opera il boss dell’Uditore Francesco Bonura, pensando che il ministro della Giustizia possa sostituirsi ai giudici o magari ordinare sentenze à la carte. La sciagurata scarcerazione è stata invece disposta da un giudice di sorveglianza di Milano, interpretando a modo suo una nota del Dap. Questa si limitava a trasmettere ai provveditori e ai direttori delle carceri un “elenco di patologie/condizioni cui è possibile riconnettere un elevato rischio di complicanze”, affinché comunicassero ai giudici i detenuti a rischio: non certo per liberarli, ma per “le determinazioni di competenza”, cioè per sottoporli a tampone, o a isolamento, o a visite supplementari. Ora, visto l’effetto-domino che l’uscita di Bonura sta innescando fra mafiosi e altri criminali di tutt’Italia, si spera venga presto appellata dai magistrati di Palermo che l’avevano condannato a 18 anni e 8 mesi per associazione mafiosa ed estorsione. Del resto basta un occhio profano per notarne l’assurdità. Il Tribunale di sorveglianza esclude legami col Covid-19 e parla di “normativa ordinaria applicabile a tutti i detenuti… a tutela dei diritti costituzionali alla salute e all’umanità della pena”.
Ma è smentita dallo stesso giudice, che cita “l’attuale emergenza sanitaria” e il “correlato rischio di contagio, indubitabilmente più elevato in un ambiente ad alta densità di popolazione come il carcere, che espone a conseguenze particolarmente gravi i soggetti anziani e affetti da serie patologie”. Parole risibili, visto che il carcere è isolato anche senza lockdown. Tantopiù per i detenuti al 41-bis, reclusi in celle singole senza contatti con altri, né sovraffollamento, né visite ravvicinate. Bonura, sebbene vecchio e malandato, anzi proprio per questo, rischia il virus molto più adesso in casa che prima in carcere. Ma il provvedimento è una miniera di perle “deve ragionevolmente escludersi il pericolo di fuga o di reiterazione dei reati” per via del “non lontano fine pena a fronte di una lunga carcerazione, l’esistenza di riferimenti famigliari, l’età e il complesso quadro clinico”. Cioè il giudice ritiene che un boss di 78 anni, che in vita sua ha fatto solo il mafioso e torna libero dopo 14 anni senz’aver mai aperto bocca, non tornerà a fare il mafioso. E perché mai? Perché è stato dentro, tiene famiglia e non ha più l’età, dunque andrà certamente in pensione (infatti Provenzano era il capo dei capi a 73 anni quando fu arrestato nel 2006 e l’ultimo boss della Cupola catturato nel 2018, Settimo Mineo, di anni ne aveva 80).
Non solo. Il sant’uomo va, sì, ai domiciliari a Palermo in casa della moglie, ma senza esagerare: “sono autorizzate sin d’ora le uscite dal domicilio” per “motivi di salute propri o inerenti familiari conviventi”, incluse le “sedute dentistiche” della signora. E persino – tenetevi forte – “spostamenti in giornata fuori dal Comune di dimora o ampliamenti orari per significative esigenze famigliari (es. matrimoni, battesimi, eventi luttuosi, 25 e 26 dicembre, Domenica di Pasqua e Lunedì dell’Angelo”. Carino, il giudice, a pensare alle festicciole in famiglia e alle gite fuori porta nelle feste comandate, persino Pasquetta e Santo Stefano. Ma perché non pure Ferragosto? E Santa Rosalia e Capodanno coi botti, no? Senza dimenticare, si capisce, le “esigenze lavorative”: magari come rider per cibi a domicilio o trapezista al circo. “Per quanto possibile”, il sant’uomo dovrà poi “adoperarsi al risarcimento del danno provocato alle vittime dei reati”: quindi, essendo un estorsore, andrà a trovare gli estorti per farci due chiacchiere. L’importante è che “tenga condotta conforme a regole di civile convivenza”, non faccia “uso di sostanze stupefacenti” (al massimo può importarle), “né abusi di alcolici”, né “frequenti, senza adeguata ragione, pregiudicati”. Tanto Berlusconi è in Costa Azzurra.