Con le attività serrate da marzo e in attesa del nuovo decreto di “aprile” (che arriverà a maggio), i lavoratori senza più lavoro che non possono richiedere la normale cassa integrazione dovranno tirare la cinghia minimo per altri 40 giorni prima di vedere un po’ di quattrini. Sono quelli delle micro imprese, i commercianti, gli artigiani e i negozianti con più di 5 dipendenti, vale a dire i tre milioni di invisibili degli ammortizzatori sociali che aspettano di ricevere la cassa integrazione in deroga, riconosciuta per 9 nove settimane. Ma una procedura tortuosa e svariati passaggi amministrativi tra le Regioni e l’Inps l’hanno trasformata in una via crucis. Risultato: neanche uno degli assegni è partito.
I lavoratori hanno solo assistito agli svariati annunci che, di fatto, hanno ritardato di settimana in settimana la fatidica data del pagamento. Il primo annuncio c’è stato il 16 marzo, quando il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha spiegato che le misure previste dal “Cura Italia” – 10 miliardi di euro a copertura della cassa integrazione – sarebbero state pagate entro il 15 aprile. Colpa anche della solita cattiva comunicazione che ha spiegato tardi e male che fino a quando le Regioni non attiveranno le procedure di raccolta delle domande, per poi inviarle all’Inps, i lavoratori continueranno a restare senza soldi. Con un rimpallo di responsabilità tra gli enti locali, la politica e l’Istituto di previdenza. Come successo in Lombardia, dove il governatore Attilio Fontana due settimane ha chiesto al governo di mettere in pagamento la cig in deroga senza aver però presentato richiesta all’Inps. “E la Regione si è attivata solo venerdì scorso, insieme ad Abruzzo, Calabria, Liguria, Molise, Piemonte e Valle d’Aosta, presentando le prime 37 domande”, spiega la presidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. Mancano all’appello le province autonome di Trento e di Bolzano.
Insomma, 21 diversi accordi, 21 diverse tempistiche e 21 diverse procedure hanno determinato lungaggini burocratiche che, al momento, non possono dare certezze a oltre 3 milioni di lavoratori che dovranno continuare a pazientare fino a fine maggio in attesa che le pratiche vengano esaminate, autorizzate e poi liquidate dall’Inps. I consulenti spiegano che tra le Regioni che si stanno muovendo più velocemente ci sono l’Emilia-Romagna con 1.355 pratiche lavorate, il Veneto (oltre 850) e le Marche (oltre 2.600). Il Lazio svetta per il numero di domande presentate: 25.600 di cui poco più di tremila quelle autorizzate e 372 quelle pronte all’erogazione.
Il calvario dei disperati in attesa della cassa integrazione in deroga non è stato neanche alleviato dalla convenzione tra l’Inps e l’Associazione bancaria italiana (Abi) per anticipare 1.400 euro. Dopo aver aspettato tre settimane tra l’annuncio dell’accordo, la firma e poi l’effettiva presentazione dei moduli nelle filiali, sono solo un migliaio i lavoratori che sono riusciti a ottenere i soldi. “Come può funzionare questo aiuto se le banche chiedono tra i documenti anche un modello dell’Inps che viene predisposto solo dopo l’autorizzazione alla stessa cig in deroga?”, chiedono i consulenti del lavoro.
Decisamente meglio va ai lavoratori in cassa integrazione ordinaria. “Su una platea di 4 milioni di lavoratori, 2,8 hanno già ricevuto il pagamento. Gli altri dovrebbero riceverlo entro il 30 aprile”, ha annunciato ieri la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo. La speranza è l’ultima a morire.