Lo disse Leopardi: l’individuo sparisce davanti ai Big Data

Dopo tanto Manzoni da Fase 1, in vista della Fase 2 forse sarebbe il caso di rileggere un po’ di Leopardi. Considerato il momento scarsamente idilliaco punteremmo sulle Operette morali centrate sul dialogo tra l’Uomo e la Natura, da cui si ricava parecchia asimmetria. La Natura è indifferente agli uomini, ma purtroppo noi non siamo indifferenti a lei; assai probabile che dietro gli spillover dei virus ci sia la nostra manina, anche se non sapremmo dire quale. Le cabine di regia intasate di scienziati, politici epidemiologi, infettivologi, virologi, statistici hanno già molte letture da seguire, ci rendiamo conto. Grafici, indici di contagio, curve, proiezioni, picchi, plateau… ma tra un Big Data e l’altro, un allarme rosso e l’altro, potrebbero rileggersi il Dialogo di Tristano e di un amico, dove Leopardi ironizza sulle magnifiche sorti di ogni positivismo troppo sicuro di sé. Dove con sarcasmo sopraffino dichiara di voler abbracciare “la profonda filosofia dei giornali” – e, potremmo aggiungere, dei talk show – “i quali sono maestri e luce dell’età presente.” Dove si interroga sui posteri (che poi saremmo noi), “i quali ne sapranno tanto quanto ne seppero gli antenati”. Ma come? I Big Data? E i Big Pharma? E gli algoritmi? Dove (ce) li mettiamo? “Gl’individui sono spariti dinanzi alle masse, dicono i pensatori moderni. Il che vuol dire ch’è inutile che l’individuo si prenda nessun incomodo. Lasci fare alle masse; le quali che cosa sieno per fare senza individui, essendo composte d’individui, desidero e spero che me lo spieghino gli’intendenti d’individui e di masse, che oggi illuminano il mondo”. Ecco, mentre le task force sfogliano divieti come margherite, decidono a quanti metri da casa potremo muoverci, con quali autocertificazioni, ci auguriamo che prima di pensare alle aziende e alle famiglie pensino agli individui, perché sempre da individui sono composte. L’individuo è sparito davanti ai Big Data; però si moriva lo stesso anche senza coronavirus, e si continuerà anche dopo, ciascuno a modo suo, uno per volta.

Ora a questi manager date un mandato

Viene la depressione a occuparsi ancora di nomine pubbliche, dopo questa ennesima spartizione delle cariche di vertice in aziende cruciali per la ripresa del Paese che non appartengono ai partiti, ma a tutti noi. La depressione è aggravata dal vedere premiato per il terzo mandato un imputato per corruzione internazionale come Claudio Descalzi alla guida dell’Eni: il Corriere della Sera ha rivelato ieri l’ennesima inchiesta, la Procura di Brescia indaga per traffico di influenze e abuso di ufficio nel filone nato dal presunto depistaggio compiuto da uomini legati all’Eni per favorire, tra gli altri, lo stesso Descalzi.

La maledizione dei giornalisti economici è però trovarsi ogni tre anni a raccontare le stesse indegne spartizioni e a formulare gli stessi auspici. Preso atto che nessuno standard di etica, morale o buon senso vale nella scelta degli amministratori, è sperare troppo che almeno venga richiesto che facciano al meglio il loro lavoro? La domanda suonerà assurda ai partiti che li hanno nominati soltanto in base a fedeltà o indicibili scambi di favori. Ma gli italiani, che di quei favori non sono beneficiari, dovrebbero avere un criterio per misurare fra tre anni le conseguenze delle scelte fatte oggi dal governo Conte. Cosa dovremo guardare? Il prezzo delle azioni in Borsa? I dividendi pagati al Tesoro? L’Enel deve offrire agli italiani energia al costo più basso possibile, portare la banda larga nelle case, favorire la transizione verso energie rinnovabili o espandersi all’estero? L’Eni deve puntare meno sul petrolio e più sulla chimica verde? Aumentare la trasparenza e rafforzare le pratiche anticorruzione è parte dei compiti di Descalzi per il nuovo mandato? Leonardo deve pensare più a vendere armi o a fare ricerca con applicazioni civili?

Cari partiti, avete voluto fare gli azionisti usando appieno la vostra discrezionalità nelle nomine? Fate gli azionisti fino in fondo e date a questi manager di vostra fiducia un mandato chiaro. Così fra tre anni ci sarà qualche parametro – oltre ai processi – per valutarli.

“Fatemi suonare, sono un leone in gabbia I lavori di casa? Al massimo scelgo il vino”

Allegro ma consapevole. In attesa. Perché in realtà è nomade (per eccellenza) da cinquanta e passa anni. Lui è Beppe Carletti. “Mi salvo con la musica, sono allievo e maestro”.

Cioè?

Mi do gli esercizi, li eseguo, mi correggo, e se serve rimprovero. Sono severo con me stesso.

Severo ma giusto.

Due ore ogni giorno.

Sua moglie.

Per lei non è il massimo avermi intorno, hanno le loro abitudini, e io mi innervosisco.

Non è abituato.

Un leone della foresta non lo puoi mettere in gabbia.

Oggettivo.

Sono 57 anni che passo la vita su un palco.

Sempre.

Solo dopo la morte di Augusto mi sono fermato nove mesi.

Aiuta in casa?

(Un urlo strozzato) No!

Mai?

Non faccio niente. Niente. E non mi chiedono niente.

Calibrati.

Al massimo scelgo il vino e porto in casa l’acqua.

Lavori da uomini.

Bisogna saper individuare il vino giusto.

Telefonate?

Tante, soprattutto con gli altri Nomadi.

Nostalgia…

(Tono basso) Siamo abituati a viaggiare per 80mila chilometri all’anno.

Tanti…

Nel 1982 eravamo arrivati a 220 serate; in quel luglio abbiamo suonato 31 sere su 31.

Forse vogliono lasciare a casa gli over 65…

(Scatta) Allora devono andare… (silenzio) a fa’ un bagno.

Si sente bene.

Benissimo. Mi alzo la mattina alle sei, e alle sette inizio a camminare intorno a casa.

Consigli su un libro.

Sepulveda, amo come racconta il Sudamerica.

Film?

Poco, o suono o leggo.

È la sua vita.

Secondo i miei, morirò su un palco.

Il suo habitat.

A nove anni ho iniziato con la fisarmonica, a 11 mi venivano a prendere per suonare alle feste; e mamma gridava: “Non gli fate fare tardi!”.

Quindi…

Non vedo l’ora di tornare a suonare. Con i Nomadi.

Mail Box

 

Lezioni di storia su Rai Gulp: una delusione totale

Come nonna ed ex insegnante di scuola elementare ieri ho seguito la prima lezione dedicata ai bambini della scuola primaria da Rai Gulp in collaborazione col ministero dell’Istruzione. La lezione di storia sugli uomini primitivi condotta da un’insegnante con l’ausilio di filmati è stata una delusione completa. Una lezione condotta come fosse un cartone animato con filmati sciocchi e poco scientifici, con l’insegnante che doveva leggere i suoi appunti per spiegare il concetto di fossile! È questo che vuole la ministra Azzolina?

Giovanna Mingardi

 

La sanità in Molis agonizzava prima del Covid

Gentile Direttore, scrivo a nome del Forum Molisano per la difesa della Sanità pubblica di qualità, da anni impegnato a impedire lo smantellamento della Sanità pubblica. In Molise è stata quasi azzerata. Hanno trasformato in legge il Piano Operativo del Molise, che assegnava a una Regione due soli posti per infettivi. Vedo che lei, forse in forza dei numeri, scrive o racconta del Molise in emergenza come di una specie di isola felice. Il Molise era già commissariato, con un Commissario esterno, scopritore di molti ammanchi nel Bilancio sanitario. L’emergenza a noi ha ridato il presidente a decidere sulla Sanità, una iattura. Il Molise è secondo solo alla Lombardia per quota di sanità ceduta al privato e il pubblico residuo non vanta eccellenze, ma agonizzava già prima dell’emergenza. Il Piano non prevede percorsi separati, ma convenzioni milionarie con privati, contro il parere del Consiglio Regionale.

Aida Trentalance

 

Noi, giovani imprenditori senza fonti di reddito

Sono una micro imprenditrice italiana e vengo da una famiglia dove l’Onestà e la Generosità sono valori naturali. Grazie a loro ho potuto studiare presso una delle migliori scuole di moda al mondo. Con sacrifici ho fondato una startup di successo ma ora mi trovo davanti un muro. Non posso accedere ai finanziamenti garantiti dallo Stato perché non ho il conto in banca ma alle Poste, né posso chiedere alcun tipo di prestito in quanto non ho garanzie sufficienti essendo nata da poco. L’unica soluzione è che il Governo ci eroghi denaro liquido senza intermediari e che sia adeguato, perché da un’azienda di poco più di due anni non si possono pretendere garanzie forti per poter accedere a un prestito minimo. Senza fonti di reddito come possiamo investire? E se non investiamo come possiamo ripartire? L’Italia non è solo Ferrari, Della Valle e Armani. Le filiere artigiane e le startup sono la linfa di questo Paese. Sto mettendo fondo a tutta la resilienza che mi resta, a tutta la creatività e concentrazione possibili per non soccombere, ma ho tutta questa volontà dentro e non so cosa farmene.

Simona Frasca

 

DIRITTO DI REPLICA

In merito all’articolo di Giacomo Salvini apparso sul Fatto di lunedì scorso, “Sanità, gli ‘inutili accordi’ delle Regioni col privato”, e alle accuse lanciate contro il presidente Marsilio di “regalare i soldi alle strutture private” si precisa quanto segue. L’ordinanza non “regala” soldi ai privati essendo esplicitamente previsto che non è consentito superare il tetto di spesa già assegnato. L’ordinanza in questione ha l’obiettivo di poter essere utilizzata nel momento in cui non dovessero essere sufficienti i posti letto di terapia intensiva nelle strutture pubbliche. Posti letto pubblici che, attraverso la realizzazione di ospedali Covid e di investimenti complessivi per circa 20 milioni di euro, sono ancora in costante aumento. Chi parla di regali fa finta di non sapere che i privati entreranno in campo solo nel momento in cui dovessero essere esauriti i posti letto negli ospedali pubblici. Ad oggi, non essendosi presentata tale sciagurata necessità, nessun contratto è stato stipulato dal presidente Marsilio con operatori privati, contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa (che danno credito a fonti inattendibili). Se c’è qualcuno che, invece, ha voluto destinare soldi alle strutture private quello è il governo giallorosso. Con il Decreto “Cura Italia”, infatti, sono stati vincolati 400 milioni di euro per l’acquisto di prestazioni presso strutture private; per l’Abruzzo si tratta di 5.216.000 per prestazioni sanitarie e di 3.507.387 euro per l’utilizzo di personale, locali o apparecchiature di privati accreditati e non. Fondi “vincolati” che al momento non possono essere dirottati su strutture pubbliche. Chi lancia accuse in Abruzzo, ma fa riferimento alla maggioranza di Governo, dovrebbe avere il coraggio di dire cose vere e non limitarsi allo sciacallaggio politico.

Fabio Capolla, ufficio stampa Regione Abruzzo

 

Nell’articolo non ho mai parlato di contratti, ma dell’ordinanza n. 28 dell’8 aprile 2020 che regolerà i rapporti con le strutture private. Quanto al presunto “regalo”, la giunta regionale dovrebbe rispondere non a noi ma alla capogruppo del M5S, Sara Marcozzi, che ha usato questa definizione.

Gia. Sal.

 

I NOSTRI ERRORI

Per un errore abbiamo dato in corsa per un posto nel cda Eni la dirigente italiana del fondo Kkr chiamandola Monica Mantelli Nucera, in realtà il nome corretto è Monica Mandelli. Comunque sia, il posto è stato infine assegnato ad Ada Lucia De Cesaris in quota IV di Renzi. Chiediamo scusa agli interessati e ai lettori.

Cdf e Ct

Antimafia. Senza le persone coraggiose e capaci, non c’è legge che tenga

 

Nell’intervento di sabato scorso, Nando dalla Chiesa prospetta la creazione di comitati territoriali composti da autorevoli personalità distintesi nel contrasto alle mafie che abbiano potere interdittivo all’accesso delle imprese “in odore di mafia”. L’antimafia ha già vissuto un’epoca in cui persone giuste poi rivelatesi affaristi o profittatori, hanno dominato il campo. È una stagione che non sarebbe opportuno rivivere. Coltivando l’indicazione di Giovanni Falcone, “segui il denaro”, vi sarebbero, invece, interventi normativi per assicurare la tempestiva espulsione di eventuali imprese mafiose: 1) abolizione della possibilità di stipula dei contratti o subcontratti decorsi 30 giorni dalla consultazione della Bdna, senza che vi sia stato riscontro espresso da parte del prefetto. La stipula dovrebbe avvenire solo con l’acquisizione della comunicazione o informazione antimafia: spetta alle prefetture il rispetto del termine di 30 giorni, così da non rallentare l’esecuzione dei contratti; 2) estensione del Monitoraggio Finanziario ex Del. Cipe 15/2015, oggi previsto per le grandi opere, a tutti gli appalti, con obbligo di conto corrente dedicato in via esclusiva per tutte le imprese della filiera produttiva; 3) adozione di clausole contrattuali, sia nei contratti principali che derivati, che prevedano, in caso di informazioni antimafia pregiudizievoli sopraggiunte durante l’esecuzione del contratto, sia la risoluzione, come attualmente, sia la rinuncia dell’operatore economico alla tutela cautelare, salva la tutela risarcitoria; 4) previsione del risarcimento del danno in favore delle imprese che ottengano in sede giurisdizionale l’annullamento dei pregiudizi antimafia, in misura non inferiore a 3 volte l’utile sui contratti risoluti; 5) indicazione nel bando di gara, per tutti gli appalti, quale somma non soggetta a ribasso, di un’aliquota forfettaria, ragguagliata all’importo complessivo dell’intervento, da destinare all’attuazione di misure idonee volte alla finalità di prevenzione e repressione della criminalità mafiosa, sul modello di quanto previsto dall’art. 194, comma 20, del Codice dei Contratti. Rispetto a una antimafia affidata ai sapienti, il contrasto per via negoziale è più efficace e consente di prevenire il rischio dato dalla “qualità delle persone”.

Massimo Frontoni

 

Poiché viene citato Giovanni Falcone, ecco un episodio da lui raccontato, e non per caso. Quando un magistrato chiese a Frank Coppola “che cos’è la mafia?”, il boss rispose: “Poniamo che si liberi un posto alla guida di una procura e che concorrano tre magistrati: uno competente e onesto, uno protetto dai partiti di governo, e uno cretino. Ecco, vincerà il cretino. Questa è la mafia, signor giudice”. Non capisco questa diffidenza, tanto italiana, per le persone capaci e coraggiose, senza le quali non c’è legge (anche “dotta” e “sapiente”) che tenga. Se cialtroni ci sono stati, bisogna solo liberarsene. Poi, certo, nuove buone leggi. E ognuno di noi ne ha alcune in mente.

Nando dalla Chiesa

Buon 25 Aprile, una Liberazione senza libertà

Pensavamo di aver visto praticamente tutto, e invece no. Sarà un 25 Aprile virtuale per varie ragioni. La prima e più immediata: staremo a casa anche sabato, a 75 anni dalla liberazione dal nazifascismo. E staremo a casa anche venerdì prossimo, per la festa del lavoro più mesta della storia repubblicana: in tanti temono per il proprio impiego. E naturalmente sono i lavoratori meno garantiti, le fasce sociali più deboli. Sarà una Liberazione senza manifestazione e soprattutto, per paradosso, una Liberazione senza libertà. O con libertà dimezzate, peggio ancora differenziate. Si dice: sarà sempre più difficile convincere i cittadini del Molise, dove il contagio a Pasqua era azzerato, a restare chiusi in casa perché a centinaia di chilometri di distanza il virus continua la sua marcia letale. I virologi d’altro canto sostengono che in regioni dove il virus non è diffuso, tantissime persone sono in pericolo anche più che in Lombardia dove una parte della popolazione ha già contratto il virus (pur essendo lontani dall’immunità di gregge vagheggiata da Boris Johnson, ante ricovero). Sia come sia, la regionalizzazione ci mette davanti agli stessi pericoli della scarcerazione per fasce d’età, cioè spaccare un Paese già abbastanza diviso quanto a disuguaglianze economiche e sociali, vanificando quella cosuccia che si chiama articolo 3 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge”).
I lettori di questa rubrica sanno che a noi sta particolarmente a cuore il secondo comma di quell’articolo, in cui si dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Non vi sembra sinistramente attuale? La scuola è sospesa: ma non tutti gli studenti hanno accesso alle lezioni da remoto. I ministri ci parlano del turismo di prossimità: cioè ognuno starà a casa sua, al massimo nella sua regione. Questo significa che ancora a luglio e agosto saremo in un regime di libertà attenuate, di diritti fondamentali diminuiti se non negati. La libertà di circolazione nel territorio nazionale (articolo 16), prevede una limitazione che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Ma se davvero gli anziani saranno imprigionati fino a settembre o se ognuno d’estate dovrà stare a casa sua, significherà che la Costituzione è stata sospesa per più di sei mesi: una prospettiva non certo tranquillizzante. Soprattutto se resteranno in vigore i privilegi del denaro e della notorietà. Ci stiamo rincretinendo nella caccia ai furbetti della pisciatina (del cane) o della corsetta – i nuovi untori del 2020 – mentre a medici, infermieri e farmacisti vengono negati i tamponi. Però se calciatori e vip ottengono inspiegabilmente test a tempi record, nessuno si stupisce. Così quest’estate i poveracci saranno obbligati al turismo di prossimità (per molti cioè crepare di caldo nelle città) e altri potranno recarsi nelle seconde ville. Leggiamo di multe da centinaia di euro inflitte a operai e cassaintegrati, ma non risultano sanzioni di ugual fatta rifilate a milionari che stanno facendo la quarantena a Courma. E ancora, si parla di app di tracciamento: 300 scienziati hanno firmato un appello, mettendoci in guardia da sistemi che consentirebbero “una sorveglianza senza precedenti della società”.
Il tutto accade e accadrà al grido di “prima la salute”. Ma che cosa ce ne facciamo se dobbiamo rinunciare alla democrazia? Buon 25 Aprile.

Dopo “Immuni” arrivano “Illese” e “Impuniti”: chi se ne frega della privacy

Prepariamoci all’assalto, portiamoci avanti col lavoro. Si discute animatamente della app “Immuni”, per avere un tracciamento elettronico dei contagi da coronavirus: se sarà obbligatoria, facoltativa, volontaria, se quelli che non la installano dovranno andare in giro vestiti di arancione, o con le pinne, o se i vecchietti che non hanno familiarità con la tecnologia dovranno indossare un braccialetto elettronico (un suggerimento: fatelo lavabile, sennò fa più vittime delle Rsa in Lombardia). Una cosa è certa, per giorni, settimane, mesi, avremo il refrain a reti unificate: “Installate l’app!”. Lascio agli scienziati dubbi e certezze, mi limito ad alcune perplessità dettate dall’esperienza: in un posto dove per avere una carta d’identità elettronica servono tre mesi (tipo Milano) si teorizza di un congegno che dice in tempo reale se hai la febbre a quello in coda davanti a te dal panettiere. In un posto dove per avere le mascherine nelle farmacie si è dovuto aspettare due mesi e 12.000 morti (tipo la Lombardia del presidente Fontana), si gestiranno miliardi di dati sensibili in pochi secondi. Mah.
Altre perplessità riguardano gli inventori della famosa app: nella compagine azionaria delle società produttrici figurano tra gli altri: tre figli di Berlusconi, un colosso della Sanità privata lombarda (Centro Medico Sant’Agostino), il finanziere leopoldo-londinese Davide Serra e altri. “Il salotto buono”, scrive Il Sole 24 Ore: tu pensa se era cattivo.
Ma basta con questi dubbi da disfattisti, passiamo alle proposte costruttive! Se d’un tratto si archivia ogni pretesa di privacy e di riservatezza sui dati clinici dei cittadini, ovvio che si apre un mondo di possibilità. Ecco alcune app che vi invito a installare subito.
Illese – Un’app dedicata alle donne. Segnala in tempo reale se il tizio che vi invita a cena ha precedenti per aver menato la fidanzata pregressa, se va in giro col coltello in tasca, se ha subito decreti di allontanamento. Un aggiornamento della app (“Illese Family”) dirà se per caso quel tizio è il marito che, per un motivo o per l’altro, volete lasciare e che si presenta all’improvviso con un mazzo di fiori nella sinistra e un punteruolo da ghiaccio nella destra. Illese sarà collegata ai server delle forze dell’ordine, e in subordine, a quelli – potenziati – delle pompe funebri. Un problema tecnico: funzionando con la tecnologia Bluetooth, Illese sarà efficace se qualcuno si avvicina a meno di due metri, quindi non risolve il problema dei femminicidi con armi da fuoco. Da migliorare.
Impuniti – Un’app molto interessante messa a punto dalla Agenzia delle Entrate, rivelerà se chi chiede un contributo statale ha pagato tutto quello che doveva ed è in regola col fisco. La app, in tempo reale, potrà segnalare all’Inps la configurazione della Porsche Cabrio di uno che magari chiede 600 euro all’Inps, la planimetria della villa al mare di chi risulta nullatenente o il nome dello yacht di chi presenta un 730 che lo colloca al di sotto della media dei raccoglitori di arance della piana di Gioia Tauro. In questo caso, le perplessità sulla privacy si fanno più intense, strano, eh?
Indagati – Una app che segnala in tempo reale se un candidato alle elezioni comunali, regionali, politiche, a qualche nomina pubblica, a qualche posto statale o parastatale, ente, commissione, grande azienda, abbia già avuto qualche problema con la giustizia, o non addirittura qualche condanna in primo (alert giallo), secondo (alert arancione), terzo grado (alert rosso). Con questa straordinaria app, collegata a tutti i cellulari, i cittadini conoscerebbero in pochi secondi la fedina penale di chi occupa posti di responsabilità o cariche in grado di decidere sulle loro vite. Stranamente, anche in questo caso, la politica si dice molto preoccupata per la privacy.

Lombardia: o cambiano o vanno commissariati

È stato adombrato da esponenti della maggioranza il commissariamento della Regione Lombardia in esito alle peculiari modalità che hanno caratterizzato la gestione del Covid-19 da parte dei responsabili di quell’ente. La proposta, allo stato propedeutico, ha determinato la levata di scudi soprattutto della Lega, che prospetta la strumentalità del ricorso a quella procedura per un attacco politico. È innegabile che il meccanismo commissariale nella più florida Regione, retta da parte avversa al governo centrale, può apparire manovra opportunistica, preordinata a dare un duro colpo all’affidabilità dell’opposizione.
Al di là e al di sopra dei profili di lotta politica va comunque data centralità all’applicazione dell’articolo 120, c. 2 Costituzione che legittima il governo a sostituirsi a organi regionali e locali nel caso “di pericolo grave o per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono… la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali…”.
Ora non v’è dubbio che la situazione creatasi in Lombardia ricade in pieno in quelle previsioni sia relativamente al pericolo grave per l’incolumità pubblica, cagionato, nonostante l’eroismo di medici e infermieri e la notoria eccellenza di alcune strutture, anche dall’incapacità dei responsabili e dall’inaffidabile sistema sanitario regionale, sia relativamente ai livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, negate a tanti pure in via omissiva.
Ogni tentativo di difesa è condannato dall’abnormità dei numeri e dall’emersione di scelte dissennate, adottate in base a rapporti e proposte di una dirigenza impreparata ai limiti dell’indecoroso: una sarabanda di improvvisazioni funeste e ondivaghe, una diffusa incapacità ad affrontare problemi che non siano quelli di un esercizio ordinario avvilente e maneggione. In altre parole: lo stato delle cose impone la sostituzione a’ sensi dell’art. 120 c. 2 Cost. Tale decisione, seppure conforme a Costituzione, potrebbe suscitare, oltre al contrasto del centrodestra, infondate ma pressanti reazioni contrarie (a partire dai media più importanti con sede nella Regione e dall’apparato produttivo lombardo molto sensibile a rimarcare, fin quasi a cullarsene, una sua primazia).
Non è questo, però, il momento della rissa. Occorre lavorare tutti per la ricomposizione. Da lombardo per educazione e molti affetti mi permetto di suggerire una specie di transazione. Ad agosto del corrente anno finisce il periodo sperimentale del sistema sanitario disciplinato dalla legge Lombardia n. 23 del 2015 (art. 1 bis) e si può decidere se darvi ulteriore corso o meno.
In previsione di una risposta negativa (non credo che il presidente Fontana abbia l’impertinenza morale di immaginare altro) potrebbe fin da ora crearsi, su richiesta della Giunta, un organismo speciale di coordinamento Stato-Regione che attui una serie di attività finalizzate al superamento dell’emergenza non solo del Covid-19 ma anche e soprattutto dell’incongruenza dell’attuale ordinamento sanitario, resettando un sistema martoriato da quasi un trentennio di pratiche opache, come denunciato anche da Roberto Saviano. Se Fontana e la sua Giunta non avranno l’umiltà del vero servitore della cosa pubblica e non cercheranno una soluzione di buon senso e coerente alle prerogative delle istituzioni coinvolte, quale qui prospettata o altra analoga, si perderà l’occasione per ricomporre, senza ulteriori danni, emergenza e disfunzioni della sanità lombarda in un quadro unitario nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, pure richiamati nel citato art. 120 Cost. In quel caso la determinazione di commissariamento si porrà come atto ineludibile per il governo e come bruciante sconfitta della ragionevolezza.

Nel MoVimento meno democrazia, più pena di morte

“Nel MoVimento c’è troppa democrazia” Altri due deputati grillini passano al gruppo misto. Con i deputati Gabriele Sbacchi e Salvo Gargarozzo, salgono a 37 i parlamentari grillini che hanno deciso di passare al gruppo misto. Anche loro se ne vanno polemizzando coi vertici e con l’eccesso di democrazia interna, lamentando la benevolenza nei confronti di traditori come Fioramonti, Paragone e Barillari, che avrebbero volentieri passato per le armi. “Come diceva Grillo agli inizi del MoVimento, siamo in guerra”, spiega Sbacchi, uno dei pasdaran della prim’ora, con matrimonio celebrato da Gianroberto Casaleggio e circoncisione dei figli maschi eseguita da Marco Canestrari (“Un altro Giuda”, lo bolla Sbacchi). “E in guerra si segue la legge marziale, che prevede la pena di morte. La mia scelta non deriva da un personale cambiamento di opinioni, ma dalla presa d’atto che, chi più chi meno, i vertici del M5S non alimentano convincentemente il culto della loro personalità, e impongono pochi diktat dall’alto”. Sbacchi contesta in particolare “la mancata approvazione di provvedimenti che auspicavo, e cito in particolare l’istituzione di un servizio segreto riservato, con l’incarico di operazioni di repressione, bonifica e sterminio dei dissidenti, sull’esempio dell’Argentina di Videla”. “Gli indesiderabili vanno distrutti fisicamente, altro che multe ed espulsioni”, gli fa eco Gargarozzo, docente di ufologia alla World Humanistic University di Quito, Ecuador. Sulla stessa linea di critica ai vertici rammolliti si schierano i deputati Adelmo Ciuffi, Piero Locatelli e David Tamburini. Tamburini, uno dei candidati della società civile scelti direttamente dai vertici ed eletti nei collegi uninominali del M5S, dice: “Sono passato al gruppo misto perché non è più tollerabile una gestione così poco verticistica e così poco oligarchica”. Tamburini cita tra i suoi riferimenti ideali anche la campagna di rettifica lanciata nel 1942 da Mao Zedong contro i rivali interni Wang Ming, Wang Shiwei e Ding Ling. Frattanto, il mugugno nel M5S si esacerba. In attesa dei buffetti annunciati dal “capo politico Crimi” (cioè Rousseau, cioè Casaleggio, cioè Grillo) nei confronti degli eletti che non hanno rendicontato le spese e restituito parte dello stipendio, si attendono altre defezioni. Ai dissidenti si rivolge, con toni pacati, la senatrice Mariagrazia Corpolò: “A ognuno le sue scelte, senza vittimismi o scenate. Chi se ne va, forse, non è mai stato davvero con noi, che li abbiamo tolti dalla strada e adesso veniamo ripagati così. TESTE DI CAZZOOOOOO!”.

Piccola richiesta al presidente del Consiglio Conte: so che in questo momento ha ben altre gatte da pelare, presidente, ma potrebbe per favore riaprire i negozi di ottica? Ho finito le lenti a contatto e continuo a dare zuccate nei muri. Grazie.

Il coronavirus ha, fra i sintomi tipici, la perdita del gusto. Urge un tampone a tutte le telespettatrici di Maria De Filippi.

La natura è ingiusta. Non sarebbe bello se anche gli uomini potessero nutrire neonati col proprio corpo?

Franklin Graham (pastore evangelico trumpiano, guerrafondaio e omofobico, ogni sera su La7): “Dio ti ama e conosce tutto della tua vita”. No, quello è Google.

Mr Orwell, la colf di Arcuri

Il dottor Domenico Arcuri, per chi non lo sapesse è il Commissario governativo all’emergenza: noi ce lo ricordavamo manager ben ammanicato con la politica, specie d’area Pd, e invece è pure filosofo. “Dove comincia e dove finisce il contact tracing?”, s’è chiesto ieri in conferenza stampa non rispondendosi. Arcuri intendeva rassicurare l’uditorio che la app “Immuni” che dovrà tracciare i nostri contatti e avvisarli in caso di positività sarà “volontaria”, che la sua non installazione non comporterà limitazioni alla libertà personale (grazie, ma esistono pure le leggi…), che i miliardi di dati personali che verranno generati saranno conservati e lavorati in Italia da una struttura pubblica (ciao core). Bene, cioè vediamo i dettagli, ma bene. Poi, filosofeggiando ancora, il nostro ha buttato lì che l’app sarà sì, per carità, volontaria, però certo “l’alternativa alla mappatura tempestiva dei contatti è semplice: le misure di contenimento non possono essere alleggerite” (tradotto: ve chiudo a casa). Finita? Magari: per Arcuri mica basta che la app tracci i contatti per avvertirli in caso di bisogno, no no, “sarà necessario che si possa connettere al Servizio sanitario, che dia informazioni perché si possa intervenire tempestivamente ed efficacemente”. Dottore, ci scusi, ma quello che vediamo spicciarle casa lì dietro non è forse un tal Orwell?