Al calcio italiano manca solo una cosa, che ci scappi il morto: un calciatore che lasci le penne in campo mentre gioca in condizioni inumane partite insensate, utili solo a riaprire il rubinetto dei soldi dei diritti-tv, che poi è l’unica cosa che davvero sta a cuore ai nostri presidenti. In italia, due mesi dopo il primo morto di Coronavirus (21 febbraio, Adriano Trevisan, Vo’ Euganeo), muoiono ancora 500 persone al giorno, i medici uccisi dal Covid sono 130, i tamponi sono irraggiungibili e le terapie intensive lo sono state fino a ieri e cosa s’inventa il carrozzone del pallone?
S’inventa di portare a termine il campionato di Serie A con calciatori cui sarà chiesto di giocare una partita ogni 3 giorni a giugno-luglio dopo un’inattività durata due mesi, al caldo torrido delle estati italiane, con diversi atleti reduci dal contagio (“Qualcuno pensa davvero che in Serie A solo la Sampdoria abbia avuto 5, 6 o 7 infettati? – ha detto l’uruguaiano Gaston Ramirez –. La verità è che molti club hanno tenuto nascosti i loro contagiati”), con sfide che assumeranno un’importanza vitale per decidere scudetto, qualificazioni e salvezza, sfide affrontate nelle peggiori condizioni sia climatiche che psicologiche in cattedrali nel deserto, con comitive di 60-70 persone che i 20 club ininterrottamente caricheranno su pullman, treni e aerei invadendo hotel e spogliatoi e sottoponendoli obbligatoriamente a un tampone ogni 4 giorni, il che significa 1200-1400 tamponi a volta sottratti alla gente comune, quella lasciata morire in casa senza che nessuno dica bah; il tutto in attesa del primo Rugani-bis che mandi tutto a puttane spedendo in quarantena compagni di squadra e avversari e fermando il carrozzone; e comunque in fretta perché poi c’è l’Uefa con i suoi tornei, e se i campionati finiscono a luglio, ad agosto si possono giocare le coppe e a settembre si torna in campo per la stagione 2020-21.
E guai a chi non si adegua al ricatto della Troika, alias Aleksander Ceferin (Uefa), Andrea Agnelli (Eca) e Lars-Christer Olsson (European League), che in una lettera spedita in data 2 aprile, quando l’Europa viaggiava verso i 50 mila morti, oggi diventati 100 mila – niente di cui preoccuparsi dunque – ha tuonato: “Qualunque decisione di sospendere i campionati nazionali in questo momento sarebbe prematura e non giustificata”, minacciando sanzioni ed esclusioni.
Manca solo che ci scappi il morto, e forse è meglio dirlo prima. Tra l’altro, ancora non si conoscono i danni lasciati nel fisico dal virus. Uno studio dei medici guidati dal prof. Marco Metra, cardiologo degli Spedali Civili di Brescia, pubblicato su Jama Cardiology, mostra come molti infettati abbiano contratto il Covid-19 senza alcuna polmonite ma accusando miocarditi acute con versamento pericardico o insufficienze cardiache. Il prof. Enrico Ammirati, cardiologo del Niguarda, racconta di pazienti affetti da miocardite associata a Covid-19. E il prof. Enrico Castellacci, presidente dei medici italiani di calcio, ha dichiarato che “dalle autopsie effettuate in questa pandemia si è constatato che c’erano cicatrici a livello cardiaco, talvolta danni al cuore, pericarditi”. Danni al cuore. Arrecati da un virus che ha colpito anche i calciatori. E però, chi se ne frega: quel che conta è tornare a giocare. Dio perdona loro.