“Abbiamo ingoiato Descalzi, dovete cedere anche voi”, e dopo un istante, appena il Pd ha compreso il messaggio non distensivo dei 5S, a Palazzo Chigi si è interrotta la riunione in videoconferenza dei partiti di maggioranza per le nomine di Stato. Il distanziamento sociale imposto dalla pandemia non ha temperato le tensioni – ormai da considerare un elemento irrinunciabile dei negoziati – fra i pentastellati e i democratici, accorsi in massa e con idee opposte all’incontro convocato. Tutti lì presenti con l’illusione di siglare un accordo per il rinnovo delle aziende a controllo pubblico e perciò di rimuovere la sensazione di spartirsi il bottino (di poltrone).
Al tavolo c’era un oceano di correnti, i pentastellati Vito Crimi, Riccardo Fraccaro, Stefano Buffagni, i democratici Andrea Orlando, Dario Franceschini, il ministro del Tesoro, nonché “azionista” principale delle partecipate, Roberto Gualtieri. Nessuno la pensava come l’altro, dentro i partiti, tra i partiti.
“Abbiamo ingoiato Descalzi, dovete cedere anche voi”, è l’effetto collaterale di chi – e parliamo dei Cinque Stelle – ha accettato la logica della distribuzione dei posti. “Abbiamo ingoiato Descalzi”, vuol dire non vi abbiamo – ai dem e non solo – intralciato il piano di riconferma dell’amministratore delegato di Eni, seppur imputato per corruzione in un processo per una tangente da oltre un miliardo di dollari e inquisito per gli affari della moglie in conflitto di interessi con la multinazionale del petrolio. Roba da far impallidire i nostalgici delle origini dei Cinque Stelle.
“Dovete cedere anche voi”, è un segnale che la ripartizione delle caselle da occupare andrà rivista, e di fretta perché i termini per presentare ufficialmente le liste scadono lunedì. Ai Cinque Stelle non basta la bandierina della presidenza di Eni come presunto, davvero presunto, contraltare all’indigesto Descalzi e non basta neppure la scelta dell’ amministratore delegato di Enav, l’ente che gestisce il traffico aereo civile e di Terna, la società della rete elettrica. Fraccaro e colleghi pretendono anche l’ad di banca Mps dopo la bocciatura del candidato Mauro Selvetti e, complici le divisioni nel Pd, hanno riaperto la discussione su Alessandro Profumo (Leonardo, ex Finmeccanica) per sostituirlo con Giuseppe Giordo, un ex manager del colosso degli armamenti (oggi in Fincantieri) gradito anche al mondo della Difesa e a Giuseppe Conte.
L’offensiva dei Cinque Stelle serve ad addossare al Nazareno – che si trincera dietro il Quirinale – la decisione di rinnovare i mandati agli ad delle società quotate più importanti, cioè Eni, Enel, Poste e Leonardo. La riunione iniziata alle 16 è stata sospesa dopo pochi minuti, quando i dem si sono impuntati sulla riconferma totale degli ad, specie Profumo, brandendo Sergio Mattarella come sigillo di continuità. E si è andati avanti fino a notte.
I nomi che circolano, alcuni lasciati circolare per essere bruciati, non hanno subito grosse variazioni. Lucia Calvosa, per i Cinque Stelle, avrà una presidenza, in ordine: Eni, Enel e Poste. A Fabio Innocenzi indicato dal Tesoro per Mps, i Cinque Stelle oppongono, con un certo vigore, Guido Bastianiani ex Carige. Tornando a Leonardo: i dem provano a insistere sull’ex banchiere Profumo, mentre vacilla la presidenza di Gianni De Gennaro, ma l’ex capo della Polizia all’ultima curva sa sempre stupire tutti. C’è stata l’ipotesi De Gennaro per la presidenza di Eni, come rimane quella di Luciano Carta (servizi segreti esteri) per Eni o proprio per Leonardo. L’impresa di fare pace – vedrete, accadrà – non dipende unicamente da Pd e 5S, ma va allargata ai partner minori, Italia Viva di Matteo Renzi, la sinistra di Roberto Speranza, poi il vaglio del Tesoro e ancora alcune postazioni riservate a Conte (come la presidenza di Poste) e la benedizione del Colle. È così lunga che non poteva non cominciare con una suggestiva e spettacolare videoconferenza sospesa, per poi litigare e litigare ancora finché ogni seggiola non sarà assegnata.