Vorrei dare un piccolo contributo alla discussione sui dati che quotidianamente vengono “somministrati” ai cittadini da media e autorità. Come risulta dagli esempi che seguono, non c’è omogeneità nelle definizioni usate nella diffusione di questi dati.
Positivi del giorno. Spesso si confonde la variazione dei casi totali con quella degli attualmente positivi, senza chiarire né le differenze né quando sia meglio usare l’una rispetto all’altra.
Tamponi. I tamponi positivi del giorno sono in molti casi assimilati ai contagiati del giorno, senza considerare che i contagiati reali comprendono i sintomatici, gli asintomatici e i pauci sintomatici che non sono stati sottoposti a tampone. Per i tamponi effettuati, spesso non viene chiarito se si tratti di tamponi ripetuti più volte sullo stesso individuo.
Decessi. Per i decessi non è disponibile l’informazione se si tratti di decessi effettivamente a causa di Covid-19, ma solo di decessi con Covid-19 ed è una bella differenza. Quest’ultimo aspetto è molto importante: leggiamo o sentiamo in continuazione titoli o commenti del tipo “il Covid-19 ha ucciso…” oppure “le vittime del coronavirus sono…”, “nelle ultime 24 ore i morti sono…”, oltre poi a tutte le analisi e grafici a non finire sui deceduti positivi a Covid-19. Va invece chiarito che il numero dei pazienti deceduti positivi al Covid-19 non rappresenta il numero di decessi a causa del Covid-19: le statistiche, i grafici e le analisi basati su questo dato non ci descrivono quindi l’andamento della mortalità per questo virus.
Reali cause di morte. Solo in una fase successiva potrà essere stabilita la reale causa di morte dei pazienti deceduti. “Difficile riuscire a capire oggi, soprattutto nei casi in cui vi sono malattie pregresse, se il Covid-19 sia stato davvero la principale causa di quei decessi”, spiega al Fatto Quotidiano Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. Secondo il professore, “per rispondere a queste domande dovremmo intanto aspettare gli esiti di tutte le autopsie, ma non sarà comunque facile”, in quanto nella stragrande maggioranza dei casi “concorrono diversi fattori, in primis le patologie preesistenti”. Sul tema, il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha inoltre specificato: “Abbiamo tre tipi di morti: quelli ricollegabili soprattutto al Covid-19, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid-19 ma per Covid-19, cioè ad esempio infartuati che in condizioni normali si salverebbero; i morti che non hanno contratto Covid-19”. Inoltre, sempre sui decessi, è al momento assente un confronto completo ed esaustivo basato su un’analisi dei morti nello stesso periodo degli anni precedenti, ad esempio sul numero di morti per influenza stagionale.
Classifiche e confronti. Sentiamo spesso parlare del “tasso di letalità del virus” o “tasso di mortalità per casi confermati”: per quanto detto finora, questo tasso non è una misura utile a comprendere il fenomeno né, di conseguenza, a operare confronti tra regioni o con altre nazioni. Tutte le classifiche che ci vengono proposte sono sicuramente “appassionanti” e costituiscono motivo di discussione (“perché si muore di più in Italia?”), ma non hanno alcun valore scientifico.
Nuovi contagi dopo aprile. Mancano studi sulle probabili ondate di ritorno, così come studi statistici sugli effetti di differenti politiche di intervento sul territorio nelle fasi di riapertura, molto importanti per definire strategie di prevenzione e intervento per la fase 2.
Proposta. Perché non coinvolgere l’Istat e il Sistema statistico nazionale anche nella cabina di regia istituita dal governo sia per la fase 1 che per la fase 2, considerato che su tutti questi aspetti il sistema delle statistiche ufficiali è dotato di un patrimonio di conoscenze e competenze di grande rilevanza?