L’attesa sulla scelta della applicazione di contact tracing che dovrebbe essere parte del progressivo ritorno alla vita degli italiani si allunga. E all’attesa si aggiunge la confusione, alla confusione il sospetto. Le due app selezionate dai tavoli della task force del ministero dell’Innovazione, basate su tecnologia bluetooth (anonimizzazione e informazioni solo su eventuali contatti tra telefoni) sono state l’ultima certezza. Intorno è confusione, iniziative autonome e operazioni di spin più o meno occulto.
Sms? Ieri mattina, per dire, è iniziata a circolare l’ipotesi di avvisare i cittadini che siano stati in contatto con un contagiato attraverso l’invio di un sms e non con la notifica dalla app come nei progetti usciti dal ministero di Paola Pisano. Non è una differenza di poco conto. L’invio di un sms implica il coinvolgimento dei gestori della rete telefonica (alcuni, come Tim, avevano anche partecipato alla selezione del ministero) e, di fatto, l’identificazione dei soggetti potenzialmente infetti attraverso il loro numero di cellulare. Una cessione di privacy che non spaventa parte di chi è nelle diverse task force dell’ emergenza e che certo non spaventerà l’ex ad di Vodafone, Vittorio Colao, figura chiave nella gestione della fase 2 che non ha finora nascosto la propensione per un tracciamento anche più spinto di quello invece sostenuto dagli esperti della Pisano. Certo, con due proposte sul tavolo da settimane, analizzate ed elaborate da esperti e tecnici, potrebbe apparire poco comprensibile cambiare idea all’ultimo momento o chiedere implementazioni. L’ultima parola spetterà, comunque, al premier Conte.
L’Ue. Anche perché ieri la Commissione Ue ha raccomandato, ancora una volta, di ritenere il tracciamento digitale solo un elemento che integri (e non sostituisca) le altre misure, come test e tamponi. “L’uso di tali applicazioni mobili – spiega la Commissione – dovrebbe essere volontario e nel pieno rispetto delle regole per la protezione dei dati personali”. Agli utenti deve rimanere il controllo dei propri dati e ad essere tracciata deve essere “la stretta vicinanza tra i dispositivi mobili” ma solo su base anonima e aggregata. E ancora: trasparenza sul funzionamento e disattivazione al termine della crisi, con cancellazione di tutti i dati. Niente numeri di telefono dunque né celle né operatori.
Reti, celle e annunci. Ieri mattina c’è stato infatti un certo allarme per la notizia di un accordo tra il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, e il capo della Polizia, Franco Gabrielli, che autorizzava l’utilizzo dei tabulati e delle celle telefoniche per identificare i contatti dei positivi al Covid-19. In realtà si è trattato di uno scambio di lettere in cui Borrelli chiedeva alla Polizia di aiutare le Asl (su loro sollecito) a reperire rapidamente i numeri di eventuali persone a rischio nei casi in cui il positivo non fosse in grado di fornirli o le Asl di trovarli.
Come se l’incertezza non bastasse, c’è poi la solita annuncite. Mentre la responsabile per l’Innovazione del Pd, Marianna Madia, chiede una norma e l’intervento del Parlamento, la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli propone una sua app che dovrebbe gestire l’affollamento sui mezzi pubblici su modello cinese. Non si sa ancora come dovrebbe essere, ma intanto l’annuncia.
Toscana e il nodo regioni.Ne approfitta anche la Toscana che fa partire la sperimentazione di una app, nell’attesa di capire come il governo si porrà nei confronti delle Regioni: #acasainsalute monitora i casi positivi al Covid-19 ma può anche tracciare gli spostamenti. Sviluppata dal dipartimento di sanità regionale (e, a loro dire, pensata a prova di privacy) dovrebbe essere uno strumento parallelo allo screening di massa annunciato dal governatore Rossi con 400 mila test sierologici. Al momento può essere scaricata volontariamente dagli operatori sanitari e forze dell’ordine. Funziona così: una volta scaricata, si inseriscono i dati personali scansionando la tessera sanitaria. Poi si aggiorna lo status dopo il test. Si possono inserire anche i dati sui propri sintomi e registrare se si è entrati in contatto con casi positivi o sospetti. Questo permette di fare un tampone immediato all’utente, anche se il risultato del test sierologico è negativo. È un punto nodale della campagna, risalire in fretta ai contatti e testarli subito. Nelle ultime ore l’applicazione è stata scaricata da medici, infermieri e operatori di ospedali e Rsa fiorentine nonché dagli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Livorno. Per le categorie più a rischio, la Regione ha promosso una campagna da 200 mila kit sierologici che saranno estesi per la “fase due” a tutti i lavoratori che rientreranno nelle fabbriche a maggio.
Al momento la app prevede una forma di geolocalizzazione volontaria per registrare il luogo dove è stato fatto il test. Si punta, però, a estendere la tracciabilità con un sistema Gps, ma questo potrà deciderlo solo il governo con un provvedimento. Eccola, ancora una volta, la grande incognita.