“Fauci sei fuori”. Ma Trump alla fine grazia il virologo

“Time to #FireFauci”, è ora di silurare Fauci: Donald Trump rilancia un tweet con hashtag contro Anthony Fauci, il ‘virologo in capo’ Usa, reo di non assecondarlo nelle sue scelte contraddittorie anti-virus e nel desiderio di riavviare l’economia. Ieri sera poi la Casa Bianca smentisce: Trump non licenzia l’esperto. L’invito a mandare via Fauci era partito da una ex candidata repubblicana alla Camera, Deanna Lorraine, irritata perché il super esperto della task force della Casa Bianca sulla pandemia dice ai media Usa che si sarebbero salvate molte vite, se le misure fossero state adottate prima. Il New York Times e altri media ricostruiscono quando e come il presidente lasciò cadere allarmi lanciati da funzionari ed esperti.

Il tweet da parte di Trump – dichiarazione ufficiale a parte – fa sospettare che la sua insofferenza verso l’esperto poco accomodante sia al culmine. Lorraine rinfaccia a Fauci dichiarazioni pure contraddittorie: “Il 29 febbraio diceva che non c’era di che preoccuparsi e che il virus non era una minaccia per gli americani”; ora mette in forse le elezioni presidenziali del 3 novembre. Nel clima di odio che i fan di Trump creano contro chi contraddice il presidente, Fauci è già stato bersaglio di minacce (ed è oggetto di protezione). Un sondaggio della Monmouth University indica che oltre un terzo degli americani, il 35%, ritiene il virologo la voce più affidabile sulla pandemia, mentre solo un quinto dà fiducia a Trump. Questo però non impedisce al magnate di avere successo nella raccolta fondi: 212 milioni di dollari nel primo trimestre 2020, 63 milioni a marzo, meno degli 86 di febbraio, ma con di mezzo il virus. In tutto, finora, per la rielezione di Trump sono stati raccolti 677 milioni. Il suo rivale Joe Biden ha messo insieme meno di 90 milioni; avrà l’appoggio dei sostenitori di Sanders, da ieri è ufficiale. Nonostante le cifre del contagio restino angoscianti – i decessi superano i 23 mila e i casi sono oltre 560 mila, secondo i dati della Johns Hopkins University – Trump, che oggi insedierà la task force per la riapertura del Paese, annuncia che prenderà a breve “una decisione, in coordinamento con i governatori”. Qualche segnale positivo arriva da New York: “Penso che il peggio sia passato”, dice il governatore dello Stato, Andrew Cuomo. Anche negli Usa la situazione è drammatica nelle case di riposo, con oltre 3.600 morti, 1.880 solo a New York.

 

Regno Unito
Tutti gli errori di “santo” BoJo Case di riposo, boom di morti

I morti sfondano la macabra soglia degli 11mila: sono 11.329, più 717, mentre i tamponi quotidiani, 14.506, continuano a essere lontanissimi dall’obiettivo di 100mila fissato per la fine di aprile. Il primo ministro ad interim Dominic Raab ha ringraziato la popolazione per aver osservato le misure di auto-isolamento malgrado il bel tempo. Con il previsto picco di decessi non ancora raggiunto, tutti i segnali indicano che il lockdown verrà esteso: “Se ci rilassiamo adesso il virus ne approfitterà, si diffonderà più velocemente e ucciderà più persone”. Ma, ha aggiunto: “Il nostro piano sta funzionando. Continuate così e ne usciremo insieme”. Rassicurazioni che non rassicurano: sta esplodendo il bubbone dei contagi nelle case di riposo per anziani e una carenza di materiale protettivo per il personale ancora maggiore che negli ospedali, dove medici e infermieri continuano a segnalarne, esasperati, l’insufficienza. Media amici iniziano la beatificazione di Boris Johnson, in convalescenza a Chequers dopo essere uscito indenne da 7 giorni in ospedale. Ma gli errori di gestione del suo governo sono evidenti, e il ritorno al lavoro sarà un test per la sua leadership.

 

Francia
Macron proroga lockdown fino all’11 maggio. Poi scuole aperte

I francesi resteranno “confinati” in casa fino all’11 maggio, dopodiché sarà “l’inizio di una nuova fase: grazie ai nostri sforzi, l’epidemia comincia a segnare il passo, ma non è ancora sotto controllo”, ha detto ieri Emmanuel Macron, parlando per la quarta volta ai francesi dall’inizio della crisi sanitaria. Dopo l’11 maggio la Francia ripartirà “progressivamente”: riapriranno un po’ alla volta le scuole, si riavvieranno servizi e aziende, resteranno chiusi invece ristoranti, caffé, musei, teatri. A quel punto “saremo capaci di testare tutti i francesi con sintomi”, ha aggiunto Macron, e “tutti potranno procurarsi delle mascherine”. Il presidente ha riconosciuto delle “falle”: “Eravamo pronti a questa epidemia? Non abbastanza, è evidente, ma l’abbiamo fronteggiata”. Stando ai dati del ministero della Salute, i casi confermati di Covid-19 sono 98.076 (+2.673). Le vittime sono ormai 14.967: 9.588 persone negli ospedali, 5.379 nelle case di riposo. Oltre 32mila malati sono ricoverati, di cui 6.821 in rianimazione (-24). Ma stando all’Istituto nazionale della sanità e della ricerca, solo tra l’1 e il 6% della popolazione è stata infettata finora, troppo poco per poter allentare le misure.

 

Balcani
Romania più colpita: 318 vittime Pasqua ortodossa, città blindate

La Romania è il Paese con il bilancio più pesante per l’emergenza coronavirus. I contagi sono stati 6.633, con 333 nuovi casi accertati nelle ultime 24 ore, mentre le vittime sono state 318. I pazienti in terapia intensiva sono 231, i guariti 914. La Serbia ha superato ieri i 4.000 contagi con 85 decessi, mentre la Croazia è a quota rispettivamente 1.650 e 25. In Slovenia si sono avuti solo altri sette casi rispetto a ieri, con il totale dei contagi che è di 1.212, i decessi 55 con due vittime in più nelle ultime ore. Da oggi in Slovenia riaprono alcuni impianti industriali e negozi. In Macedonia del Nord le autorità hanno inasprito il coprifuoco in vista della Pasqua ortodossa di domenica prossima, con il divieto di uscire che resterà in vigore dal pomeriggio di venerdì alla mattina del martedì, questo per evitare raduni e assembramenti, anche per le funzioni religiose nelle chiese. I contagi sono 854, mentre i decessi sono 38. In Montenegro i contagiati sono 273 con sei nuovi casi rispetto a ieri, i decessi tre. Altri 79 contagi in Kosovo, dove il totale è di 362, i morti sette. In Bosnia-Erzegovina si registrano 1.030 contagi con 39 decessi e 207 guarigioni.

 

Corea del Sud
Al voto con le mascherine per rinnovare il Parlamento

Domani 44 milioni di cittadini andranno alle urne per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, il Parlamento unicamerale di 300 seggi. La Corea del Sud ha deciso di non rinviare il voto nonostante la pandemia. Dal 22 marzo le autorità hanno imposto le regole di ‘distanziamento sociale’ rinnovandola domenica per altre due settimane al fine di contrastare i piccoli focolai legati a chiese e ospedali. Voto sì, ma con disposizioni precise; ai seggi si dovrà avere la mascherina e i guanti, e rispettare la distanza di sicurezza di almeno un metro; a ogni elettore sarà misurata la temperatura, chi avrà oltre i 37,5 gradi sarà indirizzato verso cabine speciali. Le persone in quarantena si sono registrate per il voto anticipato per posta, mentre chi ha contratto il virus potrà esprimere la sua preferenza nei seggi allestiti nei centri per pazienti con sintomi che non richiedono un ricovero ospedaliero. La Corea del Sud ha registrato domenica 25 nuovi casi di infezioni, portando il totale a 10.537: per la seconda volta da fine febbraio, i contagi sono scesi sotto quota 30. La preoccupazione più grande è legata alle manifestazioni religiose.

Fabio Canino: “Oramai sono fidanzato con le serie tv”

Concreto, deciso, quasi dogmatico Fabio Canino. “Sto cucinando il ragù”. In bianco o al pomodoro? “Scherziamo? Il ragù esiste solo rosso”.

Però…

No, solo al pomodoro; (silenzio turbato) a Roma mettono la mozzarella, qualcosa di orribile.

Come sta?

Mi sono fidanzato con Netlix.

Siete felici?

Stiamo insieme tutte le sere, anche se a volte viviamo momenti di crisi, perché non tutto è bello.

E poi?

Con un gruppo di amici cuciniamo perennemente e poi condividiamo.

Come?

Chiamiamo un rider e il mio sugo lo consegna agli altri, e magari dagli altri mi arrivano pane, dolci e altre delizie.

Il peso corporeo?

Stia zitto.

Dolore?

Finché si è soli e in casa, va bene, il problema è quando il sabato vado in radio (il weekend dalle 9 conduce una trasmissione su Radio2)…

E…

Chi mi vede non osa dirmi “sei ingrassato”, piuttosto si aggrappa a formule indirette come: “Si mangia, eh”.

Niente palestra.

No, però mi dedico alle pulizie.

È al debutto?

Sì, e ho scoperto che sono faticosissime; quando ho finito mi siedo stremato sul divano.

La spesa?

Scendo, per forza.

Libro da consigliare.

Le parole che mancano al cuore, l’ho pubblicato l’anno scorso. Ci si commuove.

Lei piange?

Adesso anche per le pubblicità.

Serie tv.

Tiger King e capisci i veri Stati Uniti.

Musica.

Ogni mattina accendo a caso: se la canzone è allegra o meno, intuisco come sarà la giornata.

È un parametro.

(Ride) No, è la solitudine. E allora ogni lunedì sera alle 22 su Instagram chiacchiero con chi ha voglia di sfogarsi.

@A_Ferrucci

Salvini, sua figlia e il chiagnefottismo: che noia, che barba

Spiace dover tornare a parlare di Matteo Salvini, ma uno che riesce a sbagliare politicamente tutto merita di sicuro il nostro affetto, perché convivere con questa atavica propensione all’harakiri non dev’essere facile. Ad agosto sembrava il re del mondo, in un delirante parossismo di sopravvalutazione generale e incantamento pressoché collettivo. Poi è bastato un mojito di troppo, o un Papeete a tradimento, ed è stata slavina stordente. Persino sui social, dove i suoi numeri restano enormi come fan, è un pianto stitico: di like, di condivisioni, di commenti. Di interazioni. Per raccattare qualche applauso in più, l’uomo che sussurrava ai citofoni si sta riducendo a condividere le dirette di Nicola Porro: capite bene che, quando ricorri a simili stratagemmi, la canna del gas diviene quasi una prospettiva invidiabile.

Tra giovedì e venerdì scorso, il Cazzaro Verde ha inventato una realtà parallela su Conte e Gualtieri: “Caporetto, drammatica ipoteca sul futuro, sul lavoro e sul risparmio dei nostri figli. Siamo fuori dalla legge, siamo alla dittatura nel nome del virus”. Ma figuriamoci: nessuna firma, nessuna attivazione, anzi un “no” ancora più duro al Mes. Dopo la più che legittima replica di Conte venerdì sera, che ha generato polemiche puerili all’insegna dell’italicissimo “guardiamo la pagliuzza (ovvero la “forma” della replica) e non la trave (ovvero la gravità delle calunnie urlate dalla destra), Salvini ha perfino telefonato a Mattarella per frignare. Ha poi ricordato che la Lega votò “no” al Mes nel 2012, ed è verissimo. Ma si è “dimenticato” di specificare che, se il Mes fu certo ratificato dal governo Monti, fu però avallato concretamente dal Berlusconi IV. Un governo (orripilante) appoggiato dalla Lega e con Meloni ministro (della Gioventù). Consiglio dei ministri n. 149 del 03.08.2011. Qualcuno, tipo Tremonti, sta comicamente sostenendo che il Mes voluto da Berlusconi (e Salvini, e Meloni) era diverso e più “buono” di quello poi suggellato da Monti. E il bello è che qualcuno, tra i giornalisti, finge pure di credergli.

Il top del salvinismo all’ultimo stadio è stata però la citazione della figlia. Non di rado il Capitano (di chi? di cosa?) allude agli affetti familiari per generare empatia e indurre più simpatia. Sabato ha detto: “Mia figlia mi ha chiesto: ‘Perché quel signore in tv ce l’ha con te?’”. Sforzandoci di credere alla veridicità di tale scena, e comprendendo come una bambina non resti certo felice nel sentire un “signore” (Conte) per nulla tenero col papà, andrebbero fatte tre garbate considerazioni. La prima è che “usare” una figlia per propaganda politica risulta in tutta onestà avvilente, mediamente riprovevole e oltremodo discutibile. La seconda è che Salvini dovrebbe farsi una ragione delle mirabili tortoiate che ha preso in Senato il 20 agosto da Conte. È comprensibile che ancora gli roda, perché ha raccattato una figura che resterà nei secoli e lo prenderanno per i fondelli in eterno anche i frassini morti, ma dovrebbe sforzarsi di voltare pagina: Salvini è un politico con poco talento e media furbizia, e Conte se lo mette ogni volta in tasca con la facilità con cui Muhammad Ali dispose nel ’67 del povero Ernie Terrell. La terza considerazione è che attaccare sotto la cintura e poi piagnucolare perché l’altro è più bravo di te (ci vuol poco), è un chiagnefottismo di livello infimo. Roba da asilo nido. Caro Matteo, smettila di interpretare così bene questo straziante calvario e di sbagliarle tutte: ormai criticarti è diventato così facile che neanche diverte quasi più.

I piedi di giuda al Papa: “Sembra che parlino”

Tenendoli in mano, il Papa ha utilizzato come voce gli occhi: “Sembra che parlino!”. Quella scultura gliel’ha donata Michele, uno di quelli che l’inferno l’ha pagato dodici anni di gattabuia: è a nome di tutti i Giuda della storia. Le unghie sbriciolate, le punte delle dita scheggiate, sovrapposti come auto nell’attimo di un incidente. Assomigliano al disco di un camion che la Polizia controlla: sono segnate le strade percorse, hanno polvere addosso, narrano di sentieri al limite della percorribilità. Sono piedi impresentabili, antiestetici. Puzzano, disgustano: sono vomitevoli. Toccarli è come mordersi.

Il fatto è che il piede, certe volte, sa dirti la vita meglio di un racconto: “L’hai scritto con i piedi questo tema?” sgrida la maestra a mo’ di svalutazione. Scriverlo coi piedi, invece, è essere certi di non mentire: le strade sono state quelle, piaccia o non piaccia. Prima di giudicare un piede occorrerebbe frequentare le sue dita: “La tartaruga batte Achille perché conosce la strada” (M. Enwall). È una legge dei piedi: dovunque andrai, lì sarai. “In nome della legge ti condanno a morte”. Sono I piedi di Giuda: sono stati scolpiti in un blocco di legno di cirmolo, la scultura è opera di un discendente di Giuda, uomo carcerato. Le sculture, però, sono come le poesie: non appartengono a chi le scrive, sono materiale di chi le sente proprie. Anche la scultura, scolpita, s’allontana dal padre che l’ha liberata dal legno: si fa adottare dall’animo di chi la scruta. E, scrutandola, si rispecchia.

All’alba del mercoledì Santo il Papa ha dipinto un’omelia su Giuda: l’uomo bastardo, l’amico ingrato, l’infame nell’intera truppa. “Porcogiuda” diciamo a mo’ di bestemmia: abbiamo detto tutto. Di lui: ch’è bastardo. Di noi: che siamo gente senza misericordia. Invece l’unico che, di Giuda, potrebbe dire qualcosa, tace. Si inginocchia: “Cominciò a lavare i piedi dei discepoli” (Gv 13,5). I piedi di Giuda provengono dalla chiamata di Cristo come da un paese: “Vieni e seguimi, Giuda! Lascio tutto subito e ti seguo, Rabbì!”. Iniziò così l’avventura di loro due. Quei piedi, tre anni dopo, batteranno strade a vicolo cieco: diventeranno gonfi, pallidi, sformati. Diventeranno i piedi di un suicida: “Importa qualcosa? Io te li lavo, rimarrai amico mio in eterno” è l’estro del Dio-lavandaio. I piedi, quei piedi, d’allora rimarranno la condanna di chi è rimasto in vita, non di chi è andato a suicidarsi: o si laveranno, o non si apparterrà alla razza di Cristo. Quel pezzo di cirmolo l’hanno visto in tanti. Accorgersi che dentro c’erano due piedi, è stata l’ispirazione di un Giuda contemporaneo: lo scultore è una persona detenuta nella galera di Padova. Le sue mani sono sanguinose, i piedi hanno sbagliato strada nella vita, le unghie sono sfatte per le troppe carognate contro cui s’è intestardito a spingersi. “Bastardo!” è il saluto che gli tributa chi lo vuole conoscere leggendo i faldoni nei tribunali. “Ho sentito il Papa parlare di Giuda l’altra mattina in televisione”, confessa. La mattina della Via Crucis quella scultura è stata regalata al Papa come riconoscenza della nostra comunità per la grazia-ricevuta: d’essere stati scelti come compagni nella via della croce, in una piazza spettrale come le patrie-galere. “Sono i piedi di Giuda: sono per te, da tutti noi” gli ha detto Michele mentre, agitato, glieli consegnava. Il Papa, guardandoli, ascoltava la voce di quei passi: non erano passi acuti come tacchi di donna, non c’era il rumore del mocassino maschile. Erano i passi morbidi dei piedi scalzi, senza più scarpe. È stata una Via Crucis scritta coi piedi: di Giuda.

* Cappellano del carcere “Due Palazzi” di Padova

Gli occidentali sono degli eunuchi

Quello che è venuto a mancare in Occidente (la cui cultura ha ormai infettato anche civiltà millenarie a esso lontanissime e con una visione dell’essere e della sua ragione di esistere quasi diametralmente opposta alla nostra, come la cinese) è il coraggio.

Durante la Seconda guerra mondiale i combattenti delle opposte sponde lasciarono sul terreno 68 milioni di morti: 10 milioni e mezzo appartenenti alle forze dell’Asse (Germania, Giappone, Italia, quest’ultima ne ebbe solo 472 mila), gli altri agli Alleati (russi, col maggior numero di perdite, 25 milioni, americani proporzionalmente col minor numero, 413 mila, inglesi 365 mila più il variegato mondo dei Paesi appartenenti al Commonwealth). Il tutto per cinque anni di guerra. Attualmente (scrivo su dati del 10 aprile) i morti nel mondo per il Corona sono 86 mila in cinque mesi circa. Dovendo però scomputare in questa macabra ma necessaria comparazione tutti o quasi i Paesi africani che alla Seconda guerra mondiale non presero parte e che attualmente pagano un tributo di 8 mila morti circa. In una comparazione molto approssimativa, perché per esempio la Spagna non partecipò all’ultima guerra mondiale, ma oggi è uno dei Paesi più infettati, 68 milioni di morti in cinque anni contro 78 mila in cinque mesi. Quindi anche se nei prossimi quattro anni e mezzo il Corona dovesse procedere progressivamente resterebbe comunque lontanissimo dai 68 milioni di morti della Seconda guerra mondiale. Eppure questa epidemia “tremar il mondo fa”.

Il coraggio è una componente essenziale dell’essere umano, anche se non va confuso con la temerarietà e l’irresponsabilità, perché anche la paura è un’altra importante componente purché sia tenuta sotto controllo. Credo che a tutti noi sia capitato, almeno una volta nella vita, di trovarsi in una situazione di grave pericolo, le reazioni sono di due tipi: c’è chi, sotto adrenalina, reagisce e la scampa e chi ne rimane paralizzato e soccombe.

In tutte le civiltà lato sensu europee che hanno preceduto la nostra (greca, ellenistica, latina, medioevale) il coraggio non era solo una dote indispensabile al comando, ma il suo valore era ampiamente introiettato anche da tutti gli altri. Sto leggendo Erodoto (Storie) e Tucidide (La guerra del Peloponneso) e negli scontri all’arma bianca quasi nessuno si tira indietro e quei pochi che lo fanno, che Erodoto e Tucidide condannano senza riserve, sono coperti da perpetuo disonore. Se nel Medioevo europeo i nobili avevano la loro tanta contestata supremazia è perché a loro spettava combattere, mentre i contadini restavano sui campi. Estremamente significativa in proposito è la spiegazione che due scudieri di Varennes-en-Argonne danno, verso la fine del Trecento, del fatto che i nobili non devono pagare la taglia, cioè la tassa reale: “Perché, dicono gli scudieri, in virtù della nobiltà sono tenuti a esporre i loro corpi e cavalcature alla guerra” (C. Aimond, Histoire de la ville de Varennes-en-Argonne). Ma per tornare un attimo alla società latina, dove per onore ci si suicidava come noi accendiamo una sigaretta, l’unico esempio, a mia memoria, di viltà conclamata è quello di Marco Tullio Cicerone che a 64 anni cerca di sfuggire in modo scomposto e miserevole agli uomini di Antonio che lo ha condannato a morte e una volta raggiunto “presenta ai sicari un volto disfatto” (Plutarco). E infatti i suoi concittadini gli conficcarono uno spillone nella lingua, a significare che era stato bravo solo con quella.

Dopo la Seconda guerra mondiale, il coraggio perde il suo primato come valore. Gli americani ne dettero collettivamente un’ultima prova nella guerra del Vietnam dove persero 63 mila soldati. In quanto agli europei di guerre non ne hanno fatte più, tranne gli inglesi per le Falkland o Malvinas dove si comportarono da inglesi mandando in prima linea il Principe Andrea. Poi è nebbia. Anzi peggio. Noi occidentali conduciamo guerre senza epica, senza coraggio, senza gloria, utilizzando i droni, con i loro missili, teleguidati da 10 mila chilometri di distanza. Il coraggio è passato agli islamici. Non solo ai guerriglieri e ai kamikaze dell’Isis o di al Qaeda (anche se l’azione di Atta e dei suoi che, armati solo di temperini, sequestrarono un aereo e lo proiettarono contro le Torri Gemelle ha, ammettiamolo, qualcosa di terribilmente grandioso), ma nel musulmano comune che, come possiamo vedere in questi giorni, se ne fotte del Coronavirus per inciviltà certo, ma anche perché ha meno paura della morte.

Oggi noi occidentali tremiamo a ogni stormir di foglia. Abbiamo costruito una società che sarebbe ingiusto definire femminea, perché le donne, attrezzate per il parto, hanno più coraggio degli uomini. Una società eunuca.

Mail box

 

C’è chi sproloquia e chi tiene in piedi il Paese

Carissimo presidente del Consiglio, forse sulle ultime dichiarazioni di Salvini e della Meloni si poteva soprassedere. E lo dice chi vede l’antipolitica in questi due rappresentanti di partito. In questi giorni stiamo vivendo una sospensione della nostra democrazia e nessuno, dico nessuno, può permettersi strumentalizzazioni di alcun genere. È necessario che chi è al servizio del nostro paese abbia una tempra robusta capace di resistere, di vedere la realtà e inventare risposte possibili, capace di agire malgrado tutto. Il vero orgoglio di questa nazione sono le tante persone impegnate a fare il loro dovere nei nostri ospedali, ad aiutare con la rete di solidarietà chi ha bisogno di aiuto, a far rispettare i decreti per le strade delle nostre città e chi come lei, presidente, il suo dovere di timoniere lo sta facendo egregiamente. E li lasci pure sproloquiare quegli altri.

Gianmario Pugliese

 

Le poche edicole che resistono vanno aiutate

Le nostre edicole italiane stanno attraversando un periodo di grande crisi: l’avvento di Internet, le liberalizzazioni e la crisi della carta stampata hanno completamente cambiato le nostre comunicazioni. I dati parlano chiaro: negli ultimi 15 anni, secondo i numeri del sindacato, la metà delle edicole in Italia ha chiuso e di circa 42.000 esercizi soltanto 26.000 sopravvivono con grandi difficoltà.

Massimo Aurioso

 

Tamponi per tutti: finirà la nostra libertà?

Grazie anche al fatto che leggo Il Fatto e per mia personale convinzione, percepisco, col passare dei giorni, che il momento in cui verranno a “tamponarci” a domicilio si avvicina. Mi scoveranno a Roma? O a Zagarolo dove mi sono nascosto?

L’ansia aumenta a ogni giornata scampata. Adesso posso uscire almeno per la spesa e i giornali, ma dopo? Che succede se risulterò asintomatico? Non avendo diritto alla patente d’immunità resterò prigioniero fino al vaccino (che non è detto si trovi)? Il limite tra diritti della persona e sicurezza nazionale è labile. Più che “tamponare” le persone e inviare loro denaro, non sarebbe più onesto spenderlo per aumentare esponenzialmente i posti in Terapia intensiva accelerando così la fine dell’incubo?

Andrea Saraceni

 

Tassare i redditi più alti può essere una soluzione

La proposta di tassare i redditi sopra gli 80.000 euro ha raccolto solo pareri contrari. Pur prevedendo per chi guadagna 80.000 euro solo circa 100 euro in più di esborso. Avrebbe raccolto circa 1,4 miliardi. Perché non fare una tassazione progressiva che salga dell’0,5 per cento a ogni mille euro di reddito in più.

Saliamo fino all’80 per cento di tassazione per i redditi piu alti, quelli milionari, come era in tutti gli stati evoluti fino agli anni 70, Usa compresi.

Partiamo anche dai 30.000 euro, credo che chiunque avesse possibilità in questi giorni abbia già donato importi superiori agli ospedali, a Piacenza come a Bergamo e nelle altre province martoriate dal virus. Farinetti, patron di Eataly, ha proposto un prelievo forzoso del 2 per cento sui conti correnti. Garantirebbe 84 miliardi di euro. Facciamo tutte queste cose e poi andiamo in Europa a contestare gli olandesi che vivono delle tasse che anche le multinazionali italiane non versano nei loro paesi ma nel paradiso fiscale nordeuropeo.

Vincenzo Maini

 

L’ambizione del direttore? “Diventare ministro”

La faziosità espressa da Travaglio nel sostegno al presidente Conte, rispetto al discorso in tv, mi ha messo un dubbio: non sarà mai che Travaglio ha altre ambizioni… Non più giornalistiche… Pubblicherai questa mail? Non credo.

Franco Rossi

 

Certo che la pubblico, signor Rossi. In effetti, non ho dato ragione a Conte sul Mes perché penso che abbia ragione, alla luce della storia del Mes, ma perché voglio diventare sottosegretario o, chissà, ministro. Anzi, se può, metta una buona parola per me. Contento?

M. Trav.

 

Travaglio non esiste (almeno per “Prima Pagina”)

Faccio gli auguri di Pasqua a tutta la redazione e giornalisti e fino all’ultimo dei lavoratori del Fatto ma non al direttore perché ho l’impressione che non esista ma sia solo frutto di fantasia.

Domenica nella solita e noiosa trasmissione Prima Pagina di Radio 3, ripeto di servizio pubblico, alla voce Fatto Quotidiano, il giornalista di turno ha nominato tutti ma non ha citato Travaglio. In pratica mi sono convinto che Travaglio non esista, comunque gli faccio lo stesso gli auguri per una buona Pasqua casomai esistesse davvero.

Michele Lenti

 

Caro Michele, in certi postacci è meglio non esistere. Comunque, ove mai esistessi, ricambierei i suoi auguri.

M. Trav.

 

Conserviamo la memoria per i nostri nipoti

Voglio esprimere tutto il mio apprezzamento per la scrittrice Sveva Casati Modigliani, che ha espresso cosa prova col disastro attuale chi ha vissuto nel suo periodo… Provo compassione per i nostri figli e ancor di più per i nostri nipoti…. chissà cosa li aspetta. Se non contribuiamo tutti con un voto consapevole, tutto continuerà come prima… Purtroppo la memoria è corta e l’egoismo spesso sfrenato.

Laura Marinoni

Non sarebbe ora di una commissione antimafia nella Ue?

Caro Direttore, il giornale tedesco Die Welt ha scritto che “in Italia la mafia aspetta i finanziamenti a pioggia da Bruxelles”. Ciò ha suscitato la reazione di quanti, me compreso, ritengono questa un’offesa gravissima al nostro Paese e a chi, su questo stesso territorio, conduce ogni giorno una serrata lotta alla criminalità organizzata. Un’offesa che diventa anche una bieca strumentalizzazione, se posta in relazione al nostro attuale stato di emergenza nazionale, alla nostra posizione di fronte all’Europa e alle nostre richieste di strumenti efficaci per risalire la china economica.

Ritengo però che l’indignazione debba lasciare spazio alla riflessione, altrimenti si rischia di banalizzare il tema della diffusione della criminalità organizzata. Occorre un’analisi non superficiale. Posto, quindi, che associare l’Italia alle mafie quando si parla del sostegno economico dell’Europa al nostro Paese è quanto di più scorretto possa farsi, chiediamoci quale sia il ruolo dell’Italia e degli italiani nella lotta antimafia. Quale il ruolo di un Paese che non ha avuto paura di guardare in faccia le mafie, non le ha nascoste e le ha affrontate a viso aperto, dotandosi dell’ordinamento antimafia più avanzato in assoluto.

Dalle intuizioni del generale Dalla Chiesa ai Pool antimafia di Chinnici, Falcone e Borsellino, senza dimenticare le investigazioni di Boris Giuliano ancora utili per le inchieste attuali. Fino alla creazione di una Direzione Nazionale Antimafia, con i suoi organi decentrati, e di una Commissione parlamentare antimafia che analizza il fenomeno, le sue evoluzioni e il suo inabissamento nell’economia legale e nei rapporti con la politica ormai da quasi 60 anni. Una Bicamerale che oggi – lo ricordo – sta conducendo un’inedita e importantissima opera di desecretazione. Antimafia è anche, e soprattutto, trasparenza.

“Italia” sono le vittime innocenti delle mafie, che ogni anno ricordiamo il 21 marzo. La nostra, semmai, è la Nazione dell’antimafia, dove alla coscienza popolare si unisce una precisa organizzazione statale, formata da magistrati e forze di polizia, e una legislazione all’avanguardia. Norme che prevedono, ad esempio, il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso, il sequestro e la confisca dei beni dalla provenienza ingiustificata come misura preventiva e il limite al contante per evitare il riciclaggio dei capitali sporchi.

Ed è stata proprio l’assenza di una legislazione come la nostra a far sì che, da tempo, la criminalità organizzata abbia deciso di investire in Germania e in altri Paesi del Nord Europa. Paesi che dovrebbero dotarsi di modelli di contrasto analoghi a quelli italiani e intensificare la collaborazione a livello internazionale. In quest’ultimo senso, probabilmente un primo passo potrebbe essere l’assenso all’istituzione di una commissione Antimafia anche in seno al Parlamento europeo, chiesta da tempo e con urgenza.

Polemiche su Conte e l’uso personalistico della sua latrina

Luttazzi ritorna. Sul Fatto, con una rubrica quotidiana. Ci farà ridere e incazzare, come sempre. Per me – e non devo spiegare il perché – è una gioia speciale. Benvenuto, Daniele. Anzi, bentornato.

m. trav.

 

Salve a tutti. Sono Daniele Luttazzi, un eccezionale spettacolo di potenza umana e meccanica. Benvenuti a questo appuntamento quotidiano, qualcosa di talmente simile a una rubrica giornalistica da essere praticamente indistinguibile da essa. Attenzione: il contenuto, in alcuni punti, è decisamente scabroso. Espliciti riferimenti a situazioni di sesso, droga e violenza lo rendono una lettura non adatta ai più giovani. Del resto, se non incontri mai qualcosa che ti offende, significa che non vivi in una società libera. Comunque, per rendere più difficile la possibilità di una lettura casuale, ho tradotto la rubrica in italiano. A coloro che scelgono lo stesso di affrontarne il rischio, buon divertimento!

Giuseppe Conte, dopo aver scatenato un vespaio in conferenza stampa, smerdando Salvini (uno di quei politici che considerano il vaffanculo troppo formale) e la Meloni (che non è la lampadina più brillante del lampadario, ma non è che possiamo fargliene una colpa); e costringendo Mentana ad ammettere che sì, all’epoca del Tg5 non solo non prese mai posizione contro gli abusi mediatici di Silvio Berlusconi, ma rideva pure sadisticamente alle sue barzellette; dopo questo bel filotto, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte (“Pippo” per gli amici, “Testa di cazzo” per i nemici, “Giuseppi” per le teste di cazzo) si è recato in tutta fretta nel cesso più vicino per cambiare l’acqua alle olive, accompagnato dal fido Rocco Casalino. Mentre il suo getto potente irrorava la porcellana, e Rocco sbirciava il suo membro poderoso, Conte si è finalmente sfogato, lasciandosi andare a un’avvelenata che, fosse stata trasmessa in tv, Mattarella avrebbe aperto il gas e infilato la testa nel forno. Stando a un testimone (Claudio Brachino, ex-direttore della Direzione Generale Informazione di Mediaset, che era impegnato a cagare nello stallo alle loro spalle, ma, nasato lo scoop, per non farsi scoprire stava trattenendo nel retto pieno di emorroidi uno stronzo più grosso di lui), Conte a un certo punto è sbottato esclamando: “Non mi scoperei la Meloni neppure col pisello di Salvini! Non mi scoperei la Meloni neppure col pisello di Lilli Gruber!”. Una volta reso pubblico il verbale della pisciata, perché le notizie si danno tutte, a prescindere dall’opportunità, le destre hanno parlato di “uso personalistico” della latrina, posizione condivisa su La7 da Enrico Mentana. Abbiamo allora chiesto a cinque esperti se Conte abbia davvero sbagliato a sfogarsi nel cesso.

Massimo Cacciari: “Conte ha sbagliato. Deve evitare ogni polemica con le opposizioni. Anche al cesso”.

Peter Gomez: “Il suo sfogo è una prova di carattere destinata a rinforzarne la leadership”.

Luisella Costamagna: “Conte ha ragione, ma è irrituale che il suo sfogo sia inserito in una pisciata, il cui scopo è tutt’altro”.

Giovanni Orsina (storico e politologo): “Quella del presidente del Consiglio è una figura in equilibrio tra politica e istituzioni. Anche quando orina”.

Valentina Petrini: “La reazione dei colleghi mi ha sorpreso. Se Lilli Gruber si scopasse Salvini col pisello della Meloni, non dovremmo parlarne?”.

Ok, per oggi basta così. Devo andare. C’ho il Papa sul pianerottolo.

Francesco, non siamo tutti sulla stessa barca

Davvero oggi ci sentiamo ancora “tutti sulla stessa barca, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”, come disse Papa Francesco la sera del 27 marzo sul sagrato deserto di piazza San Pietro? Se, 18 giorni dopo, nell’omelia pasquale, lo stesso Francesco denuncia “l’egoismo degli interessi particolari”, quasi si rivolgesse alle posizioni di Germania e Olanda. Se, di fronte alla incombente catastrofe economica, Bergoglio deve appellarsi “a tutti gli Stati per fare fronte alle maggiori necessità del momento riducendo, se non addirittura condonando il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri”. Se “non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare armi spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone e salvare vite”.

Se egli è costretto a invocare “protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali bambini, che vivono in condizioni insopportabili, specialmente in Libia, al confine tra Grecia e Turchia e nell’isola di Lesbo”.

Se, per venire a problemi a noi più vicini, la tanto auspicata dal presidente Sergio Mattarella solidarietà politica tra governo e opposizione sopravvive lo spazio di un mattino frantumata dall’accusa (falsa) al premier di aver svenduto l’Italia in Europa. E che, secondo Conte, ha indebolito la posizione nel negoziato del nostro Paese.

Se ci saranno coloro che dopo il 4 maggio un reddito piccolo o grande continueranno comunque a percepirlo. Mentre milioni di piccole imprese, di commerci e partite Iva non sapranno dove sbattere la testa.

Se agli italiani tutti si continua a chiedere di rimanere barricati in casa mentre a Cortina si organizzano picnic nelle seconde ville. Se, insomma, accade tutto questo, no che non siamo tutti sulla stessa barca.

La gita è “fuori dalla porta” e i giochi da tavolo anti-bari

Visto che dobbiamo “stare a casa”, chi vuole condividere con gli altri la sua vita in quarantena può farlo sulle pagine del Fatto. Siamo una comunità e mai come oggi sentiamo l’esigenza di “farci compagnia” sia pur a distanza. Come i giovani che, nel Decameron di Giovanni Boccaccio, si riunirono per raccontarsi novelle durante la peste di Firenze. Inviateci foto, raccontateci cosa fate, quali libri, film e serie tv consigliate all’indirizzo email lettere@ilfattoquotidiano.it. Ci sentiremo tutti meno soli.

Pasquetta alternativa tra cucina e corridoio

Preparativi per la mia gita fuori porta. Anzi, fuori “dalla” porta (vedi foto). Un augurio a tutti voi e, senza fare torto a nessuno, un saluto all’irrinunciabile Stefano Disegni della domenica, Natangelo poi lo adoro. Una vostra lettrice dal lontano 23 settembre 2009.

Anna Vizioli

 

Lettera alla mia Stella: questa notte passerà

Cara Stella, adesso che il mondo sembra essersi fermato, adesso che ogni istante sembra uguale a quello precedente e a quello successivo, solo adesso riesco a cogliere il valore del tempo che mi hai donato, le ore, i minuti, preziosi più dell’oro, mattine, pomeriggi, sere, in ogni istante il suono della tua voce.

Io che ho sempre mostrato i muscoli, adesso che la vita ci ha messo alla prova non posso far altro che abbassare la testa, riconoscere la grandezza di un qualcosa che ci sovrasta, ci fa sentire piccoli e indifesi, ma come ti dissi quella notte, se vuoi io posso restare, non davanti come una diga, ma al tuo fianco, come il piccolo principe con la volpe, con la promessa che non me ne andrò, con la promessa che io ci sarò. Sergio Endrigo cantava “io ho avuto solo te”, io non posso dire lo stesso, però su una ti sbagliavi, sei tu la cosa migliore che mi è mai capitata in questa vita. Ricordi quando ti dicevo non ti preoccupare? Non smetterò mai di dirtelo, passerà anche questa notte, fidati di me. Ti voglio bene, assai.

Francesco

 

Si gioca pure da lontano, ma con due telecamere

Ricetta: come trascorrere un sabato sera alternativo in compagnia degli amici che ti mancano tanto? Con i giochi da tavolo ovviamente! Si può giocare in 6, ognuno comodamente da casa propria. Materiale necessario per ciascun giocatore: un dado e due apparecchi da collegare in videoconferenza (uno ad inquadrare la persona e l’altro per il dado – meccanismo antibaro!). La coppia di amici che ha il tabellone è quella sfortunata che deve muovere le pedine di tutti! Divertimento assicurato e ti arrabbi un sacco anche a distanza!

Lara 

 

Ho finito i lavori di casa, non mi resta che Omero

Ho terminato di tagliare l’erba e sistemare il giardino (mia moglie mi ha soprannominato “Attila”). Ho finito di verniciare sedie, tavolo, porte e finestre per esaurimento di pittura e pennelli . Ho smesso anche di seguire in televisione i tg, le interviste con i virologi, le varie conferenze stampa che non mi dicono niente di nuovo, tranne che la Von der Leyen vuole chiuderci in casa fino a Dicembre (Ursula! Io vorrei festeggiare il mio settantesimo compleanno in Versilia). Per cui mi lavo accuratamente le mani con sapone ed acqua ragia e, per eccesso di zelo, mi faccio pure una doccia con gel disinfettante e decido di dedicarmi alla lettura. In libreria ho ancora una vecchia Odissea. Inizio da lì: “Poh! Disse Giove, incolperà l’uom dunque sempre gli Dei? Quando a se stesso i mali fabbrica, de’ suoi mali a noi dà carco, e la stoltezza sua chiama destino”. Omero, quante verità!

Carlo Scalvini

 

Adesso anche i gatti si informano col Fatto

La quarantena in Sardegna (San Pantaleo) è una meraviglia, ora anche i gatti ascoltano la lettura quotidiana del nostro impagabile giornale (vedi foto). Grazie e buone feste, resistete!

Massimiliano e Lucilla