M entre il Paese attende con il fiato sospeso (e qualche sbadiglio) che il grande spettacolo dell’elezione quirinalizia arrivi a una conclusione, leggiamo con interesse sui giornali che il governo sta meditando nuove e avventurose decisioni sulle nostre vite. Secondo il mitico decreto di inizio anno, quello che regola il green pass gold (rilasciato ai vaccinati e ai guariti), il passaporto ha un tempo di validità di sei mesi. Ma qui todo cambia ogni cinque minuti e siccome molte certificazioni verdi cominceranno a scadere nelle prossime settimane (la terza dose era stata autorizzata a metà settembre) il termine, secondo i ben informati, sarà presto “prorogato” per chi ha completato il ciclo vaccinale. Funziona un po’ come il Presidente della Repubblica: non sarebbe più comodo lasciarlo lì ancora un po’? Massì proroghiamolo…. Certo con la Costituzione è più difficile fare tira e molla, ma con i decreti è un giochetto da ragazzi. E così, dopo il parere del Comitato tecnico scientifico, il nuovo passaporto che dà diritto a fare quasi tutto si avvia a diventare eterno. Voi direte: qual è la ratio? Studi sulla durata della protezione? Sull’andamento del virus? Sull’efficacia del siero contro la variante predominante? No, pare che il green pass per chi ha la terza dose di vaccino varrà fino a quando non arriverà il via libera alla quarta da parte di Ema e Aifa. Poi, altro giro altra corsa. Il problema dei molti pass in scadenza è oggettivo e va affrontato, ma il continuo cambiamento di regole disorienta anche i cittadini più pazienti e ligi, che non capiscono più perché sottostare a regole di cui sfugge il senso. Sui green pass ante 5 gennaio (ne abbiamo la prova!) è indicata una scadenza di 9 mesi, “salvo diverse disposizioni di legge”. Poi sono diventati sei e tra poco ci diranno che non ha scadenza, fino a prossimo ordine: sembra il gioco dell’oca. Non potevano fare altro? Allora hanno sbagliato prima. Sicuramente il passaporto infinito fa piacere ai molti che, completato il ciclo di immunizzazione, cominciano ad avere dubbi sulla necessità di vaccinarsi ogni quadrimestre, però è difficile non sentirsi trattati come bambini inconsapevoli: a non dire che il green pass eterno dà vagamente l’idea che sia eterno anche il sistema di regole “emergenziali”.
L’organizzazione dei divieti che discende dal decreto del 5 gennaio ha un vago, e spiacevolissimo, sapore etico. Tanto è vero che l’esecutivo ha dovuto rettificare in corsa – con una faq sul sito del governo – la disposizione sui beni “voluttuari” che i cittadini non vaccinati non avrebbero potuto acquistare anche nei negozi dove si può entrare senza il pass gold: pane sì, calzini no. I tabaccai sono giustamente sul piede di guerra: sono rimasti aperti durante la prima, drammatica, fase dell’epidemia e ora sono accessibili solo ai 3 g. È un modo per incentivare? O per punire? Il dubbio ci viene perché abbiamo letto sul Fatto di qualche giorno fa un articolo sul nuovo vaccino Novavax, ribattezzato il vaccino dei no vax e non solo per assonanza: il farmaco utilizza la biotecnologia delle proteine ricombinanti, già utilizzata da decenni per altri vaccini. E mentre la Regione Lazio ha fatto sapere che i cittadini potranno continuare a scegliere (come sempre) con quale vaccino immunizzarsi, la Lombardia – faro della sanità nel periodo della pandemia – ha fatto la scelta opposta. Il coordinatore della campagna vaccinale Guido Bertolaso aveva già anticipato la posizione lombarda in un italiano “randomizzato” (un po’ casuale, tipo la durata del pass): “Quando sarà disponibile anche questo ulteriore vaccino verrà dato in modo random”. La decisione è stata confermata dalla Regione: per fortuna che lo scopo dell’obbligo era vaccinare quanti più cittadini possibile…
Insomma: loro saranno pure i Migliori, però non è che noi siamo proprio tutti cretini.