L’Europa è confusa. Anche sotto la morsa del Covid. Non riesce ad avere, a due anni dall’inizio della pandemia, un modello e una strategia condivisi – nonostante gli annunci – per contrastare la pandemia. Le nuove evidenze scientifiche, a partire dalla diffusione della variante Omicron, parlano però chiaro. L’alta contagiosità di Omicron, e l’immunità naturale diffusa che ne consegue, potrebbero rimettere almeno in parte in discussione le strategie fin qui adottate dai diversi Paesi. Proprio ieri, un editoriale del Wall Street Journal, a firma di Marty Makary – docente di Salute pubblica alla Johns Hopkins School of Medicine –, ha sottolineato la crescente sfiducia dell’opinione pubblica verso le istituzioni sanitarie, dovuta alla denigrazione delle diverse evidenze scientifiche: “L’immunità naturale è stata demonizzata. Ma, dopo due anni di raccolta di dati, la superiorità dell’immunità naturale sull’immunità da vaccino è ormai chiara. Eppure (…) si è fatto di tutto per ‘sbarazzarsi’ anche dei guariti, di coloro che avevano meno probabilità di infettare gli altri”. I vaccini, come ormai sappiamo, pur confermandosi altamente efficaci nel ridurre la mortalità e le forme gravi della malattia, hanno dimostrato di non essere sterilizzanti come ci aspettava.
Lo ha ribadito anche l’autorevole rivista The Lancet: “I vaccini non fermano i contagi”. L’analisi, pubblicata pochi giorni fa, inizia citando uno studio di coorte prospettico nel Regno Unito, in cui si “mostra come la trasmissione delle varianti di Sars-CoV-2 non sembra essere significativamente diversa tra persone vaccinate e non vaccinate”. Le nuove evidenze incrinerebbero così la logica alla base di molte delle scelte prese in questi mesi – pass vaccinali, Italia in testa – e che sembra invece essersi cristallizzata.
E così, nell’attesa che si apra un dibattito sulla proposta del premier spagnolo Pedro Sánchez di passare a una gestione dell’epidemia come fosse una “malattia endemica, un’influenza”, i governi continuano ad adottare misure diametralmente opposte. Il discrimine resta l’introduzione di restrizioni, sulla linea del rigore, a partire da Green pass e obbligo vaccinale. E sulla mappa del Covid Stringency Index dell’Università di Oxford, l’Italia è strictest, “severissima” e rossa: il colore scelto per la durezza delle restrizioni. Dall’introduzione dell’obbligo vaccinale per tutti gli over 50, al Green pass versione super o base, l’accesso a luoghi di lavoro, mezzi di trasporto, luoghi di arte e cultura e servizi per la persona è fortemente condizionato dal rilascio della certificazione sulla base dell’avvenuta vaccinazione. “Siamo i primi in Europa”, ha più volte detto il premier Draghi. Ma, se si getta un rapido sguardo altrove, il sospetto è se siamo rimasti anche gli unici.
modello “no restrizioni”
È notizia di ieri l’addio definitivo in Gran Bretagna del “piano B”, imposto per contenere Omicron (obbligo di mascherina nei negozi e sui trasporti pubblici, uso limitato del Green pass base e un parziale ritorno allo smart working). Queste misure decadono – da giorni i numeri sono in riduzione, 338 i decessi ieri e 96 mila i casi – e resta solo la raccomandazione di indossare la mascherina nei luoghi affollati. I britannici si mostreranno “open for business, open for travellers”, aperti per affari e viaggiatori, ha detto il premier Jonhson.
Anche in Danimarca si torna definitivamente alla vita pre-Covid. Libertà totale e a volto scoperto: cesserà di essere obbligatorio anche indossare la mascherina in negozi, trasporti, ospedali e ospizi, dove sarà solo raccomandabile di usarla. Su 46 mila positivi solo 40 sono in terapia intensiva, ha detto il ministro della Salute, Magnus Heunicke. Spalleggiata dai partiti, la premier danese Mette Frederiksen ha dichiarato: “Diciamo addio alle restrizioni e diamo il benvenuto alla vita come la conoscevamo prima. Può sembrare strano con questi tassi di diffusione, ma poche persone con Omicron si ammalano seriamente”.
Sulla stessa scia l’Irlanda del Nord, che chiede il pass vaccinale solo per grandi eventi, riduce i giorni di quarantena e impone l’isolamento solo ai positivi.
La Svezia, che non ha quasi mai fatto ricorso a obblighi e restrizioni, prevede blande misure restrittive fino a febbraio: i ristoranti chiudono alle 23 e all’aeroporto test agli arrivi. Rimane consigliato lo smart working e la mascherina se i mezzi pubblici sono affollati.
In Portogallo e Spagna, a fronte di tassi di alti tassi di vaccinazione, una sorta di pass base è richiesto solo per accedere a luoghi affollati. A Madrid “la situazione non è più quella di un anno fa”. Il Covid da pandemia sta diventando malattia endemica: si dovrà continuare a monitorare il virus, ha detto Sánchez, ma bisogna puntare sull’autoprotezione e non sulle chiusure.
modello “sì restrizioni”
Il codice a barre del Green pass, il lockdown anche solo per i non vaccinati, distanziamento e quarantene, città serrate: tutto questo all’Austria sembra non essere bastato per frenare i contagi. Vienna ha approvato l’obbligo vaccinale, il primo Paese europeo a farlo. Multa di 600 euro per chi è sprovvisto di passaporto vaccinale. Ma, nonostante l’aumento dei contagi (+80% negli ultimi giorni), la priorità assolta del cancelliere Karl Nehammer è ora “limitare il più possibile le restrizioni”.
Dopo il via libera del Consiglio costituzionale francese, anche in Francia è entrato in vigore una sorta di Super Green pass. A rischio c’è un milione di cittadini che non ha fatto il booster e un 20% di popolazione mai vaccinata: l’imposizione, dicono le autorità, consentirà di riaprire in tranquillità bar e ristoranti, dove dai 16 anni in su è obbligatorio il certificato verde. Per il premier Jean Castex, grazie al nuovo obbligo si dovrebbe “eliminare la maggior parte delle restrizioni prese”.
La Germania, invece, non frena. Qui l’obbligo vaccinale c’è solo per il personale sanitario, come ha stabilito il Parlamento. Berlino mantiene in vigore le restrizioni per decisione non solo del cancelliere Scholz, ma di 16 governatori spaventati dal record di infezioni e dalla dichiarazione del ministero della Salute che prevede il picco di diffusione a metà febbraio. Un altro timore di Berlino sono gli anziani: i meno vaccinati rispetto al resto d’Europa.