La Polonia è il primo paese europeo ad aver attivato il 24 marzo un’app per verificare il rispetto della quarantena. Home quarantene, gratuita su GooglePlay a App Store, è stata messa a punto da una società privata per conto del governo. Per il momento riguarda solo chi è in isolamento, o perchè proviene dall’estero o perchè è stato in contatto con una persona contagiata, ma non è escluso che venga utilizzata anche per “tracciare” i malati di covid19 in quarantena.
Come funziona? Ogni giorno bisogna scattare almeno un selfie, ma la polizia, tramite sms, può richiederne di più. Se entro 20 minuti l’immagine non arriva, scatta l’allarme. Per chi sgarra la multa è 6.500 euro. In due giorni si erano già iscritti in 3.000.
La domanda è: cosa faranno le società che gestiscono l’app con i dati raccolti a fine emergenza coronavirus? Tomasz Zielinski, programmatore professionista, avverte che l’analisi del codice sorgente è controversa, poiché consente di accedere all’app utilizzando un account facebook: “Se non si elimina la funzione di inizializzazione dall’app, ossia la possibilità di accedere tramite facebook, il numero di persone che eseguono l’applicazione sarà disponibile per facebook stessa”, spiega Zielinski. Il governo polacco finora non ha chiarito come verranno garantiti i diritti fondamentali dalla polizia.
La corsa alle app anticontagio è partita anche altrove. In Germania, Paese finora tra i più rigidi nella difesa della privacy, è in corso un acceso dibattito se modificare le regole sulla tutela dei dati personali e “seguire” i malati Covid. Il ministro della Salute Jens Spahn ha preparato una proposta di legge per modificare l’Infection Protection Act ma, per ora, ha dovuto ritirare il progetto. Intanto il Robert Koch Institute, massima autorità per la gestione della crisi, sta elaborando un’app per “registrare la vicinanza e la durata dei contatti tra le persone nelle ultime due settimane e di memorizzarli in forma anonima sul telefono”. Con il Koch Institute collabora il gigante Deutsch Telecom che fornisce informazioni sui movimenti delle persone in modo anonimo. Sarebbero stati tracciati finora 46 milioni di tedeschi.
Si sta muovendo anche la Spagna. Il premier Sanchez ha chiesto uno studio dove un algoritmo potrebbe identificare assembramenti di persone nello stesso luogo e far scattare un allarme, un dispositivo che esiste già in Svizzera: se vengono identificati 20 smartphone in uno stesso spazio di almeno 100 mq, scatta l’allarme.
Non si tratta ancora di informazione sullo stato di salute. Su questo stanno lavorando varie start up in Francia, chiamate a lavorare con l’Istituto Pasteur. Lo scopo è seguire, su base volontaria, i malati di covid19 per verificare se rispettano le norme di confinamento e con la stessa app si potranno individuare anche gli altri malati nei paraggi: “Se un contagiato ha l’app, l’algoritmo rintraccerà tutte le persone con cui è stato in contatto e queste riceveranno un messaggio interrompendo potenzialmente la catena dei contagi”, spiega Christophe Mollet, direttore dell’agenzia ITSS che ha sviluppato il programma CornAPP, appena inviato a Parigi al ministero della Difesa, che ha lanciato una gara per 10 milioni di euro da spendere in innovazione contro il Covid-19. Esattamente come è avvenuto in Corea del Sud che è riuscita persino a evitare il lockdown.
In Europa bisognerà abbattere qualche muro legislativo e decenni di giurisprudenza in difesa delle libertà personali e del diritto all’oblio, ma pur di far passare la tempesta, i governi sono pronti, per un periodo limitato, a rinunciare al rispetto delle libertà.
D’altronde il codice europeo per la privacy parla chiaro: diffondere informazioni sulla salute dei cittadini è vietato. Tranne per ragioni di salute pubblica e di emergenza nazionale. La porta è aperta per il metodo cinese. Bisogna capire se poi verrà richiusa. L’esempio francese non è incoraggiante: il primo novembre 2017 il Parlamento francese ha trasformato le misure straordinarie istituite dopo gli attacchi al Bataclan in legge ordinaria, creando uno “stato di emergenza permanente”.