Non solo coronavirus

Oggi è tutto Covid-19. Comunicazione, ricerca, assistenza sanitaria, tutto e solo Covid-19. Le diverse associazioni e i privati, secondo le proprie possibilità, donano a favore di Covid-19. E tutti noi ne siamo grati, perché questo potrà anche farci affilare le armi contro il nuovo virus. Certo, bisognerebbe controllare poi come verranno impiegati questi soldi. Ricordiamo gli scandali post terremoto, post alluvione… E sono scomparse tutte le altre necessità sociali. Nemmeno un euro in aiuto alle donne violentate, ai senza tetto, ai bisognosi. Questa pandemia ignora l’esistenza di oltre 1,8 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7,0%, per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4% del totale) e 3 milioni di famiglie in condizioni di povertà relativa (11,8%), quasi 9 milioni di persone (15% del totale). Per il 2020 sono stati stanziati dal governo 562 milioni di euro, ma un’altra quota considerevole viene erogata da associazioni di volontariato. Queste sono sorrette dai privati. Sembrano tutti mutati in “Covid-19 sponsor” e ciò avrà la triste conseguenza di azzerare i servizi di volontariato. E a chi si rivolgono i malati “non gravi” che le strutture pubbliche rifiutano perché affollate da Covid-19? Chi può, paga e si rivolge al privato che, certo, non è in prima linea nell’emergenza odierna. Quanti non faranno i dovuti controlli per le loro patologie o quelli preventivi (per esempio mammografie)? A cosa ci porterà tutto questo? Incremento di neoplasie, peggioramento di patologie in atto: il Covid-19 finirà per colpire tutti i deboli che pagheranno come al solito il conto più salato.

A Roma bandita la mozzarella

Addio pizza margherita. Ma pure la prosciutto e funghi, quella con le patate o ai fiori di zucca, che a Roma è un must. Dopo i decreti del governo, i vigili romani si sono sentiti in dovere di procedere a un’ulteriore stretta. E così, in un’ordinanza, si è imposto ai panifici di sfornare solo pizza bianca e al pomodoro.

Vietato tutto il resto, a partire dalla mozzarella. “È lecita – si legge – la preparazione di vari tipi di pane e grissini, e la preparazione di pizza e focacce tipiche sia bianche (con olio e rosmarino) sia rosse (con olio e pomodoro) e di pasticceria secca. Non si deve considerare compresa la pizza condita e farcita diversamente”. I fornai romani, a malincuore, si sono adattati. “Vogliamo evitare polemiche, ma siamo a dir poco perplessi”, dice Paolo Matteucci, responsabile di Roscioli, famoso forno della Capitale. Il motivo sarebbe quello di non fare concorrenza sleale a pizzerie e pasticcerie, che però sono chiuse. Il divieto, nel suo dadaismo, ricorda quello sulla vendita di quadernoni e pennarelli nei supermercati. Dall’ordinanza dei pizzardoni romani sembra essersi però salvata la pizza (bianca) con la mortazza. E questo consola lo spirito in codesti difficili giorni.

Le risposte che deve dare il Premier

Non siamo tra quelli che tirano per la giacchetta Giuseppe Conte sollecitando questo o quello, ma nel momento in cui entriamo nella terza settimana di rigida quarantena, la più delicata per gli italiani – che non vedono miglioramenti nell’andamento del contagio e non sanno per quanto dovranno ancora tirare il fiato – forse un aggiornamento periodico su ciò che li attende (da parte del premier o di un ministro delegato) sarebbe cosa buona e giusta. Non parliamo dei numeri del flagello, di cui veniamo (purtroppo) puntualmente informati nelle conferenze pomeridiane della Protezione civile.

Sarebbero sufficienti le risposte ad alcuni quesiti di pura sopravvivenza quotidiana.

Riguardo, prima di tutto, la ulteriore “stretta” reclamata dai governatori del Nord, si vorrebbe capire se essa sarà rigorosamente applicata a tutto il Paese. Oppure, se in base alla mappa dell’epidemia si possa prevedere una gradualità della blindatura, visto che nel centro-sud il contagio sembra meno esteso, a parte alcuni pericolosi focolai. Fermo restando che il restare a casa deve essere per tutti imperativo. O se invece la più contenuta estensione del contagio, diciamo da Roma in giù, è dovuta proprio all’applicazione tassativa e uniforme dei decreti governativi. E quindi a Sassari o a Campobasso se ne facciano una ragione. Indicazioni più precise sarebbero utili anche sul controverso tema delle “passeggiate”, e in generale dell’attività fisica all’aperto. Fermo restando che più passano i giorni più restare tappati nelle case (soprattutto se in spazi ridotti) può comportare forme di stress, non sempre dovute a insofferenza e piagnistei vari, è possibile distinguere tra una corsetta solitaria intorno al palazzo e certi raduni olimpionici di massa?

Madrid ci segue: 20 mila contagi e 1.000 morti. “Lontano il picco”

Più di mille morti e 20 mila contagi, con la capitale, Madrid come epicentro del focolaio e senza che ancora “si possa immaginare quando si avrà il picco dei malati di Coronavirus”, secondo il ministero della Sanità.

La Spagna segue molto da vicino l’Italia con una curva di contaminazione ancora più rapida (il 30% in più di infettati rispetto a giovedì e la stessa percentuale in più di morti). “I giorni difficili devono ancora arrivare”, ha avvisato il Commissario all’emergenza, Fernando Simón, durante la consueta e drammatica conferenza stampa che a Madrid va in onda per dare il triste bollettino di mattina. “Arriveranno i test rapidi e nuovo materiale sanitario”, assicura Simón, senza specificare da dove e quanti saranno. Intanto, il governo Sanchez dà mandato all’esercito di preparare un ospedale da campo nella sede della Feria, lo spazio espositivo della Capitale: 5.500 letti che si aggiungono agli ospedali cittadini per le rianimazioni, oltre a quelli che verranno disposti negli hotel sequestrati per l’emergenza e destinati ai pazienti con condizioni meno critiche e in aggiunta alla possibilità, da ieri sempre più concreta, di avocare al servizio pubblico anche le cliniche private.

Anche Valencia si prepara a costruire tre ospedali da campo, mentre dalle strutture pubbliche – già al collasso, soprattutto a Madrid – arriva l’annuncio disperato dei medici delle terapie intensive: “Pronti a dare priorità ai pazienti con un’aspettativa di vita di almeno due anni”. Pensare che tra i focolai iniziali si contano due case di riposo per anziani della regione madrilena in cui – a detta dei familiari dei pazienti – non si sarebbe applicato nessun protocollo specifico per il coronavirus, né tantomeno assicurato l’incolumità dei residenti o degli operatori. Fuor di polemica – un 36 per cento della popolazione spagnola pensa che il governo abbia agito tempestivamente e si sia mosso bene nell’emergenza, contro il 33 che sostiene il contrario – il Paese si prepara a scontrarsi con conseguenze sanitarie devastanti, per non parlare di quelle economiche. L’esecutivo rosso-viola ha già annunciato che rinvierà l’approvazione del bilancio e il Banco di Spagna ha dichiarato questa come “una perturbazione senza precedenti”. Eppure agli spagnoli, più ancora che agli altri cittadini europei questo momento e le sue possibili conseguenze ricorda molto la Gran Recesión del 2008 — dalla quale il Paese iberico ancora non si è del tutto ripreso, con la disoccupazione al 14 per cento e il debito pubblico al 100% del Pil. Secondo un sondaggio del quotidiano El Paìs, la metà degli spagnoli è convinta di perdere il lavoro, mentre l’altra metà di vedersi per lo meno ridotto lo stipendio. D’altronde stando all’ultimo studio della Camera di commercio spagnola, 300 mila persone perderanno il lavoro a seguito del coronavirus entro il 2020 e il Paese perderà l’1,7 per cento del Pil. Eppure – unica nota positiva – il 60 per cento crede che l’epidemia renderà la società più solidale e secondo il 40 per cento la fortificherà. In attesa di scoprirlo, anche gli spagnoli si danno ai meme: il migliore del giorno recita: “Per una volta ci chiedono di salvare il mondo grattandocela sul divano, vediamo di non fallire proprio ora”.

Metabiota, l’azienda che traccia le epidemie lavora per la Cia

L’impresa americana Metabiota si occupa di tracciare epidemie devastanti come il coronavirus. Ed è tra le prime aziende del mondo ad averlo visto emergere. Nel 2014, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ricorse a Metabiota per combattere Ebola in Sierra Leone. Oggi l’Oms ci lavora ancora? Alle domande del Fatto, né l’azienda né l’Oms hanno risposto. Un cosa è certa: Metabiota lavora con In-Q-Tel, il fondo di venture capital della Cia. È una tra le prime aziende di dati e intelligenza artificiale nel mondo che ha visto arrivare il coronavirus. Metabiota ha il quartier generale a San Francisco, in California, e sedi in Canada, nella Repubblica Democratica del Congo e in Camerun. La sua missione dichiarata è di scoprire e tracciare le epidemie che flagellano il globo e fornire informazioni e previsioni sull’andamento di quelle infezioni a governi e imprese private che pagano per i servizi di Metabiota.

Ora il Fatto Quotidiano può rivelare che Metabiota è una delle aziende di tecnologia avanzata su cui punta la comunità di intelligence Usa, tanto da supportarla attraverso il fondo di venture capital della Cia: In-Q-Tel (www.iqt.org). Il Fatto ha anche chiesto a Metabiota se, in queste drammatiche settimane, stesse lavorando con il governo americano o con quello italiano per aiutare a contenere il contagio da coronavirus. Metabiota non ha voluto rispondere. Silenzio assoluto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che non ci ha fornito alcuna risposta, mentre il governo italiano ha risposto che non sta lavorando con l’azienda californiana.

Ma come individua e traccia le epidemie, Metabiota? Secondo la rivista del prestigioso Massachusetts Institute of Technology, utilizza l’intelligenza artificiale per ricavare dai dati informazioni su infezioni che possono colpire aree specifiche del mondo. Se una persona infetta è transitata per un certo aeroporto, Metabiota raccoglie il dato e lo utilizza insieme con l’esame delle cosiddette “fonti aperte”: articoli di giornali, servizi televisivi e radio, pubblicazioni scientifiche specialistiche. Informazioni precise sulle tecniche usate da Metabiota, però, non ce ne sono. Né è chiara la reale efficacia dei servizi di questa azienda nel combattere crisi come quella che stiamo vivendo. Quattro anni fa, l’agenzia internazionale di stampa Associated Press (Ap) condusse un’inchiesta sul lavoro di Metabiota in Sierra Leone contro l’epidemia di Ebola. Stando a quanto riportato da Ap, l’indagine giornalistica era basata su email interne, alcune delle quali dell’Organizzazione mondiale della Sanità, e su interviste con specialisti sul campo, come quelli di Medici senza frontiere. Il quadro che ne usciva era a dir poco controverso, tanto che Ap scriveva che “alcune delle azioni dell’azienda avevano peggiorato la situazione già caotica” e, tra gli esempi, citava un’intervista con la coordinatrice per le emergenze di Medici senza frontiere, secondo la quale i lavoratori di Metabiota non si sottoponevano alle procedure di decontaminazione quando lasciavano le aree ad alto rischio.

Che Metabiota sia una delle aziende tecnologicamente avanzate su cui punta la comunità d’intelligence Usa è facilmente verificabile. Basta consultare il sito del fondo di venture capital della Cia e delle agenzie di intelligence americane. Il nome In-Q-Tel, viene dalla fusione di “intelligence” (intel) con “Q”, lo scienziato della saga di James Bond che crea ogni sorta di invenzione supertecnologica per supportare le missioni di 007.

“In-Q-Tel è stato creato nel 1999 per assicurare che le agenzie di intelligence del nostro Paese abbiano accesso a tecnologie innovative (provenienti) dalla comunità delle startup per aiutare a proteggere e preservare la sicurezza della nostra nazione. I leader della Cia si resero conto che l’innovazione tecnologica era ormai largamente passata dell’ambito dei dipartimenti di ricerca e sviluppo del governo e delle grandi aziende ai singoli imprenditori e startup, che sviluppavano tecnologie cruciali in modo molto più rapido ed economico, cosa che continuano a fare oggi”, recita l’home page di In-Q-Tel.

Il sito web è pubblico e contiene il portfolio delle aziende su cui la comunità di intelligence americana punta. “In-Q-Tel supporta la Central Intelligence Agency e altre agenzie di intelligence e difesa, focalizzandosi su aree come la cybersecurity, le biotecnologie, i nuovi materiali, i sensori da remoto, il deep learning per data analytics e molto più”, recita il sito. Tra le aziende che si occupano di tracciare e fare previsioni sulle pandemie, Metabiota è l’unica citata.

Italia iperconnessa: Netflix&C. rallentano, il traffico raddoppia

Le segnalazioni sono tante: la maggior parte è di studenti in difficoltà perché in alcuni paesini a volte manca la connessione: “Ieri non c’è stata per buona parte del pomeriggio – spiegano dalla provincia di Roma –. Ci sono momenti in cui siamo completamente scollegati”. La tenuta della rete Internet è la nuova incognita dell’emergenza Coronavirus, su cui sono arrivate le rassicurazioni della ministra all’Innovazione Paola Pisano: “Non dovrebbe accadere, è molto difficile – ha detto – tecnicamente ci sono tutti i mezzi per non farla collassare”. Il traffico, però, aumenta esponenzialmente, lo ha certificato Mark Zuckerberg per Facebook mentre Netflix ha annunciato che ridurrà per 30 giorni la qualità video dei suoi contenuti in Europa così come Youtube: “Ci impegniamo a mettere di default tutto il traffico nell’Ue in definizione standard. Abbiamo misure in atto per adattare automaticamente il nostro sistema all’utilizzo di una minore capacità di rete”, ha detto un portavoce di Google.

La parola più usata per descrivere la situazione è “stress”: in sostanza, la simultanea connessione e operatività su Internet dei cittadini chiusi in casa ha anche raddoppiato il traffico in alcuni momenti della giornata. “Le reti, sia mobile che fissa, di tutti gli operatori sono in evidente stress determinato dal traffico di questi giorni”, spiega al Fatto Marco Bellezza, amministratore delegato di Infratel Italia, società in-house del ministero dello Sviluppo economico che è il soggetto attuatore dei Piani Banda Larga e Ultra Larga del governo. Picchi che si registravano normalmente nei weekend, ora sono una costante durante tutta la settimana in orario di lavoro. “L’emergenza che il Paese sta affrontando in queste settimane ci mette di fronte a una realtà che non avremmo mai potuto immaginare – dice Bellezza – ma è anche un’opportunità per maturare la consapevolezza che avere delle infrastrutture di telecomunicazioni pubbliche sia una priorità per il Paese”.

Dall’Agcom confermano che sulla rete fissa, il volume di dati complessivi giornaliero è quasi raddoppiato. Il traffico di picco, che di solito è la sera, ha un aumento tra il 25 e il 40 per cento. Crescono il traffico video e quello del gaming, lievemente la navigazione. Meno rilevanti gli aumenti sulla rete mobile (+10-15 % nel picco) mentre sale anche del 45 per il traffico voce: si chiama di più e agganciare la linea richiede spesso più tempo. Da Agcom ci spiegano poi che gli operatori hanno tempestivamente avviato interventi per adeguare la propria infrastruttura e assicurare l’aumento della connettività. “In particolare – spiegano – i principali snodi di rete e le infrastrutture di trasporto sono state soggetti a upgrade per supportare picchi di traffico, con la previsione di ulteriori interventi se necessari”. In altri casi, è prevista una redistribuzione della capacità della rete sia in termini di fasce orarie che di geografia.

A soffrire di più sono le aree bianche, quelle a fallimento di mercato (dove cioè far arrivare la rete non è remunerativo) che avrebbero dovuto essere completate nel 2020, poi prorogate al 2023. “La priorità – spiega Bellezza – è colmare i ritardi accumulati mettendo in campo tutte le risorse disponibili. Stiamo lavorando con Open Fiber per superare le difficoltà operative”. Da un punto di vista tecnologico, si sta cercando anche di utilizzare nuove combinazioni, come nel caso del memorandum of understanding siglato la settimana scorsa per sperimentare sulla rete pubblica gestita da Infratel il cosiddetto “Fixed Wireless Access” (oltretutto testato per il 5G) per portare la connessione nelle zone più deboli, via onde radio, senza i cavi. Modello che si punta a replicare con gli altri operatori.

Al momento, spiega il sottosegretario del Mise, Mirella Liuzzi, “non risultano segnalazioni di rischi di disservizi. Tuttavia per far fronte alla crescita dei consumi il decreto Cura Italia prevede che gli operatori di tlc soddisfino qualsiasi richiesta ragionevole di miglioramento della capacità di rete e della qualità del servizio”.

Va poi tenuto conto anche della libertà degli operatori e delle telco di limitare il traffico. “Il quadro regolamentare vigente a livello europeo e nazionale consente pratiche di traffic management a determinate condizioni – conclude Bellezza –. L’emergenza in atto potrebbe richiedere l’adozione sistematica di queste misure per liberare banda per i servizi essenziali, ma penso che nell’adozione di queste misure, pur in situazioni di emergenza, occorre usare particolare prudenza poiché possono incidere sui diritti dei cittadini”. In sostanza, gli operatori potrebbero in astratto decidere quali contenuti veicolare e quali no e condizionare la neutralità della rete, magari discriminando un operatore a vantaggio di un altro sia al livello di “piattaforme” che al livello di provider. Toccherà ad Agcom vigilare.

“Ho la famiglia in trincea: lavorano in ospedale”

Andrea Delogu tutti i giorni su Instagram posta una parola del vocabolario. Ieri era “famiglia”; l’altroieri, invece, oltre al termine c’era anche un’immagine unica, composta da tre scatti: la madre, il padre e la sorella. Tutti con la mascherina; tutti in divisa; tutti impegnati in prima linea dentro a strutture ospedaliere “di Rimini e Milano”. Quando lo racconta non piange, non usa toni enfatici, ma ondeggia in un difficile bilanciamento tra preoccupazione e rispetto.

Una famiglia in trincea.

Da pochi giorni mia madre è nel reparto “infettivi”, e i timori li tengo meno a bada; (cambia tono) già mia sorella è impegnata al Buzzi di Milano, e lì ci sono i bambini, ma ora prendono gli adulti e i turni sono serratissimi.

Suo padre?

È un autista soccorritore, e ha dato la disponibilità ai doppi turni, e sempre; (la testa torna a prima) dopo papà e mia sorella, l’altra sera all’improvviso mamma mi ha comunicato il cambio di reparto, non ci volevo credere. Troppo.

E…

Mi ha sconvolto il suo racconto dopo il primo turno, e sono riuscita a sentirla alla fine delle ore: “Scusa Andrea, ma non posso rispondere: per entrare ci fanno indossare due tute, maschera e guanti; non riesco neanche ad andare in bagno, perché poi dovrebbero risanificare”; ha subito visto morire delle persone.

Nella foto che lei ha pubblicato, sua mamma sorride ma ha gli occhi molto provati.

In vita mia non l’ho mai sentita pronunciare una parolaccia. Mai. È una che cerca sempre di trasmettere serenità, di affidarsi a una battuta, eppure in quella chiamata non ha retto: “Uscita da qui (dall’ospedale) vorrei urlare… vorrei gridare ‘restate a casa brutti stupidi!’”.

Lei?

Mi sono ammutolita perché vivo a Roma, mentre loro, con i colleghi, i medici, gli autisti, gli operatori sanitari, chi fa le pulizie, chi porta le colazioni, sono lì e sono pochi. Noi siamo molti di più.

E…

Se andiamo avanti in questo modo non li salveremo da noi; dopo il post che ho pubblicato, tanti infermieri mi stanno scrivendo in privato, e mi raccontano situazioni strazianti: a Rimini hanno trasformato delle sale operatorie in reparti di terapia intensiva.

Ora definiscono “eroi” chi lavora in ospedale.

Adesso, ma non era così quando tagliavano reparti, stipendi e servizi; (resta zitta due secondi) sono affacciata alla finestra e vedo in strada troppa gente, e vorrei gridargli “stronzi”.

Chiusa in casa.

Sempre. Esco solo per la trasmissione (La versione delle due su Radio 2), altrimenti sto in isolamento con mio marito.

Da quanto non vede i suoi?

Da Natale, e dovevamo incontrarci per Pasqua.

 

 

Smart eating con Don Chisciotte e finalmente con i figli si parla

Visto che dobbiamo “stare a casa”, chi ha tempo libero e vuole spenderlo per raccontare la sua vita in quarantena e condividerla con gli altri ha a disposizione le pagine del Fatto. Siamo una comunità e mai come oggi sentiamo l’esigenza di “farci compagnia” sia pur a distanza. Come i giovani che, nel Decameron di Giovanni Boccaccio, si riunirono per raccontarsi novelle durante la peste di Firenze. Inviateci foto, raccontateci cosa fate, cosa inventate per non annoiare i figli e non allarmare i nonni, quali libri, film e serie tv consigliate all’indirizzo lettere@ ilfattoquotidiano.it. Ci sentiremo tutti meno soli.

 

Tra nuove ossessioni recuperiamo i rapporti

Per fortuna, in questo periodo difficile io lavoro normalmente, ma molte cose sono cambiate: l’attenzione nell’evitare contatti, l’ossessione nel disinfettare la postazione al computer e molte cose; ma questi sono problemi risibili rispetto alle fatiche degli operatori sanitari di questi giorni e al dolore delle famiglie dei deceduti.

Allo stesso tempo ci sono anche degli aspetti positivi: poter passare il sabato con la famiglia reinstaurando quei dialoghi che un po’ si erano persi; parlarsi con gli amici tramite gli smartphone, ma senza le interruzioni dovute all’utilizzo dei social.

Vincenzo Ruggiero

 

Dai miei alunni: soldati dentro al cavallo di Troia

Ho una supplenza per l’insegnamento di discipline pittoriche in un liceo artistico di Ostia. Anche questo istituto ha attivato le video lezioni e io, quest’oggi, ho assegnato come compito la costruzione di un cavallo di Troia, al cui interno i soldati costretti all’immobilismo fremono per uscire pronti alla battaglia. Dovevano utilizzare materiali di facile reperimento in casa. Sbalorditi all’inizio e come al solito scettici, parlando e confrontandosi online tra loro e con me hanno lavorato realizzando ciascuno il proprio cavallo.

Allego un’immagine che li raccoglie tutti. Alunni/soldati che appena fuori dalle loro case/cavallo per questa forzata prigionia troveranno nuove energie per combattere battaglie vecchie e nuove…

Mino

 

Proprio come nelle fiabe batteremo la matrigna

Pur sembrando un’eresia, dovremmo ringraziare Covid-19: sta rendendo le nostre vite sospese. In un’attesa difficile, faticosa. Nello stesso tempo portatrice di insegnamenti, una matrigna che la natura adesso ci costringe ad assecondare. Ma come nelle favole, la matrigna crudele non ottiene mai ciò che desidera. Così sarà per la nostra provata umanità in questo momento così terribile: il signor Covid uscirà dalle nostre vite sospese così come vi è entrato. Senza chiedere permesso.

Susanna Di Ronzo

 

Tablet in tavola e pranzo a distanza coi miei ragazzi

Don Chisciotte e Sancho Panza stavano entrando nella Sierra Morena quando ho sentito la sirena dell’ambulanza. È domenica, abbiamo deciso di farlo strano, il pranzo: se adesso lo smart working va alla grande, noi facciamo lo smart eating. Io e mia moglie ci siamo collegati in video conferenza coi nostri due figli. Col tablet sulla tavola abbiamo pranzato vedendoci tutti, parlando tra noi, facendo brindisi a distanza e salutando i nipotini. Intanto nella Sierra Morena sono arrivati il curato e il barbiere a complicare le cose a Don Chisciotte. Staremo a vedere, perché ora, con un salto spazio-temporale (potenza della letteratura) vado nella Chicago degli anni Venti: c’è il reporter Mike, gli hanno ammazzato la fidanzata (Chicago, di David Mamet). Di nuovo un salto e sono al pc, mentre dall’altra stanza arriva il rumore della macchina per cucire. Mia moglie, il patchwork.

Alla sera ascoltiamo il bollettino, poi guardiamo un film o una serie. Altra sirena. Io e mia moglie ci guardiamo. II gatto non fa una piega e continua a dormire. Siamo in un grande casino, ma tutto questo il gatto non lo sa. Come la Alice di De Gregori.

Franco Scaroni

La corona del Rosario fa boom in tv

Per Tv2000 è stato il record assoluto. Così tanti telespettatori sulla tv dei vescovi italiani non si erano mai visti. Giovedì sera il Santo Rosario ha infatti totalizzato la bellezza di 4 milioni e 221 mila telespettatori, per il 13,1% di share. Rosario preceduto da un breve videomessaggio di Papa Francesco, realizzato con lo smartphone.

“Dopo la passeggiata solitaria nel centro di Roma, il Santo Padre ci ha sorpresi ancora una volta”, dice il direttore di Tv2000 Vincenzo Morgante, giornalista che, dopo una vita passata in Rai, dove è stato anche direttore della Tgr, dal 2018 è alla guida della televisione della Conferenza episcopale e della radio (Radio InBlu). Tv2000 è un canale che mixa informazione, religione, cultura, ma anche programmi d’intrattenimento, come quello sul cinema, Effetto notte, e il cooking show mattutino, Quel che passa il convento (titolo strepitoso).

Sono però i programmi religiosi, anche in diretta, il cuore dell’emittente. Che solitamente si aggira intorno all’1% di share. Anche se poi ci sono delle eccellenze, come il Rosario quotidiano in diretta da Lourdes (4-6%). Da un mese a questa parte, da quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus, complice il divieto di celebrare messa nelle chiese, i numeri sono esplosi. Con un aumento in media del 2% sul totale del palinsesto. “A fronte dell’emergenza sanitaria, sta salendo anche un’emergenza spirituale. Le persone hanno bisogno di conforto: chi crede, ma pure chi è in cammino e cerca risposte”, osserva Morgante. “Anche se siamo una tv privata, la nostra ambizione è quella di rendere un servizio pubblico, tanto più in un momento come questo. E cerchiamo di farlo con un’informazione accurata e rigorosa”, aggiunge il direttore. Giovedì sera, per esempio, il Tg delle 20.30 (che di solito non arriva all’1%) ha fatto il 3,4%.

Ma il boom della fede in tv, in questi giorni di paura e smarrimento, tocca un po’ tutti. A cominciare dalla Rai. Domenica 16 febbraio, prima che scoppiasse l’emergenza, la Santa Messa, alle 11, e l’Angelus del Papa, alle 12, sono stati seguiti da 1 milione e 603 mila spettatori per uno share del 17,4%. Nelle domeniche successive l’aumento è vertiginoso. Primo marzo: oltre 2 milioni e 18,2%; 8 marzo: 2 milioni e 600 mila e 21%; 15 marzo: 3 milioni e mezzo e 21,7%. Stessa scalata per la trasmissione A sua immagine (condotta da Lorena Bianchetti), in onda alle 10.30 della domenica, prima della Messa, che è passata da 1 milione e 400 mila e il 15% del 16 febbraio a 2 milioni e 577 mila e il 22% di domenica scorsa. In salita anche Sulla via di Damasco, su Rai 2 la domenica alle 9, e molto bene sono andate le messe dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini, trasmesse su Rai 3 Lombardia. “Possibile che si possa pensare a un aumento di riti in diretta”, fanno sapere da Viale Mazzini.

Il successo prende pure l’unico programma dedicato di Mediaset, la Messa della domenica alle 10 su Rete 4, ogni volta da una chiesa diversa: si è arrivati a 1 milione e 476 mila il 15 marzo, con uno share dell’11%.

“C’è Skype al posto del lettino: così aiutiamo i nostri pazienti”

Non ha un minuto libero, Anna Maria Nicolò, presidente della Società psicoanalitica italiana, che riunisce gli specialisti freudiani. Ovvero i più ortodossi. Dopo aver dato il via, già ai primi di marzo, alle sedute su Skype, ora la Spi si sta attivando per fornire un servizio di ascolto telefonico gratuito in tutte le regioni italiane, con il contributo di 150 psicoanalisti. Svolte epocali, davanti a una situazione inimmaginabile fin solo a qualche settimana fa. “Molti di noi, per protezione personale, ma soprattutto per evitare di essere veicolo di contagio per i pazienti, pensano di offrire l’opportunità di condurre sedute di psicoterapia in Skype o per telefono o più genericamente si aprono alla possibilità di continuare il lavoro clinico usando strumenti telematici”, scriveva in una newsletter.

Dottoressa Nicolò, il Covid-19 è anche un’emergenza psicologica?

Certamente. Ci troviamo ad avere un persecutore esterno, imprevedibile, invisibile, difficile da arrestare, un evento che neanche pensavamo potesse accadere. Per noi sono scene fantascientifiche. Questo aumenta la tensione e il senso di provvisorietà. Anche l’altro diventa uno che ci può sottrarre risorse, dalle mascherine, al vitto.

Come agisce questa emergenza su situazioni già difficili?

Intanto, stiamo assistendo al potenziamento di un modo diverso di socialità, in remoto e online. Che però esclude tutto ciò che è corporeo. A livello di disagio psicologico, dipende dalle patologie. Per esempio, il paranoico, che in genere ha il nemico dentro di sé, e lo sposta fuori, come in una guerra, può essere più lucido e calmo. Ma in questo caso il nemico è più invisibile, imprevedibile, che in una guerra. Una persona ansiosa evidentemente aumenta il livello di tensione e può creare problemi a se stesso e agli altri. Una buona paura, invece, ci aiuta. Così, mentre i depressi gravi vedono aumentare il senso di morte, di angoscia, di annientamento, la maggioranza, meno grave, trova negli altri un contenimento.

Alla fine della seconda settimana di lockdown, la gente sta smettendo di cantare dai balcone. Mentre aumentano panico per il presente, ansia per il futuro, paura di perdere il lavoro, rabbia.

Le problematiche stanno crescendo, come il senso di persecuzione, la claustrofobia, la tensione, sostenuta anche dai media. Ci sono situazioni di coppia esplosive. Gli adolescenti si sentono braccati, scappano, dal virus e da casa. È una situazione che può diventare pericolosa. Cantare sui balconi era bello, ma era anche una risposta difensiva all’angoscia. Ora, mentre ci hanno detto che se ci chiudevamo sconfiggevamo il virus, il virus aumenta. Dobbiamo stare molto attenti a non aumentare la pressione emotiva.

La terapia a distanza porta a un cambiamento importante del setting (quell’insieme di aspetti e di regole che caratterizzano il lavoro analitico). Per un freudiano non è poco.

Esistono pubblicazioni, libri, commissioni sulla variazione del setting. Abbiamo il dovere di continuare a lavorare. E i nostri pazienti hanno accettato questa trasformazione. Non credo sarebbe stato meglio abbandonarli. Poi, si pongono problemi di privacy: alcuni (una minoranza in realtà) temono di poter essere spiati. Stiamo cercando le soluzioni. È vero che il lettino nel setting freudiano è molto importante. Ma non tutti i pazienti ci vanno.

Non trova che ci sia un elemento di choc che può accelerare anche dei cambiamenti psicologici?

L’etimologia di crisi viene dalla parola “crino” che significa scelta. Io posso scegliere se sposare una visione positiva o negativa. Per questo, può essere anche trasformativa. Sarebbe un’occasione straordinaria se riuscissimo a usarla. Certo, è difficile.

Da una parte, siamo costretti a delle scelte molto più precise di prima (sulla base di fare solo ciò che è proprio necessario), dall’altra ci troviamo in una sorta di carcere permanente, che ci porta a fare i conti con noi stessi.

Sicuramente siamo messi di fronte non solo all’altro, ma anche a noi con noi stessi. Anche chi non è abituato a farlo si pone domande come “chi siamo, cosa vogliamo, dove andiamo”.

Questa drastica riduzione della possibilità di vivere i propri affetti (figli che scelgono di non vedere i genitori per proteggerli, nonne separate dai nipoti, legami molto forti che non sono più possibili come prima) non può essere controproducente?

Sinceramente non so. La crudeltà dell’evento è evidente. Per fortuna, ci possiamo sentire per telefono.

In un momento così, quanto vale la psicoanalisi?

È importante sempre, perché puoi imparare un modo di pensare libero e padrone di te. Winnicott si augurava di morire da vivo e da sveglio. E in questo modo, anche l’ultimo attimo ha un significato.