Alessandro Gassmann, ha tempo e voglia di una chiacchierata sui “balconi canterini”?
Eh, tanto non abbiamo altro da fare…
Come giudica questo contagio allegro di canzoni e dj-set, applausi e serenate, ciascuno dalla propria finestra di casa, sia la società civile sia gli artisti?
Trovo queste manifestazioni molto commoventi: anche gli artisti fanno parte della società civile; perché dovrebbero esimersi? Io leggo e posto poesie su Twitter e soprattutto sto usando i miei profili social per dare informazioni. Chi fa un mestiere pubblico, come me, ed è seguito adesso dovrebbe limitarsi a collaborare con chi sta sul campo – medici, istituzioni… – per superare meglio e il prima possibile questa situazione nuova e drammatica.
Quindi i social sono il suo balcone, la sua finestra sul mondo…
Io il balcone non lo uso perché non so cantare e anche perché non sono in città, ma in un luogo ameno. Però mi piace moltissimo questa iniziativa: sto postando, rilanciando, soprattutto i musei che offrono tour virtuali; mi sembra bellissimo. Molte delle iniziative di questi giorni andrebbero mantenute quando torneremo, il prima possibile spero, a una vita normale. Il Paese si sta riunendo: non succedeva da tempo. Lo sapevo: l’Italia nei momenti di grande difficoltà dimostra carattere e coraggio. L’applauso, comunque, va ai medici e a quanti stanno combattendo sul campo una battaglia dura, di cui da casa non abbiamo contezza.
Da un lato si canta l’inno di Mameli alla finestra, dall’altro però ci sono tensioni tra Regioni per l’esodo al Sud: è unità questa?
La positività dei balconi aiuta tantissimo. Chiaramente chi si sposta dal proprio Comune immotivatamente, che vada da Nord a Sud o da Sud a Nord, contravviene alle regole… Molto spesso mi dico che faccio un mestiere inutile: non salvo vite, non spengo incendi… Ma il fatto di essere seguito può essere utile ora, almeno per dare informazione sana. Bisogna rispettare le regole: stare a casa. È una questione civile, non regionale.
Musica, poesie: l’arte è esorcismo e terapia contro la paura?
Sicuramente sì, la cultura tutta lo è, la lettura in primis. Trovo interessante anche la mutazione dei programmi televisivi… Bisognerebbe fare più informazione, ad esempio, per i ragazzi che non vanno a scuola. Molte cose stanno migliorando: il telelavoro è possibile. Dobbiamo tenerlo a mente quando tutto sarà finito.
Suo figlio Leo è un cantante: ha aderito alle strimpellate?
Mio figlio è anche lui “senza balcone”: è qui con me in campagna, insieme alla sua fidanzata e a mia moglie. Ha fatto un live l’altra sera su Instagram. Mi ritengo molto fortunato a stare qui con loro: la sera lui canta, io leggo le poesie… E sono tornato a rompere le scatole come tutti i genitori.
Come vivono il trauma le vostre due generazioni?
Giudicando dai due ventenni che ho in casa adesso, non c’è grande differenza. Prima avevamo vite opposte, interessi diversi, tempistiche differenti… Ora però stiamo vivendo tutti allo stesso modo le limitazioni; forse i ragazzi soffrono un po’ di più perché hanno più energia, vorrebbero uscire… Ma hanno capito… La paura aiuta a rispettare le regole. Io sono ligio perché ho paura, e poi anche perché penso agli altri.