New York ha la sua Codogno. La Cina parla di “progressi”

Il governatore di New York, Andrew Cuomo ha schierato la Guardia Nazionale a New Rochelle, appena a nord di New York City. “Un dato unico negli Stati Uniti che non abbiamo visto da nessun’altra parte. New Rochelle ha raddoppiato i casi rispetto aNew York City” ha confermato. La contea di Westchester, dove si trova New Rochelle, ha avuto 108 casi Covid-19 su 173 infezioni confermate in tutto lo Stato. Se negli Usa la situazione inizia a farsi critica, la Cina sembra essere riuscita a contenere l’epidemia, come testimonia la visita nella città epicentro di Wuhan del presidente a vita Xi Jinping. Qui e nella provincia di Hubei, ha detto il leader si registrano “cambiamenti positivi” e “progressi importanti” dopo quello che ha definito un “duro lavoro”. Il compito di prevenzione e controllo “resta difficile” ma di “importanza cruciale”, ha però rimarcato Xi, promettendo misure di prevenzione e controlli “incisivi e meticolosi” per difendere la regione di Hubei e Wuhan.

Continua invece a dimostrarsi contraddittorio il capo dell’unica superpotenza che può ancora competere con la Cina: Donald Trump. Il magnate, mentre twitta che l’influenza classica provoca ogni anno migliaia di vittime – omettendo di ricordare che per combatterla esiste un vaccino e coloro che muoiono sono soprattutto gli anziani che non vi ricorrono – ha sottolineato nella conferenza stampa di due giorni fa che il coronavirus “ha preso alla sprovvista il mondo”. Il presidente, affiancato dal vice Pence e dagli esperti nominati per gestire l’emergenza, ha quindi aggiunto: “Penso che l’abbiamo gestito molto, molto bene.

Penso che abbiano fatto un ottimo lavoro”. Trump si è però rifiutato di sottoporsi al tampone. “Non ne vedo alcuna ragione”, ha detto ai giornalisti, pur essendo entrato in contatto nei giorni scorsi con due deputati repubblicani che si sono messi in quarantena per aver interagito con un contagiato. Anche in Francia e Germania la situazione si sta aggravando. Ieri sera erano 1.784 i casi positivi confermati in Francia, 372 in più nelle ultime 24 ore, secondo quanto annunciato dal direttore generale della Sanità, Jerome Salomon. Fra i 1.784 casi, ce ne sono 86 gravi. I decessi sono 33, otto in più rispetto a lunedì. Intanto anche Air France sospenderà tutti i voli da e per l’Italia a partire dal 14 marzo fino al 3 aprile. Da oggi al 14 marzo sarà assicurato soltanto un volo per destinazione, ha fatto sapere la compagnia francese. Dopo aver tentato di spacciare per conseguenze dell’influenza stagionale i tanti ricoveri avvenuti in Germania da gennaio, anche Berlino è stata costretta ad ammettere la diffusione esponenziale del contagio.

“Tra il 60 e il 70% della popolazione in Germania si infetterà con il virus”, avrebbe detto la cancelliera Merkel nel corso di una riunione interna al gruppo parlamentare Cdu-Csu a Berlino, secondo quanto riporta il giornale. Un totale di 1.224 casi sono stati confermati in tutto il Paese. Due giorni fa ci sono stati i primi due decessi per il virus. La paura si sta diffondendo anche in Grecia. Atene sta tentando di arginare la diffusione del virus per evitare il collasso del sistema. “Da domani verranno chiuse tutte le scuole e le università del Paese”, ha annunciato il ministro della Sanità Vassilis Kikilias, precisando che al momento la chiusura durerà due settimane. Il ministro, citato da Cnn.gr, ha invitato tutti a comportamenti responsabili, preannunciando misure a sostegno dei genitori che lavorano. E due giorni fa, sull’isola di Lesbo, dove dal 2016 sono confinati migliaia di rifugiati in condizioni di degrado igienico più assoluto, c’è stato il primo caso di infezione da Covid-19.

I morti legati all’emergenza coronavirus nel mondo sono 4.251 mentre le persone contagiate sono 117.339. Secondo un’elaborazione dei dati delle autorità nazionali e dell’Oms, i Paesi toccati dall’epidemia sono 107. In particolare la Cina (esclusi Hong Kong e Macao) ha registrato 80.754 contagi, un bilancio di 3.136 decessi e 59.897 guariti. Nel resto del mondo i morti sono invece 1.115: l’Italia è il Paese più colpito dopo la Cina, seguita dall’Iran, Corea del Sud e Spagna.

Il “paziente zero” rientrò il 25 gennaio dalla Germania

Venti febbraio, ore 21. Ospedale Civico di Codogno. In questo momento l’Italia ha il suo primo paziente affetto da Covid-19. È un ragazzo di 38 anni sposato. Diciassette giorni dopo quella sera l’équipe di ricercatori dell’Università Statale di Milano guidata dal professor Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco, invia a una rivista scientifica internazionale il primo studio su come, quando e perché il virus Sars2Cov è arrivato in Italia.

Roba da record e che mette sul tavolo un nuovo paziente zero del tutto differente da quello ipotizzato nei primi giorni dell’epidemia. Analisi scientifiche che adesso il Fatto è in grado di rivelare. Secondo lo studio, per fissare con certezza l’ingresso di Sars2Cov nel nostro paese bisogna tornare indietro di almeno un mese. La data è quella del 25 gennaio. Quel giorno in Italia, spiega lo studio, il virus inizia a circolare e inizia a farlo in modo silente proprio nell’area del Basso Lodigiano. Tre giorni prima, lasso temporale decisivo, in Germania viene isolato il virus da un manager tedesco che lo ha contratto da una collega cinese di Shanghai. Ecco allora gli ingressi e la drammatica triangolazione. Pochi giorni fa, sempre il professor Galli al Fatto aveva confermato la stretta parentela tra il ceppo della Baviera e quello di Codogno. Affinità elettive insomma. Ora, la nuova mappa aggiunge altro: il virus circolato in Germania ha contagiato una persona italiana che arrivava dalla zona del Basso lodigiano. La stessa persona, rientrata in Italia, ha fatto partire con buona probabilità l’epidemia nei confronti di migliaia di persone. Ecco allora l’identikit inedito del paziente zero che ancora non è stato trovato.

Un ritratto del primo caso di Covid-19 “inconsapevole” supportato anche dalle analisi epidemiologiche. Subito dopo il 20 febbraio si era puntato su un amico del 38enne di Codogno rientrato da Shanghai il 21 gennaio e che con lui aveva cenato due volte. L’analisi sugli anticorpi lo aveva poi escluso. I ricercatori dell’università Statale di Milano hanno analizzato tre ceppi tra loro differenti per minime mutazioni. Oltre a questi in Italia ne sono stati isolati altri due. Cinque ceppi, cinque sequenze genomiche. Tutte riconducibili per data di anzianità a quella fine di gennaio, e tutte sovrapponibili come sequenze di nucleotidi al primo ceppo della Baviera.

Lavorando a ritroso su tali sequenze, l’equipe del professor Galli ha datato tutte le mutazioni. È stato cioè studiato “l’orologio biologico”. Concetto non semplice da ricostruire. Nella sostanza i virus ogni volta che si replicano mostrano delle differenze. Ovvero tra la coppia madre e la coppia figlia esistono sempre delle piccole modificazioni dette anche “sinonime”. Ecco allora il punto: lo studio a ritroso di queste caratteristiche ha fornito ai ricercatori la dimensione temporale di come e quando il virus ha mutato. Le divergenze tra il primo e il dopo si inseriscono in un andamento rappresentato come una sorta di albero. Tutto parte dalla Germania. Naturalmente qui si tratta di scienza, non si attribuiscono colpe. Di certo ora sappiamo con chiarezza messa nero su bianco come il virus tedesco è arrivato nel Lodigiano il 25 gennaio. E come poi è ripartito ad esempio verso la Germania in un continuo e fulmineo scambio.

Stando alla mappa pubblicata sul sito Netxstrain gestito dal professor Trevor Bedford del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e secondo le analisi italiane, il Sars2Cov lodigiano ha proseguito la sua corsa in Italia e all’estero andando a colpire diverse nazioni. Tra queste la Finlandia, il Brasile, la Scozia e la Svizzera. Oltre che la stessa Germania. Qui il secondo ceppo tedesco è stato isolato successivamente al primo italiano. Lo studio dei ricercatori è fondamentale per capire le mutazioni di Sars2Cov. E dunque anche la sua evoluzione, che dal punto di vista clinico, secondo l’analisi di Raffaele Bruno, direttore dell’unità operativa complessa Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia, oggi si sdoppia in un momento iniziale meno invasivo e in un altro molto più acuto.

Spiega il professor Bruno: “La malattia ha due fasi: una iniziale che si presenta con una polmonite interstiziale con medio-basso fabbisogno di ossigeno e una fase secondaria rapidamente progressiva, in cui interviene una sindrome infiammatoria che fa peggiorare completamente la situazione”. Il che fa pensare anche a uno sdoppiamento genetico di Sars2Cov come anticipato nei giorni scorsi da uno studio americano. Sicuramente la data d’ingresso agevola e non poco il lavoro. Confermando i legami tra i ceppi del Lodigiano e i successivi di Bergamo, Cremona e Piacenza. Certo non si può gridare vittoria. La situazione, spiega Galli, resta critica. Anche perché, a fronte di una diminuzione di casi nella ex zona rossa resta “una pessima idea, per non dire di peggio, riaprire quelle zone del Basso Lodigiano”.

“Un farmaco usato anche in oncologia sconfigge Covid-19”

Uno scambio di idee, una intuizione e poi, con la somministrazione, la conferma che uno dei farmaci usati per curare alcune malattie come l’artrite reumatoide, il lupus o la psoriasi possa avere effetti positivi anche nel contrastare il coronavirus. “Abbiamo utilizzato il Tocilizumab su due pazienti dell’ospedale Cotugno” hanno spiegato dal “Pascale” di Napoli. E le loro condizioni sono migliorate.

Come funziona. Nei casi gravi di infezione da Covid-19, l’insorgere di una polmonite severa (con ricorso alla terapia intensiva e il rischio di decesso) non è solo dovuta alla replicazione del virus Sars- Cov-2, ma anche a una reazione eccessiva del sistema immunitario che, in alcuni casi, diventa causa stessa di danno e di progressione dei sintomi. Paradossalmente, insomma, il sistema immunitario complica le cose e genera quella che i medici chiamano una “tempesta di citochine”, proteine che regolano la migrazione delle cellule immunitarie verso il sito dell’infezione e uno stato infiammatorio che causa danno del tessuto a livello dell’interstizio del polmone. I medici stanno dunque tentando, in alcuni casi, di utilizzare farmaci già in commercio per malattie diverse, ma sempre legate a una risposta immunitaria eccessiva.

“Noi siamo un istituto oncologico, non trattiamo certo influenze – spiega Franco Buonaguro dell’Istituto Nazionale Tumori Ircss Fondazione Pascale di Napoli – Ma una sera di sei giorni fa, chattando con i miei colleghi, riflettevamo sui nuovi farmaci oncologici che possono causare effetti collaterali legati al sovraccarico del piccolo circolo tra cuore e polmone e generano una tempesta di una particolare citochina, detta ‘interleuchina 6’ (come nei casi gravi di Covid, ndr)”. Per far fronte a questo problema, si utilizza il Tocilizumab, un farmaco che modula le reazioni immediate ed eccessive del sistema immunitario tipiche nell’artrite reumatoide, nel lupus e nella psoriasi. “Da qui, l’intuizione che poteva forse abbassare il livello delle interleuchina 6 nei casi gravi di Covid”.

L’efficacia. Il rischio però era che potesse creare effetti collaterali imprevisti. “Dai colleghi cinesi, abbiamo scoperto che lo stavano già usando”, spiega Buonaguro. Su 21 pazienti cinesi, ha avuto successo senza effetti collaterali problematici. “Lo abbiamo subito usato su due pazienti dell’ospedale Cotugno di Napoli. Uno grave e già intubato, l’altro in procinto di esserlo. Nel giro di 24 ore, in entrambi i pazienti il livello delle interleuchine si è abbassato. In 48 ore il primo paziente è stato ‘estubato’, mentre il secondo non ha più avuto necessità di essere intubato. Si tratta di approcci possibili perché questi farmaci, sebbene commercializzati per altre malattie, hanno superato tutte le prove cliniche per la sicurezza”.

Gli altri farmaci.Su questa stessa base, la Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) ha stilato le linee guida delle terapie da utilizzare nei pazienti con Covid. Nei casi più lievi si suggerisce l’impiego di un antiretrovirale già approvato per l’Hiv, il Lopinavir. Il farmaco inibisce le cosiddette proteasi, cioè degli enzimi virali che il virus Hiv utilizza per assemblare nuove particelle virali e riprodursi. Il virus Sars-Cov-2 impiega una proteasi diversa, su cui si è visto che il Lopinavir ha azione inibente, anche se in misura meno efficace.

Per i pazienti con sintomi severi, la Simit suggerisce la Clorochina utilizzata contro la malaria. Come il Tocilizumab, mostra la capacità di modulare la risposta immunitaria. Si sta poi provando anche un farmaco nuovo, non ancora commercializzato, per i pazienti più gravi. È il Rendezivir della Gilead (sviluppato per Ebola) che è risultato essere efficace contro il coronavirus Sars dell’epidemia del 2003. I dati sulla sua validità sono solo in vitro: non è stato mai commercializzato, quindi non ci sono molti dati sull’uomo. È poi un farmaco sperimentale e non si hanno ottime notizie sul fronte della sua sicurezza e non essendo stato approvato, la Gilead non ha la possibilità di distribuirlo su larga scala (viene infattiriservato solo ai casi più gravi).

I limiti. Purtroppo, poi, la poca conoscenza del virus e l’assenza di studi clinici non permettono di provare la corrispondenza biunivoca tra farmaco e guarigione dal Covid-19. Nonostante le analisi e i risultati positivi, insomma, non si sa ancora se il paziente sia guarito per le medicine o se sarebbe guarito anche senza.

In un solo giorno 168 morti. Ma a Codogno zero contagi

Domenica 8 marzo i contagi in provincia di Bergamo hanno superato quelli in provincia di Lodi, il territorio nel quale l’epidemia è emersa giovedì 20 gennaio con il 38enne Mattia di Codogno trovato positivo al tampone per il nuovo coronavirus e uscito due giorni fa dalla terapia intensiva. Dal 6 marzo a ieri, il Lodigiano è passato da 739 casi a 963; la Bergamasca da 623 a 1.472 (al netto di qualche dato che può mancare perché i conteggi di ieri non sono completi per la Lombardia). Per il governatore lombardo Attilio Fontana e il suo assessore alla Sanità Giulio Gallera è la prova che le zone rosse, istituite in dieci Comuni nel Lodigiano e a Vo’ Euganeo (Padova) lo scorso 24 febbraio, poco più di due settimane fa, con divieto assoluto di entrare e uscire da aree in cui vivono 50 mila persone, hanno frenato il contagio. Ed è stato un errore del governo, due giorni fa, scioglierle nella zona cosiddetta arancione estesa alla Lombardia e poi a tutto il Paese. Ieri per la prima volta a Codogno non c’è stato nemmeno un nuovo contagio, un dato anche simbolico che conforta la giunta lombarda. Come in Cina, le misure restrittive avrebbero funzionato. Gli esperti sono più cauti.

Per il resto il bollettino dell’epidemia non autorizza grande ottimismo. Toglie il fiatoil numero dei morti: 168 in un giorno, 135 solo in Lombardia, con i quali si arriva a 631 in Italia e 468 nella regione più colpita, 85 in Emilia-Romagna, 26 in Veneto e via via le altre. È il dato più alto da quando si parla del virus in Italia. I contagiati totali sono 10.149, ovvero 977 in più in un giorno, ma come detto, in Lombardia mancano i risultati di centinaia di tamponi. Sono invece 8.514 le persone attualmente positive in Italia, senza contare i morti e i 1.004 guariti. È sempre molto difficile la situazione delle terapie intensive della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, nonostante la consegna di 325 nuove macchine da parte della Protezione civile. Accanto al ministro della Salute Roberto Speranza, arriva oggi l’inviato speciale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Ranieri Guerra, che ha tra l’altro lunghi e apprezzati trascorsi all’Istituto Superiore di Sanità.

In tilt la spesa online: 90 mila ordini al giorno

Prima dell’emergenza coronavirus, Conad riceveva ogni giorno circa 3 mila ordini online di spesa a domicilio. In queste ore è arrivata a 90 mila al giorno da mandare in tilt i siti anche degli altri marchi della grande distribuzione. E per alcune catene ha portato a 10 giorni i tempi di attesa per la consegna. Questo non è però bastato a svuotare i supermercati fisici, presi d’assalto ma in maniera “ordinata” con lunghe file che rispettano la distanza di sicurezza.

Il decreto di lunedì sera ha scatenato l’ansia di procurarsi provviste utili ad affrontare settimane di “detenzione”, con un impatto non indifferente sui lavoratori del settore. Cassieri e commessi riportati in servizio dalle ferie, fattorini chiamati a prendere in carico un numero di ordini molto più corposo del solito. Anche il mondo della spesa a domicilio nasconde un universo di precarietà. Nel caso di Conad, spiegano dall’azienda, gli addetti sono “regolarmente contrattualizzati” e per la tutela dai rischi sanitari “sono state date indicazioni con guanti e mascherine”. Tutti le catene, come Carrefour, Lidl e Conad, si appoggiano però (in esclusiva o in aggiunta al servizio proprio) all’app Supermercato24. Come per i rider di JustEat, Glovo e Deliveroo, questa piattaforma non assume i suoi “shopper”, li ingaggia come autonomi: viaggiano su un mezzo proprio e sono pagati a cottimo. “I guadagni dipendono dal numero dei pezzi – spiega una di loro – in genere dai 6 euro in su a consegna. Poi ci sono bonus per i fuori orari e per le scale, se manca l’ascensore. Non abbiamo ferie né tutela della malattia. In questi giorni vediamo ordini di persone che fanno spese da 200 euro”. Supermercato24 ha chiesto agli addetti di procurarsi da soli le mascherine (se le trovano) e chiedere in seguito il rimborso da 10 euro.

Esselunga ha detto che, per evitare i contatti con i clienti, sta accettando solo pagamenti online e ha previsto la consegna al piano. “Per quanto riguarda rider e shopper – dice Mario Grasso della UilTucs – invitiamo le aziende a dare supporto ai lavoratori che, dato l’alto tasso di mobilità hanno, hanno maggiori rischi di contagio. Le indicazioni che danno sono, per certi aspetti, un palliativo ma concretamente non risolvono i problemi che derivano anche dal fatto di essere inquadrati come autonomi”. La Filt Cgil Lombardia ha lanciato un appello per indurre i consumatori ad acquistare online solo quanto strettamente necessario, anche perché “alcune aziende non hanno distribuito i dispositivi di sicurezza e hanno dato indicazioni generiche”.

Stop a bollette e mutui (con i tassi mai così bassi)

Quando si intrecciano economia e sanità, micro e macro, quello che ne emerge è un quadro in cui c’è chi perderà tanto e chi guadagnerà come non mai. E la perfetta dimostrazione, ai tempi del coronavirus, sono i mutui per la casa con il tasso fisso mai così conveniente per chi stipulerà nelle prossime settimane. Ma c’è anche una potenziale platea di milioni di indebitati in attesa della moratoria sulle rate da versare alle banche o quella delle bollette.

Facciamo il punto. Questa improvvisa crisi dei mercati ha fatto crollare l’indice Eurirs, cioè il tasso interbancario utilizzato per i mutui a tasso fisso, facendo scendere ai minimi il Taeg, vale a dire il costo totale annuo del finanziamento. A tradurlo ci ha pensato Facile.it: ipotizzando un mutuo a tasso fisso da 126 mila euro da restituire in 25 anni, in questi giorni si riesce a spuntare un Taeg dello 0,77%, contro l’1,24% di gennaio, con una rata mensile di 455 euro contro i 485 di inizio anno che equivale a un risparmio annuo di 9 mila euro. Il calo è ancor più significativo se si confrontano i tassi di marzo 2020 con quelli di gennaio 2019 quando il Taeg era 1,95%: in questo caso il risparmio mensile arriva a 74 euro, per un totale interessi risparmiati di 22.200 euro. Una pesante possibilità di risparmio che non ha ostacoli davanti a sé. Intesa SanPaolo, Bnl e Unicredit, contattate dal Fatto, hanno confermato l’operatività bancaria. Paletti sono stati messi da Bankitalia: la sua Cassa di sovvenzioni e risparmio (dedicata ai dipendenti) valuterà solo le richieste di stipule improcrastinabili.

Dalla festa al dramma di quanti, con l’aggravarsi della situazione economica, non riusciranno più a onorare le rate. Nel nuovo decreto, come confermato dal ministro del Mise Patuanelli, arriverà anche la moratoria di mutui, leasing o aperture di credito con un costo che potrebbe arrivare fino a due miliardi di euro, cui aggiungere per tutte le Pmi una serie di interventi per sostenere la liquidità, attraverso il congelamento dei mutui e il rafforzamento del Fondo di garanzia, oltre alla sospensione dei versamenti di ritenute e contributi. La sospensione delle rate del mutuo (fino a 18 mesi) comporta semplicemente un allungamento del piano di ammortamento grazie al Fondo di Solidarietà per i mutui, gestito dalla Consap, che si accolla la quota d’interessi del mutuo. Mentre è già in vigore per le Pmi l’iniziativa dell’Abi che permette la sospensione fino a un anno delle rate di mutuo o l’allungamento dei prestiti anche a breve.

Sul fronte delle altre misure a sostegno delle famiglie, si è in attesa della sospensione di bollette di luce, gas, acqua e rifiuti, ma anche del canone Rai. Lo stop, fino a oggi, è previsto dal decreto del 2 marzo, ma solo per i primi Comuni nella zona rossa. Ma sarà l’Authority per l’Energia a pubblicare il meccanismo di sospensione dopo che verrà stanziato un fondo. Così come allo studio c’è anche la sospensione delle rate di rottamazione e di saldo e stralcio richieste da famiglie e imprese.

Il tetto del deficit è già saltato. Aiuti per 13 miliardi (forse più)

Oltre dieci miliardi, anzi la cifra finale potrebbe fermarsi a 13 miliardi. Il governo è pronto a un extra-scostamento dagli obiettivi di deficit per una prima risposta all’emergenza coronavirus. In meno di una settimana si è passati da 3,6 a 7,5 miliardi per poi quasi raddoppiare. Questo rende l’idea della dimensione del problema che ormai ha di fronte l’esecutivo, anche perchè pressato dalle opposizioni, ieri ricevute a Palazzo Chigi, che chiedono di più e di cui si cerca di ottenere il voto in Parlamento.

La trattativa con Bruxelles per fissare l’asticella definitiva è andata avanti fino a tarda notte, ma era partita già mentre il premier Giuseppe Conte era in videoconferenza con i leader Ue per il primo Consiglio europeo a distanza della storia. Al ministero dell’Economia si punta a 13 miliardi, che dovrebbe far chiudere il deficit 2020 al 2,9% del Pil, anziché il 2,2 che era l’obiettivo concordato nella manovra d’autunno.

Lo scostamento sarà approvato questa mattina dal Consiglio dei ministri e poi votato alle Camere decimate dall’emergenza. Lo spazio fiscale servirà a finanziare le misure – con un’estensione totale degli ammortizzatori sociali in deroga anche alle micro imprese, congedi per i lavoratori a casa e moratorie su tasse e mutui – che entreranno nel decreto economico allo studio. “Ci saranno almeno 10 miliardi”, ha avvertito il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli.

Il piano B, in caso a Bruxelles non si passasse, è infatti di ottenere almeno la doppia cifra, fermando il deficit/Pil 2020 al 2,7%, lontano dal 3% che è lo spauracchio della burocrazia europea. Ma ormai è solo un gioco contabile. Il governo si prende lo spazio fiscale che serve in attesa di avere un quadro chiaro del contraccolpo, e quantificare la spesa necessaria nel Documento di economia e finanza di aprile. Ma soprattutto il tetto del 3% è già tramontato perché il denominatore, il Prodotto interno lordo, è destinato a ridursi parecchio. L’ex capo economista del Tesoro, Lorenzo Codogno, per dire, ieri ha stimato alla Reuters che l’emergenza coronavirus stia riducendo la produzione economica di circa il 10-15%. Se continua così il primo trimestre chiuderà con un tonfo dell’1,2%, il secondo del 3%. L’Ufficio parlamentare di bilancio, una specie di Authority dei conti pubblici, ha spiegato ieri che “l’impatto sulle attività economiche sarà rilevante e può compromettere la potenzialità dell’intero paese negli anni a venire”. La nota inviata dal presidente Giuseppe Pisauro è quasi un avvertimento all’Unione europea a evitare il rischio di implosione con l’intervento fiscale coordinato a livello europeo, l’intervento della Bce e l’emissione degli eurobond: “Sarebbe fondamentale, fin d’ora, affiancare all’azione dei singoli Paesi modalità di intervento definite a livello dell’intera euro zona, inclusa la possibilità di emettere debito con garanzia europea”.

Un primo passo è stato ieri il consiglio europeo in videoconferenza. Al termina, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato la creazione di un fondo “da 25 miliardi” per affrontare l’emergenza, di cui 7,5 per “favorire la liquidità”. “L’Unione e i suoi stati membri – si legge nella nota conclusiva del consiglio – sono pronti a utilizzare tutti gli strumenti necessari”. Il prossimo appuntamento è all’Eurogruppo di lunedì. Tutti però guardano già a domani, riunione della Bce che dovrà decidere le prime misure di sostegno ai Paesi dell’eurozona. Senza Francoforte, non c’è modo di evitare una maxi recessione. Ieri le Borse europee sono crollate ancora. Milano è stata la peggiore (-3,28%).

Deroga totale per la Cig Congedi per i figli a casa

Mentre Confindustria fa le barricate contro l’ipotesi di una chiusura della produzione al Nord, il governo prepara le misure a sostegno dei lavoratori nel caso del blocco della produzione.  Le bozze sono conosciute anche dai vertici sindacali e il cuore del provvedimento è chiaro all’articolo 1: “È prevista una nuova causale ‘emergenza Covid-19’ della durata massima di nove settimane, in deroga a tutti i limiti temporali” per erogare ammortizzatori come cassa integrazione ordinaria e in deroga, assegni ordinari del Fondo di solidarietà, indennità di disoccupazione, ma anche congedi parentali e coperture di malattia.

Il provvedimento ammonta a 3,5 miliardi e stima una platea di beneficiari del 25% dei lavoratori complessivi. La Cig. Il costo maggiore, 1,829 miliardi, è dato dalla Cassa integrazione ordinaria per chi non ha altro sostegno al reddito. Questa scatta “in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, previo accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale” e prevede trattamenti per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane”.

La platea stimata è di 2,6 milioni di lavoratori (compresi gli agricoli) “con una retribuzione media mensile 2019 pari a 1.259,7 euro”. Si stima però un ricorso alla prestazione del 50%.

I congedi. Altra misura importante riguarda i congedi parentali in conseguenza della chiusura delle scuole e dei servizi per l’infanzia. Il congedo, dal costo di 706 milioni complessivi, viene ipotizzato “per un numero medio di giornate pari a 10”.

L’indennità proposta, per figli tra 0 e 12 anni di età, è commisurata “all’80% della retribuzione di riferimento per retribuzioni fino a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione (513 euro) e al 30%per retribuzioni superiori a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione”. In alternativa al congedo parentale, si prevede un voucher “di importo pari a 600 euro”.

La terza voce è data dall’assegno ordinario dei Fondi di solidarietà e dalle integrazioni salariali per “lavoratori dipendenti già tutelati da forme di sostegno al reddito”. Si tratta di 429 milioni di cui 361 per l’assegno ordinario che verrà erogato considerando un ricorso da parte del 40% delle aziende che impiegano da 5 a 15 dipendenti, ognuna per il 40% del proprio organico. La prestazione media stimata è di 1,5 mesi.

Malattia. È di 129 milioni il costo per la misura che prevede l’equiparazione alla malattia del periodo trascorso in quarantena, mentre si prevede la proroga dei termini di presentazione per la Naspi (disoccupazione) e la Dis.Coll (indennità per i collaboratori).

L’intervento dovrebbe dare corso all’idea del governo di non lasciare nessuno per strada, anche se alcune delle misure non garantiscono di per sé il mantenimento del posto di lavoro.

Il cambio sindacale. È con l’occhio a queste misure che si registra un diverso atteggiamento da parte sindacale. Dopo aver sposato la linea confindustriale della produzione che non si deve fermare – Maurizio Landini era andato negli studi di Lucia Annunziata insieme al presidente di Confindustria per dare forza al messaggio –, ieri Cgil, Cisl e Uil hanno scritto al premier Conte per chiedere “una riduzione modulata (dal rallentamento fino alla sospensione momentanea) dell’attività lavorativa manifatturiera e dei servizi” fino al 3 aprile.

Il sindacato si è accorto che i lavoratori hanno paura e temono di non avere adeguate coperture sanitarie sul posto di lavoro. E questo ha aperto una riflessione forse sottovalutata una settimana fa. Anche perché la pressione di Confindustria, o la stessa paura di non preservare i posti di lavoro, spinge per comportamenti più prudenti.

Ma il problema non può essere aggirato. Un call center di Roma della Telecom con postazioni tutte attaccate, un’azienda in Abruzzo che la sera raccoglie le mascherine per poi utilizzarle il giorno dopo (fonte sindacale). La campagna #iorestoacasa finora si è fermata davanti ai posti di lavoro. In molti non sono d’accordo.

Quanto mi manca il traffico di Roma

Mi manca il traffico di Roma, eterno come la città eterna, domestico come la lavastoviglie che allaga la cucina, recidivante come un herpes, la solita rottura uffa a cui ti sei tanto affezionato. Mi manca l’ingorgo di piazza Venezia, dove ognuno fa come gli pare ‘aho datti una mossa e guarda questo che sta ancora a dormì ma che cz te suoni’. Mi mancano le baruffe sulla sindaca Raggi (se sei così bravo fatti eleggere tu). Mi mancano le gimcane tra i sampietrini assassini, quelli dei cantieri che levano e mettono, che mettono e levano (chissà chi ci sta a magnà sopra). Mi mancano le code sul Lungotevere, le pigre attese in compagnia delle sei o sette radio della As Roma (ma Pastore chi se lo accolla?). Mi mancano le strisce di asfalto transennato (perché non li fanno di notte ’sti lavori), mi manca l’odore acre del bitume che evapora sotto il sole che quest’anno è già arrivata primavera. Mi mancano i lavavetri ai semafori (t’ho detto de nooo) che poi un euro lo rimediano sempre. Mi manca il solito casino perché oggi (come ieri e come domani) si cammina veloce. E ai semafori il verde scatta subito come se fosse una formalità, prego passa pure. E in piazza Venezia non c’è proprio nessuno, mormora il tassista come se gli fosse venuto a mancare un parente stretto. E i cerchioni non baccagliano più coi sampietrini. E le radio del calcio che non c’è, non sanno più cosa raccontarmi. E dove sono finiti i lavavetri che quando servono non ci stanno mai? E quando mi restituiranno il disordine primigenio, eccitante, indisponente di quella caotica materia pulsante chiamata Roma, chiamata vita?

Salvini e gli alleati vogliono chiudere l’Italia, ma escono a mani vuote da Palazzo Chigi

Un centrodestra deluso dall’incontro col governo, oggi voterà sì allo scostamento di bilancio, che andrà in Aula in un Parlamento dimezzato dall’emergenza virus. “Lo facciamo per senso di responsabilità, perché l’esecutivo e il Paese vanno sostenuti, anche se le misure prese non sono assolutamente sufficienti”, hanno detto Salvini, Meloni e Tajani uscendo da Palazzo Chigi dopo l’incontro con Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri.

Un faccia a faccia molto atteso, che probabilmente sarà seguito da altri nei prossimi giorni, ma dal quale il centrodestra esce con un senso di delusione e impotenza. E anche irritazione. Perché Conte non ha accettato nessuna delle richieste avanzate dall’opposizione. Che erano sostanzialmente tre. La chiusura di tutte le attività in tutto il Paese, tranne quelle legate alla sanità e all’approvvigionamento di beni alimentari, come chiesto da Attilio Fontana per la Lombardia. L’istituzione di un super commissario che affianchi il premier nella gestione dell’emergenza. E uno sforamento dei vincoli di bilancio tale da ottenere subito 30 miliardi per sanità, imprese e famiglie. “Ci aspettavamo un’apertura almeno su una delle prime due, ma Conte ha chiuso e ha preso tempo dicendo che valuterà…”, racconta una fonte.

Sulla prima proposta, il premier si è riservato di approvare misure più stringenti anche a breve, ma chiudere tutto il Paese al momento è considerata un’azione esagerata e pericolosa per la tenuta dell’economia (ieri la Borsa di Milano ha chiuso a -3,28%). Mentre la serrata totale delle attività potrebbe arrivare già oggi per il Nord, se i numeri del contagio non diminuiranno. No anche al super commissario. “Che comunque non potrà essere Guido Bertolaso…”, ha detto il premier. Con un certo sollievo da parte del centrodestra: il nome di Bertolaso, infatti, era diventato ingombrante anche per l’opposizione visto che il primo a farlo è stato Matteo Renzi. Una “bollinatura” poco gradita da Tajani e Meloni, mentre Salvini è sembrato più disponibile.

Il leader della Lega è tornato sull’incontro con una diretta Facebook nel pomeriggio. “Dal governo abbiamo ottenuto grandi sorrisi e disponibilità al dialogo, ma risultati zero. Ma con i ‘vedremo’ non si fa la storia”, ha detto il leader leghista. Per poi aggiungere: “Chiudere tutto per due o tre settimane è la misura migliore da prendere. Chiudere tutto per poi ripartire e anche per fare chiarezza in una situazione che è diventata di caos, soprattutto per la pessima comunicazione uscita da Palazzo Chigi”. Proprio la comunicazione è stato un argomento tirato in ballo durante l’incontro. “Avete generato il caos per due volte. Dovete sistemare qualcosa e subito…”, l’accusa dell’opposizione a Conte. “Sono i vostri governatori che hanno fatto uscire la bozza”, la replica del premier. “Dopo il pasticcio di sabato, con la corsa ai treni, anche lunedì sera le persone non hanno capito le parole di Conte, che hanno provocato l’assalto notturno ai supermercati”, fa notare la capogruppo azzurra alla Camera, Mariastella Gelmini. Forza Italia ha invece chiesto all’esecutivo chiarezza sulla scuola. “I ragazzi al Nord hanno saltato già tre settimane, non sarebbe il caso di prolungare l’anno scolastico a fine giugno…?”, la proposta forzista.

Oggi intanto l’opposizione si appresta a dare il via libera ai decreti del governo, anche se è da valutare fino all’ultimo una possibile astensione leghista.

Nel frattempo qualcuno, nel centrodestra, inizia a ragionare sul dopo. Perché se è giusto interloquire con la maggioranza durante l’emergenza, in Lega, FdI e FI va maturando la convinzione che non potrà essere questo governo a gestire la ripresa. Insomma, messe da parte le urne, dato che le finestre elettorali a causa del virus hanno già iniziato a chiudersi una dopo l’altra, non è invece stata accantonata l’idea di un esecutivo di unità nazionale. E qualcuno inizia già a chiamarlo “governo di ricostruzione”…