L’emergenza drammatica del Coronavirus – volendo cercarlo – ha avuto almeno un risvolto positivo: il chiacchiericcio politico è ridotto al volume minimo, al centro della scena pubblica e del processo decisionale in questi giorni ci sono quasi sempre uomini di scienza. Sono loro i protagonisti dei bollettini quotidiani sull’epidemia: spetta alla Protezione civile, e soprattutto a miedici e virologi, spiegare il Coronavirus agli italiani. Il governo si sta affidando agli esperti della materia: gli 8 studiosi selezionati nel comitato tecnico-scientifico – che sta dettando le linee guida per da attuare in questo periodo – e gli altri professionisti della medicina che stanno orientando le decisioni pubbliche. In questi giorni escono dalla loro nicchia e diventano personaggi pubblici: in questa pagina vi raccontiamo i sei più noti.
Angelo Borrelli
Il funzionario che ha scalato tutti i gradini dell’emergenza
È l’uomo del bollettino quotidiano, quello che apre le conferenze stampa per informare gli italiani sull’evoluzione del Coronavirus. Si è trovato, praticamente da un momento all’altro, ad essere il primo uomo al centro dei riflettori nazionali: una luce accecante. Angelo Borrelli è il capo del dipartimento della Protezione civile dal 2017 e da poche settimane è il commissario per l’emergenza Coronavirus. Non ha una formazione scientifica: Borrelli è laureato in economia e commercio, si è formato come revisore contabile e dottore commercialista. La sua carriera da funzionario inizia nel 2000, quando approda all’ufficio nazionale per il Servizio civile della presidenza del Consiglio dei ministri. Entra in Protezione civile nel 2002, all’inizio con incarichi di prima fascia e poi da direttore generale: si forma negli anni delle emergenze per il terremoto in Abruzzo nel 2009, in Emilia nel 2012 e in centro Italia nel 2016. Raggiunge il vertice della Protezione civile dopo le dimissioni di Fabrizio Curcion nel 2017.
Walter Ricciardi
Dopo le dimissioni anti-Salvini è tornato al centro della scena
Napoletano, 59 anni, Walter Ricciardi è stato commissario e poi direttore dell’Istituto superiore di sanità. Si è dimesso dalla carica all’inizio del 2019 in polemica con i vertici del governo gialloverde di allora: “Un vicepremier (Matteo Salvini, ndr) dice che per lui, da padre, i vaccini sono troppi, inutili e dannosi: ma che vuol dire? Hanno posizioni antiscientifiche”, dichiarò al momento delle dimissioni. Lasciato l’Iss, Ricciardi è stato nominato nel board dell’Organizzazione mondiale della sanità, ma l’emergenza Coronavirus l’ha riportato nel cuore degli scenari nazionali: il ministro della Salute Roberto Speranza si è affidato alla sua autorevolezza e l’ha nominato consigliere. Ricciardi insegna Igiene generale e applicata all’Università Cattolica e dirige un dipartimento della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli. La Thomas Jefferson University di Philadelphia lo ha insignito di una laurea honoris causa in “Dottore della scienza” “per i risultati raggiunti e il contributo dato al mondo della sanità pubblica”.
Silvio Brusaferro
Il “quarto in grado” che spiega il contagio ai media italiani
Nelle conferenze stampa di questi giorni, Silvio Brusaferro appare plasticamente come il quarto in grado: arriva dopo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Salute Roberto Speranza e il capo della Protezione civile Angelo Borrelli. Brusaferro – professore ordinario di Igiene e Medicina preventiva – è l’uomo che ha sostituito Walter Ricciardi al vertice dell’Istituto superiore della sanità. È stato nominato dall’ex ministra Giulia Grillo 15 mesi fa dopo le dimissioni del suo predecessore, ora siedono accanto nei tavoli dell’emergenza. Poiché dei tre nominati sopra (Conte, Speranza e Borrelli) nessuno ha una formazione scientifica, a Brusaferro tocca sovente la responsabilità di interpretare la voce della medicina e di spiegare al pubblico una situazione che diventa sempre più allarmante, sforzandosi di non perdere mai il suo eloquio rassicurante e flemmatico. Dal punto di vista personale, sta funzionando: il nome di Brusaferro è stato associato all’ipotesi di un ruolo da “super-commissario” all’emergenza.
Giovanni Rezza
Il luminare degli infettivologi ha scoperto i salotti televisivi
Giovanni Rezza è uno dei volti televisivi del grande panico Coronavirus: il dottore in questi giorni è ospite quasi quotidiano di trasmissioni e talk show. Sulla sua autorevolezza non è lecito dubitare. Rezza, nato a Roma, classe 1954, è direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità dal 2009. È un infettivologo di livello mondiale, uno dei massimi esperti riconosciuti dalla comunità scientifica sul virus Hiv e altre infezioni emergenti. Il problema, semmai, è la sovraesposizione mediatica. Chiamiamolo “effetto Burioni”: calato nel pollaio di uno studio televisivo o di una piazza virtuale, anche il più analitico dei punti di vista rischia di confondersi con le altre voci e gli altri microfoni; rischia di diventare un ospite qualsiasi. A maggior ragione per chi è si confronta con un virus di cui ancora non tutto è conosciuto. Come gli altri scienziati che stanno raccontando il Coronavirus al pubblico, Rezza oscilla tra messaggi forzatamente rassicuranti e altri di disarmante realismo. Come sul vaccino: “A essere ottimisti, non ci arriveremo prima di un anno”.
Massimo Galli
Il primario del Sacco di Milano che ha difeso i colleghi da Conte
Massimo Galli si è trovato proprio al centro della tempesta: è il primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. Ha rappresentato e difeso la categoria dei medici che stanno tenendo in piedi un sistema sottoposto a una pressione senza precedenti. E l’ha fatto rispondendo – pur con garbo – alle critiche di Giuseppe Conte. Il premier aveva addebitato la diffusione del Coronavirus in Italia alla “gestione di una struttura ospedaliera (quella di Codogno, ndr) non del tutto propria secondo i protocolli prudenti”. Il medico gli ha risposto che “la fonte del focolaio è nel territorio, non certo nell’ospedale”. Galli è un infettivologo specializzato principalmente nel trattamento di Aids e malattie tropicali. È una delle voci più schiette e meno tranquillizzanti in questi giorni di emergenza: “Mi auguro davvero che le misure siano sufficienti – ha detto pochi giorni fa a Radio 24 – ma la mia preoccupazione maggiore è che non ci sia capienza nei nostri ospedali. E ho il forte timore che l’isolamento domiciliare non sia sufficiente per contenere il problema”.
Giuseppe Ippolito
L’istituzione dello Spallanzani adesso sussurra alla politica
Giuseppe Ippolito è considerato una delle voci più autorevoli – e più ascoltate dal premieri – tra gli 8 “super scienziati” che compongono il comitato tecnico-scientifico, l’organo che influenza le decisioni del governo italiano per contenere il Coronavirus. Ippolito ha 65 anni, è nato a Salerno, ha dedicato la sua vita professionale allo studio delle malattie virali (a partire dall’Hiv) ed è già stato impiegato nella gestione di altre emergenze internazionali, come quella per il virus Ebola. Ippolito dirige dal 1998 l’Istituto nazionale delle malattie infettive “Spallanzani” di Roma. Dove è considerato un’istituzione: il 25 settembre 2019 il suo ospedale gli ha tributato un premio alla carriera e addirittura un libro biografico sulla vicenda umana e professionale. Tra gli scienziati della task-force sul Coronavirus, sembra quello più interessato alla visibilità politica: era a fianco di Luigi Di Maio nella conferenza stampa alla Farnesina convocata il 27 febbraio per tranquillizzare turisti e investitori stranieri, ed era in platea pochi giorni prima all’assemblea nazionale del Pd di Nicola Zingaretti.