Nei complotti e nelle trattative che agitano la politica dietro la cortina di fumo della quarantena autoimposta causa coronavirus, ci sono sostanzialmente due punti fermi. Primo: il patto tra Matteo Salvini e Matteo Renzi per far cadere Conte e dar vita a un governo di unità nazionale esiste e va avanti. Punto secondo: la sua realizzabilità resta dubbia, soprattutto per la contrarietà del Pd da una parte e di Giorgia Meloni dall’altra. Il film di ieri fa registrare varie scene clou.
Scena numero uno. Si svolge alla Camera, quando, davanti ai cronisti convocati per l’occasione, Matteo Salvini dichiara: “La Lega c’è per accompagnare il paese al voto e fuori dal pantano”. Un’apertura al governo di unità nazionale che Renzi evocava mercoledì pomeriggio in Senato.
Scena numero due. Sergio Mattarella e il leader della Lega si incontrano al Quirinale. Nei racconti che arrivano da entrambi i protagonisti il colloquio è interlocutorio. Il leader della Lega dice al presidente che serve un rilancio dell’economia. Senza parlare né di elezioni, né di un altro esecutivo. Di fondo, dunque, un tentativo di riaccreditarsi in maniera più istituzionale. Tanto che il presidente gli può suggerire: “Un governo c’è, dategli una mano”.
Scena numero tre. A Napoli c’è il vertice italo-francese, presieduto da Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron. Per l’Italia partecipano i ministri Di Maio, Lamorgese, Franceschini, Guerini, Amendola, Bonafede, Gualtieri, Patuanelli, De Micheli, Costa, Manfredi e Azzolina. Tra un caffè da Scaturchio, una visita al Cristo velato, una foto al Vesuvio, i due firmano il Trattato del Quirinale e in una conferenza stampa a Palazzo Reale celebrano “il vertice del rilancio”. Ovvero il tentativo di andare avanti dopo i rapporti tempestosi degli ultimi mesi.
Prezioso per Conte il sostegno del presidente francese sul coronavirus. “Le frontiere restano aperte”, è il messaggio. Macron ironizza pure sulla richiesta di chiusura arrivata da Marine Le Pen (“Pare che il virus non si fermi ai confini…”) e richiama a una risposta europea, a cominciare da una maggiore flessibilità sui conti. Poi i due ribadiscono l’intenzione di “condividere le informazioni” e di non chiudere “a priori” i grandi eventi. Un Conte evidentemente sotto pressione sottolinea che più che pensare a governissimi è il caso di appoggiare con “responsabilità” quello che c’è di governo. E non si risparmia la polemica con la Lega: “Quegli stessi che ci dicevano chiedete tutto, oggi gli stanno dicendo di aprire tutto”. Sa perfettamente che se l’emergenza coronavirus sfugge ancora di mano al governo, l’esecutivo è a rischio.
Scena numero quattro. Milano, in serata Nicola Zingaretti arriva per l’aperitivo. Il messaggio è “No panic”. Il Pd non ci pensa proprio a un governo con Salvini. Per ora.
Scena numero cinque. Il flashback ci riporta a mercoledì sera, all’hotel The First Roma Dolce di via del Corso, dove si vedono i quarantenni di Forza Italia. La sintesi di ieri è di Mara Carfagna: “Il dovere di una politica seria è ammettere l’esistenza di un’emergenza economica potenzialmente molto più grave del previsto e aprire una nuova pagina di dialogo in nome dell’unità nazionale”. Se va così, i Responsabili di Conte si trasformano rapidamente in quell dei due Mattei.
Scena numero sei. È il balletto quotidiano di Renzi: dà la sua solidarietà al governatore leghista Fontana (attaccato dal resto della maggioranza per la diretta con la mascherina), poi fa smentire alla Boschi il governissimo. Ma è il suo passo di danza: avanti e indietro a ritmi ossessivi, tanto per confondere le idee.