Il legale dei Cucchi accusa: “Militare parla di pressioni”

La paura del contagio da Coronavirus non ha risparmiato il Tribunale di Roma. E così ieri, in applicazione di una circolare, il giudice monocratico ha disposto l’udienza a porte chiuse del procedimento sui presunti depistaggi dopo la morte di Stefano Cucchi, avvenuta nel 2009. Alla sola presenza delle parti interessate sono stati sentiti alcuni testimoni. Come l’appuntato Pietro Schirone, all’epoca dei fatti in servizio presso la compagnia Casilina: con un collega accompagnò Cucchi da Tor Sapienza a Piazzale Clodio per l’udienza. Schirone era stato sentito la prima volta il 30 ottobre 2009 dai pm che avevano aperto una prima inchiesta e all’epoca aveva raccontato: “Mentre si alzava con fatica dalla branda, ho avuto modo di osservare che sul viso aveva due ematomi che gli circondavano gli occhi”. Ieri Schirone ha testimoniato in aula in un processo diverso, quello sui presunti depistaggi dell’Arma: otto carabinieri sono imputati con accuse a vario titolo di falso, omessa denuncia o favoreggiamento.

Tra gli imputati, ma con la sola accusa di falsità ideologica commessa in atti pubblici, Alessandro Casarsa, nel 2009 comandante del Gruppo Roma e poi capo dei corazzieri del Quirinale (carica ora lasciata). Secondo quanto ricostruito da Fabio Anselmo, legale dei Cucchi, “in aula è successo un altro fatto incredibile: il carabiniere Schirone ha raccontato di essersi sentito messo sotto pressione da parte del colonnello Casarsa. Ha detto che Casarsa gli chiese conto delle sue dichiarazioni sullo stato di salute di Cucchi la mattina dopo l’arresto quando ai pm raccontò di averlo visto con dei lividi in volto. E in questa occasione, ricordandogli che peso potevano avere quelle dichiarazioni per l’Arma, gli chiese se avesse voluto tornare in Puglia, nella sua città. Schirone in aula ha detto: ‘Casarsa non mi ha fatto delle pressioni, ma mi sono sentito sotto pressione’”. Il riferimento è ad un incontro tra Schirone e Casarsa avvenuto molti anni fa dopo che sulla stampa erano state pubblicate le dichiarazione dell’appuntato all’autorità giudiziaria. L’avvocato Anselmo interpreta la frase di Schirone in aula come una sorta di pressione. Interpretazione non condivisa dal legale di Casarsa, l’avvocato Carlo Longari: “Credo che le frasi di Schirone – spiega Longari – siano state male interpretate. Casarsa, come confermato da Schirone, non lo ha mai pressato, limitandosi a chiedere se le dichiarazioni uscite sulla stampa fossero le stesse che l’appuntato aveva reso all’autorità giudiziaria. La domanda sul desiderio di tornare in Puglia viene letta dall’avvocato Anselmo del tutto fuori contesto in quanto segue un’ultima mia domanda nella quale chiedevo se nel corso del colloquio con Casarsa avesse parlato di altro. Peraltro il colonnello Casarsa non aveva potere circa il trasferimento dei sottoposti. Trovo che sia normale che un soggetto apicale dell’Arma di fronte a tali dichiarazioni, proprio per rispetto dell’Arma, se ne meravigli”.

Mettiamo in quarantena gli opinionisti da Covid-19

Molti si stupiscono del fatto che siamo il terzo Paese al mondo per numero di contagi. È strano, ma forse meno di quel che sembra. Metti che qualcuno abbia preso da parte il Coronavirus e gli abbia detto “In Cina vai forte, ma non ti valorizzano. Vuoi diventare una vera star dei media? Vuoi essere il cavallo di battaglia di Sgarbi, della Maglie e di Meluzzi? Vai in Italia”. Lui è arrivato a razzo e non deve essersi pentito. Il Covid-19 è il nuovo re dei vecchi salotti, tirato per la corona in tutte le direzioni, terreno di strumentalizzazione politica e di cinismo mediatico. A questo biscardismo di ritorno con il tampone al posto del supermoviolone fa eccezione Frontiere di Franco Di Mare (terza serata del lunedì, Rai1). Impostazione minimalista: in studio due soli ospiti ma mirati, sperimentali come certi farmaci (il professor Walter Ricciardi dell’Oms e il professor Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe), servizi con altri pareri autorevoli e qualche inserto divulgativo sulle epidemie del passato, stile Alberto Angela. Le (poche) certezze separate dallo tsunami delle fanfaluche. Di Mare conduce con sicurezza e tranquillità, senza metaforica mascherina né rulli di tamburo. Davvero ci vuole così poco per ottenere l’immunità alle risse, alle predizioni dell’apocalisse, alle maledizioni contro chi non sa che il Coronavirus è giusto un’influenzetta? Ma perché, tra tutte le misure di contenimento più o meno discutibili, non si sono messi in quarantena gli opinionisti?

Per salvare San Siro basta fermare l’affare Scaroni

Che fine farà lo stadio di San Siro, che i milanesi chiamano, un po’ enfaticamente, “la Scala del calcio”? Milan e Inter lo vogliono abbattere, per poter costruire uno stadio nuovo, più adatto al nuovo business dello sport. E soprattutto per poterci costruire attorno, grazie alla legge sugli stadi, un sacco di roba che con lo stadio non c’entra niente: quasi 300 mila metri quadrati di cemento, 180 mila metri quadrati di spazi commerciali, 66 mila di uffici, 15 mila di hotel, 13 mila per intrattenimento, 5 mila di spazio fitness, 4 mila di centro congressi. Ora la rivista online ArcipelagoMilano, diretta da Luca Beltrami Gadola, ha lanciato una petizione diretta al sindaco Giuseppe Sala e al Comune di Milano: non abbattete il vecchio stadio Meazza. “Sei mai stato a San Siro? A vedere la partita? A sentire un concerto? Se lo buttano giù non potrai più andarci”.

Così inizia la petizione, che si può firmare su change.org. “Lo stadio di San Siro, soprannominato la Scala del calcio, intitolato al grande calciatore Giuseppe Meazza, è uno degli stadi più conosciuti a livello mondiale, oltre a essere il più grande d’Italia con 75.923 posti. Il prestigioso quotidiano britannico The Times lo ha inserito al secondo posto nella classifica degli stadi più belli al mondo. Secondo i risultati di un’analisi condotta da Camera di commercio e Università degli studi di Milano nel 2014, il Meazza rappresenta uno dei massimi simboli della città dopo il Duomo. È uno dei quattro stadi italiani, con Allianz Stadium, Olimpico Grande Torino e Olimpico di Roma a rientrare nella categoria 4 Uefa di maggior livello tecnico. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che fin dall’inizio aveva preteso che il Meazza non venisse demolito, sembra aver accettato la proposta di Inter e Milan che, esclusivamente per far quadrare i loro bilanci, vogliono realizzare un nuovo stadio, deturpando il Meazza. Lo stadio, così ridotto, diventerebbe un rudere circondato da altissimi edifici, che non c’entrano con lo sport, senza alcuna possibilità di poter celebrare la grande storia del calcio che si è svolta, per quasi un secolo, nel Meazza. Impediamo che lo stadio Meazza venga distrutto: firma e condividi”.

Così la petizione anti-demolizione. Non è solo amore, o nostalgia, per il vecchio Meazza. Nell’operazione di Milan e Inter lo stadio e il calcio c’entrano poco, anzi niente. È una operazione immobiliare fatta approfittando della legge sugli stadi che permette di raddoppiare gli standard urbanistici e di riempire di cemento, con la scusa dello stadio, l’area del Meazza.

Il presidente del Milan (nonché imputato di corruzione internazionale) Paolo Scaroni, che guida la società per conto di un grande (e sostanzialmente anonimo) fondo americano, ha detto il club ha bisogno urgente di un nuovo stadio. In realtà, dopo una opacissima operazione di vendita da Silvio Berlusconi a un cinese strano strano, ha bisogno di far soldi. Non con lo stadio, ma con gli uffici e alberghi e spazi commerciali che ci vuole edificare attorno. Strano strano anche il comportamento del sindaco Sala. Prima tentenna, sperando che a decidere sia il Consiglio comunale, cavandogli le castagne dal fuoco. Poi decide di sì, dichiarando la “pubblica utilità” dell’operazione, e facendo così scattare la legge sugli stadi che permette a Milan e Inter di raddoppiare l’indice di edificazione di 0,35 appena stabilito per tutti gli altri operatori in città. Poi dice però che il cemento proposto dai due club è troppo e si deve ridurre: ma sa bene che una volta scattata la legge sugli stadi, c’è poco da ridurre. La verità è che due stadi vicini sono economicamente ingestibili. Dunque l’unico modo per salvare il Meazza è bloccare l’operazione Scaroni.

Beppe, convoca un’assemblea con i cittadini

Caro Beppe, diversi giorni fa hai pubblicato sul tuo blog un post che ha catturato la nostra attenzione: nel tuo articolo “Il re dei Ratti” hai acceso i riflettori sull’urgenza di rinnovare la nostra democrazia, l’unica seria attività umana tagliata fuori dall’innovazione, sperimentando così nuovi modelli basati sul sorteggio dei cittadini. La tua proposta non poteva che trovarci d’accordo, e come gruppo di cittadini e attivisti abbiamo un messaggio per te. Il 20 dicembre scorso, abbiamo depositato presso la Corte di Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare che va proprio nella direzione che hai descritto nell’articolo: superare la crisi della democrazia rappresentativa elettiva, affidando il dibattito sulle grandi sfide del nostro tempo a un’Assemblea di cittadini estratti a sorte in modo da rappresentare l’intera popolazione.

È il modello delle Citizens’ Assembly, che da oltre un decennio si moltiplicano in tutto il mondo: cittadini sorteggiati in base a specifici criteri, che col supporto di esperti studiano, dibattono e decidono su questioni di interesse generale, dove la politica elettorale non riesce a dare soluzioni adeguate. Se vogliamo realizzare il nostro comune obiettivo di portare questo modello di democrazia in Italia, una strada c’è, e abbiamo cominciato a tracciarla. Il primo grande tema su cui chiediamo di convocare un’Assemblea dei Cittadini è quello dell’ambiente: sul modello di Francia e Gran Bretagna, vogliamo che la prima assemblea dei cittadini si concentri proprio sulle misure da intraprendere contro la crisi climatica, l’emergenza su cui occorre intervenire subito. Abbiamo costituito un Comitato Promotore di cittadini per la democrazia a sorte, dopo aver organizzato a luglio scorso un seminario a Roma con alcuni tra i massimi esperti e attivatori di Citizens’ Assembly in Europa, tra cui l’associazione G1000, che citi nel tuo blog. C’erano, infatti, la leader belga Cato Léonard, il politologo David Leonard, ideatore delle assemblee che in Irlanda hanno permesso di legalizzare l’aborto e i matrimoni egualitari. Gli atti del seminario sono raccolti nel libretto Citizens’ Assembly, una risposta alla crisi della democrazia elettorale, disponibile gratuitamente online come contributo di conoscenza e approfondimento per tutti i cittadini. Facendo tesoro di questa esperienza e prendendo ispirazione dalle migliori pratiche internazionali, abbiamo redatto e depositato in Cassazione la nostra proposta di legge di iniziativa popolare. Oggi stiamo preparando la campagna insieme al mondo degli attivisti per l’ambiente: alcuni strikers di Fridays for Future e attivisti di Extinction Rebellion si sono uniti alla proposta e organizzeranno i primi banchetti di raccolta firme in tutta Italia con noi a partire dal mese di marzo. Ciliegina sulla torta, questa proposta di legge ha anche raccolto l’appoggio di David van Reybrouck, tra i fondatori del G1000 e autore del best-seller internazionale Contro le elezioni. Insomma Beppe, cosa ne diresti di dare attraverso il tuo blog aiuto e supporto per far conoscere questa proposta di legge? O meglio ancora, diventare insieme a noi uno dei promotori di una grande campagna popolare per l’introduzione delle Assemblee dei Cittadini? La strada è chiara: uno strumento di democrazia diretta come le leggi di iniziativa popolare per introdurre nuove forme di esercizio della sovranità popolare, basate sulla sorte. Proviamoci!

Marco Cappato
Elisabetta Confaloni – Extinction Rebellion Roma
Virginia Fiume – Eumans
Lorenzo Mineo – Democrazia Radicale
Leonardo Monaco – Certi Diritti
Samuele Nannoni – Oderal
prof. Alessandro Pluchino
prof. Andrea Rapisarda
Mario Staderini
Francesca Travaglino – Fridays For Future Roma

Prescrizione, tutti cretini pure nell’Ue?

Chiunque abbia osato sostenere la legge (entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno) che ha finalmente stabilito che anche nel nostro ordinamento la prescrizione, invece di essere infinita, deve a un certo punto interrompersi, ha “assaggiato” – in un modo o nell’altro – un orgiastico sabba di insulti, dileggi, imprecazioni, scomuniche, anatemi e previsioni catastrofiche che è andato oltre i confini del buon senso. In particolare a opera di coloro che hanno appioppato a chi fosse di contrario avviso etichette infamanti come manettaro o forcaiolo, oltre a quella piuttosto consunta di giustizialista. Con il sostegno di quanti, fregandosene dei profili tecnici della questione, ne han fatto un cavallo di Troia tutto politico per scardinare le opposte fazioni.

Per fortuna, decibel e toni da stadio dovrebbero decisamente calare a fronte del “Rapporto sull’Italia“ approvato ieri dalla Commissione europea. Dove si legge che la riforma della prescrizione (in Italia riforma Bonafede) é “benvenuta”. Anche perché “in linea con una raccomandazione specifica” al nostro Paese che l’Europa aveva formulato da tempo. Parole chiare e univoche, che sarà persino opportuno comunicare con qualche cautela – per evitare un eccessivo sbigottimento – a chi aveva parlato di bomba atomica (qui il “paziente zero” è ben conosciuto…), vergogna per lo Stato di diritto, barbarie e via salmodiando. Tanto più che la Commissione europea esprime un giudizio positivo – con qualche riserva – pure sulla legge “spazza-corrotti” (anch’essa targata “Bonafede”) e in generale sulla lotta alla corruzione, “che sta migliorando”. Nello stesso tempo la Commissione – che così ci guadagna in affidabilità – non fa sconti: sia sul piano civile (il contenzioso viene giudicato troppo lungo, tale da “allontanare gli imprenditori e gli investimenti stranieri”); sia su quello penale, dove è “necessaria una riforma” con misure capaci di aumentare l’efficienza del processo, soprattutto nel grado d’appello. Misure che il “Rapporto” esemplifica parlando di: revisione delle notifiche; ampliamento delle procedure semplificate; limitazione della possibilità di fare appello; introduzione del giudice unico nel secondo grado; ricorso più ampio agli strumenti elettronici; semplificazione delle regole sulle prove. Direttive che, in percentuale ragguardevole, collimano con le linee guida del “disegno di legge recante deleghe al governo per l’efficienza del processo penale”.

Dunque, di nuovo un brutto rospo da digerire per certe cassandre italiche, salvo ipotizzare un “concorso esterno” dell’Europa col nostro Guardasigilli… Verso il quale, del resto, il “Rapporto” esprime critiche anche sul versante penale, là dove – suggerendo di monitorarne attentamente l’impatto – mostra in sostanza di non apprezzare l’introduzione di sanzioni disciplinari per i giudici che non rispettino i tempi fissati per le varie fasi del processo. Per concludere con una provocazione, si può sperare che siano irreversibilmente tramontati in Italia (con la “spazza-corrotti” e la riforma della prescrizione, grazie anche all’apprezzamento europeo) i tempi di Francesco Crispi secondo il racconto di Sebastiano Vassalli nel romanzo L’italiano. Rievocando lo scandalo del Banco di Napoli e l’interrogatorio del Giudice istruttore di Bologna Alfredo Balestri, Vassalli attribuisce a Crispi questi pensieri: forte della certezza che il denaro è il motore del mondo, egli reagì pensando che “quell’ometto sussiegoso che gli stava davanti e pretendeva da lui che gli rendesse conto di ogni singola operazione di banca e di ogni prestanome, era soltanto un cretino”. Un cretino perché si illudeva che “la politica interna ed estera in una nazione moderna potesse farsi senza quattrini e senza infamia, soltanto con l’onestà. Ci voleva ben altro: la mafia, la massoneria, i brogli elettorali, la corruzione”. Ecco, di “cretini” così, di persone che non ci stanno a convivere né con la mafia né con la corruzione, c’è ancora bisogno oggi. Tanto bisogno. Le leggi di cui abbiamo parlato danno una mano a chi vuol essere sempre più… “cretino”. Perciò diciamo, come l’Europa, benvenute! A rischio di urtare la suscettibilità di quei sedicenti garantisti che col garantismo vero ci litigano, perché preferiscono di gran lunga quello tarocco. Cioè il garantismo “strumentale”, diretto a disarmare la magistratura di fronte al potere di chi può e conta; oppure “selettivo”, disposto a graduare le regole a seconda dello status sociale dell’interessato di turno. Dimenticando che il garantismo doc, o è veicolo di uguaglianza (e non di sopraffazione e privilegio), o semplicemente non è.

Mail box

 

Grande attesa per Bergoglio nella Terra dei Fuochi

Gentile Direttore, Papa Francesco tornerà di nuovo in Campania, questa volta per confortare i residenti della cosiddetta Terra dei Fuochi, territorio malato compreso tra le province di Napoli e Caserta. Si fermerà ad Acerra, ove vi è un grosso inceneritore, che lavora i rifiuti provenienti da quasi tutta la Campania, che vide contrario l’allora famoso Vescovo di Acerra, Don Riboldi con le sue battaglie. Il Papa sarà accolto dall’attuale parroco di Acerra, Don Patriciello, noto per le sue battaglie a difesa del territorio. Sono decenni che quelle terre – una volta fiore all’occhiello dell’Agricoltura di tutta la Regione – furono abbandonate dagli Agricoltori, che preferirono un facile, grosso guadagno all’umile e poco redditizio lavoro agricolo. Tutti preferirono non sentire le lamentele di qualche onesto cittadino. Le Istituzione, Enti e Associazioni non sentirono, non videro, non intervennero. Solo dopo decenni, si è reso conto della gravità della situazione sanitaria, causa decessi e gravi malattie. Cosa potrà fare ora il nostro Papa Francesco, nessuno lo sa. Tutti, però, sperano in un suo intervento miracoloso. Noi del Centro Aiuto alla Vita (C.a.v.) del Movimento della Vita, organizzazione molto vicina alla Conferenza dei Vescovi, speriamo di sì. Papa e sacerdoti, unici a denunziare da anni questo scandalo, potranno smuovere le coscienze di chi sinora non ha ritenuto operare, preferendo imitare – ancora una volta – Ponzio Pilato.

Mario De Florio – Presidente C.a.v.

 

Coronavirus, scene grottesche da psicosi collettiva

In questi giorni di allarme generale qui in Italia, a causa del Coronavirus, sto assistendo a scene paradossali e grottesche. Una sorta di psicosi semi-collettiva. Dando un quadro generale, alquanto preoccupante, della popolazione, i supermercati presi d’assalto sono un sintomo molto chiaro anche se, ad ora, mi sfugge ancora il reale motivo. Forse la paura di una quarantena imposta con cecchini pronti ad eliminare chiunque si riversi in strada? Ho assistito in diretta ad una di queste razzie in un supermarket con infinite code alle casse e le uscite di sicurezza spalancate, e sono come tornato al 1978, quando vi fu l’anteprima, al cinema, di “Zombi” di George Romero. È stato bellissimo e commovente.

Ma purtroppo i cinema ora sono chiusi e questo si che è un vero dramma. Con questo non voglio sottostimare il problema epidemiologico che ha causato purtroppo numerosi decessi, soprattutto in Cina, però la paura infondata rimane un morbo per il quale non vi sarà mai vaccino, così come la scarsa conoscenza. Mi ha realmente sorpreso come la maggior parte della popolazione, riesca a farsi facilmente spaventare e manipolare.

Cristian Carbognani

 

Possibili misure salvacrisi, si metta in affitto il Colosseo

Gentile Direttore, anni fa il leghista Giancarlo Pagliarini propose di vendere il Colosseo e giustamente fu preso a pernacchie; recentemente Marcello Sorgi ha pubblicato con Bompiani “Colosseo vendesi” tanto per far ridere, ma credo che nessuno abbia preso in considerazione l’idea di affittare il Colosseo per un lungo periodo (minimo 50 anni?) a uno di quei geni che riescono a guadagnare decine di miliardi di dollari l’anno.

Un tipo come Jeff Bezos (che in pochi anni ha accumulato 133 miliardi), per esempio, potrebbe ritenere interessante passare alla storia come l’uomo che ha gestito per 50 anni il Colosseo di Roma. Uno così riuscirebbe anche a guadagnarci con una simile idea, tenuto conto che la suite più lussuosa al mondo costa 63.000 euro a notte, in Svizzera.

Penso che sia ragionevole far sapere ai Paperon de’ Paperoni di tutto il mondo, che potrebbero affittare il Colosseo per 50 anni a 100 miliardi di dollari.

Cosa ci costa aprire un’asta per vedere se c’è qualcuno che ama l’Italia fino al punto di tirarla fuori dalla crisi, almeno per una dozzina di anni?

Angelo Casamassima Annovi

 

Di Battista, un reportage interessante sulla vita in Iran

Certo, anche a me piacerebbe un Alessandro Di Battista più presente nella nostra politica, ma lo devo ringraziare per il bel reportage sull’Iran di martedì scorso. Sono molto interessata al cinema coreano, cinese e giapponese, che ultimamente ha prodotto bellissimi film come “Una separazione” di Asghar Farhadi del 2011, con uno spaccato della popolazione sorprendente. Ma ero rimasta molto curiosa di sapere come si vivesse oggi in Iran.

A rompere l’assoluto silenzio dell’informazione e a raccontarlo è stato Alessandro, con il vero giornalismo, complimenti.

Mara Molè

5G “Non è pericoloso. Stop allarmismi”. “La scienza è divisa: servono nuovi dati”

Caro Direttore, le scrivo in riferimento all’articolo 5G, l’allarme arriva dall’Europa, a firma di Nicola Borzi, pubblicato lo scorso 17 febbraio sul suo quotidiano. Diversamente da quanto si evince nel pezzo, le conoscenze dell’impatto delle onde elettromagnetiche sull’uomo sono ampiamente note nella comunità scientifica, come le onde millimetriche di cui fa uso il 5G. È errato presupporre che si stia parlando di una tecnologia mai studiata, perché gli effetti per la salute non dipendono dalla tecnologia di trasmissione radio 5G, 4G o 3G, ma dal livello di esposizione ai campi elettromagnetici, che è vincolato dalle leggi nazionali. Ci tengo a ricordare che i limiti delle potenze sono stabiliti da Icnirp (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection) a livello internazionale, 50 volte sotto la soglia di rischio e in Italia dalle norme di legge, 5.000 volte sotto la soglia di rischio, ovvero in tutti i casi con margini ben superiori a quelli stabiliti in via di precauzione al livello europeo. Quindi gli effetti del 5G non sono pericolosi, come non lo sono quelli delle tecnologie radio delle generazioni precedenti. La priorità degli organismi internazionali è in ogni caso la tutela massima della salute delle persone. Quando lo Iarc, nel 2011, ha inserito i campi a radiofrequenza nel gruppo 2B tra gli agenti “possibilmente cancerogeni”, si è basato su una conoscenza epidemiologica, relativa al glioma e al neuroma acustico, definita “limitata”. Nella recente pubblicazione dell’Iss (del luglio 2019, “Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche”) si ribadisce che non emergono nuovi elementi che possano suscitare motivi di preoccupazione sugli effetti a lungo termine e che i principi adottati per proteggere la popolazione a livello internazionale sono validi. In ultimo, vorrei chiarire quanto scritto sullo Scheer. L’organismo Ue ha confermato nel 2015 le conclusioni del suo antesignano Scenihr, affermando: “I risultati della ricerca scientifica a oggi disponibili indicano che non esistono effetti nocivi sulla salute se l’esposizione rimane al di sotto dei livelli raccomandati dalla legislazione comunitaria”.
Umberto Minopoli

 

Gentile Minopoli, l’articolo riporta chiaramente la divisione nella comunità scientifica tra chi sostiene la prevalenza assoluta del principio di precauzione e chi difende invece le Tlc in assenza di prove sanitarie avverse, posizioni opposte pubblicate anche da prestigiose riviste scientifiche. In ogni caso, il Centro studi del Parlamento europeo sottolinea la richiesta inevasa alla Commissione Ue di rivedere le norme sanitarie sui campi elettromagnetici (Emf), basate su informazioni e ricerche molto datate: la raccomandazione Ue sull’esposizione del pubblico agli Emf è del 1999 e si basa su dati Icnirp del 1998, i limiti per gli addetti sono regolati da una direttiva Ue del 2004 rivista nel 2013, basati su dati di Icnirp solo per basse frequenze del 2010. Ogni posizione scientifica si riferisce ai dati “a oggi disponibili”: ecco perché, come riportato nel mio articolo, il Centro studi del Parlamento europeo, invocando il principio di precauzione, chiede appunto nuovi studi e dati più aggiornati.
Nicola Borzi

La strana logica di Musumeci

Non ce la fanno, è più forte di loro. Sempre la stessa, meschina strategia: sfruttare il coronavirus per chiudere i porti; cavalcare il panico sanitario e mescolarlo con la paura dei migranti. Questo salto mortale della logica, classicamente adottato dai leghisti, ieri è stato riproposto nella stessa formula dal presidente della Regione Siciliana, il “meloniano” Nello Musumeci. Vista la crisi del Corona – l’argomento dell’ex missino – non possiamo far sbarcare i migranti africani in Sicilia. Una richiesta formale al governo: “Faccio appello al presidente Conte – ha dichiarato Musumeci –: dal governo regionale siciliano è arrivato finora un responsabile atteggiamento rispetto alla gestione unitaria di questa emergenza. Ma serve reciprocità. In un contesto di allarme come quello attuale, suona come una sfida al popolo siciliano pensare di fare sbarcare altri 194 migranti in Sicilia. Una quarantena a bordo è indispensabile oppure si diriga in altri porti”. Insomma per Musumeci il Coronavirus cinese e i disperati africani della Sea Watch “pari sono”. Visto che la Sicilia ha avuto un “responsabile atteggiamento” nel contenere il virus, in cambio pretende il diritto di chiudere i porti. Il salto logico è difficilmente spiegabile, il premio “sciacallo del giorno” è suo.

Pure mamma Rai scrocca i giornali

Per carità: da tempo ci si augura un taglio delle spese inutili dentro la Rai. Sprechi, stipendi folli, collaborazioni inutili, tutto quel che ingrassa la cara vecchia tv pubblica. Pure su queste colonne non ci siamo certo astenuti in merito, ma mai avremmo osato immaginare che Viale Mazzini avesse in realtà già fatto passi da gigante. A spese nostre. La segnalazione via Twitter arriva da Loris Cantarelli e la scena si riferisce alla consueta rassegna stampa mattutina di Rainews. Scorrono i giornali e d’improvviso ecco una banda nera: “What is Avaxhome?”. Già, cos’è Avaxhome? Trattasi di sito Internet che ogni giorno “offre” libri e quotidiani piratati. A costo zero. Ottimo per i furbetti che vogliono scaricarsi i giornali, pessimo per le testate. Ora, però, la questione è una: passino i soliti ignoti, ma pure Mamma Rai deve farsi la rassegna a scrocco?

Nuovi “Amici” per le Sardine: l’ultima piazza è su Canale 5

Basta con le piazze, non è più stagione di assembramenti. Meglio uno studio tv, di quelli dove rilanciare il movimento con un formidabile rimbalzo mediatico, in vista dell’assemblea di Scampia a marzo. Ecco a voi le Sardine: il leader Mattia Santori, la responsabile del Sud Jasmine Cristallo e il portavoce Lorenzo Donnoli saranno domani sera in diretta su Canale 5 per la prima puntata di Amici 19. Protagonisti (con tanto di claque di 40 seguaci) di un intervento “contro l’odio” il cui contenuto Maria De Filippi giura di ignorare. Spiegano i tre: “Abbiamo accettato per lanciare un messaggio ai tanti ragazzi che seguono il programma. Il confronto con un pubblico il più ampio possibile è sempre stato nel nostro Dna. La dimensione politica delle Sardine non può e non deve essere snob, evitando il rischio, questo sì reale, di chiudersi in una comfort zone in cui parlare tra pochi o di strumentalizzare ogni argomento per trasformarlo in quel populismo che invece siamo nati per combattere”. Non solo: “Siamo stati nelle piazze un tempo solo appannaggio delle urla indistinte del populismo più spietato. Poi abbiamo detto di essere anticorpi. E così abbiamo iniziato ad inoculare vaccini di democrazia e buone ragioni nei corpi e nelle menti che in ogni città abbiamo incontrato, smontando rabbie e frustazioni. Andiamo ad Amici pronti a raccogliere i vostri consigli e i vostri appelli alla cautela. Ma non etichettiamo tutti perché contro gli stereotipi siamo nati”.

Pronti, dunque, per il cruciale endorsement defilippiano, in un talent che non è mai stato solo gridolini e idolatria, men che meno oggi in cui la discografia affonda sotto il peso di una crisi strutturale, e il coronavirus a infliggere un colpo di maglio con la cancellazione di eventi live. Maria sa che, in barba ai dieci speranzosi artisti in gara, i protagonisti della primissima (di nove puntate) di “Amici 19” sono Santori & C. Alla domanda del Fatto sull’eventuale necessità di riequilibrare la presenza del trio con oratori di segno opposto nei round successivi, la De Filippi ha sottolineato che non pensa “di dare una connotazione politica invitando le Sardine. Loro non sono un partito. La scelta è nata da quello che dicono, mi ha fatto piacere che abbiano accettato perché non li ho visti in molti programmi e questo mi piace. Salvini? No. Però se qualcuno che vota Lega vuol venire a parlare di valori per i ragazzi, sarà il benvenuto”.

C’è da scommettere che qualcuno tenterà di accodarsi. Anche se la conduttrice rivendica la volontà di non aver “mai fatto di Amici un format per il consenso social”, i numeri parlano di centinaia di milioni di interazioni sul web, mentre sul versante tv è stata la stessa Mediaset (“con Pier Silvio c’è un rapporto della massima fiducia, mentre dalla rete mi aspetterei un grazie”, precisa lei) a pregarla di anticipare l’inizio dello show: tre puntate al venerdì (contro la Corrida dell’amico Conti), nel menu le telefonate a schema libero della Littizzetto (“come Fiorello a Sanremo con me”), una giuria con Incontrada, Berté e il producer Gabry Ponte più il “commentatore” Tommaso Paradiso, il “Var” con il maestro Vessicchio, Albano e Romina ospiti fissi a farsi perculare dai concorrenti, quindi il ritorno al tradizionale sabato sera, comprese le tre puntate conclusive con “maxi festa di gara tra cantanti e ballerini già famosi”. Figurarsi se qualche papavero non busserà alla porta di Maria. Come fece Renzi nel 2013, da sindaco di Firenze, pre-rottamatore del Pd bersaniano: il chiodo alla Fonzie divenne un must fetish, per non dire del suo “Non mollate mai ragazzi” che manco Steve Jobs. Alla vigilia della finale di Amici 2015, da premier post-lettiano, Matteo carezzò l’idea, poi accantonata, di una comparsata-bis: c’era da riverniciare il new style dopo il flop in Liguria, la Paita surclassata da Toti.

Sì, dalla De Filippi si giocano destini: come sa Ale Di Battista, che nel 2004, fresco di laurea al Dams, si presentò al talent, stonato come una campana. Fu apprezzato nella categoria “attori”, ma fallì in vista dell’alloro. Però chi non sbaglia? Chiedere alla stessa Maria: anni fa fece provinare il debuttante Ultimo: che fu bocciato. Prima di Sanremo e del Circo Massimo.