La Procura egiziana di Mansoura ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Patrick George Zaki, ma lo studente non si dà per vinto e in cella continua a prepararsi per sostenere un esame a marzo. Durante l’ultima visita alla stazione di polizia dove è recluso il fratello, la sorella Marise gli ha fatto avere uno dei libri previsti dal piano di studi Erasmus all’università di Bologna. Si tratta del volume di Victoria De Grazia Le donne nel regime fascista: 1922-1945.
La polizia ha concesso a Patrick George di ricevere libri, ma non i quotidiani e altro materiale informativo: “Eravamo convinti che mio fratello sarebbe stato liberato – ammette sconsolata Marise Zaki. C’era fiducia, anche da parte degli avvocati, pensavamo tutti che la pressione di queste due settimane, prodotta soprattutto dall’Italia, potesse portare ad una soluzione positiva. Patrick è seriamente preoccupato, non tanto per il suo caso, per il processo, quanto per non poter seguire i corsi di studio in Italia. Quel programma Erasmus per lui è l’occasione della vita”.
Ieri mattina Zaki è rimasto nell’aula del tribunale per meno di dieci minuti. Il tempo di scambiare gli sguardi e due parole coi gli avvocati e il leader dell’ong di cui Zaki è attivista, l’Eipr di Gasser Abdel Razek, sentirsi respingere l’istanza di scarcerazione ed essere ricondotto alla stazione di polizia di Talkha, cittadina a 20 chilometri da Mansoura, dove è rinchiuso da giovedì scorso.
I familiari di Zaki, i genitori e la sorella minore, non sono stati ammessi in aula: “Patrick ha detto al giudice che vuole tornare in Italia per studiare – è il commento dei suoi avvocati, Wael Ghali e Hoda Nasrallah. Fisicamente sta bene, ma è spaventato e nervoso. Ci aspettavamo fosse rilasciato su cauzione, adesso aspettiamo l’udienza di sabato prossimo (22 febbraio, ndr) in cui il giudice deciderà se concedere altri 15 giorni di proroga della misura cautelare per un supplemento di indagine. Non abbiamo dovuto aspettare alcuna motivazione, si trattava di accordare o respingere la richiesta di scarcerazione depositata nei giorni scorsi. Rispetto ai primi due giorni, Patrick non ha più denunciato o lamentato violenze, percosse, minacce o addirittura torture da parte della polizia egiziana durante la detenzione”.
All’udienza di ieri mattina, come confermato dall’Eipr, erano presenti, in veste di osservatori, rappresentanti dell’Ambasciata d’Italia in Egitto e dell’Unione Europea. Le accuse nei confronti dello studente dell’Università di Bologna sono gravi e partono dalla diffusione di notizie false tese a turbare la pace sociale, incitare a manifestazioni non autorizzate, mettendo in pericolo la sicurezza nazionale dell’Egitto. Il suo caso è una specie di giustizia a orologeria. Le autorità egiziane, infatti, hanno preso spunto da alcuni post pubblicati da Zaki sui social nel periodo in cui stava seguendo i corsi del primo semestre a Bologna.
Siamo a fine settembre 2019, quando l’incitamento alla sollevazione lanciato da Mohamed Ali, ex attore ed imprenditore esiliato in Spagna, ha prodotto forti proteste di piazza. Al suo ritorno in Egitto dall’Italia per la prima volta dall’agosto scorso, il 7 febbraio Patrick George è stato fermato e fatto sparire per un giorno. La decisione del procuratore di Mansoura non è stata presa bene in Italia: “Se sono bastati dieci minuti per confermare la volontà di perseguire il giovane ricercatore, sulle autorità egiziane si apre un interrogativo allarmante. A questo punto diventa improrogabile l’audizione di Amnesty International in Commissione martedì prossimo” ha sottolineato la senatrice del M5S Michela Montevecchi, membro della Commissione straordinaria sui Diritti Umani.