Accolti come i salvatori della patria aerea, gli arabi di Etihad planarono a Fiumicino da Abu Dhabi con intenzioni assai diverse e a Fiumicino trovarono terreno fertile per realizzarle. Quali fossero queste intenzioni lo spiegano nel dettaglio e con precisione i magistrati della Procura della Repubblica di Civitavecchia. Secondo la ricostruzione dei magistrati, all’Alitalia già allo stremo gli arabi non portarono sangue fresco per permettere alla compagnia di tornare a volare con profitto. Il sangue ad Alitalia gli arabi lo succhiarono. E invece di ricevere una reazione di rigetto, a Fiumicino trovarono gente disposta a offrire generosamente il collo, gli amministratori e i dirigenti assisi nei piani alti. Ovviamente anche la politica ci mise del suo e tutto ciò che è successo poi, compreso il fallimento della compagnia del 2 maggio 2017, forse sarebbe stato evitato se il governo allora guidato da Matteo Renzi non avesse fatto capire a tutti quanti che avevano carta bianca.
Tra italiani e arabi o rappresentanti degli arabi sono 21 le persone a cui è stata notificata ieri mattina un’informazione di garanzia. L’indagine chiusa dai magistrati riguarda solo il periodo “arabo” di Alitalia, quando Etihad con il 49 per cento della compagnia e gli hurrà generali diventò subito padrona, assumendo un ruolo improprio. Ruolo anomalo messo in evidenza con una serie di dettagliati esempi dai magistrati, ma che allora non fu mai notificato dagli interessati all’ente di controllo Enac, in violazione delle norme internazionali sul trasporto aereo.
Attualmente sono in corso altri tre filoni di indagine: il primo interessa la cassa integrazione che sarebbe stata indebitamente imposta in questi ultimi anni ai dipendenti dell’area volo e a quelli di terra nonostante non ce ne fosse effettiva necessità, come segnalato con numerosi esposti dal segretario Cub Antonio Amoroso. Il secondo filone riguarda il periodo del commissariamento della compagnia da maggio 2017 a oggi. Il terzo filone di indagine è concentrato sull’aereo voluto fortemente dall’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e affittato allo Stato italiano da Etihad tramite Alitalia a un prezzo 26 volte superiore a quello di mercato. Questi filoni di indagine, compreso quello chiuso ieri, hanno preso spunto in particolare dalle analisi del manager aeronautico Gaetano Intrieri, poi diventato consulente dell’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli.
Dai preziosissimi slot (diritti di decollo e atterraggio) di Heathrow a Londra alla strampalata cessione di Alitalia Loyalty, dall’adozione forzata del sistema di prenotazione Sabre fino all’affidamento dei voli regionali alla compagnia Darwin di Etihad, i magistrati hanno messo in fila gli episodi salienti di quella stagione. La storia delle 5 coppie di slot a Londra è paradossale. Ceduti da Alitalia a Etihad a un prezzo di molto inferiore a quello vero di mercato, 60 milioni di euro in totale mentre nello stesso periodo Air France aveva venduto una sola coppia di slot a Oman Air per 61 milioni di euro. Con Alitalia Loyalty (il programma di fidelizzazione) è successo qualcosa di simile: anche qui, come si evince dalle carte, il valore di mercato era superiore a quello di bilancio (peraltro poi falsamente abbassato per far risultare una falsa plusvalenza) e – scrivono i pm – nel 2014 la controllata “aveva confermato la sua capacità di generare reddito” con un utile netto di quasi 8 milioni (+40%) e facendo segnare un incremento dei soci arrivati a 4,6 milioni in tutto.
Anche con Sabre agli arabi è stato consentito di fare la parte del leone. Alitalia aveva un suo sistema di prenotazione che si chiamava Amadeus, che forse avrebbe avuto bisogno di aggiornamenti, ma che invece fu messo sbrigativamente da parte a favore del Sabre di Etihad nonostante, secondo i magistrati, quest’ultimo fosse “meno funzionale e più costoso rispetto alle previsioni” e per implementarlo Alitalia abbia dovuto sostenere altri “ingenti costi”.
Pure sui voli regionali si è ripetuta la stessa scena con Alitalia succube e Etihad che spadroneggia: Alitalia dovette allontanare la compagnia Mistral che apparteneva al suo azionista Poste dovendo pure far fronte a una richiesta di risarcimento di oltre 11 milioni per far posto a Darwin-Etihad Regional che offriva un servizio più costoso di 3,5 milioni rispetto al precedente ed era per di più aggravato da un oneroso contratto di manutenzione e di servizi di posizionamento degli aerei.
Questo senza contare che il settore dei voli regionali si stava già progressivamente ridimensionando perché ritenuto non più profittevole, al punto che, ad esempio, era già prevista la cancellazione da inizio 2015 delle rotte Napoli-Fiumicino e Pisa-Fiumicino. Altrettanto irragionevole fu il contratto per i voli da Venezia e Genova verso Ginevra: Alitalia ha dovuto garantire comunque a Etihad il pagamento dell’80 per cento dei posti pur sapendo che quei voli erano sempre semi-vuoti. Simile, ma garantendo al contrario assurdi vantaggi alla compagnia emiratina nella vendita dei biglietti, è il caso dei voli da Roma, Milano e Venezia per Abu Dhabi. Accordi capestro che hanno causato “perdite pari a circa 44 milioni di euro”.