Un po’ come fare il gioco dell’oca e tornare alla casella di partenza. Ecco che cosa sta succedendo a 50 facchini egiziani dei magazzini romani di Zara, il marchio spagnolo di abbigliamento. A settembre 2019 – dopo vari scioperi, e pure qualche botta presa dai vigilanti privati durante le manifestazioni – avevano finalmente ottenuto i loro diritti: il corretto contratto di lavoro, il giusto compenso e un risarcimento per le irregolarità degli anni precedenti. In questi giorni, a soli cinque mesi da quella conquista, hanno però di nuovo perso (quasi) tutto. Zara, infatti, ha deciso di chiudere l’appalto con la cooperativa che li aveva assunti e ora questi addetti saranno riassorbiti solo tramite la Manpower, agenzia di somministrazione. Diventeranno quindi interinali, con meno stabilità e peggiori condizioni, raccontano dal sindacato SiCobas.
Finora, come detto, queste persone non erano dipendenti diretti di Zara, ma di una coop appartenente al gruppo Faro, affidataria della logistica per i punti vendita della Capitale. Pratica molto frequente nel commercio, con le grandi imprese che non gestiscono quasi mai direttamente le attività di magazzino, ma le esternalizzano a cooperative multi-servizi. E spesso in questa filiera si nascondono condizioni di lavoro non proprio a norma. La galassia che gravita attorno a Zara, marchio di moda dai prezzi accessibili, non è stata da meno. Nel corso di questi ultimi anni, nel polo di Castel Giubileo (Roma) sono state segnalate situazioni oltre i limiti: turni da 12 ore al giorno, con straordinari non inseriti in busta paga, tredicesime non versate, ferie non godute.
La battaglia dei lavoratori è stata dura e il 5 marzo, durante un presidio davanti al capannone, hanno subito un’aggressione della vigilanza privata con bastoni e pistole taser. Se la sono cavata con qualche frattura alle dita o abrasioni. Zara si è dissociata dall’intervento, mentre la cooperativa ha spiegato che si trattava di professionisti della sicurezza e che quindi sapevano come sgomberare quella che loro ritenevano “un’occupazione” minimizzando i danni alle persone. Fatto sta che dopo l’episodio i lavoratori sono usciti vincitori dalle trattative: sono stati inquadrati nel giusto livello del contratto della logistica e hanno avuto un risarcimento in cambio della rinuncia a cause di lavoro. La vittoria, però, è durata poco. Pochi giorni fa Zara ha detto di voler disdire il contratto con il Faro. La nuova organizzazione prevede il passaggio dei lavoratori alla Manpower, che li assumerà in staff leasing e poi fornirà la manodopera a Zara. Così l’azienda otterrà la massima flessibilità: quando ne avrà bisogno, potrà chiedere ai facchini di lavorare; quando questi non saranno necessari, resteranno a casa e l’agenzia pagherà loro un’indennità di disponibilità. “Quando saranno in servizio, tra l’altro, ci perderanno economicamente – dice il SiCobas – perché saranno retribuiti con il contratto del commercio a un livello che prevede paghe inferiori a quelle attuali del contratto della logistica”.