Ha lunghi capelli castani, il corpo esile e il sorriso radioso. Quando parla è difficile interromperla. Ha le idee chiare, la voce spedita e un entusiasmo travolgente. Si chiama Marta Canino, è una delle portavoci del Comitato NoGrandiNavi. È nata nel 1985 a Venezia. Sta per ultimare la seconda laurea all’Università Ca’ Foscari in economia e gestione delle istituzioni culturali, dopo essersi specializzata in lingue e letterature occidentali. Paradossalmente in una città come la Serenissima, che accoglie migliaia di turisti al giorno tanto da allarmare anche l’Onu, il suo potrebbe essere tra i profili più ricercati. Ma lei ha scelto di stare dall’altra parte della barricata. Si è schierata contro il turismo di massa che sta desertificando la città. L’attivismo è iniziato nel 2012. Oggi concilia la maternità con l’impegno civile. C’è chi l’ha definita la “sirenetta guardiana della laguna”. Eccellente nuotatrice, agile e dallo spirito indomito tanto da mettere a dura prova le mastodontiche navi da crociera che invadono la città. Conosce a menadito i canali. Guida la barca da quand’era ragazzina. Glielo ha insegnato suo zio, quando la domenica la portava in gita tra le isole col pranzo a sacco. Ricorda nostalgica le feste con gli amici sui barchini, i tuffi nel Canale della Guidecca e le regate. Già giovanissima, quando viveva nel quartiere di Santa Marta, si stizziva “per i fumi neri puzzolenti che le navi le sparavano ventiquattr’ore su ventiquattro direttamente in camera”.
L’indignazione è cresciuta otto anni fa, dopo un incontro con docenti universitari e attivisti a una settimana di distanza dall’incidente della Costa Concordia nei pressi dell’Isola del Giglio. “Mi colpirono gli interventi dei relatori – racconta – perché riuscivano a correlare in tempi non sospetti la questione climatica, il Mose e le grandi navi”. In quell’esatto momento l’amore per la sua città, dove l’acqua e la pietra s’incontrano, dove “la barca – spiega – non è solo folclore”, l’ha travolta. E nonostante le sia già costato tre processi, tutti conclusi con assoluzione, Marta non è disposta a indietreggiare. Il tribunale di Venezia l’ha assolta per la manifestazione del 16 settembre 2012 e per i tuffi del 21 settembre 2013 e del 12 giugno 2016. Le azioni dirette più dirompenti l’hanno sempre vista protagonista. Ricorda l’occupazione di Punta della Dogana come una sorta di battaglia navale: centinaia e centinaia di barchini e gondole affollarono lo specchio d’acqua e le forze dell’ordine provarono a disperdere i manifestanti utilizzando anche un elicottero. “Si sollevarono onde immense, fu molto pericoloso, ma io so navigare bene e ho una barca con un pericolosissimo motore da otto cavalli”, dice ironica. Anziché indietreggiare, si posizionò al centro del canale, rischiando così la condanna per navigazione pericolosa e interruzione di pubblico servizio. Accuse poi cadute nel nulla.
L’anno dopo, durante la manifestazione sulla riva delle Zattere lei era tra i 50 che, segretamente, aveva preparato nei giorni precedenti il tuffo nel Canale della Guidecca. Una volta indossati mute, pinne e salvagente nel gazebo allestito per l’iniziativa, in fila nuotatori scelti si tuffarono e, sebbene la corrente fosse forte, riuscirono a ritardare il passaggio di alcune navi da crociera arrecando un ingente danno economico. Piovvero multe da duemila euro ciascuna e denunce, poi tutte vanificatesi.
Nel 2016 Marta ci ha provato ancora. Questa volta con 35 attivisti. “Abbiamo costruito tre boe molto grandi, ci siamo imbarcati e all’improvviso ci siamo tuffati. Avevo il cuore che batteva fortissimo – ammette – ma sapevo che dovevo farlo”. La qualità della vita, l’ambiente e la sicurezza sono il centro delle sue battaglie. Per lei Venezia è quel lembo di Italia “esotica” da proteggere, costi quel che costi. La voce le trema quando tesse gli elogi della laguna: “Ci sono i ghebi – dice – e i fiori che diventano viola in agosto”. Durante i giorni dell’acqua alta, che ha tenuto col fiato sospeso il mondo intero, Marta era impegnata ad aiutare i concittadini e a ribadire la necessità di mettere in sicurezza la città. “Opere come il Mose sono obsolete, noi i cambiamenti climatici li stiamo già vivendo – denuncia – abbiamo bisogno di estromettere le grandi navi dalla laguna e di investire per allargare le zone cuscinetto e costruire opere utili a fronteggiare l’innalzamento del livello del mare”.
Quest’anno sono previsti 540 attracchi di navi da crociera. L’andirivieni si è interrotto solo per un mese. A gennaio hanno ripreso ad attraversare la città. D’estate, nei fine settimana, c’è un viavai senza sosta. Chiunque percorra i canali con imbarcazioni minori rischia di venire travolto. Risale a pochi mesi fa lo schianto tra la Msc Opera e il battello River Countess. Era il 2 giugno, un mese dopo una nave della Costa Crociere durante un forte temporale ha rischiato di sbattere contro la banchina. “È molto impegnativo l’attivismo – racconta Marta – ma noi non ci fermiamo. Se passa la soluzione di far attraccare le navi a Marghera, non avremo risolto nulla”. Sogna di far rivivere la Venezia dell’infanzia, quella in cui non c’erano solo hotel e ristoranti. Una Venezia a misura di cittadino e di bambino, in cui si rispetti la terra e l’acqua. “Assorbii senza rendermene conto – scrisse Hermann Hesse i primi anni del secolo scorso in Taccuino veneziano – la bellezza particolare della laguna, il profumo dell’acqua, il riflesso della luce sul mare e la strana policromia cangiante dello specchio lagunare”. È tutta racchiusa in queste parole la battaglia di Marta, la ragazza della laguna dallo spirito indomito.