“I furbetti del Reddito di cittadinanza? C’erano anche prima e percepivano il Reddito di inclusione, ma nessuno se ne accorgeva”. Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, quasi non ci crede quando racconta i dati dei cittadini che hanno fatto domanda per il Reddito di cittadinanza, dichiarando falsi redditi – tra di loro è stato trovato anche il possessore di una Porsche da almeno 60 mila euro – e potendo così intascare l’assegno mensile.
“Abbiamo controllato 341 ‘furbetti’ del Reddito di cittadinanza – spiega il presidente dell’Inps – e tutti e 341 erano già beneficiari di Rei, ma non se n’era accorto nessuno. Il punto è che finché non si pagano le tasse si chiude un occhio, ma se si prende indebitamente il Reddito di cittadinanza si sparano i titoli sulle prime pagine”.
I casi finora scoperti sono in realtà poca cosa rispetto a 2,5 milioni di beneficiari. Ma come sono stati individuati? “La normativa ora è più rigorosa – dice Tridico – ed esiste una collaborazione molto operativa con la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate, l’Anagrafica bancaria e l’Ispettorato. Con il Rei non c’era. Inoltre, prima la domanda avveniva attraverso i Comuni, seguiva procedure tradizionali più farraginose, con un intasamento enorme dei comuni, di persona, mentre oggi il meccanismo si snoda attraverso l’Inps in modalità telematica e si può fare domanda con un click”.
Chi non può o non vuole utilizzare la Rete può rivolgersi ai Caf o alle sedi territoriali. L’Inps va molto fiera della sua efficienza telematica e ora sottolinea la possibilità, dal 3 febbraio, di accedere via web alla pre-compilazione dell’Isee: “L’utente va sul nostro sito, e se accetta i dati che ci risultano, non deve fare altro, con un click fa domanda di Rdc o di tante altre prestazioni per le quali si fa la verifica dei redditi. Una grande innovazione simile al 730 precompilato”.
Così descritto sembra tutto bello e tutto buono. Eppure le polemiche sul Reddito di cittadinanza non finiscono mai e non sembra che la povertà sia stata ridotta. “I dati relativi al Rdc – spiega il presidente dell’Inps – ci mostrano che le risorse sono andate esattamente dove dovevano: alle famiglie in povertà e nelle aree con maggior disoccupazione. Il Reddito di cittadinanza raggiunge oltre 2,5 milioni di individui, ovvero 1,1 milioni di nuclei, ossia raggiunge quasi il 90% dei potenziali beneficiari. Il Rei nel periodo di massima espansione ha raggiunto circa 350 mila nuclei”: E poi: “L’introduzione del Rdc ha consentito una riduzione di circa 1 punto percentuale dell’indice di Gini e, quindi, della diseguaglianza di reddito, un trasferimento netto di circa 7,2 miliardi di euro ai due decimi più poveri della distribuzione”. Tridico su questo punto non si ferma: “Se prendiamo in considerazione il poverty gap, che misura in percentuale quanto al di sotto della soglia di povertà si trova il reddito medio dei soggetti poveri, vediamo che si è ridotto dal 39,2 al 31,7%, una riduzione di circa 8 punti”.
Ma l’obiezione principale al Reddito di cittadinanza è che non è stato in grado di avviare nuove persone al lavoro. Obiezione in parte strumentale, va detto, perché presuppone che per trovare lavoro sia sufficiente approntare uffici efficienti, come se l’occupazione fosse là fuori disponibile in attesa delle indicazioni giuste. Tridico lo sottolinea: “Senza investimenti produttivi volti a creare lavoro, nessun programma di politiche attive per il lavoro potrà fare miracoli. Perché le politiche attive per il lavoro funzionino, perché s’incontrino domanda e offerta di lavoro in altri termini, serve prima di tutto la materia prima: i posti di lavoro, la domanda di lavoro. E i posti di lavoro si creano solo con gli investimenti”.
Ma dunque per il futuro cosa sarà il Reddito di cittadinanza? E si può legare all’esigenza, condivisa da tutti, di una previdenza pubblica per i giovani soprattutto per quelli precari? Sulla prima questione, Tridico insiste ancora sugli “investimenti pubblici e privati e sulle opere infrastrutturali”. Mentre sul punto dei ‘buchi’ contributi per i più giovani “la pensione di cittadinanza è già un primo passo, ma è comunque legata all’Isee, mentre una vera pensione di garanzia dovrebbe essere individuale, anche se legata comunque ai contributi versati, e quindi integrata a fronte di un certo ammontare di contribuzione”. In ogni caso “serviranno altri due anni per poter trarre le prime conclusioni, ma a fine marzo organizzeremo un incontro pubblico per presentare le prime riflessioni dopo un anno di Rdc”.