Un fratello, Maurizio, macchinista come lui, e una pensione vicina, vicinissima, mancava quasi un anno, l’agognata Quota 100 maturata in quasi 40 anni di lavoro tra i treni, una passione di famiglia. Una passione che ora è diventata un incubo per i congiunti di Mario Di Cuonzo, la vita di tutti si è fermata sul Frecciarossa deragliato all’alba a Lodi.
Un altro fratello, Mimmo, lavora come dirigente dello sportello attività produttive del Comune di Capua, il paese del Casertano dal quale proveniva Mario, morto sul lavoro a 59 anni. Mimmo è scappato via dal palazzo appena ha capito, “so che ha lasciato il suo ufficio immediatamente per recarsi sul luogo dell’incidente”, ha detto il sindaco di Capua Luca Branco, portavoce del lutto della comunità che sta studiando come commemorare il suo concittadino.
La storia di Mario non è dissimile a quella delle scelte di migliaia di meridionali che nelle Ferrovie dello Stato hanno trovato un’opportunità di lavoro e di carriera, purché disposti a fare le valigie e trasferirsi lontano, al Nord. Il fratello Maurizio è andato a vivere a Piacenza, dove nel 1997 si verificò il primo incidente dell’allora nuova linea Av, e conduce i treni del trasporto regionale Milano-Bologna. Mario Di Cuonzo era invece andato a vivere a Pioltello, che per un’amara coincidenza della storia è la cittadina a est del capoluogo lombardo dove due anni fa morirono tre persone in un altro tragico incidente ferroviario, il deragliamento di un treno regionale. E così il sindaco Ivonne Cosciotti, ancora una volta, ha disposto le bandiere a mezz’asta e proclamato il lutto cittadino “per fatti che superano ogni possibile giustificazione”.
A Pioltello, Mario Di Cuonzo – che aveva una moglie, Chiara, e un figlio, Federico – era diventato uno dei macchinisti più esperti di Italia. Uno dei primissimi a ottenere l’abilitazione alla guida dei treni dell’Alta velocità. Si era iscritto alla Filt-Cigl, era un attivista, e un collega ne ricorda “il carattere e la professionalità, era un macchinista molto capace – ha sottolineato – e aveva contribuito a formare altri macchinisti nella guida dei Frecciarossa. Tutti gli volevano bene, allegro, mai superficiale. Aveva sempre una parola buona per i colleghi”. Che ora lo piangono anche loro come un fratello.