La conquista dell’Emilia-Romagna ha dato fiato al governo e rinvigorito l’asse giallorosa, che ora valuta eventuali alleanze in alcune delle prossime elezioni regionali in programma quest’anno. Se in Veneto appare scontata la conferma di Luca Zaia, il resto dei territori è contendibile e molto dipenderà dalla composizione delle coalizioni. Ecco allora, ad oggi, come i partiti si stanno avvicinando alle consultazioni.
Campania
De Luca avanti senza i 5S, destra divisa su Caldoro
Come in un vecchio film con Bill Murray, gli elettori campani rischiano di ritrovarsi in un eterno déjà vu. Nella prossima primavera, lo scontro per la guida della Regione potrebbe infatti essere quello tra Stefano Caldoro e Vincenzo De Luca, rispettivamente ex governatore di centrodestra (in carica tra il 2010 e il 2015) e attuale presidente in quota Pd già sfidanti nelle ultime due elezioni. A sparigliare le carte potrebbero essere i tumulti interni agli schieramenti. A destra Caldoro è blindato dai berlusconiani con in testa Antonio Tajani, ma il forzista non piace per niente né alla Lega né a Mara Carfagna, voce di dissenso dentro il partito di Silvio. Per il momento però non c’è una vera alternativa, anche perché la Lega, che potrebbe proporre l’ex rettore dell’Università di Salerno Aurelio Tommasetti, è molto meno radicata di Forza Italia.
Dall’altra parte, De Luca tira dritto convinto della rielezione e forte del sostegno del figlio Piero, deputato dem. Il governatore dovrebbe essere ufficializzato il 17 febbraio e non si farebbe problemi – eufemismo – a prendersi voti e simbolo dei 5 Stelle, che però già digerirebbero a fatica l’alleanza col Pd, figurarsi con l’odiato De Luca. L’altro giorno gli attivisti locali del M5S hanno bocciato in assemblea l’intesa coi dem e da Roma pure Vito Crimi preferisce la corsa solitaria. Le cose potrebbero cambiare in caso di voto su Rousseau: se la consultazione fosse aperta solo ai campani, probabilmente sarebbe confermato il No al Pd, ma se il voto riguardasse gli iscritti di tutta Italia l’esito sarebbe meno scontato. Sempre a costo che Zingaretti rinunci a De Luca in nome della pacifica alleanza giallorosa.
Toscana
FdI boccia Ceccardi, Pd col renziano Giani
Il Movimento 5 Stelle ha scelto il mese scorso la sua candidata presidente. Si tratta di Irene Galletti, che ha battuto il dimaiano di ferro Giacomo Giannarelli, segno di una base che chiedeva un cambio di passo rispetto alla gestione degli ultimi anni del Movimento. Per il momento, però, lo scacchiere per le Regionali non cambia. L’alleanza giallorosa resta improbabile perché a sinistra il candidato scelto da mesi è il renziano Eugenio Giani, sopravvissuto come nome unitario anche dopo la scissione nel Pd provocata dall’ex segretario. Difficile che la coalizione torni indietro e difficile che i 5 Stelle scelgano di sostenerlo, a meno che il centrosinistra non riveda lo sterminato insieme di liste che al momento compongono l’alleanza. E poi sulla eventuale vittoria in Toscana vorrà mettere la bandierina Matteo Renzi, ancora indeciso se presentare le proprie liste o se inserire qualche candidato in altre sigle a sostegno di Giani, ma in ogni caso mai entusiasta degli accordi locali coi 5 Stelle.
A destra invece si naviga a vista. Il candidato designato sembrava essere la leghista Susanna Ceccardi, adesso eurodeputata, ma ieri Giorgia Meloni ha assicurato che il suo nome non è mai stato sul banco. E poi c’è il passo indietro del sindaco di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna, in scadenza nel 2021 e sondato senza mai troppa convinzione dalla coalizione. Adesso i tempi stringono e lo stesso Vivarelli Colonna ha escluso candidature: “C’è il 99,5% di possibilità che non mi candidi. Fare una campagna elettorale senza aver mai saputo nulla a riguardo fino ad oggi, a tre mesi dalle elezioni, sarebbe uno sforzo immane, un qualcosa non vicino al mio modus operandi”. In piedi resta allora il nome della costituzionalista Ginevra Cerrina Feroni, vicina alla Lega.
Marche
A Pesaro prove giallorosa. Ma Crimi non ha gradito
L’altra settimana Matteo Ricci, sindaco dem di Pesaro, ha aperto la giunta a Francesca Frenquellucci, capogruppo dei 5 Stelle in Comune. Un chiaro messaggio di apertura non solo in città ma anche in vista delle Regionali, come confermato dal sindaco in una intervista al Fatto. Qui le basi per una alleanza ci sarebbero tutte, perché da mesi i gruppi locali del Pd e dei 5 Stelle si parlano e si confrontano, al punto che i grillini erano stati invitati al tavolo del centrosinistra per discutere in via ufficiale dell’intesa.
Ad un passo dall’ok era però arrivato l’alt di Di Maio e Toninelli, giunti nelle Marche proprio per bloccare l’accordo. Ora la guida dei 5 Stelle è cambiata, ma l’irritazione di Crimi per l’ingresso della Frenquellucci in giunta (che sarà giudicata dai probiviri) testimonia che per tornare indietro servirà una forte spinta dal gruppo locale. Il nodo sarà probabilmente quello del nome: se si troverà un candidato gradito anche dai vertici nazionali e chiaramente indipendente rispetto alla sinistra, allora se ne potrà discutere. All’identikit corrisponderebbe Sauro Longhi, ex rettore del Politecnico delle Marche il cui nome però rischia di essere bruciato da mesi di tira e molla nelle trattative. Se non se ne farà niente, il governatore Luca Ceriscioli spererebbe nella riconferma, per quanto già bocciata da Italia Viva.
A destra il candidato sarà un esponente di Fratelli d’Italia, stando almeno alla spartizione decisa in autunno dagli alleati. Giorgia Meloni ha scelto Francesco Acquaroli, ma Matteo Salvini non è convinto e pretende di ridiscutere le assegnazioni. Quel che è certo è che il 20 febbraio il leader leghista sarà in Regione per incontrare militanti e dirigenza locale del partito. Per quella data dovrebbe uscire il nome del candidato.
Veneto
Zaia vincitore scontato: la Lega va da sola?
La partita sembra decisa prima di iniziare. Luca Zaia si candiderà per il terzo mandato e i sondaggi lo accreditano addirittura sopra il 60 per cento, a distanza siderale da qualsiasi altra coalizione, giallorosa o meno. Da vedere sarà soltanto la composizione delle liste in suo sostegno, perché qualcuno nella Lega culla l’idea di correre senza gli alleati storici di Forza Italia e Fratelli d’Italia, garantendosi soltanto il sostegno di qualche lista civica legata a Zaia. Lo strappo difficilmente influirebbe sul risultato finale, ma la sua minaccia serve a Salvini per avere potere contrattuale con gli alleati nella spartizione delle Regioni e nella decisione delle candidature. Il margine di vittoria di Zaia nei sondaggi suggerisce comunque alle opposizione di non consegnarsi a una sconfitta ancor peggiore di quella preventivabile. Perciò i giallorosa dovrebbero andare divisi, anche perché qualche settimana fa i 5 Stelle locali si sono riuniti in assemblea palesando la propria contrarietà all’intesa col centrosinistra. Questo nonostante le parole distensive e filo-governiste di Federico D’Incà, il ministro per i Rapporti col Parlamento che ha provato a gettare l’amo dell’alleanza ai simpatizzanti del Movimento. A sinistra però di nomi ce ne sono ancora pochi. L’unico, eventualmente presentabile anche per l’improbabile alleanza coi 5 Stelle, è quello di Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova che vorrebbe puntare su una rete civica.
Puglia
Renzi fa la guerra ai dem, Salvini teme Fitto
I candidati per la primavera sembrano tutti designati da tempo. Eppure, per motivi diversi, in Puglia c’è ancora molta indecisione. Il centrosinistra ha celebrato le primarie consegnando la più scontata delle vittorie al governatore uscente Michele Emiliano, che ha sbaragliato i concorrenti tra il boicottaggio generale di parte del Pd, di Italia Viva e di Azione. Proprio il fronte Renzi-Calenda qui è pronto alla guerra, avendo già dichiarato di non voler sostenere Emiliano neanche nella sfida contro la destra e ipotizzando la corsa di Teresa Bellanova.
Anche i 5 Stelle al momento sono da soli, avendo scelto su Rousseau Antonella Laricchia, contraria all’accordo col centrosinistra. Un fronte così diviso finirebbe però per favorire il centrodestra e indebolire il governo, perciò non è da escludere che alla fine i 5 Stelle scelgano di andare su Emiliano, magari imponendo alcuni temi del programma.
A destra il candidato spetterebbe a Fratelli d’Italia, ma proprio come nelle Marche Salvini si è messo di traverso. Il nome designato è quello di Raffaele Fitto, già governatore dal 2000 al 2005. In realtà però la Lega non ha un profilo alternativo se non quello del presidente Invimit Nuccio Altieri, molto meno appetibile rispetto a uno come Fitto che, pur ormai lontano dai sogni di gloria che lo vedevano come erede di B., resta capace di raccogliere parecchie preferenze. Più che ad un altro candidato, Salvini punta allora ad ottenere il massimo per i suoi: i leghisti locali sono quasi tutti ex-fittiani che temono ripicche – leggasi: esclusioni da nomine e incarichi – in caso di conquista della Regione, motivo per cui Salvini vuole premurarsi già da ora.
Liguria
M5S indeciso sul civico, indagini sui soldi a Toti
Le ultime settimane hanno agitato i sonni del governatore Giovanni Toti. La Guardia di Finanza e Bankitalia stanno indagando su alcuni finanziamenti sospetti al suo Comitato Change, proprio mentre l’esponente laziale di Cambiamo Gina Cetrone è stata arrestata con l’accusa di estorsione. La sfida per la Regione vede però comunque favorito Toti, che però potrebbe essere insidiato da una eventuale alleanza giallorosa. Da tempo il Pd ha dato disponibilità ai 5 Stelle per individuare un nome comune, suggerendo il giornalista del Fatto Ferruccio Sansa. I 5 Stelle ci stanno pensando, divisi tra gli eletti locali generalmente favorevoli e la candidata eletta su Rousseau, Alice Salvatore, che trova sponda in Crimi e Toninelli per il suo No ai dem. Domani un nuovo vertice grillino dovrebbe sciogliere i dubbi: in caso di Sì all’accordo giallorosa allora si andrebbe su Sansa, altrimenti resterebbe la Salvatore. A quel punto il Pd potrebbe comunque decidere di candidare il giornalista costruendo una coalizione il più possibile “civica”, piuttosto che preferirgli un nome di partito.