Carattere. Simpatico, non direi. Antipatico, perché?
Farmaci. Voglio provare a disintossicarmi. Niente medicine per un lungo periodo. Vitamine, invece… un uso massiccio della C, la A, la E. Del resto, fin da piccolo la dismisura mi ha attratto, se un dottore mi prescriveva due pillole ne prendevo cinque.
Mia sorella. Mary fuma una quarantina di sigarette al giorno, io altrettante. Mary ha un enfisema e non smetterà mai di fumare; io ho una punta di enfisema e ho smesso 3 o 4 volte.
Mia mamma. Madre: “Accidenti a me quando ti ho fatto fare l’attore!”. Vittorio: “Cosa c’entra, cosa c’entra, cosa per Dio c’entra?”. Madre: “C’entra che ora non bestemmieresti”.
Shakespeare. Fui, in quel primo Amleto, tutto ciò che avrei seguitato sempre a essere. Affettuoso e geloso con gli amici, con una punta di fanatismo, una tendenza naturale a stabilire patti segreti, la mentalità del clan o della setta; esposto quindi a dare e subire delusioni.
Signorine. Un po’ prima dei diciassette anni, la spedizione al bordello… Nel salottino – verde, con luci sommesse, perfino una specie di raso sulle pareti – c’era una sola donna, minuta e graziosa, nemmeno troppo discinta. Disse il suo nome: “Vuoi venire con Topolino?”. La seguii per le scale. Entrati in camera, mi spogliò in tre secondi… “Sai”, dissi con un soffio rauco, “devi fare tutto tu”… A farla breve, mi ero un po’ innamorato di Topolino.
Citazioni. La puttana di un epigramma di Flaiano dice al cliente: “Se vuoi farmi godere, non devi chiamarmi puttana, devi dirmi che mi vuoi sposare”. Viene – beninteso in astratto – il sospetto che l’equazione si possa ribaltare.
Conflitto. L’Italia era entrata in guerra… Io ero un giovane cestista intellettuale e un po’ pipparolo, che solo da pochi anni aveva imparato ad allacciarsi le scarpe senza l’aiuto della mamma.
Disimpegno. Il nostro gruppo accademico aveva un connotato di assenteismo politico abbastanza singolare. Nessuno di noi era fascista, ma il rifiuto del regime – e della guerra – rimaneva su un ripiano etico-estetico, senza tradursi in interessi o comportamenti attivi. Il nostro era un piccolo cerchio chiuso in cui ci illudevamo di racchiudere il cosmo delle ambizioni artistiche ed esistenziali.
Sfizi. Stavo in un night quando vidi entrare un gruppo elegante e rumoroso in cui faceva spicco Romy Schneider. Sentii d’improvviso l’impulso di manifestarle un’antipatia che, senza conoscerla, mi aveva sempre ispirato. Le feci recapitare un biglietto: “Cara signorina Schneider; approfitto di questa occasione per dirLe con tutto il rispetto che Lei mi sta sui c… da anni. La prego di non interpretare il mio biglietto come un tentativo di approccio, perché – pur riconoscendole molto fascino oggettivo – non sono per nulla attratto dall’idea di andare a letto con Lei. Cordialmente”.
Moglie. La nostra vita sessuale aveva un suo anomalo decorso, determinato dalla maniacalità con cui io cercavo di regolare il tempo fra le necessità professionali e quelle private. Pretendevo di fare all’amore in orari stabiliti… Il giorno che misi una sveglia a cronometro bene in vista sul comodino, Nora me la ruppe giustamente in testa.
Cinema. Il 1946 segnò il mio esordio nella settima arte, in un film intitolato Preludio d’amore. La prima cosa che decise il regista fu di rifarmi biondo.
Sesso. Scopano i ragazzi d’oggi? E molto, e bene, dove, in quali orari? Va bene, tenetevi i vostri segreti e andate al diavolo. Per me, la scoperta vera della topa fu E. L.
Notturno. Le soubrettine (oh, nostalgia di quell’era trascorsa, squallidamente soppiantata dalle covergirl, dalle asessuate mannequin!) avevano questa suprema attrattiva, di essere piccanti e insieme sentimentali, di realizzare sulla scena – coperte di piume e lustrini – il sogno proibito in tutte le possibili accezioni, per poi regalare l’incanto di ingenuità impensabili, amori divampanti e sinceri pur se fluttuanti fra una trasferta e l’altra.
Visconti. “Che cosa fumi, pirla, che ti rovini la voce!” mi gridava Luchino, arrotando le sue erre aristocratiche.
Proscenio. Che cosa prova un attore che riceve un applauso? Un orgasmo molteplice, una specie di ammucchiata fra l’attore e il pubblico.
Sipario. “E il teatro, con che cosa lo senti?”. “Con il rancore. Con la sazietà. Quando fra vent’anni lo riprenderò avrò accumulato una carica tale da chiudere i conti con tutti: il pubblico fesso, i sabotatori del teatro popolare, i critici imbalsamati, le finte avanguardie. E con me stesso, si capisce: voglio appurare se sono un bugiardo sincero o un bugiardo”.