Modelli elettrici, anche “l’oste” ha dei dubbi sul suo vino

“L’elettrificazione è stata scelta dai politici, non dall’industria. C’erano modi più economici e veloci di ridurre le emissioni”. Parola di Carlos Tavares, l’ad di Stellantis, che definisce la transizione affrettata di Bruxelles verso questa tecnologia come una “brutalità che crea rischi sociali”, perché sostanzialmente taglia fuori il ceto medio, non in grado di comprare auto elettriche in quanto più care del 50% rispetto a quelle tradizionali.

Eppure, Stellantis ha deciso che dal 2030 marchi come Fiat, Peugeot e Opel saranno 100% elettrici. Ma non basta. Herbert Diess, il numero uno del gruppo Vw, la cui road map verso le auto elettriche è da tempo nota, ammonisce che “queste hanno senso solo se l’energia è rinnovabile, e sbaglia chi annuncia l’addio ai motori endotermici”, alimentando i dubbi sollevati dallo stesso Tavares quando sostiene che “non guardare l’intero ciclo di vita (dalla produzione allo smaltimento, ndr) delle auto elettriche è riduttivo”, e che “solo tra 10 o 15 anni conosceremo i risultati reali del loro utilizzo nella riduzione delle emissioni”.

Prima di loro, Akio Toyoda, numero uno della Toyota, aveva dichiarato che “l’auto elettrica farà collassare l’industria”, e l’ad di Renault Gianluca de Meo che “i politici vogliono spingere sull’elettrico, ma che questa tecnologia costa 3 o 4 volte più di una tradizionale” e sarà così ancora per diverso tempo. La domanda, a questo punto, è: se pure l’oste ha dubbi sul vino che serve, perché se lo dovrebbero bere (a forza) gli automobilisti?

Sportage, quinta generazione “coreana”

La quinta generazione di Sportage, lo sport utility compatto di Kia, si presenta in Italia con un design sportivo ma elegante, che si spinge oltre i canoni stilistici tradizionali.

La base costruttiva è quella della piattaforma N3, la stessa di Sorento, che lascia presagire doti dinamiche convincenti, anche grazie alle sospensioni a controllo elettronico e al sistema di trazione integrale, in grado di ripartire correttamente la potenza tra i due assali.

Tuttavia i tecnici coreani hanno scelto per quest’auto anche un approccio alla “europea” dal punto di vista della comodità e praticità nell’utilizzo quotidiano. Giusto per fare un esempio, rispetto alla precedente generazione, questa Sportage ha una migliore capacità di carico e più spazio per testa e gambe.

Sempre rimanendo all’interno dell’abitacolo, oltre allo stile fresco e contemporaneo c’è da segnalare anche un’ampia gamma di dotazioni high-tech, tra cui spicca il nuovo display curvo integrato tramite cui gestire i sistemi di infotainment, connettività e sicurezza. Sotto il cofano spiccano le nuove motorizzazioni, con emissioni ancora più contenute nonostante l’upgrade nelle prestazioni.

Novità assoluta la versione ibrida plug-in (PHEV), che darà anche la possibilità di percorrere parte dei trasferimenti quotidiani in modalità 100% elettrica. In gamma anche una variante ibrida high-tech (HEV), nonché due propulsori mild-hybrid (MHEV) benzina e diesel.

Tutte e tre le varianti ibride della nuova gamma hanno come base un motore quattro cilindri T-GDI da 1,6 litri.

Disponibile anche una versione 1.6 diesel, con tecnologie di controllo attivo delle emissioni.

“Sportage rappresenta un tassello fondamentale della storia di Kia Italia, perché celebra trent’anni di percorso straordinario nel nostro Paese”, ha spiegato l’amministratore delegato della filiale italiana Kia Giuseppe Bitti.

Kia Sportage, infine, potrà essere acquistato usufruendo di una iniziativa di lancio ad un prezzo che parte da 25.950 euro invece che da 29.950.

Pandemia e microchip: per l’auto europea il 2021 è da cancellare

Altra stagione non memorabile per il mercato europeo dell’auto: il 2021, infatti, si chiude con un totale di 11.774.885 veicoli immatricolati, in perdita sul 2020 (-1,5%) ma pure sul 2019 (-25,5%), ultimo anno prima della pandemia, rispetto a cui sono andati persi oltre 4 milioni di veicoli. E per il 2022 Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, dichiara che le prospettive “rimarranno decisamente sfavorevoli perché la pandemia morde più di quello che si pensasse e perché la crisi dei microchip sembra destinata a non trovare soluzioni in tempi brevi”.

L’andamento nei cinque principali mercati continentali riflette il dato negativo complessivo, che ha risentito della crisi dei microchip nella seconda parte dell’anno: con 1.647.181 immatricolazioni, il Regno Unito archivia il 2021 con il secondo peggior dato dal 1992 e con un brusco calo del 28,7% nel confronto con il 2019. In Germania la picchiata annuale è del 10% sul 2020, a 2.622.132 registrazioni.

Va peggio in Spagna, che perde un terzo del mercato del 2019, ma recupera qualcosa sul 2020 con un modesto +1% e 859.477 immatricolazioni. La spunta solo la Francia, che nel consuntivo del 2021 riesce a mantenere un livello di vendite in linea con il 2020 (+0,5%), a 1.659.003 vetture immatricolate. L’Italia, infine, fa segnare un -24% rispetto al 2019 e un +5,5% rispetto al disastroso 2020, a 1.457.952 immatricolazioni.

Secondo il Direttore generale dell’Unrae, l’associazione dei costruttori stranieri, Andrea Cardinali, “per aiutare l’ambiente, anche rinnovando il parco circolante e per sostenere consumatori e aziende nel passaggio alla nuova mobilità, sono necessari incentivi almeno triennali, eventualmente con importi a scalare, per le vetture fino a 60 g/Km di CO2. Parallelamente, è fondamentale prevedere una capillare infrastrutturazione del Paese, anche con punti di ricarica ad alta potenza, tramite un cronoprogramma dettagliato per l’investimento dei fondi stanziati con il Pnrr”.

Nel nostro Paese, poi, non decollano le auto alla spina: le elettriche pure (Bev) rappresentano una quota del 4,6% e le ibride ricaricabili (Phev) del 4,7%, con 136.854 vetture immatricolate (insieme, quindi, le “ricaricabili” contano per il 9,3% del mercato). In Germania Bev e Phev insieme valgono 26%, nel Regno Unito il 18,6% e in Francia il 18,3%.

L’Italia, se non altro, mantiene la prima posizione in termini di penetrazione di auto ibride HEV, le cosiddette full hybrid, grazie agli incentivi della fascia 61-135 g/Km.

Film, topa e vitamine: che Gassman

Carattere. Simpatico, non direi. Antipatico, perché?

Farmaci. Voglio provare a disintossicarmi. Niente medicine per un lungo periodo. Vitamine, invece… un uso massiccio della C, la A, la E. Del resto, fin da piccolo la dismisura mi ha attratto, se un dottore mi prescriveva due pillole ne prendevo cinque.

Mia sorella. Mary fuma una quarantina di sigarette al giorno, io altrettante. Mary ha un enfisema e non smetterà mai di fumare; io ho una punta di enfisema e ho smesso 3 o 4 volte.

Mia mamma. Madre: “Accidenti a me quando ti ho fatto fare l’attore!”. Vittorio: “Cosa c’entra, cosa c’entra, cosa per Dio c’entra?”. Madre: “C’entra che ora non bestemmieresti”.

Shakespeare. Fui, in quel primo Amleto, tutto ciò che avrei seguitato sempre a essere. Affettuoso e geloso con gli amici, con una punta di fanatismo, una tendenza naturale a stabilire patti segreti, la mentalità del clan o della setta; esposto quindi a dare e subire delusioni.

Signorine. Un po’ prima dei diciassette anni, la spedizione al bordello… Nel salottino – verde, con luci sommesse, perfino una specie di raso sulle pareti – c’era una sola donna, minuta e graziosa, nemmeno troppo discinta. Disse il suo nome: “Vuoi venire con Topolino?”. La seguii per le scale. Entrati in camera, mi spogliò in tre secondi… “Sai”, dissi con un soffio rauco, “devi fare tutto tu”… A farla breve, mi ero un po’ innamorato di Topolino.

Citazioni. La puttana di un epigramma di Flaiano dice al cliente: “Se vuoi farmi godere, non devi chiamarmi puttana, devi dirmi che mi vuoi sposare”. Viene – beninteso in astratto – il sospetto che l’equazione si possa ribaltare.

Conflitto. L’Italia era entrata in guerra… Io ero un giovane cestista intellettuale e un po’ pipparolo, che solo da pochi anni aveva imparato ad allacciarsi le scarpe senza l’aiuto della mamma.

Disimpegno. Il nostro gruppo accademico aveva un connotato di assenteismo politico abbastanza singolare. Nessuno di noi era fascista, ma il rifiuto del regime – e della guerra – rimaneva su un ripiano etico-estetico, senza tradursi in interessi o comportamenti attivi. Il nostro era un piccolo cerchio chiuso in cui ci illudevamo di racchiudere il cosmo delle ambizioni artistiche ed esistenziali.

Sfizi. Stavo in un night quando vidi entrare un gruppo elegante e rumoroso in cui faceva spicco Romy Schneider. Sentii d’improvviso l’impulso di manifestarle un’antipatia che, senza conoscerla, mi aveva sempre ispirato. Le feci recapitare un biglietto: “Cara signorina Schneider; approfitto di questa occasione per dirLe con tutto il rispetto che Lei mi sta sui c… da anni. La prego di non interpretare il mio biglietto come un tentativo di approccio, perché – pur riconoscendole molto fascino oggettivo – non sono per nulla attratto dall’idea di andare a letto con Lei. Cordialmente”.

Moglie. La nostra vita sessuale aveva un suo anomalo decorso, determinato dalla maniacalità con cui io cercavo di regolare il tempo fra le necessità professionali e quelle private. Pretendevo di fare all’amore in orari stabiliti… Il giorno che misi una sveglia a cronometro bene in vista sul comodino, Nora me la ruppe giustamente in testa.

Cinema. Il 1946 segnò il mio esordio nella settima arte, in un film intitolato Preludio d’amore. La prima cosa che decise il regista fu di rifarmi biondo.

Sesso. Scopano i ragazzi d’oggi? E molto, e bene, dove, in quali orari? Va bene, tenetevi i vostri segreti e andate al diavolo. Per me, la scoperta vera della topa fu E. L.

Notturno. Le soubrettine (oh, nostalgia di quell’era trascorsa, squallidamente soppiantata dalle covergirl, dalle asessuate mannequin!) avevano questa suprema attrattiva, di essere piccanti e insieme sentimentali, di realizzare sulla scena – coperte di piume e lustrini – il sogno proibito in tutte le possibili accezioni, per poi regalare l’incanto di ingenuità impensabili, amori divampanti e sinceri pur se fluttuanti fra una trasferta e l’altra.

Visconti. “Che cosa fumi, pirla, che ti rovini la voce!” mi gridava Luchino, arrotando le sue erre aristocratiche.

Proscenio. Che cosa prova un attore che riceve un applauso? Un orgasmo molteplice, una specie di ammucchiata fra l’attore e il pubblico.

Sipario. “E il teatro, con che cosa lo senti?”. “Con il rancore. Con la sazietà. Quando fra vent’anni lo riprenderò avrò accumulato una carica tale da chiudere i conti con tutti: il pubblico fesso, i sabotatori del teatro popolare, i critici imbalsamati, le finte avanguardie. E con me stesso, si capisce: voglio appurare se sono un bugiardo sincero o un bugiardo”.

L’Agcom: lo streaming di Dazn dovrà essere misurato anche dal telespettatore

Il Consiglio dell’Agcom è intervenuto con tre provvedimenti sulla trasmissione delle partite di calcio su Dazn: 1) Avvia un procedimento sanzionatorio 2) Definisce “parametri di qualità oggettivi” con “soglie e criteri per gli indennizzi”. 3) L’utente dovrà poter consultare questi valori nella app per 6 mesi e richiedere nel caso gli indennizzi.

In tre milioni senza studi e senza lavoro: il limbo dei non visti

“Servirebbe una maggiore efficienza del collocamento: io non esco più da quando ho 18 anni e diciamo che ho lavorato in questi anni, però non sono mai stato chiamato dal collocamento. E conosco persone che anche dopo 20 anni non sono mai stati chiamati dal collocamento. È come se fosse una struttura mitologica in cui ognuno va a iscriversi, però poi non si viene chiamati

Diamo un nome di fantasia a questo ragazzo di 23 anni di Giugliano, in Campania, uno dei comuni più grandi della città metropolitana di Napoli, sentito in un focus group dall’Istituto Giuseppe Toniolo per realizzare uno studio al titolo “Intercettare i Neet: strategie di prossimità”. Nel dibattito pubblico sono figure altrettanto mitologiche. L’acronimo non aiuta: “Not in Education, Employment, or Training” quindi (soprattutto) ragazzi che non studiano, non lavorano né sono in alcun percorso professionalizzante. Bamboccioni? Non proprio. La società non li vede. Nella nomenclatura Ue delle politiche del lavoro rappresentano lo “spreco” delle energie e dell’intelligenza delle nuove generazioni. “Arrivare a 30-35 anni che poi non sai cosa fare… potrebbe aprire le porte a… magari …delle strade che hanno poco a che fare con la legalità”, racconta un altro ragazzo. Al sud, più che al nord.

L’Italia è in testa alle classifiche per numero di neet. Nel 2020 erano più di 3 milioni tra i 15 e i 34 anni, uno su quattro, il tasso maggiore dopo Turchia, Montenegro e Macedonia. Nella fascia di età scolare (15-19 anni) sono il 75% in più della media europea; nella fascia di età universitaria e oltre (20-24 anni) il 70%. Secondo il report, coordinato anche dal ministero delle Politiche Giovanili guidato da Fabiana Dadone e dall’Anci, ci sono diversi tipi di problemi: dalla difficoltà a raggiungere i ragazzi più a rischio perché socialmente emarginati all’assenza di adeguata offerta di lavoro, fino alle difficoltà psicologiche, la mancanza di cooperazione tra le diverse realtà del territorio e l’incapacità di fare rete con le istituzioni. Tre i grandi assenti – si legge nello studio – La scuola, i centri per l’impiego e le amministrazioni comunali.

“ La parola d’ordine è libertà: avere la piena libertà di poter decidere. E la piena libertà si acquisisce quando si hanno gli strumenti per poter iniziare il proprio percorso”, osserva un altro intervistato. Lo status economico, ad esempio, influisce sia se basso sia se alto. “Nel primo le ridotte opportunità possono portare a interrompere gli studi per dedicarsi alla famiglia, aiutandola economicamente fin da molto giovane con lavoretti saltuari”; nel secondo i ragazzi “vedono il lavoro come il mezzo di compensazione e riconoscimento del proprio valore. Laddove ciò non avvenisse molti degli intervistati affermano che una volta entrati nel circolo dei neet il senso di autoefficacia inizia a diminuire e la motivazione viene meno, portandoli sempre più a evitare un confronto con il mondo esterno, considerato come scarso di risorse e fonte di delusioni (bassi stipendi, contratti precari, scarsi diritti)”.

Lo racconta un altro partecipante: “È inutile che io vada a lavorare per essere sfruttato per 4 euro all’ora se non ho questa esigenza così forte”. È difficile ingaggiare un giovane se la proposta non è stabile o accattivante. Uno stage sottopagato non restituisce dignità e motivazione. Anzi. Vorrei “un salario giusto – dice uno degli intervistati – : se lavoro per l’azienda 24, 18, 12 ore settimanali, vorrei non mi venisse fatto prima il contratto a tempo determinato, rinnovato fino al limite massimo concesso per legge per poi passare all’apprendistato etc.”, soprattutto se si è considerati validi ed essenziali. La strategia suggerita è semplice: “Punterei su delle politiche di anti sfruttamento”. Altro scoglio,lavoro nero e criminalità. “Ci sono anche persone che lavorano, cioè… non sono dichiarati. Una percentuale che figura come neet ufficialmente che però fa magari lavoro in nero”. Viene descritto come un circolo vizioso perché “il mercato locale non offre alternative valide” e così si percepiscono retribuzioni molto basse per orari di lavoro molto pesanti. “Inoltre, molti ragazzi e ragazze principalmente del comune di Torino, hanno affermato che il lavoro in nero nelle loro vite ha rappresentato una tappa quasi obbligatoria per l’ingresso nel mondo del lavoro”. Complice anche la non conoscenza dei loro diritti.

“È un fenomeno su cui non si è investito abbastanza negli anni – spiega la ministra Dadone al Fatto – e la parte più complessa è agganciare i ragazzi sui territori e offrire informazioni e orientamento sulle opportunità e sulle progettualità come quelle di Garanzia Giovani, ad esempio. Tantissimi non sanno neanche che esistono”. Con il ministro del Lavoro Orlando, mercoledì è stato firmato il piano “Neet Working”. “Si basa su tre azioni: emersione, dunque il rintracciare tutti gli inattivi, soprattutto quelli in difficoltà, delusi o che non confidano nelle proprie potenzialità o nelle offerte di lavoro; ingaggio, per coinvolgere i ragazzi ricorrendo a strumenti innovativi come gamification, musica e sport e, infine, l’attivazione, coinvolgendo tutti i soggetti responsabili sui territori per le politiche attive, la formazione e l’orientamento”.

Sono poi stati destinati 20 dei 35 milioni del Fondo politiche giovanili alla creazione di 7 hub territoriali sperimentali per agganciare questi ragazzi anche sul tema dell’auto-imprenditorialità, magari proprio sul loro territorio, per soddisfare esigenze loro e del mercato del lavoro locale. “Qualcuno sosterrà che è il solito intervento sociale, di natura solidaristica, meramente ‘passivo’ – continua Dadone – Rispedisco le critiche all’ipotetico mittente perché si tratta, invece, di un vero investimento sulle potenzialità delle ragazze e dei ragazzi del nostro Paese, per far emergere le loro forze e permettere loro di gestire le debolezze, trasformare in risultato concreto tutto ciò che hanno dentro. L’Italia deve essere un Paese per giovani, l’ultima volta lo è stata agli albori della Repubblica, tocca a noi avere la forza e il coraggio di assumere scelte strategiche e di visione”.

Torna “Il Civico Giusto”, le storie dei romani che non si piegarono

I “figli migliori”di Roma ricordati attraverso un minidoc estraibile da un qr code inciso in una pietra d’inciampo. La nuova mattonella è stata posta ieri davanti alla Parrocchia del Ss Redentore di Val Melaina, opera artistica di Dante Mortet. L’iniziativa è portata avanti da “Romabpa-Mamma Roma”, presieduta da Paolo Masini e racconta quartiere per quartiere le storie dei romani che “non abbassarono la testa” durante l’occupazione nazifascista. Romabpa è partner del libro “Sono nel vento”, edito da PiperFirst, con tre romanzi per raccontare la Shoah.

Crisi ucraina, Mosca vuole “risposte” Usa replicano: “Evitate il disastro”

Per Mosca “sarà un disastro se deciderà di invadere l’Ucraina” ha detto il presidente Usa, Joe Biden. Ogni incursione “sarà accolta con una risposta severa e coordinata.” Gli ha fatto eco da Berlino Antony Blinken, Segretario di Stato Usa in tour diplomatico tra le Capitali d’Europa: ogni “nuovo atto di aggressione” da parte di Mosca contro Kiev otterrà una “risposta rapida, severa e unita” da parte della Casa Bianca e dei suoi alleati. Da Washington intanto arriva anche l’ok per l’invio di armi Usa all’Ucraina. Al Congresso americano diversi senatori premono perché si emanino sanzioni contro la Federazione senza aspettare l’aggressione. Intanto Mosca fa sapere che spera che Blinken non si presenti “a mani vuote” ai colloqui che si terranno oggi a Ginevra con il ministro degli Esteri russo Serghey Lavrov: “Abbiamo bisogno di risposte.”

Colau denunciata, ma i reati per la Procura non esistono

Non si dimetterà di certo, come hanno chiesto ripetutamente i membri della destra del Partido Popular e i liberali di Ciudadanos, ma è comunque rimasta “perplessa” quando ha appreso la notizia. Ada Colau, sindaca di Barcellona, ieri ha saputo di essere sotto indagine per irregolarità riscontrate nella concessione di sussidi pubblici quando ha letto i quotidiani spagnoli, non avendo ancora ricevuto la notifica della Corte superiore di Giustizia della Catalogna.

A trascinarla sul banco degli imputati, facendo ricorso per un caso che la Procura spagnola aveva già archiviato, è stata di nuovo l’Associazione per la trasparenza e la qualità democratica, che ha già denunciato la Colau nel 2018. L’organizzazione vuole chiarezza su fondi che ammontano a 3 milioni e 400 mila euro, assegnati alla Pah, Piattaforma vittime dei Mutui, all’Ape, Allenza contro la povertà energetica, Esf, Ingegneria senza frontiere, e al Desc, Osservatorio per i diritti delle persone in difficoltà, che aiuta i cittadini a ottenere alloggi e lavoro. Non è però un’idea della Colau, questa, ricordano alcuni media spagnoli: le sovvenzioni erano già state concesse da Xavier Trias, l’ex sindaco della città della formazione catalana Ciu, Convergenza e Unione.

Il prossimo 4 marzo la sindaca si presenterà in tribunale, ma questa non è la prima guerra giudiziaria che affronta: c’è già stata la battaglia dell’acqua, combattuta tra il suo municipio e la società Agbar, addetta alla distribuzione e trattamento delle risorse idriche, e quella contro gli hotel che hanno divorato la città che guida. Il quotidiano a dare per primo la notizia che la sindaca di Barcellona è iscritta nel registro degli indagati è stato l’Abc, megafono della destra iberica che da sempre mira a defenestrare Colau. Dicono i suoi avversari, non abbandonando l’incarico, la sindaca sta violando il codice etico della formazione politica di cui fa parte, Barcelona en Comú, che obbliga alle dimissioni chi finisce nel mirino dei togati per frode, appropriazione indebita e corruzione.

“Abusi sessuali, Ratzinger non punì i responsabili”

Il rapporto redatto dallo studio legale tedesco Westfahl Spilker Wastl non lascia spazio a dubbi. Il papa emerito Benedetto XVI sapeva dei casi di abusi sessuali, almeno quattro, e non è intervenuto come avrebbe dovuto: ha avuto “comportamenti erronei”. Ma questo non è che un piccolo tassello nel quadro generale. Tra il 1945 e il 2019 nella diocesi di Monaco e Frisinga ci sono stati almeno 497 casi di violenze sessuali.

Le vittime sono in massima parte giovani maschi, il 60 per cento aveva tra gli 8 e i 14 anni. A commettere gli abusi sono stati preti, diaconi e personale scolastico: 235 persone in tutto. Secondo gli avvocati, per 67 di questi, c’erano prove sufficienti perché la curia intervenisse, per 43 volte non si fece nulla. Quaranta accusati furono riassegnati ad attività pastorali, tra loro 18 preti condannati da Corti civili. Tutti i numeri fatti nel rapporto sono considerati dagli stessi legali come parziali, molti casi non sono stati denunciati e quindi coperti dal clero. Nel febbraio del 2020 fu la stessa arcidiocesi a commissionare il report allo studio legale. Ieri gli avvocati hanno presentato le oltre mille pagine in cui si ricostruiscono i vari casi e le responsabilità non solo degli artefici, ma anche di chi ha coperto e nascosto gli abusi.

Joseph Ratzinger divenne arcivescovo di Monaco il 28 maggio 1977, dove rimase fino al 1982. Secondo quanto ricostruito dal report, in quegli anni ci furono diversi casi di insabbiamento, e in almeno 4 dei quali il Papa emerito ha avuto un ruolo attivo. Benedetto XVI ha inviato allo studio legale una sua memoria, allegata al report, di 82 pagine in cui smentisce “rigorosamente” ogni suo coinvolgimento. I legali tedeschi ritengono “poco credibile” la smentita. La difesa di Ratzinger si basa sulla sua assenza a una riunione del 1980. Inoltre Benedetto XVI, nella sua dichiarazione scritta, ha detto di non aver fatto alcun errore. Uno dei casi più importati è quello di padre Peter Hullerman, ricostruito dal giornale tedesco Die Zeit, che tra il 1973 e il 1996 ha commesso oltre 20 abusi su minorenni. Nel 1980 Hullerman era già stato accusato di pedofilia, ma Ratzinger lo accolse nella sua diocesi e gli assegnò attività in diverse parrocchie dove commise nuove violenze. Dal Vaticano monsignor Georg Gaenswein, segretario di Ratzinger, ha detto: “Di tali fatti precedenti non aveva alcuna conoscenza”. Il rapporto però, dato l’elevato numero di molestie e molestatori, suggerisce che all’interno della curia di Monaco ci fosse una volontà generale di insabbiare i singoli casi.

Il rapporto legale esamina quasi 70 anni, in cui hanno operato di altri cinque porporati: Michael von Faulhaber, Joseph Wendel, Julius Doepfner, Friedrich Wetter e Reinhard Marx. Nessuno ne esce completamente pulito, neanche Marx che fino al 2020 era presidente della Conferenza Episcopale. L’attuale arcivescovo, lo scorso giugno, aveva presentato le sue dimissioni a Papa Francesco e chiedeva di lasciare l’arcidiocesi. La Chiesa Cattolica è a un “punto morto” scriveva. Bergoglio lo fece restare al suo posto. Sembrava che Marx non volesse diventare lo scudo a difesa dei suoi predecessori.

Ma nel lavoro dello studio legale Westfahl Spilker Wastl sono emerse le responsabilità “in errori di comportamento” dell’arcivescovo per almeno due casi. La diocesi non ha commentato il report, lo farà solo tra una settimana, il 27 gennaio. Nel lavoro fatto dai legali tedeschi affiora una domanda sulle eventuali azioni da prendere nei confronti dei molestatori ancora in vita e che fanno ancora parte del clero. Sarebbero circa 50 persone.