L’ex direttore dell’Unità e deputato dell’Ulivo fu il promotore della legge che isituì la commemorazione della Shoah. Attraverso tre dei suoi discorsi a Montecitorio, ripercorriamo le tappe che condussero all’approvazione del provvedimento. La prima orazione è del 27 gennaio 1999.
I
o non parlerò per ricordare l’orrore e la tristezza di quel giorno, ma per ricordare, colleghi, che molti di noi, insieme, da una parte e dall’altra di quest’Aula, abbiamo preso un impegno perché quel giorno non passi invano nella memoria degli italiani. Con una proposta di legge che contiene un solo articolo, ci siamo detti che il 27 gennaio potrà essere d’ora in poi per questo Paese – per le nostre scuole e i nostri figli, i nostri ragazzi, per i giovani, che non sanno e che devono sapere — il giorno della memoria. (…) È il giorno della cancellazione di quel sistema di orrori liberticidi che ha prodotto insieme la spaventosa sequenza delle leggi razziali e delle loro conseguenze, le deportazioni politiche.
27 marzo 2000: 24 ore prima del voto in Aula
Vale la pena di ricordare quella tragica frase che Adolf Hitler avrebbe pronunciato nel suo bunker poco prima della sua fine: “Almeno una delle guerre – e pensava alla guerra contro gli ebrei, alla folle, farneticante guerra contro il popolo ebraico – è stata vinta”.
Uomini come Perlasca e come il questore di Fiume, Giovanni Palatucci, che a 36 anni è morto a Dachau (…); Perlasca e Palatucci devono essere il punto di riferimento e di ricordo per pensare che, se c’è stato un mare di burocrazia, di silenzio, di opportunismo, di viltà, di carrierismo, di occasioni per approfittare di una legge folle, di un comportamento vile, di un crollo di moralità nelle istituzioni, (…) altri italiani, indipendentemente da ciò in cui credevano, dalla divisa che vestivano, si sono battuti affinché quel che stava per accadere non accadesse, affinché l’ingiuria contro l’umanità e l’ingiustizia di italiani contro altri italiani, di europei contro altri europei, in nome di una folle definizione di ciò che è razza, di ciò che è puro, perfetto ed assoluto non potesse trionfare né imporsi. (…) Insieme ai doppiogiochisti, agli opportunisti che, al momento giusto, sono riusciti persino a passare alla Resistenza nelle ultime settimane , personaggi come Dimitar Peshev, il Vicepresidente della Camera, fascista, della Bulgaria occupata e nazificata – il quale da solo e poi con il sostegno dei deputati di un Paese ormai completamente parte dell’orbita nazista – si è ribellato fino al punto di ottenere dal re del suo Paese la cancellazione di una firma già apposta, evitando la deportazione anche di un solo ebreo bulgaro.
Che dimostrazione spaventosa del fatto che si poteva fare, che il presunto obbligo di dire di sì a qualunque costo a qualcosa di così spaventosamente disumano era un obbligo inevitabile!
28 marzo 2000:
la Camera approva
Questo momento oggi è per me un momento di emozione, perché ho vissuto un’infanzia nella quale, amici e colleghi, l’ispettore della razza si presentava nelle aule delle nostre scuole a parlare di sangue infetto, a parlare di razza superiore, a parlare di un’immagine di mondo perfetto dal quale alcuni, tanti cittadini italiani – che erano stati a pieno diritto cittadini italiani fino a quel momento – avrebbero dovuto essere esclusi per sempre e fino alla morte.
È motivo di emozione per me, ma anche di orgoglio, appartenere a una Camera che fra poco voterà l’istituzione di un “Giorno della memoria”, per ricordare che cosa è accaduto in quegli anni, a chi è accaduto, quali italiani hanno partecipato a quel progetto mostruoso e folle, quali italiani si sono associati e appassionatamente opposti, indipendentemente dallo schieramento politico e dal ruolo che avevano in quel momento.