“Mi sono reso conto di provare dentro di me un odio per gli italiani e che io sono il solo a soffrire per questo. Ho lavorato in modo mirato sulla situazione. E quando oggi penso all’Italia provo solo compassione per tutte le persone buone e oneste che sono costrette a vivere in questo Stato fallito”. Condannato in primo e secondo grado. Prescritto. Ma oggi insulta l’Italia. Ecco Stephan Schmidheiny; il miliardario svizzero ha rilasciato un’intervista al quotidiano Nzz am Sonntag (poi ripresa dal sito di informazione Area di Lugano e da La Stampa). Dichiarazioni in cui la vittima pare essere lui, l’ex signore dell’Eternit oggi 72enne e con un patrimonio di oltre 2 miliardi. L’uomo che in primo grado era stato condannato a 16 anni per disastro ambientale e in appello a 18. Ma intervenne poi la Cassazione a sancire la prescrizione. A sentire Schmidheiny, però, la vittima è lui, l’accusato; non le 392 persone per la morte delle quali ieri è stato rinviato a giudizio per omicidio volontario: “Non ho intenzione di vedere una prigione italiana dall’interno. Ritengo che alla fine il mio comportamento sarà giudicato correttamente e un giorno verrò assolto”. Schmidheiny si sente perseguitato dalla giustizia italiana: “È pazzesco. Abbiamo fatto tutto il possibile e quanto era ragionevolmente esigibile secondo lo stato delle conoscenze di allora per risolvere il problema dell’amianto. Ma quarant’anni dopo si viene accusati di omicidi di massa e perseguitati per decenni”.
L’intervista si sofferma sulla sofferenza dell’accusato che si definisce “una persona sensibile” e si assolve: “Ero troppo giovane, impreparato. Ho dovuto imparare tutto molto in fretta. A volte mi stupisco di essere sopravvissuto a quel periodo”. Schmidheiny racconta: “All’inizio pensavamo che si trattasse di diritto, di fatti, di giustizia, ma nel corso del tempo questa impressione è svanita. Ciò mi è pesato molto. Ma poi ho capito che mi sarei dovuto occupare della mia igiene mentale per non lasciarmi abbattere da tutti questi incredibili attacchi”. Insomma, da Schmidheiny sembrano arrivare parole di comprensione più per se stesso che per le vittime. Condite con quelle espressioni: “Odio per gli italiani” e “Stato fallito” che subito sono rimbalzate da noi.
“La traduzione dal tedesco non era puntuale”, si è limitato a dichiarare l’avvocato Astolfo Di Amato, difensore di Schmidheiny.
Poche, però, le reazioni dal mondo politico. Tra queste ci sono le parole di Debora Serracchiani (Pd), capogruppo in commissione Lavoro alla Camera: “Le parole di Schmidheiny lasciano sconcertati. Davanti a una tragedia che ha visto 392 persone ammalarsi e morire, qualunque sia la difficoltà di un processo e in base a quanto già accertato, non sono accettabili espressioni di questo tenore. Prima di tutto per rispetto delle vittime e dei loro familiari”.
Una replica a Schmidheiny arriva da Assunta Prato, rappresentante delle famiglie delle vittime dell’amianto a Casale Monferrato, che in una lettera scrive: “Sarebbe ‘tortura di Stato’ quella che chiede a un Tribunale di processare la persona che in una riunione coi maggiori dirigenti e manager in rappresentanza dei suoi stabilimenti in ogni parte del mondo, a Neuss in Svizzera, nel 1976, disse: ‘Questi dati (sulla sicura cancerogenicità dell’amianto) non devono arrivare agli operai e ai cittadini’… La persona che poi fece distribuire a tutti quei manager e dirigenti una specie di prontuario con domande e risposte preconfezionate per negare, minimizzare, in una parola mistificare la realtà per non perdere una fetta di mercato troppo importante e redditizia… La persona che a Casale Monferrato abbandonò lo stabilimento Eternit (92.000 metri quadrati) pieno di tonnellate di amianto, libero di uscire da varie aperture e dalle finestre, del tutto rotte o con teloni di plastica a sostituire i vetri, per inquinare la città ancora per ventiquattro anni, fino a quando fu bonificato grazie all’intervento pubblico”.