Glenn Greenwald era preparato: la Procura federale brasiliana ha aperto un’indagine su di lui per “crimini informatici”. Il giornalista premio Pulitzer, noto per aver raccolto le rivelazioni di Edward Snowden, è accusato di aver hackerato dei cellulari per indagare sullo scandalo di corruzione “Lava Jato”, coinvolgendo il ministro della Giustizia di Bolsonaro, Sérgio Moro. Greenwald, che ha pubblicato l’inchiesta sul sito The Intercept, che ha cofondato nel 2013, è da tempo uno dei bersagli favoriti del presidente Jair Bolsonaro. Lo abbiamo intervistato.
Jair Bolsonaro l’ha attaccata come giornalista, ma anche in quanto gay, sposato con il deputato di sinistra David Miranda, e padre. Si sente minacciato?
L’accusa del governo federale di un regime repressivo, nemico della libertà di stampa, non può essere presa alla leggera. È un attacco che prendo molto sul serio. Sapevo da tempo che poteva succedere e mi ero preparato.
Come spiega queste accuse? È odio verso di lei, il suo lavoro o verso ciò che rappresenta?
Tutte queste cose insieme. Il governo Bolsonaro ha già più volte minacciato di mettermi in prigione. Sono anche già stato aggredito fisicamente in radio da un giornalista sostenitore del presidente. Io e mio marito siamo stati spesso bersagli di attacchi e minacce di morte. Siamo fra gli obiettivi principali di questo governo, perché siamo una coppia gay in vista ma anche perché il nostro lavoro giornalistico, rivelando fatti gravi di corruzione da parte del ministro Moro, li minaccia. Si stanno vendicando.
Il procuratore la accusa di complicità con gli hacker. Cosa risponde?
Come nel caso di Snowden, le mie fonti possedevano già tutte le informazioni che hanno deciso di darmi quando ho parlato con loro per la prima volta. Quindi io personalmente non ho partecipato a nessun atto o crimine commesso prima. Bisogna notare che il procuratore in questione ha aperto lo stesso tipo di inchiesta anche contro il presidente dell’associazione degli avvocati brasiliani, a sua volta accusato di aver commesso un crimine per aver criticato il ministro della Giustizia. La richiesta di indagine è stata respinta dal giudice. È evidente che il procuratore abusa della sua funzione per punire i nemici politici del governo. Inoltre esiste già un rapporto della polizia federale in cui si afferma che non ho commesso alcun crimine e che, al contrario, ho condotto la mia indagine con “professionalità e prudenza”.
Tramite lei si vogliono intimidire altri giornalisti e futuri informatori?
In Europa e negli Stati Uniti non è ancora chiaro a tutti che Bolsonaro e il suo governo sono autentici fascisti. Si è spesso paragonato Bolsonaro a Donald Trump, ma Bolsonaro è molto più pericoloso e più estremo. Ha fatto pubblicamente l’elogio della dittatura militare che ha governato il Brasile fino al 1985. Perché vuole il ritorno della dittatura e vuole ricreare un clima di tensioni e paura. Colpendo me, intende intimidire i giornalisti, i dissidenti e chiunque si opponga al governo.
I giornalisti brasiliani si censurano a causa di questo clima di paura?
I media brasiliani continuano a indagare senza timori. Il principale quotidiano del paese, Folha de San Paolo, ha condotto numerose inchieste sull’attuale presidente. Bolsonaro li attacca e li minaccia costantemente e incoraggia i suoi sostenitori a fare lo stesso. Attaccare me è anche un modo per minacciare questi media che continuano a fare il loro mestiere.
Quello che le sta succedendo ha ricordato a molti il caso di Julian Assange. Le sembra un paragone giustificato?
Da diversi mesi ho cercato di allertare i giornalisti americani, dicendo loro che è il caso di preoccuparsi di più per le azioni legali portate avanti contro Assange: l’Amministrazione Trump sta creando un precedente che rappresenta una minaccia per tutta la stampa. Stanno inventando la teoria secondo la quale il destinatario di un’informazione non agisce più come giornalista se, in un modo o nell’altro, protegge la sua fonte. Ma è ciò che i giornalisti fanno tutti i giorni! Il New York Times e il Washington Post forniscono sui loro siti consigli e istruzioni per evitare inconvenienti alle loro fonti. Se si usa questa teoria per criminalizzare il giornalismo e fare del giornalista una sorta di cospiratore, come si sta tentando di fare con me e con Assange, allora ogni giornalista è in pericolo.
La situazione di Assange dunque la preoccupa?
Ciò che il governo britannico sta infliggendo ad Assange è moralmente deplorevole ed estremamente pericoloso. È un abuso di potere e un chiaro tentativo di distruggere colui che ha pubblicato informazioni scomode per il governo Usa e i suoi alleati. È anche una tragedia umana.
Che azioni legali porterà avanti lei adesso?
In primo luogo, per essere validata, la denuncia del procuratore deve essere accettata da un giudice. Il mio legale dimostrerà che non c’è base giuridica e che si tratta di abuso di potere. Una sentenza della Corte Suprema vieta dallo scorso anno alla polizia e alla Procura di indagare sul mio lavoro giornalistico, perché si tratta di violazione della libertà di stampa, che è garantita dalla Costituzione. Il recente attacco del procuratore è una violazione di questa sentenza della Corte Suprema.