Dopo Che fine ha fatto Baby Jane? (Robert Aldrich, 1962), c’è grande attesa ai botteghini per il thriller di cui tutti parlano. Se ne conosce il titolo, “Che fine ha fatto Massimiliano Allegri?”, l’attore protagonista, per l’appunto l’ex allenatore della Juventus, ma non i tempi d’uscita: che parevano strettissimi già l’estate scorsa, quando Andrea Agnelli lo mise alla porta alla Real Casa, e che invece mese dopo mese si sono dilatati. Siamo ormai a fine gennaio, metà stagione se n’è andata ma di Max Allegri, detto Acciughina, che non più tardi di due anni or sono il Corriere dello Sport elesse miglior allenatore del mondo davanti a Conte, Ancelotti, Simeone e Mourinho (staccatissimi Guardiola e Klopp), non si hanno notizie.
Cosa strana considerando che almeno una decina di grandi club europei hanno già avuto bisogno di cambiare la guida tecnica (il Tottenham da Pochettino a Mourinho, l’Arsenal da Emery a Ljungberg ad Arteta, l’Everton da M. Silva a Ferguson ad Ancelotti, il West Ham da Pellegrini a Moyes, il Barcellona da Valverde a Setién, il Valencia da Marcelino a Celades, il Bayern da Kovac a Flick, il Lione da Silvinho a Garcia, il Milan da Giampaolo a Pioli, il Napoli da Ancelotti a Gattuso); ebbene, non ce n’è stato uno che abbia pensato a lui, 5 scudetti e 4 Coppe Italia vinte con la Juventus nelle ultime 5 stagioni più due finali di Champions (con Barcellona e Real Madrid) perse.
La domanda che sorge spontanea è: come mai a nessuno interessa Acciughina, che fino al 30 giugno pare destinato a restare a libro–paga della Juventus per 15,67 milioni, cioè il suo ingaggio lordo annuo? Il dubbio è che la narrazione che è stata fatta delle sue magnifiche sorti e progressive abbia avuto poca presa nell’uditorio: europeo ma anche italiano. E come se non bastasse il ricordo dell’umiliante eliminazione dalla Champions 2018–19 per mano dei ragazzini dell’Ajax, a complicare le cose è arrivato lo sconcerto per le sue ultime esternazioni: come l’intervista concessa a dicembre al Corriere della Sera in cui Allegri ha affermato che la stagione da poco conclusa aveva evidenziato due grandi novità: quella del “ritorno al contropiede”, che solo Allegri deve aver notato in una Champions che aveva regalato sfide memorabili giocate a viso aperto come Real–Ajax 1–4, Bayern–Liverpool 1–3, PSG–M. United 1–3, Juventus–Atletico 3–0, M. City–Tottenham 4–3, Juventus–Ajax 1–2, Liverpool–Barcellona 4–0, Ajax–Tottenham 2–3 in un susseguirsi di emozioni uniche; e quella dei giocatori africani che “stanno spostando il calcio sul lato fisico”, e non si capisce bene a quali africani Acciughina alluda, se a Salah (Egitto) e a Mané (Senegal) del Liverpool, piccoli, tecnici e veloci nè più nè meno di Son (Corea del Sud) o di Moura (Brasile), oppure a colossi tipo Koulibaly (Napoli) o Mendy (City), africani dotati di grande forza fisica né più né meno degli europei Van Dijk e De Ligt (Olanda), ad esempio.
Allegri sostiene che il Milan di Sacchi che sbriciolò il Real Madrid 5–0 “era un Milan verticale, esattamente di contropiede”; e che il gioco del Liverpool di Klopp è roba già vista, “non capisco perché ci si debba vergognare – dice – di avere inventato noi questo modo di giocare”. La conclusione di Max: “Non esistono gli schemi”. E ci si meraviglia se tutti lo vogliono ma nessuno se lo piglia.