Moby, Tirrenia e tasse: ecco le chat tra Grillo e 10 parlamentari M5S

Esplicite e molto chiare. Così gli inquirenti definiscono le chat tra l’armatore Vincenzo Onorato e il fondatore dei 5Stelle Beppe Grillo, indagati a Milano per traffico di influenze illecite. In questi messaggi, secondo i pm, Grillo, in cambio di un contratto pagato da Onorato al suo blog, girava ai “suoi” politici i desiderata dell’armatore. Ieri Grillo ai suoi avrebbe spiegato di essere “tranquillo, ma amareggiato per i tempi dell’inchiesta”. I pm vorrebbero interrogarlo a breve.

Tra i destinatari dei messaggi dell’ex comico, si legge negli atti, ci sono anche l’ex ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli (oggi all’Agricoltura) e l’allora suo vice Stefano Buffagni, entrambi pentastellati doc. Oltre a loro l’ex ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Le chat, secondo la Procura, lasciano ben poco all’interpretazione. Ed è anche il motivo per cui la Finanza non ha sequestrato il cellulare di Grillo. A supportare il reato basterebbero quindi le chat estrapolate dagli atti arrivati dall’inchiesta fiorentina sulla fondazione Open di Matteo Renzi.

In totale le catene di chat definite interessanti sono 12. I messaggi singoli sono ben di più. E tutti riguardano, secondo l’accusa, richieste o lamentele di Onorato rispetto a tre dossier spinosi per Mr. Moby. Si tratta, prima di tutto, della convenzione statale con cui Tirrenia riceveva contribuiti pubblici per 72 milioni l’anno per la continuità territoriale con la Sardegna. Nel 2018 l’allora ministro Toninelli voleva farla saltare e metterla a gara. Poi c’è il capitolo degli sgravi fiscali per i marittimi italiani o comunitari e infine la querelle tra Onorato e i commissari di Tirrenia, società acquistata da Moby attraverso Cin (Compagnia italiana di navigazione) oggi debitrice nei confronti dello Stato di 180 milioni. I dossier riguardano due ministeri: i Trasporti (Mit) e lo Sviluppo economico (Mise). Tra il 2018 e il 2020, il secondo è retto dai 5Stelle, con Luigi Di Maio prima e Patuanelli dopo, con lui viceministro Buffagni. Nelle chat in mano alla Procura, come detto, compaiono sia Buffagni sia Patuanelli. Nessun politico citato nelle chat è indagato. La crisi per la galassia Moby inizia nel 2018, anno del contratto con Grillo e con la Casaleggio associati di Davide Casaleggio definito dai pm “figura contigua al M5S, perché all’epoca dei fatti gestiva la piattaforma digitale Rousseau”. In totale i politici a cui Grillo inoltra le richieste di Onorato sono dieci. E tutti, viene spiegato, quando ricevono i messaggi sanno perfettamente che sono richieste arrivate direttamente da Onorato e veicolate dall’amico Grillo. Quelle che riguardano Toninelli fanno riferimento alla polemica del 2018 tra il ministro e lo stesso Onorato proprio sulla proroga della convenzione. Proroga che nel 2019 sarà bocciata anche dall’Antitrust. Lo stesso garante un anno prima aveva sanzionato Moby con 26 milioni per condotta anticoncorrenziale e abuso di posizione dominante in tre rotte di trasporto merci tra la Sardegna e la Penisola.

Nello stesso periodo i bilanci di Moby per il 2018 presentano un drammatico rosso da 62 milioni di euro. Senza contare il debito monster con lo Stato per l’acquisto di Tirrenia già in amministrazione straordinaria. Vi è poi il terzo fronte sugli sgravi fiscali per i marittimi italiani, battaglia che Onorato, in polemica con il concorrente Grimaldi, ha portato avanti e che sembra la base del contratto con la Casaleggio associati, il cui scopo, si legge, è quello “di sensibilizzare l’opinione pubblica alla tematica della limitazione degli sgravi fiscali solo alle navi che imbarcano personale italiano”.

Venezia, non ha il green pass: Malkovich cacciato dall’hotel

Non gli hanno dato una camera perché non aveva il Green pass. È accaduto a John Malkovich, che è stato rifiutato dall’hotel Danieli di Venezia. Lo riporta Il Gazzettino, secondo cui la certificazione verde dell’attore americano, star di decine di produzioni hollywoodiane, era scaduta. A Malkovich era stata riservata la suite extralusso dell’albergo, tra i più apprezzati di Venezia con vista sul Bacino di San Marco. L’attore e regista era di passaggio a Venezia per una due giorni di riprese di Ripley, la nuova serie tv americana ispirata ai romanzi di Patricia Highsmith.

Cosenza, “processate Cotticelli e Scura”

La Procura di Cosenza ha chiesto il rinvio a giudizio per 16 persone, tra cui gli ex commissari ad acta della sanità calabrese Saverio Cotticelli e Massimo Scura e dell’ex dirigente del dipartimento Salute della Regione Antonio Belcastro, nell’ambito dell’inchiesta “Sistema Cosenza”. Secondo l’accusa, nel triennio 2015-2017, all’Asp cosentina sarebbero stati falsificati i bilanci per ridurre il deficit ed arrivare ad un allineamento, anche se posticcio, con il bilancio preventivo regionale. Il Gup ha fissato l’udienza preliminare per il primo marzo. L’Asp di Cosenza, è una delle più grandi per risorse finanziarie gestite – circa 1,2 miliardi di euro l’anno – numero di dipendenti e bacino d’utenza servito ed una delle più indebitate.

Definitiva pena a 9 anni per calciatore Robinho

La Terza sezionepenale della Cassazione ha confermato la condanna della Corte di Appello di Milano del dicembre 2020 nei confronti di Robson de Souza Santos, in arte Robinho, ex attaccante del Milan, a 9 anni per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza avvenuta il 22 gennaio 2013 in una discoteca di Milano. Stessa pena confermata anche per il suo amico Ricardo Falco. La violenza era stata consumata dall’ex calciatore, con altre 5 persone, 4 delle quali irreperibili. Un “epilogo giudiziario gravemente ingiusto”, lo definisce il difensore, Franco Moretti. “Bisogna capire cosa vorrà fare il Brasile: confidiamo che tuteli le vittime e non i colpevoli e che sconti la pena”, il commento del legale di parte civile, Jacopo Gnocchi.

Arrestato assessore “Coinvolto in omicidio”

Un passatotra il centrosinistra e la Lega. È il profilo politico dell’assessore allo sport di Palagonia, Antonino Ardizzone, arrestato per concorso in omicidio con l’aggravante mafiosa. Secondo la Dda di Catania avrebbe fatto da tramite per il clan stiddaro dei Maira per trovare un killer che eseguisse l’omicidio di Francesco Calcagno, freddato nell’agosto 2017. Eletto nel marzo 2017 nel consiglio comunale di Palagonia con Sicilia Futura, il partito di Totò Cardinale, Ardizzone è poi passato con la Lega. “Ho verificato e non è tesserato con la Lega dal 2019, ormai da tre anni”, precisa Nino Minardo segretario regionale del Carroccio siculo. Nell’estate 2020 era entrato in giunta a Palagonia.

Mascherine, la Cassazione aiuta Benotti: “Relazione con Arcuri non prova illecito”

La “relazione personale” pregressa tra Domenico Arcuri e Mario Benotti “non rende di per sé illecito il ‘contratto’ tra il committente e il mediatore”, dunque tra gli ex vertici della struttura commissariale e l’ex giornalista Rai. Lo dice la sesta sezione penale della Cassazione, fornendo un assist ai mediatori indagati dalla Procura di Roma per traffico di influenze illecite nella vicenda dell’acquisto, a marzo 2020, da parte del governo italiano, di 800 milioni di mascherine cinesi al costo di 1,2 miliardi di euro. Per quella fornitura, le società cinesi corrisposero a Benotti una provvigione di 12 milioni e altri 59,7 milioni ai restanti indagati. Affare per il quale Benotti, secondo i pm, avrebbe “sfruttato le sue relazioni personali con Arcuri”. Di qui il reato contestato dai pm romani. Ora la Cassazione, nella sentenza che annulla il decreto di sequestro sui conti della compagna di Benotti, Daniela Guarnieri, spiega che il “ragionamento del Tribunale” è stato “tutto costruito su un assunto costitutivo”, cioè che “la mediazione di Benotti trovava la propria giustificazione causale nel pregresso e consolidato rapporto personale personale di questi con Arcuri”. Al contrario, per la Cassazione, i giudici “non hanno spiegato quale fosse la finalità illecita di quella mediazione” tenuto conto “che nessuna irregolarità è stata ipotizzata nella condotta del Commissario”, né “quale fosse il comportamento inquinante che Benotti, nell’ottica della mediazione, avrebbe in astratto dovuto compiere” e “se l’iniziativa fu presa dal Commissario e perché (…) la mediazione sarebbe illecita”.

La sentenza favorevole a Guarnieri contraddice in parte quella del 25 giugno 2021, sempre della Cassazione, su analogo ricorso presentato da Benotti, in quel caso respinto. Il provvedimento, appena depositato, è del 14 ottobre 2021. In quei giorni i pm di Roma avevano formalizzato ad Arcuri, per la stessa vicenda, un invito a presentarsi per interrogatorio, in relazione alle accuse nei sui confronti di peculato e abuso d’ufficio, fino a quel momento coperte da segreto istruttorio. Per questo i giudici di Cassazione non hanno potuto tenerne conto. Per i pm, Arcuri, si sarebbe “appropriato, disponendone (…) a vantaggio di Benotti” di 12 milioni di euro, che “comprendevano, nella stipulazione del prezzo dei contratti di fornitura (…) anche il compenso privato che il produttore cinese (…) girava all’intermediario”. Arcuri, nell’interrogatorio del 16 ottobre, si è difeso: “avevo vietato contratti con soggetti diversi dalle aziende esportatrici”.

Graviano, pm chiede di riaprire l’istruttoria anche “sui rapporti di Fininvest in Calabria”

Che ci fosse dell’altro lo si è avvertito dalle prime battute del processo d’appello “’Ndrangheta stragista”. Forse si percepiva anche dalla requisitoria di primo grado quando il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ottenne la condanna all’ergastolo del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e di Rocco Santo Filippone (referente della cosca Piromalli), per il duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo. Nell’udienza di ieri lo stesso magistrato, applicato alla Procura generale, ha chiesto la riapertura dell’istruttoria.

Si potrebbe aprire così uno squarcio su molti misteri italiani che hanno fatto da sfondo alla strategia stragista dei primi anni 90. Un terreno minato dove c’è di tutto: dai tre livelli di “Gladio” ai rapporti delle cosche con pezzi deviati dello Stato, dal protocollo “Farfalla” e alla “Falange Armata”, sigla dietro cui si celerebbe una sorta di “agenzia” creata dal Sismi e usata dalle cosche per compensare la mancanza di introiti garantiti negli anni 80 con “le valigette di Stato”. Agli atti, infatti, c’è un verbale del pentito Antonio Schettini che, nel 1996, spiegò come “parte dei fondi riservati utilizzati per il pagamento dei sequestri di persona andavano alla componente mafiosa e parte ad una componete diversa”. Il riferimento è al Sismi dove esistevano più “Nuclei Azioni Coperte”: “Dobbiamo spiegare – ha detto Lombardo, che ha chiesto pure di acquisire la sentenza ‘Italicus 2’ – se, all’interno di determinate dinamiche, quei rapporti sono andati avanti ancora per anni e se abbracciano anche l’esplosivo rinvenuto (nel 2004, ndr) a Palazzo San Giorgio”, sede del Comune di Reggio.

La riapertura dell’istruttoria riguarda pure la vicenda dell’antennista Angelo Sorrenti che in Calabria rappresentò il “cuscinetto” tra i Piromalli e Fininvest. Per la Dda, quella storia aiuterà i giudici a ricostruire “i rapporti con Fininvest e quindi con il gruppo Berlusconi”. Lombardo ha ricordato le dichiarazioni di Graviano sul “ruolo di Forza Italia, in un tristissimo disegno (le stragi, ndr) che, guarda caso, si conclude proprio nel momento in cui Forza Italia diventa una componente politica effettiva nel panorama italiano”. Quello che non è emerso in aula, però, sta nelle carte: un colloquio chiesto da Sorrenti alla Procura. L’incontro c’è stato a giugno e alla Dia l’antennista si è detto “disponibile a testimoniare sui temi emersi nel processo ’Ndrangheta stragista”.

Regioni in coro: “Il sistema colori non ha più senso, ora va abolito”

Aquesto ritmo, tra poco giorni, mezza Italia rischia di finire in arancione e le regioni corrono ai ripari. Come? Chiedendo l’abolizione del sistema dei colori, ovviamente: “Non ha più molto senso”, spiega il Toscano Eugenio Giani, “Va eliminato”, sottolinea il collega emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini, “Va abolito – fa eco dal Molise Donato Toma – siamo tutti d’accordo”.

La modifica del sistema delle fasce di colore è una delle richieste che i rappresentanti delle regioni hanno presentato al tavolo tecnico cui ieri hanno partecipato i tecnici del ministero della Salute, il Direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli. Sul tema il governo sarebbe cautamente “aperturista”, ma la zona rossa non si tocca.

Le regioni, tuttavia, intendono insistere su un altro tema controverso, ossia quello di considerare casi Covid soltanto i ricoverati sintomatici, escludendo quel 30 per cento circa di ricoverati per altri motivi, positivo al tampone ma asintomatico. Una scelta che snellirebbe non poco il tasso di saturazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva ma che incontra più di una resistenza nel mondo scientifico e – soprattutto – in quello medico: “Servono misure di controllo dell’epidemia – ha detto il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici – e non operazioni di maquillage”. Senza contare l’altra, censuratissima, richiesta di reintegrare al lavoro anche medici e infermieri positivi ma asintomatici e vaccinati con tre dosi: “Una proposta irresponsabile –. Se venisse attuata, tanto varrebbe abolire l’obbligo di vaccinazione.

Le regioni, infine, vorrebbero diminuire a soli 5 giorni la quarantena dei positivi sintomatici, ma su questo non sembra esserci disponibilità da parte del Governo.

Scatta oggi intanto l’obbligo di green pass base per accedere a barbieri, parrucchieri ed estetiste, mentre dal 1º febbraio l’obbligo si estenderà a pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari e a tutte le attività commerciali non considerate “indispensabili” da un dpcm in lavorazione. L’obbligo scadrà il 31 marzo.

Dad, ora Bianchi dà i numeri: “Sta a casa solo il 6%”

I dati sono del ministero dell’Istruzione raccontanti in audizione dal titolare Patrizio Bianchi: dovremo farceli bastare, perché se da un lato il ministro rivendica il fatto che i suoi calcoli arrivino da numeri oggettivi, dall’altro implicitamente mette in evidenza che quei dati il ministero se li tiene stretti e non li dà a nessuno con la scusa che vadano anonimizzati (come se qualcuno avesse mai chiesto il contrario). I sindacati, ma anche i giornalisti, li chiedono da mesi, ma non sono mai stati forniti.

Dunque tocca l’atto di fede: secondo i conti diffusi dal ministro alla Camera e di cui si sa soltanto che arrivano dalle scuole attraverso la piattaforma Sidi “con un grado di copertura dell’82% su 374.740 classi, il 93,4% delle classi risulta in presenza”. Di queste il 13,1% con attività integrata per singoli studenti a distanza. “Le classi totalmente a distanza sono il 6,6%” aggiunge il ministro. Bianchi fornisce anche i numeri in termini di studenti, con un campione che copre l’81,8% del totale di 7.362.181: “Gli alunni in presenza sono l’88,4%. Per l’infanzia il numero degli alunni positivi o in quarantena è il 9%, e quindi quelli in presenza sono il 91%; per la primaria gli alunni positivi o in Dad sono il 10,9%, per la secondaria di prima e secondo grado gli alunni in Dad o in didattica integrata sono il 12,5%”.

Questo significa che, di media, quasi un milione di ragazzi è a casa. Non proprio bruscolini. Dati in linea con quanto registrato in diverse regioni: ieri in Lombardia si parlava di 67 mila alunni in quarantena e più di 5 mila classi. Meno chiari invece i numeri del personale vaccinato perché se da un lato Bianchi dice che è sospeso solo lo 0,9 % dei lavoratori, nei documenti i vaccinati con due dosi si fermano a poco più del 95.

Inoltre non si tiene conto delle difficoltà che genitori e presidi segnalano nell’avere dalle Asl – soprattutto alla primaria – il responso dei primi tamponi (i cosiddetti T0, m a pure gli intermedi T5) che dovrebbero mostrare eventuali altri contagi e determinare lo spostamento in Dad delle classi, il che potrebbe sottodimensionare le stime. E alcune Asl, come già accade in Piemonte, invitano i genitori delle primarie a effettuare i test d’uscita direttamente (gratis) nelle farmacie qualora lo schema previsto “risultasse particolarmente difficoltoso”. Cioè in pratica sempre.

Le cifre di Bianchi comunque arrivano in risposta a quelle diffuse dall’associazione nazionale dei presidi che, nei giorni scorsi, aveva parlato di circa il 50% delle classi in dad. “Prendiamo atto con soddisfazione dei dati diffusi – ha detto ieri il presidente Antonello Giannelli – le nostre stime erano diverse in quanto basate sulle continue e costanti comunicazioni dei nostri iscritti, provenienti da tutto il territorio nazionale, che segnalavano l’infittirsi dei casi di contagio”. Non sarebbe comunque potuto essere altrimenti visto che i dati non sono aperti né costantemente pubblicati: ”Chiediamo che, da ora in avanti, il ministero pubblichi con cadenza settimanale tutte le statistiche necessarie ad avere contezza del quadro generale” ha concluso Giannelli mentre la Flc Cgil ha deciso di diffidare il ministro definendo i numeri “fumosi e opachi”. Se confermati, dicono, “sono meno rassicuranti di quanto appaiono: il 6,6% in dad e il 13,1% in ddi significa che complessivamente ci sono 64.368 classi in modalità a distanza o mista pari al 19% del totale. Al sindacato non rimane che diffidare il Ministro per inadempienza contrattuale: in forza del Protocollo sulla sicurezza il sindacato ha il diritto, a tutela del personale, di ricevere i dati del monitoraggio effettuato dall’Amministrazione”. Sulla stessa linea anche la Gilda degli Insegnanti: “Dopo mesi di richieste da parte nostra lasciate inevase – ha commentato il coordinatore nazionale Rino Di Meglio – ha fornito alcuni dati che, però, si limitano alle percentuali e danno un’idea riduttiva del reale disagio che le scuole stanno vivendo”. Critica soprattutto le percentuali regionali: “Il 4,9% di classi in dad e quarantena in Campania è fuorviante dal momento che un centinaio di sindaci ha emanato ordinanze di chiusura delle scuole dopo la pausa natalizia. Stesso discorso vale per la Sicilia (4,4%) e la Calabria (2,9%)”.

Covid, perché la mission e di Draghi è incompiuta

Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale il più rapidamente possibile, risollevare le sorti dell’economia. Quando il 3 febbraio dello scorso anno il presidente Mattarella affidò l’incarico di formare il governo a Draghi furono questi gli obiettivi della “missione”. La campagna vaccinale era da poco iniziata, il 27 dicembre 2020 e l’Italia era reduce da un anno segnato da un pesantissimo lockdown. Poco dopo Draghi avrebbe chiamato come commissario straordinario all’emergenza il generale Figliuolo. E in pochi mesi avrebbe messo in moto una macchina di decreti di legge, in rapida successione a partire dal 22 luglio in poi, per introdurre restrizioni capaci di far capitolare i renitenti al vaccino, garantire l’apertura di scuole e università, ridare ossigeno alle attività economiche. Il Paese, però, alla normalità non è ancora tornato. La pandemia di Covid con la variante Omicron lo ha nuovamente travolto (solo ieri oltre 192 mila nuovi contagi e 380 morti) mentre alla fine dello scorso anno mancavano ancora all’appello delle vaccinazioni ben 6,6 milioni di persone (18 dicembre, dato Iss).

Ma torniamo al luglio scorso, quando il Consiglio dei ministri approva il decreto legge 105, che prevede l’obbligo del Green pass per accedere a ristoranti e bar al chiuso, musei, stadi, palestre, piscine. Un vincolo che entra in vigore dal 6 agosto. Nel presentarlo, in conferenza stampa, il premier Draghi disse: “L’estate è già serena e vogliamo che rimanga tale. Il Green pass è una misura per potersi divertire, andare al ristorante, partecipare a spettacoli all’aperto e al chiuso con la garanzia di ritrovarsi con persone che non sono contagiose. È una misura che dà serenità e non toglie serenità”. Passerà non molto tempo per comprendere che quanto affermato dal premier fosse un’illusione: a una settimana da quella conferenza stampa, sarà Anthony Fauci a spiegare al mondo – prima ancora dei dati di Israele che lo certificheranno a fine estate – che “con la variante Delta anche i vaccinati possono infettarsi, pur se raramente, e da infettati possono trasmettere il virus”. Col decreto legge pubblicato il 6 agosto ci si pone il problema per la partenza in sicurezza di scuola e trasporti, estendendo l’obbligo del certificato verde ai docenti e personale Ata a partire da settembre. L’estate passa “serena”, della campagna sulle terze dosi nessuno parla. Seguiranno, fino a oggi, altri 5 decreti legge. Quello del 21 settembre (n. 127) per introdurre l’obbligo di Green pass per tutti i lavoratori a partire dal 15 ottobre. Poi ancora: il 26 novembre (n. 172) per estendere l’obbligo vaccinale a docenti, militari, forze dell’ordine, personale amministrativo della sanità, e per ridurre la validità del certificato da 12 a 9 mesi (il pass diventa lasciapassare indispensabile anche per treni e trasporto pubblico locale). Il 23 dicembre arriva il decreto “Salva Natale” (n. 221), che definisce l’estensione del certificato rafforzato (per vaccinati e guariti) anche per il consumo al banco di bar e ristoranti, introduce l’obbligo di mascherine FFP2 su mezzi pubblici, nei cinema, negli stadi, dà il via libera alla terza dose. “Ve lo ricordate il Natale dell’anno scorso? Vogliamo conservare un Natale come quello che c’era prima della pandemia? Questo sarà un Natale normale per i vaccinati. Questi vari interventi servono a dare certezze alla stagione turistica”. Il 29 dicembre un altro inasprimento, con il Super green pass anche per hotel, ristoranti all’aperto, impianti da sci e, soprattutto, l’introduzione del “sudoku” delle nuove regole per la quarantena per chi entra in contatto con un positivo da vaccinato. Infine, eccoci al 5 gennaio, con l’ultimo decreto che dispone l’obbligo di vaccinazione per gli over 50, Super Green pass per i lavoratori a partire dal 15 febbraio ed estensione del Green pass base per accedere a una serie di servizi per la persona come parrucchieri ed estetiste.

Ma a cosa sono serviti questi provvedimenti? Sono serviti a vincere le resistenze dei no vax e a contrastare i contagi? Solo in parte. Prendiamo, per esempio, una data chiave: il 16 ottobre, subito dopo l’introduzione dell’obbligo del certificato sui luoghi di lavoro. A quella data i non vaccinati over 12 sono più di 8,6 milioni (dati Iss). Uno studio europeo condotto da un gruppo di economisti e matematici di Bruegel e del Conseil d’Analyse economique che ha valutato l’impatto sull’economia dei pass in Francia, Germania e Italia, ha concluso che il certificato funziona, ha un “robusto effetto” sui tassi di vaccinazione, sui dati sanitari e sull’economia. Eppure da quel 16 ottobre i vaccinati, alla data del 18 dicembre, i “renitenti” che si sono convinti a vaccinarsi sono circa 2 milioni. E che il sistema del Green pass, a conti fatti, abbia influito in modo limitato sulla diffusione dell’epidemia, lo conferma il confronto con gli altri due “virtuosi” della vaccinazione, che non hanno mai introdotto il sistema del certificato, ossia Spagna e Portogallo. In Italia il ciclo vaccinale è stato completato dal 79,32% della popolazione totale (se guardiamo alla popolazione dai 5 anni in su siamo all’81,82%; 87% se consideriamo dagli over 12 in su), in Spagna dall’81,69, in Portogallo addirittura dal 90%. L’andamento esponenziale della crescita dei contagi nell’ultimo mese è pressoché parallelo per Italia e Spagna (che al 18 gennaio hanno raggiunto rispettivamente quota 2.942 e 2.382 casi ogni milione di abitanti) e superiore in Portogallo (3.613 casi), che, però, testa molto di più (23,50 tamponi al giorno ogni mille abitanti contro 16,72 di Italia e 7,54 di Spagna). E nella triste graduatoria delle vittime è l’Italia a registrare il dato peggiore: 5,36 morti ogni milione di abitanti, contro i 3,08 del Portogallo e il 2,73 della Spagna.

Questo perché, come più di un autorevole scienziato ha sottolineato, i pass vaccinali sono misure che, a maggior ragione con il diffondersi della variante Omicron, non hanno alcuna validità in termini di protezione sanitaria, ma solo politica. Anche perché, soprattutto ora, con l’alta contagiosità di Omicron e l’immunità naturale che ne consegue, il vaccino rappresenta in primo luogo una forma di protezione individuale, e non di comunità. Ieri il premier britannico Boris Johnson ha annunciato che dal 26 gennaio nel Regno Unito non saranno più in vigore le norme anti-Covid, a partire dal pass rafforzato – una versione del mini Green pass italiano – che non sarà più necessario. Israele, ha già annunciato lo stesso avviso: “Il passaporto vaccinale nell’era Omicron non è più rilevante e dovrà essere eliminato”, ha detto ieri il professor Cyrille Cohen, membro del comitato consultivo per i vaccini e noto immunologo. Insomma, l’era del Green pass sembra essere finita.

Se andiamo a rivedere la serie storica delle somministrazioni delle prime dosi di vaccino a partire dal decreto approvato il 22 luglio, e che ha dato il primo giro di vite, vediamo che dal 25 dello stesso mese al 13 agosto l’effetto sembra esserci (le prime dosi si mantengono quasi sempre e abbondantemente sopra la soglia delle 100 mila) per poi sfumare però progressivamente. Dal 21 settembre – quando viene dato il via libera all’obbligo del certificato sul luogo di lavoro – al 15 ottobre – quando tale obbligo entra in vigore – le prime dosi giornaliere solo in sei occasioni superano le 80 mila. E si continua a scendere progressivamente. Anche a cavallo delle festività, nonostante gli inasprimenti previsti dal decreto Salva Natale: tra il 27 dicembre e la fine dell’anno solo una volta le somministrazioni oltrepassano, e di poco, quota 60 mila. Arriviamo agli effetti del decreto Omicron, con l’obbligo vaccinale per gli over 50, una platea da raggiungere che il 5 gennaio è di circa 2,3 milioni di persone. Le prime dosi sembrano riprendere a correre, si arriva persino, il 15 gennaio, a superare le 95 mila. Un fuoco di paglia? Forse, visto che nei giorni successivi crollano a nemmeno 64 mila (16 gennaio) e 56.679 (17 gennaio). Facendo anche solo l’ipotesi che tutte le prime dosi eseguite dall’entrata in vigore del decreto Omicron siano state fatte a persone ultracinquantenni, potremmo dire che solo poco più di uno su tre è stato raggiunto, il 36,28%. Ma ovviamente le vaccinazioni non avranno riguardato solo gli over 50. A ricordare che la missione non è ancora compiuta, semmai ce ne fosse bisogno, c’è l’Oms col suo aggiornamento sulla situazione pandemica: l’Italia resta tra i 5 Paesi del mondo che hanno registrato il maggior numero di nuovi casi in 7 giorni, oltre 1,2 milioni, in aumento del 25% rispetto alla settimana precedente, contro un +20% segnalato a livello globale.