I sindacati che protestano contro la riforma delle pensioni lanciano ora la battaglia del carburante. I francesi che da più di un mese fanno fatica a spostarsi in treno, rischiano ora di trovarsi anche a corto di benzina per le loro auto. Da oggi e fino al 10, la Cgt, il più intransigente dei sindacati in lotta contro la riforma di Emmanuel Macron, ha lanciato un appello al “blocco totale” delle otto raffinerie di petrolio sparse sul territorio francese. Per Thierry Dusfrene, delegato Cgt a Total, sarà uno dei “tempi forti” della protesta. “Faremo in modo che non esca nulla per 96 ore. Dopodiché vedremo se bisognerà passare alla tappa successiva e bloccare anche le altre installazioni”, ha minacciato il sindacalista.
Il riferimento è ai 200 depositi di carburante che garantiscono al Paese una certa autonomia anche con le raffinerie ferme. Alcuni stabilimenti sono già semi bloccati da alcune settimane. Ieri all’impianto Total di Grandpuits, nella regione parigina, quasi fermo dal 5 dicembre, e che aveva appena ricominciato a far uscire le materie prime, è stato di nuovo votato il blocco totale. Qui più del 70% dei 170 operai sono in sciopero. Ieri li è andati a incontrare Jean-Luc Mélénchon, leader della France Insoumise, sinistra radicale, che li ha incitati a continuare: “Prima o poi Macron cederà”. Il ministro dell’Interno, Christophe Castaner, ha assicurato che “non ci sono rischi di penuria di carburante” in Francia. Ma dall’inizio della protesta i siti dei giornali pubblicano carte dettagliate delle stazioni di servizio a secco. Ora che il blocco è totale il timore è che i francesi facciano la corsa alle pompe per assicurarsi il pieno di benzina, con lunghe code e nuove tensioni. A 32 giorni dall’inizio della protesta, lo sciopero, che ha battuto i record di longevità, ha già complicato le feste di fine anno dei francesi e complica ora il loro ritorno al lavoro. I treni e i metrò di Parigi continuano a funzionare a singhiozzo.
La Sncf, che gestisce le ferrovie, ha già annunciato un buco di almeno 600 milioni di euro. Una nuova giornata di mobilitazione nazionale, la quarta, è in programma giovedì 9. Si mobilita anche il collettivo Sos Retraites, che riunisce avvocati, piloti e tutto il settore aereo, infermieri e personale sanitario: si minaccia uno sciopero illimitato dal 3 febbraio. Nonostante tutto, il 61% dei francesi, secondo l’ultimo sondaggio Odoxa per France Info, continua a sostenere la protesta. È invece il 66% (per uno studio Elabe) a opporsi all’introduzione dell’età di “equilibrio”, la misura più controversa del progetto di legge, che porterebbe a 64 anni l’età per la pensione piena, invece dei 62 attuali. Questa misura è al centro dei negoziati tra sindacati e governo che riaprono oggi dopo la pausa natalizia. Per i francesi, che sono stanchi di tanti disagi, era tempo che gli addetti ai lavori tornassero a tavolino.
Ieri il ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha detto che il “compromesso non è mai stato così vicino”. Nel tentativo di uscire dall’impasse, Laurent Berger, segretario generale del sindacato più moderato, la Cfdt, ma fermamente opposto al principio di età di equilibrio, ha proposto al governo di rimandare a più tardi la questione dell’equilibrio finanziario del sistema pensionistico organizzando una conferenza tra luglio e settembre.
Ciò permetterebbe di concentrarsi ora solo sull’aspetto strutturale della riforma, che prevede il passaggio a un sistema “universale a punti” e la fine dei regimi speciali. “Ottima proposta”, ha commentato Le Maire. Jean-Luc Martinez, segretario generale della Cgt, che si era lamentato in tv per non essere stato invitato all’incontro di oggi, rifiuta in blocco la riforma e non intende cedere. “Io continuo la battaglia – conferma Laurent Brun, capo della Cgt-Ferrovieri – non esiste che si debba aspettare luglio per avere una risposta alle nostre rivendicazioni”.