Per quanto ancora dovremo sopportare le affermazioni gratuite dell’ex direttore dell’ex Teatro Eliseo riportate con dovizia da molti quotidiani senza uno straccio di commento o replica? Per quanto dovremo assistere alla demolizione di un importante teatro italiano sopportando in silenzio questa privazione di cui fanno le spese la collettività, il pubblico e la Cultura? Prima di chiudere i battenti per sempre il Teatro Eliseo è stato portato rapidamente allo sfascio, progressivamente privato degli storici abbonati, di un progetto culturale e di ogni criterio di sana gestione. E a questa incompetente e folle gestione sono stati riconosciuti dallo Stato 8 milioni di euro (con la motivazione ufficiale che l’Eliseo compiva 100 anni; in realtà anni prima Maurizio Giammusso scriveva un bel volume per il centenario dell’Eliseo…) con cui l’ex direttore afferma di “aver ripristinato la facciata storica e gli impianti di climatizzazione”! Ma cos’è l’Eliseo, la Reggia di Caserta? E “i progetti speciali”… ma quali? Dove sono?
Ma veniamo alle note dolenti: per l’ottenimento del finanziamento di 8 milioni, l’ex direttore Barbareschi è stato rinviato a giudizio (dal pm Antonio Clemente) insieme al suocero, l’ex ragioniere dello Stato Monorchio e al “faccendiere” Tivelli che si sarebbe mosso per inserire nella Finanziaria l’illegittimo contributo. I tre sono accusati di “traffico d’influenze illecite”.
E, ancora, esaminiamo alcuni stralci del- l’ordinanza di remissione alla Corte costituzionale emanata dal Consiglio di Stato il 21.12.20: “La legge in questione (quella degli 8 milioni) potrebbe risultare in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione per violazione del principio di uguaglianza e parità di trattamento… discriminazione delle altre imprese… irragionevole e arbitraria… che costituisce anche la violazione degli articoli 9 e 33 della Costituzione, posti a tutela dello sviluppo della Cultura e della libertà di espressione artistica… nonché violazione dell’articolo 97 e cioè dei principi di buon andamento e imparzialità… È infatti indubbio che – anche alla luce delle norme europee – al pari del teatro beneficiario le società ricorrenti (Quirino, Sistina, Ambra Jovinelli) siano imprese che agiscono sul medesimo mercato, in concorrenza tra loro, fornendo lo stesso tipo di servizio… È una violazione dell’articolo 41 che garantisce la libertà dell’iniziativa economica privata…”. Così il Consiglio di Stato. E per la prima volta, una fattispecie riguardante lo spettacolo verrà discussa in udienza pubblica presso la Corte costituzionale il 10 maggio.
Comunque, dopo il regalo di quegli 8 milioni (che presto ci auguriamo l’ex direttore dovrà restituire agli italiani) ci si sarebbe aspettato un futuro migliore per il povero Eliseo, non una rapida corsa verso la chiusura. Quei soldi sono serviti probabilmente a comprare le mura. I dipendenti non sono stati pagati, molti sono in causa e tutti e 21 sono stati licenziati: l’Eliseo non ha pagato buona parte delle compagnie ospiti, valanghe di decreti ingiuntivi, imprese che bloccano i finanziamenti ordinari del ministero della Cultura, teatro definitamente chiuso. E ha anche incassato 700.000 euro di ristori causa pandemia! Incredibile. Mentre noi, poveri mortali, con teatri altrettanto se non più gloriosi, percepiamo una media di 50.000 euro all’anno e restiamo aperti nonostante la pandemia… E ora, ciliegina sulla torta, l’ex Teatro Eliseo è in vendita. Per 24 milioni di euro. Ma il valore di mercato dell’immobile, fortunatamente vincolato dallo Stato alla sua funzione di teatro, si aggira tra i 4 e i 5 milioni. Cioè quanto l’ex direttore lo ha pagato. Probabilmente con i soldi dello Stato. Ma non è finita qui, perché in caso di vendita, l’ex direttore è convinto che il compratore gli chiederà di rimanere a gestire il teatro. Chi, mi domando?
Quelli che avete letto sono fatti amministrativi, costituzionali e penali, non solo per noi che restiamo in trincea, ma per la memoria di tanti che di tasca loro hanno pagato e perso i teatri che gestivano, come Paolo Donat Cattin, a cui vennero tolti prima il Giulio Cesare e poi il Nazionale, o come Pietro Garinei col Sistina (ora nelle sapienti mani di Massimo Piparo). Perché la nostra si chiama “Intrapresa privata” e si paga mettendo le mani nelle proprie tasche, non in quelle degli italiani.