Tra i 455 vincitori di concorso esclusi dalle assunzioni dei nuovi agenti di Polizia c’è un nome particolare: Emanuela Loi. Non è solo un’omonima della più giovane agente della scorta di Paolo Borsellino, uccisa a 24 anni in via D’Amelio dal tritolo di Cosa Nostra. È sua nipote, la figlia di Marcello Loi, il fratello minore di Emanuela, diventato anche lui agente dopo la strage del luglio 1992. Una missione, quella di servire lo Stato, scritta nel dna della famiglia. “È inevitabile, quando hai genitori che fanno questo mestiere”, dice. “Ci nasci, ce l’hai dentro. Per questo la mia situazione è ancora più insopportabile. Sono arrivata a un passo dal mio sogno e me l’hanno rovinato”.
Quando ha deciso che voleva fare la poliziotta?
L’ho detto, ci sono nata. Naturalmente l’esempio della zia ha avuto il suo peso. Quando è stata uccisa, mamma era incinta: sono nata a novembre 1992. Sono cresciuta guardando a lei. Adesso giro per le scuole, non perdo mai un evento o una commemorazione. Cerco di coltivare il valore della memoria. E credo che la nostra vicenda sia anche una mancanza di rispetto verso chi, come lei, per lo Stato ha dato la vita.
Lei ha appena compiuto 27 anni. Quando ha fatto il concorso ne aveva 25, sarebbe rientrata anche nei nuovi limiti.
Certo, ma nel frattempo ne ho compiuti 26, e questo basta. E non ho fatto il servizio militare, altrimenti sarei arruolabile fino a 29 anni. Alla faccia della smilitarizzazione della polizia. Già è stato un miracolo trovare un concorso aperto ai civili…
Perché, sono rari?
Non ne facevano da vent’anni.
Che percorso di vita ha alle spalle?
Ho fatto il liceo scientifico, poi mi sono iscritta a Scienze motorie, senza laurearmi. Avevo qualche progetto, mi sarebbe piaciuto aprire un affittacamere qui nel cagliaritano, dove vivo. Ma ho messo da parte tutto, perché il sogno di entrare in polizia veniva prima. Così, adesso che ho 27 anni e una figlia, non ho mai avuto un impiego stabile, e a portare avanti la famiglia è il mio compagno, che fa il commerciante.
Le prove scritte come sono andate?
Molto bene, ho fatto 9,125 su 10. Sette risposte sbagliate su 80 domande. Quando quell’emendamento ci ha escluso sono state ripescate persone che avevano fatto 8,2, che avevano sbagliato 10 domande più di me.
Si è fatta un’idea del perché di questa scelta?
Davvero, non ne ho idea. Mi sembra qualcosa di inspiegabile. Soprattutto perché a volerlo è stata la Lega, che a parole è sempre dalla parte delle forze dell’ordine. Ci siamo rivolti anche a Salvini, quando era ancora ministro, e ci ha detto che quelle erano le nuove regole, che lui non poteva farci nulla. Intendiamoci, non c’è nulla di male a voler ringiovanire il corpo di polizia, e nemmeno a privilegiare chi ha un’istruzione superiore. Ma se da un lato si escludono i laureati, e dall’altro i militari sono ammessi anche se più anziani, trovare il senso è difficile.
Siete fiduciosi in vista della decisione del Tar sul merito della vicenda, prevista per aprile?
In realtà no: anche se Tar e Consiglio di Stato in via incidentale ci hanno già dato ragione, è probabile che il vero nodo sia la costituzionalità della norma. Quindi il Tar potrebbe sollevare una questione davanti alla Consulta e ci vorrebbero altri mesi. Nel frattempo noi rimaniamo a casa. Servirebbe una soluzione politica.
Che però non arriva.
A parole ci vengono incontro tutti, dal Pd a Fratelli d’Italia fino alla stessa Lega, che pure è la responsabile di questa situazione. Poi, però, i 6 emendamenti presentati in legge di Bilancio per risolvere la questione sono stati ritirati spontaneamente. Ora speriamo nel Milleproroghe.
La storia
Emanuela Loi, nata a Cagliari nel 1967, è stata la prima poliziotta italiana a essere uccisa in servizio. Insieme a lei, il 19 luglio 1992, morirono Paolo Borsellino, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano e Claudio Traina