La presentazione di due nuovi ministri, qualche frecciata all’ex alleato Matteo Salvini e diversi spunti per la cosiddetta Fase 2 del governo che dovrebbe partire a gennaio, a meno di incidenti di percorso. La conferenza stampa di fine anno di Giuseppe Conte è servita al presidente del Consiglio per rivendicare quanto fatto nell’emergenza della prima manovra e a confermare la tenuta del suo esecutivo, nonostante gli ultimi scossoni natalizi che hanno portato alle dimissioni del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti.
In questi sei pareri abbiamo affidato l’analisi della conferenza a sei tra nostre firme ed esperti di comunicazione politica, tentando di giudicare contenuti e forma del Conte di fine anno.
Antonio Padellaro
Tra immigrazione e pieni poteri, il vero bersaglio è Matteo Salvini
Da quell’indimenticabile 20 agosto, quando al Senato menò alla grande un rintronato Salvini, Conte non perde occasione per regolare i conti con il suo unico, vero avversario. Così la conferenza di fine anno è stata per il premier un’imperdibile occasione per dire all’ex Capitan Fracassa che da quando non c’e più lui, al Viminale si ottengono “ottimi risultati” nel contrasto all’immigrazione clandestina. E ciò senza l’inutile “clamore” dell’ex ministro tutto chiacchiere e distintivo, sostituito dall’energica e silenziosa Lamorgese. Che dire poi della non velata allusione alle fregole dittatoriali dell’uomo del mojito con quella richiesta dei pieni poteri? Un modo per suggerire alla Lega, di cui riconosce il peso e la legittimità a governare, di non fidarsi troppo di un leader ad alta gradazione alcolica. Ma l’affondo più efficace sono le risposte compiaciute di un premier che si sente saldamente in sella. Così, dando implicitamente ragione alle ingiurie della destra, forse Conte voleva dire a Salvini qualcosa del tipo: io sono a palazzo Chigi e tu no.
Pietrangelo Buttafuoco
Fuori un ministro, dentro due mossa degna della Dc di Fanfani
Ci voleva il M5S a far tornare la Dc. Togli uno e ne metti due. Questo ha fatto Giuseppi Conte. Una trovata, questa di separare l’istruzione, di Amintore Fanfani e poi perfezionata da Ciriaco De Mita quando alla Ricerca e Università nominò Antonio Ruberti. D’altronde, si sa: il governo è nato per rimediare ai danni del precedente. Presieduto da lui stesso va da sé – un dettaglio – ma è il signor Conte lui. È uno ed è due. La location è quella di Villa Madama tanto adorata dal Cav adesso toccata a Conte, un democristiano delle file remote pur sempre segnato dal berlusconismo o forse ben istruito da Casalino: coglie l’orario dei due tg, 1 e 2, e ne approfitta per salutare i telespettatori. I giornalisti che fino a quando era un gialloverde lo sfottevano ma adesso, per il miracolo della legittimazione del Pd, lo trattano meglio di una figlia femmina. L’intercalare del cerimoniere è tutto un “se ce lo concede Casalino…”, “se Rocco vuole…”. Sì, ci volevano i 5 Stelle per far tornare il berlusconismo. Ma in forma minore. Niente buffet. Manco un bicchiere d’acqua.
Michela Morizzo
Il “mediatore” piace ai cittadini. In economia ci si aspetta altro
Dal punto di vista dei consensi, almeno in teoria, direi che la conferenza è a saldo zero. Nel senso che Conte ha confermato la sua immagine da mediatore di grande equilibrio, una caratteristica che è alla base del suo alto gradimento personale. In un governo che piace molto poco – siamo al 26%, soltanto 3 punti in più di quando cadde Renzi – la sua fiducia personale è figlia proprio di questa capacità, oltreché del fatto di non poterlo identificare con alcuna bandiera. Non a caso, Conte ha preso le distanze da eventuali nuovi gruppi parlamentari in suo nome. D’altra parte, credo non sia stata una grande mossa definire “una maratona” la strada economica da qui ai prossimi anni. Lui lo ha fatto perché probabilmente voleva rassicurare sulla durata dell’esecutivo, ma gli italiani vogliono risposte molto più rapide, non si accontentano di un programma su tre anni. Abbiamo appena misurato la fiducia dei cittadini sull’economia e solo il 12% crede che le cose miglioreranno tra un anno. Troppo poco per pensare a una maratona.
Nadia Urbinati
Pare convinto di poter durare a lungo: difficile, ma possibile
Mi è sembrato che Conte abbia voluto gettare acqua sul fuoco, moderare i toni e mandare il messaggio che è vero, i problemi sono in agguato ma sono anche tutti sotto controllo. In questo stesso modo sono state trattate anche le dimissioni di Fioramonti, che invece sono importanti perché ci testimoniano quanto poco peso abbiano ancora oggi, nella politica, ministeri cruciali come la Scuola e la Ricerca. Se fosse saltato un ministro “forte”, avrebbe scombussolato il governo? Credo di sì, e invece purtroppo siamo di fronte a un ministero di “Serie B”. Per il resto, mi è sembrato un premier convinto di poter durare a lungo e sono d’accordo: se riusciranno a litigare col silenziatore, possono arrivare a fine legislatura. Il primo scoglio però sarà già a gennaio, perché bisognerà vedere cosa voteranno i renziani sul caso Salvini e Gregoretti. Dopodiché, come ha sottolineato lo stesso Conte, la vera sfida del prossimo anno sarà quella di una seria lotta all’evasione.
Gavin Jones
Ha superato le diffidenze iniziali, ma occhio a compiacersi troppo
La metamorfosi di Conte è abbastanza straordinaria se si pensa agli esordi del premier, con la controversia sul suo curriculum e la famosa scena con Luigi Di Maio che doveva aiutarlo a metter in ordine i fogli del suo primo discorso. Ora sembra a suo agio in ogni situazione e la conferenza stampa ne è stata un esempio. Parla per tre ore e risponde a tutte le domande con sicurezza, anche quando rimane sul vago, e sembra sempre più rassicurante e tranquillo. Poi magari il governo cadrà fra due mesi, ma questo dipende poco da lui. È notevole come ha superato le diffidenze iniziali del Pd e ora non risulta più così vicino ai 5 Stelle, ma equidistante fra i due partiti. Sembra un naturale mediatore, visto che anche Salvini lo elogiava in questo ruolo fino a poco prima della rottura. Nella conferenza stampa ho notato però qualche attimo di autocompiacimento, e a questo Conte dovrà stare attento, perché nella politica italiana appena cominci a far vedere che ti consideri bravo, ti fregano.
Giovanni Diamanti
Che cambiamento in un anno: ora parla da leader di coalizione
Trovo interessante come Conte abbia preso le distanze da chi vorrebbe creare gruppi parlamentari in suo nome. È sintomo di come il premier abbia parlato da leader di coalizione, superando anche l’immagine di uomo dei 5 Stelle che gli era stata messa indosso. Non si tratta solo di una condizione dettata dalla necessità di mediare tra gli alleati, ma anche di un progetto per il futuro a cui credo il premier stia facendo più di un pensiero. Rispetto al Conte dell’inizio del governo gialloverde, ha cambiato del tutto strategia e immagine, anche perché non deve più fare i conti con due vicepremier così ingombranti. A differenza di allora, oggi Conte ha un nemico chiaro, ovvero Matteo Salvini, con cui accetta lo scontro talvolta attaccando lui per primo l’ex alleato. Nel precedente governo questo non accadeva: Renzi e Zingaretti non erano mai stati trattati da “nemici”. Il celebre discorso in Senato dello scorso agosto contro Salvini ha fatto capire che questo modello poteva essere la strada più efficace.