La giacca l’ha lasciata su una sedia, ma il pensiero fisso non lo abbandona mai in un’ora di colloquio. “Serve verità” ripete il presidente della Camera Roberto Fico, ed è un’urgenza necessaria per i prossimi Stati generali del Movimento come per il governo giallorosso, piuttosto che per l’Italia, un Paese dove le piazze si sono riempite di Sardine. E Fico non può dolersene: “Pongono temi che sono richieste per la politica”.
Mentre parliamo, la Camera sta approvando la legge di Bilancio senza averla potuto modificare, quindi senza averne potuto davvero discutere. Uno spettacolo desolante per il Parlamento.
Tutto questo rappresenta un problema che si era verificato già l’anno scorso e che si ripresenta. La compressione dei tempi, con la legge di Bilancio presentata in ritardo, non è tollerabile. Per questo a gennaio proporrò a tutti i gruppi parlamentari una riforma per anticipare i tempi entro cui la legge va presentata in Parlamento. E bisogna interloquire con le istituzioni europee per anticipare la data in cui consegnare il progetto di bilancio.
Questo modo di procedere riflette le difficoltà del governo. Come si può cambiare passo da gennaio?
Per andare avanti tutti i governi devono avere una visione chiara delle cose da fare, degli obiettivi. E si può fissare con un cronoprogramma.
Quindi l’idea lanciata da Giuseppe Conte sul Fatto la convince?
Chiamiamolo cronoprogramma, ma possono anche essere cinque punti programmatici condivisi.
Ne dica alcuni.
Non voglio delineare il programma del governo. Però di certo bisogna portare a compimento quanto deciso dai cittadini con il referendum sull’acqua pubblica, con una legge apposita.
Ma cosa deve fare in prospettiva il M5S, lavorare a un nuovo centrosinistra come ripete Beppe Grillo o restare ago della bilancia, equidistante da destra e sinistra, come ha spesso detto Luigi Di Maio?
Prima di scegliere la strada il M5S deve fare una profonda riflessione interna, con dibattiti politici. Dopo dieci anni, deve riuscire a riconoscere se stesso. È fondamentale per dialogare meglio.
Perché il M5S si è smarrito? Per il potere, per i Palazzi?
Non parlerei di smarrimento. Piuttosto, c’è stata una crescita velocissima che nel giro di pochi anni ha portato i 5Stelle al governo. Il M5S ha dovuto fare i conti con le trattative con le altre forze politiche, con la gestione delle dinamiche parlamentari e con la complessità del lavoro quotidiano. Abbiamo subito dei contraccolpi. Dobbiamo capire dove abbiamo sbagliato e cosa ha funzionato, e fare una sintesi.
Tutto questo va fatto negli Stati generali di marzo?
Io ho sempre chiesto un momento e un luogo di riflessione. Dovranno essere consistenti, un momento di autentica partecipazione. Bisogna uscire fuori dal verticismo e arrivare a una maggiore collegialità. E arrivare a risultati politici.
Se li definisco come un congresso lei si impressiona?
Non mi impressiono affatto. Ma preferisco sempre cercare nuovi modelli. Di certo non dovranno essere un evento patinato: servirà verità, sul Movimento.
Perché si è creata questa distanza tra il capo politico Di Maio, i big e i gruppi parlamentari? Come vanno ripartite le responsabilità?
Per superare questa distanza serve un luogo dove dirsi le cose fuori dai denti. Ma serve anche un’organizzazione più complessa per un Movimento che di fatto è più complesso.
I facilitatori voluti da Di Maio bastano? O serve anche una segreteria politica?
Abbiamo bisogno di varie tipologie di organi. I facilitatori possono essere una fase. Dobbiamo valutare se sono sufficienti o se vanno seguite anche altre strade.
Molti eletti si sono lamentati per la nomina di troppe persone vicine a Casaleggio tra i facilitatori. E in generale, il patron di Rousseau sembra diventato un grande problema per il M5S.
Alcuni dei facilitatori sono stati nominati da Di Maio. Oneri e onori su queste scelte sono suoi.
Invece l’onere dei deputati 5Stelle che si sono candidati per il concorso della Camera è solo loro? È un fatto che restituisce una brutta immagine del M5S.
I concorsi saranno meritocratici, e li supereranno solo coloro che avranno studiato bene, con le proprie forze. Dopodiché i parlamentari che hanno i titoli possono partecipare. Ma è altamente inopportuno che lo facciano. E noi consigliamo loro di ritirarsi.
Diversi 5Stelle si ritirano, ma dal Movimento. Tre senatori hanno appena traslocato nella Lega, altri sono sulla porta, e qui alla Camera si parla di un nuovo gruppo di sostegno a Conte. Il M5S si sta sfaldando?
Penso che passare a un’altra forza politica non sia il modo di affrontare i problemi. Invece affermare anche in modo forte che certe cose vanno modificate all’interno del M5S è un diritto e un dovere. Però ricordo che c’è una parte consistente dei gruppi che lavora e ottiene risultati.
Le Regionali si avvicinano. Lei discuterebbe con il Pd e il centrosinistra di accordi a livello locale?
Sono convinto che non si può non dialogare. Quindi bene il confronto, anche con il Pd e a livello nazionale come a livello regionale, ma fatto in un certo modo.
Cioè?
A dialogare devono essere i gruppi sui territori, e devono farlo sui temi. E non ci devono essere scelte calate dall’alto. Bisogna lavorare per favorire la massima partecipazione dal basso, tenendo conto delle specificità di ciascun territorio.
È un processo che vede possibile?
È un processo a cui bisogna lavorare, perché l’obiettivo del Movimento è sempre stato quello di migliorare tutta la politica. Anche in linea teorica e astratta non sarebbe utile un M5S perfetto in uno scenario politico per il resto totalmente negativo.
In Campania lei lo candidirebbe il ministro Sergio Costa? Lui pare aperto all’idea…
Il punto non sono i nomi, ma i temi e i progetti.
Cosa sono le Sardine?
Io ho visto delle belle piazze con delle giuste richieste per la politica. Pongono temi che condivido.
In quelle piazze forse c’erano anche diversi 5stelle delusi, no?
Sì, direi di sì.
Se Stefano Bonaccini perderà in Emilia Romagna, il governo rischia di cadere?
No, i governi non devono rischiare su questioni regionali.
@lucadecarolis