Le inchieste sulla Popolare di Bari aperte dalla Procura del capoluogo pugliese sono sette: riguardano vari aspetti problematici, eufemizzando, della gestione della banca. Da qualche giorno, però, i fascicoli si moltiplicano e ormai sono decine, tutti più o meno simili: sono quelli che i pm aprono sulla base delle denunce che ogni giorno arrivano da parte dagli azionisti dell’istituto. Le accuse sono sempre le stesse, anche se al momento non ci sono indagati: in sostanza l’istituto avrebbe venduto titoli senza informare correttamente i clienti, titoli che oggi non valgono quasi nulla.
Sono storie che abbiamo già incontrato nei molti crac bancari di questi anni e che hanno colpito centinaia di migliaia di persone in tutta Italia: profili di rischio manipolati, procedure di vendita adattate ai bisogni di capitale della banca, informazioni omesse, prezzo delle azioni stabilito in modo arbitrario (e anche questo non è un complimento per gli organi di vigilanza). Molti clienti, ad esempio, sostengono di essere stati convinti di fare un investimento sicuro e liquido: in questi anni, al contrario, hanno scoperto che quelle azioni non possono essere vendute nemmeno in perdita.
Un profluvio di indagini penali che s’affianca alle decine di cause – destinate ad aumentare vertiginosamente – già presentate davanti al giudice civile più o meno con le stesse motivazioni: le prime sentenze sono attese nella prima metà del 2020 e possono diventare (se la banca sarà condannata a risarcire) un nuovo ostacolo sulla strada del salvataggio appena avviato con soldi pubblici da un lato e capitali del Fondo interbancario dall’altro. Come nei casi precedenti d’altra parte, parliamo di perdite pesanti, spesso poste a carico di “clienti fragili”, che in quelle azioni avevano investito magari tutto il Tfr e oggi si ritrovano senza niente in mano.
Un po’ di numeri per capire le dimensioni del fenomeno. I soci di Popolare di Bari sono poco meno di 70mila e, tra loro, i piccoli risparmiatori circa 60mila, in gran parte pugliesi. Le azioni dal giugno 2017 sono quotate sul borsino Hi-Mtf: da 7,5 euro l’una sono arrivate a 2,38, ma in realtà non valgono quasi nulla (dopo l’aumento di capitale dovrebbero finire a 0,4 euro, cioè il 5% del valore iniziale). In totale la banca pugliese ha bruciato soldi dei soci per 1,5 miliardi di euro, cui andranno probabilmente aggiunti i 213 milioni del bond subordinato emesso nel 2018.
Un conto pesante che potrebbe aggravare anche quello dei salvatori, in particolare dello Stato via Mediocredito centrale (Mcc), che a oggi dovrebbe investire 500 milioni, forse 700 se – come pare – il buco dovesse essere più profondo di come sembra. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, però, non pare preoccupato: “È giusto che ci siano dei risarcimenti dove ci sono state delle truffe. Evidentemente le regole non sono state rispettate” e, a questo proposito “toccherà verificare con grande attenzione se le istituzioni preposte a garantire il rispetto delle regole (Bankitalia su tutte, ndr) hanno agito correttamente”.