“Franco ha mangiato sempre con la Caronte. Appena gli portavano un progetto, Franco glielo faceva passare prima del tempo. Tutto quello che vuole, ha tutto! Quelli mandano il maggiordomo ca pila (con i soldi, ndr) là e gli dà le polpette”. Sta tutto in questa intercettazione quello che la Dda di Reggio Calabria definisce il “metodo Morabito”, dal nome del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Villa San Giovanni, Franco Morabito, ex consigliere provinciale del Pdl, finito in carcere per corruzione nell’operazione “Cenide”. Quelli “ca pila”, invece, sono i manager della Caronte&Tourist (la società di navigazione che si occupa del traghettamento sullo Stretto) arrestati ieri assieme al sindaco Giovanni Siclari, fratello del senatore di Forza Italia, Marco Siclari. Il primo cittadino è accusato di essersi fatto corrompere dal presidente della Caronte Antonino Repaci e dall’ad Calogero Famiani.
Tutti e tre da ieri sono ai domiciliari su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gerardo Dominijanni e dei pm Walter Ignazitto e Gianluca Gelso. I carabinieri hanno eseguito 11 ordinanze di arresto di cui 2 in carcere. Posti di lavoro in cambio di concessioni illegittime. Sarebbe stato questo il sistema della Caronte&Tourist per realizzare le opere per “la riorganizzazione dell’area Villa Agip”, un piazzale di proprietà di Anas, che è stata convinta dal sindaco Siclari a stipulare una convenzione con il Comune. Il tutto, secondo i pm, “al fine di cedere l’area in subconcessione alla Caronte&Tourist”. In cambio di assunzioni come quella del figlio di una consigliera di minoranza Angela Vilardi detta “Lina”.
In questo modo Siclari si è assicurato i voti in consiglio comunale. “Ti sistemano un figlio e cambiano gli equilibri! E con Lina questo ho fatto”. Intercettato, il sindaco confessa quello che il gip nell’ordinanza taccia come “inquietante quadro di sistematici abusi e corruttele”.
Ne sa qualcosa l’altro responsabile dell’ufficio tecnico, il geometra Giancarlo Trunfio. Pure lui è finito in carcere per aver agevolato la Caronte nella realizzazione della nuova biglietteria automatica in cambio della promessa di assunzione del figlio. Come ha fatto, lo spiega sua moglie alla sorella: “È uno scambio, perché Giancarlo potrebbe… non chiudere un occhio, dieci ne ha chiuso e loro lo sanno. E quindi è un compromesso. Cioè, io a te e tu a me”.
Il vero “dominus” del Comune però era Franco Morabito, “padre padrone” e, al contempo, “grande elettore” degli amministratori locali. “Cambiano i sindaci, cambiano gli assessori però l’ingegnere Morabito non cambia mai”. Il pentito Vincenzo Cristiano lo aveva raccontato nel 2017 ai pm qual è il modus operandi del dirigente comunale indagato anche per concorso esterno con la ’ndrangheta. Dalle famiglie mafiose incassava i voti “per sé e per i candidati da lui indicati”. Ma anche la “protezione delle ’ndrine e la possibilità di utilizzare i loro metodi intimidatori per imporre le proprie regole”.
Il funzionario ha sfruttato il suo ruolo per lucrare vantaggi patrimoniali. Per lui erano atti di “benevolenza”. Per la Dda, invece, si trattava di “promesse di assunzioni, contributi economici, regalie e cene gratuite”. A volte si trattava di “vere e proprie ‘mazzette’ in denaro”.
Sessanta anni, di cui quasi 30 da dipendente comunale, Morabito otteneva tutto quello che voleva: dagli incarichi per il figlio ingegnere Giovanni Marco Morabito (finito ai domiciliari) agli sconti per la festa di laurea della sua amante di 28 anni, tale Faby. Per lei è accusato anche di peculato: il “padre padrone” utilizzava l’auto del suo ufficio per recarsi in un b&b dove avvenivano gli incontri con la ragazza. In più occasioni i carabinieri lo hanno pedinato fino alla stanza dove i due si appartavano e dove, in più occasioni, uscita l’amante entrava la moglie di un consigliere comunale.