Centomila Sardine in piazza San Giovanni. La manifestazione di Roma di sabato scorso è stata il definitivo rituale di iniziazione di un nuovo attore politico: il movimento giovanile nato in Emilia adesso è ufficialmente una realtà nazionale. Con tutto quello che comporta: esposizione mediatica e dibattito sulla sua natura e sui suoi destini.
Cosa devono fare adesso le Sardine? Devono darsi una struttura per radicare il consenso che hanno saputo generare? Devono trasformarsi in un partito a tutti gli effetti? Devono intervenire ufficialmente nella prossima, decisiva sfida elettorale, le Regionali in Emilia-Romagna? Sono un fenomeno effimero oppure saranno in grado di condizionare nel tempo lo scenario italiano? L’abbiamo chiesto ad alcuni tra i più autorevoli osservatori e commentatori della politica italiana.
Peter Gomez
Non cedano alle solite lusinghe. E adesso scoprano le periferie
Difficile dire cosa faranno le Sardine da grandi. Gli ideatori del movimento sono tirati di qua e di là da tutte le forze politiche anti-Salvini e da quei gruppi editoriali che nel recente passato hanno sostenuto molti leader di sinistra capaci solo di affossare la loro parte politica. Se sapranno resistere a questa rete di blandizie e di elogi (sperticati e interessati), dimostreranno umiltà e carattere costruendo il proprio futuro. Se si faranno avviluppare è ragionevole pensare che finiranno male. A oggi una base programmatica non c’è. I principi enunciati hanno un solo comune denominatore: il no alla Lega, declinato in no al sovranismo e al populismo. Non è molto, ma è già qualcosa perché spinge gli altrimenti addormentati avversari di Salvini ad andare con civiltà in piazza. Per questo è il caso che le Sardine nell’immediato pensino solo alle prossime Regionali andando, come promesso, a riunirsi anche nelle periferie delle città e nei paesi più piccoli. Per arrivare poi a elaborare delle vere proposte. Insomma: calma, attivismo e gesso.
Lorenza Carlassare
Bene così: la loro funzione è smuovere le coscienze
L’idea che qualche partito voglia mettere il cappello sulle Sardine mi spaventa. Lasciate in pace quei ragazzi, per carità. E neanche si può pretendere che abbiano chissà quali programmi o progetti futuri, non sono un partito e non vogliono esserlo, vogliono semplicemente esprimere sensazioni diffuse in migliaia di persone, come l’avversione a questo scivolamento a destra del Paese o la valorizzazione dei principi costituzionali. La funzione delle Sardine è quella di smuovere coscienze – o almeno, quelle che ancora non sono impermeabili – e dimostrare alla destra che il popolo non è tutto allineato. Mi sembra difficile che le Sardine possano diventare un partito anche perché mi pare che al loro interno ci siano anime e idee molto diverse. Piuttosto, consiglierei a questi ragazzi di non lasciarsi “intrappolare” dai media: la sovraesposizione è pericolosa e non c’è alcun vantaggio nell’esser trascinati in dibattiti politici quotidiani. Senza dimenticare il rischio di montarsi la testa.
Andrea Scanzi
Chi va in piazza non può essere timido, basta fare i boy scout
Era splendida piazza San Giovanni gremitissima, le Sardine mi piacciono, ma dall’onnipresente Santori mi aspettavo più contenuti. Cioè: sali sul palco, davanti a tutte quelle persone; mostri la faccia compiaciuta; fai battutine sui giornalisti; e l’unica cosa che partorisci sono 6 punti paurosamente impalpabili (a parte la sacrosanta abrogazione dei decreti Sicurezza)? Tutto ’sto casino per dirci che i politici non devono usare i social e che non dobbiamo dire le parolacce? Cosa siamo, agli scout o all’assemblea studentesca? Dai, su. Se vai in piazza e protesti, non puoi essere ecumenico. Il difficile, per le Sardine, comincia adesso. Surreale anche la pretesa di Santori, autoproclamatosi leader (?), di voler essere l’unico ad andare in tivù (peraltro senza regalarci indimenticabili perle di pensiero). Che fare? Apparire meno. Parlare solo quando si ha qualcosa da dire. Gigioneggiare zero. E non farsi mettere il cappello in testa da nessuno. Men che meno da quei tromboni, ormai bolliti, che cercano di sfruttare le Sardine per tornare in auge.
Daniela Ranieri
Altroché, sono i veri populisti: nei toni e nei (non) contenuti
Consapevole di incorrere nel reato di lesa sardinità, mi permetto di sollevare qualche dubbio sul movimento. Il nome è spiritoso, mediatico; sembra provenire più dal marketing che dall’afflato politico. Dicono di essere “contro il populismo”, come l’establishment mondiale, ma sono populiste nei toni e nei (non) contenuti. Il manifesto è scioccherello, un misto di manuale delle giovane marmotte e toni bulleschi che scimmiottano il “come osate” di Greta. Dicono di non essere né di destra né di sinistra, come i populisti 5Stelle: altro che politica con la “P” maiuscola. Dicono di ispirarsi alla Costituzione, poi stilano un programma che al punto 5 ingiunge: “La violenza verbale venga equiparata a quella fisica”, che forse è nella Legge fondamentale saudita (il loro “siete voi a dover aver paura” è violenza verbale? E chi stabilisce se ho scritto una cosa violenta, il ragazzo Mattia?). Nessun accenno ai poveri (5 milioni), alla Sanità pubblica, alla Scuola. Lodevole l’aver mostrato che non esiste solo il Papeete; ma spero non divengano mai un partito politico: ci mancano solo loro.
Gianfranco Pasquino
Devono darsi una struttura e indicare il voto in Emilia
Le Sardine sono un movimento che ha dimostrato grande capacità espansiva, perché altrimenti non si riempiono tante piazze in tutta Italia, mettendo insieme giovani e meno giovani. Ora però il passaggio è delicato, anche perché in Emilia, dove hanno fatto la loro prima manifestazione, ci sarà una elezione fondamentale. Se vogliono contrastare Salvini, dovranno trovare il modo di dare un’indicazione di voto che non sia adesione partitica, spiegandosi dunque molto bene. Il loro manifesto non mi è sembrato brillantissimo e Mattia Santori, che pare sia stato mio studente, dovrebbe sapere che i movimenti collettivi a un certo punto devono istituzionalizzarsi. Questo non significa per forza diventare un partito, ma darsi comunque una struttura, magari anche leggera. È indispensabile per poi tentare di incidere sulla politica, a condizione di essere capaci di scegliere i temi e i luoghi giusti. La riunione dell’altro giorno a Roma può essere un primo passo verso questa direzione.
Marco Revelli
Meglio non cambiare niente: saranno i partiti a cercare loro
Le Sardine il loro miracolo lo hanno già fatto. Non mi arrovellerei troppo sul futuro, perché ciò che conta è già successo: hanno costituito il catalizzatore di una realtà molto forte e quelle piazze sono state una rivoluzione civile che nessuno si toglie più dalla testa, né chi c’è stato né chi le ha viste da fuori. La loro funzione etica, politica e sociale è già evidente, perché hanno materializzato un’altra Italia che non è assimilabile a quella delle volgarità verdi-brune. Non c’è bisogno di involucri, partiti, leader, anzi tutto ciò impoverirebbe le Sardine. Ciò che conta è che qualunque forza politica nei prossimi mesi non potrà prescindere dal pensare a quelle migliaia di persone in piazza e fare i conti con loro. Dunque anche in futuro credo che le Sardine possano essere assolutamente efficaci restando nelle piazze, “accendendosi” su specifici temi, oppure quando c’è un bisogno diffuso che non riesce a esprimersi. In quel caso ritrovarsi insieme ha una funzione salvifica.