Ultime 24 ore per l’ultimo appuntamento alla cassa di Imu e Tasi, vale a dire la seconda rata dell’Imposta municipale unica, che nel 2012 ha sostituito l’Ici, e del tributo che copre le spese relative ai servizi indivisibili come l’illuminazione o la manutenzione delle strade. Ma il saldo 2019 in scadenza oggi sarà probabilmente l’ultimo in cui circa 18 milioni di famiglie proprietarie e affittuarie di immobili diversi dall’abitazione principale dovranno calcolare e pagare i due tributi se verrà confermata la fusione prospettata dalla legge di Bilancio per l’anno prossimo. Numeri alla mano, secondo le stime contenute nel Rapporto Imu/Tasi 2019 del Servizio politiche territoriali della Uil saranno versati più di 10,3 miliardi di euro che, sommati alla prima rata, fanno lievitare il conto a 20,5 miliardi. Nel dettaglio, il costo medio della doppia tassa su una seconda casa, che si trova in un capoluogo di provincia qualsiasi, sarà pari a 1.070 euro, di cui 535 vanno versati entro oggi. Mentre nelle grandi città, tra saldo e acconto, si arriverà a sborsare fino a 2mila euro.
Tuttavia, è la rata in scadenza oggi che potrebbe risultare un po’ più alta rispetto a quella di 6 mesi fa in virtù della correzione apportata dalla scorsa legge di Bilancio (quella del governo gialloverde) che ha permesso dal 2019 ai consigli comunali di votare aliquote più elevate ed eliminare sconti o agevolazioni. In altre parole, mentre l’acconto di giugno è stato pagato sul calcolo delle delibere comunali del 2018, il saldo di oggi va saldato usando le delibere per il 2019 pubblicate sul sito del dipartimento delle Finanze entro il 28 ottobre. Questo comporta che i proprietari di casa prima di pagare il saldo vadano a controllare se il proprio Comune ha modificato le aliquote e, in caso di variazione, effettuare il nuovo conteggio. In questo caso meglio un piccolo ripasso su come si pagano Imu e Tasi. Come al solito, si applicano le stesse regole di calcolo per determinare la base imponibile data dal valore catastale rivalutato del 5% (va moltiplicata la cifra per 1,05) e poi moltiplicato per un coefficiente variabile a seconda della tipologia dell’immobile. Per i fabbricati abitativi il coefficiente è 160, per gli uffici 80 e per i negozi 55. A questo punto, alla base imponibile va applicata l’aliquota del proprio Comune che è diversa per Imu e Tasi. Questa è l’unica differenza di queste due imposte gemelle. Il dato finale va poi rapportato alle quote e ai mesi di possesso dell’immobile (bastano 15 giorni per far conteggiare un mese intero).
Va però anche detto che non si tratta di una mazzata o di rincari diffusi, dal momento che in molte città il livello del prelievo è già al massimo. Secondo l’analisi effettuata dal Servizio politiche territoriali della Uil, quest’anno sono stati 234 i Comuni che hanno rivisto al rialzo le aliquote tra cui 4 città capoluogo: Torino, La Spezia, Pordenone e Avellino.
In quest’ultima, l’aliquota tra Imu e Tasi per le seconde case e altri immobili sale dal 10,5 al 10,6 per mille; a Torino alcune aliquote sono state modificate e, in particolare, l’aliquota sulle case affittate a canone concordato sale dal 5,75 al 7,08 per mille, mentre quella a canone libero dall’8,6 al 9,6 per mille; a La Spezia, sempre sulle case affittate a canone concordato, l’aliquota sale dal 4,6 al 6 per mille; a Pordenone, sui negozi sfitti, l’aliquota sale al 10,6 per mille. Di segno opposto – ricostruisce la Uil – le scelte fatte a Firenze, Grosseto, Pavia, Lucca, Taranto, Biella, Vercelli dove le aliquote sono scese. Quello che invece non cambierà nel 2020 sarà il livello massimo del prelievo. La nuova Imu avrà come limite il 10,6 per mille, che oggi rappresenta la somma massima di Imu e Tasi. Inoltre, verrà fatto salvo l’aumento dello 0,8 per mille applicato da circa 300 Comuni – tra cui Roma e Milano – che l’hanno introdotto nel 2015 e poi sempre confermato. In queste città il massimale rimarrà l’11,4 per mille.
Anche le esenzioni resteranno valide. Sono, infatti, previsti sconti e riduzioni per determinati tipi di immobili come quelli locati con contratto di comodato d’uso gratuito tra genitori e figli, per i quali è prevista una riduzione del 50% della base imponibile per il calcolo, analogamente all’agevolazione prevista per immobili storici e inagibili.
Il saldo di quest’anno sarà anche l’ultimo in cui gli inquilini e gli altri occupanti degli immobili – come i comodatari – dovranno versare la propria quota della Tasi (dal 10 al 30% secondo la delibera comunale; 10% se il Comune non ha deciso nulla in merito). Dal 2020 l’importo ricadrà sul proprietario, e ci sarà anche un rincaro, perché gli inquilini che usano la casa come abitazione principale dal 2016 non pagano la propria fetta di Tasi. L’effetto è stimato in 14,5 milioni dalla relazione tecnica al disegno di legge di Bilancio.