“C’è un’aria formidabile le stelle sono accese. E sembra un sabato qualunque un sabato italiano. Il peggio sembra essere passato. La notte è un dirigibile che ci porta via lontano”.
Sergio Caputo, “Un sabato italiano”
All’ora di pranzo, in attesa delle Sardine, il faccione di Matteo Salvini in tv ci propone un comitato di salvezza nazionale. Con la forchetta a mezz’aria stento a crederci: “Non è più il momento della polemica, faccio un appello a tutti quelli che hanno a cuore il futuro dell’Italia, fermatevi, fermiamoci, sediamoci attorno a un tavolo, ridisegniamo le regole, salviamo il Paese che altrimenti rischia di affondare”. Il cinico che è in me subito sospetta fortemente del truce capitano che si camuffa da infermiere dell’Esercito della salvezza.
Mi do possibili spiegazioni. Il solito trucco della Bestia per oscurare piazza San Giovanni. Oppure si è reso conto che il Conte bis, malandato fin che si vuole, rischia di essere il più longevo dei governi morenti. Il Parlamento che non vuole andare a casa visto che abbondano i cosiddetti “responsabili” (in arrivo, i 25 ex forzisti di Mara Carfagna). Il gran casino grillino che partorisce soltanto tre tristi topolini. Gli ultimi sondaggi che lo danno in calo sotto la soglia del 30% (prima del Papeete veleggiava verso il 40). L’Emilia Romagna dove il vantaggio minimo ma costante di Bonaccini sulla Borgonzoni lo preoccupa. La Meloni, che sale sottraendo consensi alla Lega. O chissà, un altro mojito di troppo. Forse però Salvini è sul serio preoccupato e si è convinto a dare retta al pragmatico Giorgetti (“a che serve governare sulle macerie?”). A Roma c’è il sole, in una piazza gremita insieme a decine di altre piazze gremite in tutta Italia. Dove si legge la Costituzione, dove si canta Bella Ciao, dove le ong chiedono tra gli applausi la cancellazione dei decreti sicurezza, dove parla una ragazza transessuale a nome del movimento LGBT. Quel cambiamento, quelle persone, quelle storie che dopo anni di incontrastato dominio politico e mediatico la destra pensava di avere definitivamente espulso, cancellato dal discorso pubblico. Una piazza dove non c’è CasaPound: il fascismo del terzo millennio che infatti non può esserci dove c’è l’antifascismo.
E dove c’è anche la sinistra ma non chiamatela piazza di sinistra, almeno non di quella sinistra vetusta, sfiancata, usurata che le piazze non le riempie più da un’eternità. Come la sinistra autolesionista di Corbyn che ripiegata su se stessa, scollegata dalla realtà, anacronistica, ha spianato un’autostrada a Boris Johnson e alla Brexit.
Non sappiamo se questa piazza, queste piazze siano davvero l’inizio di qualcosa di nuovo. Se questi ragazzi (ma non solo ragazzi) sapranno tenere la barra dritta senza farsi fagocitare dal troppo ego (o dalle lezioncine ammuffite dei cattivi maestrini). Le Sardine adesso sanno di avere davanti delle praterie tanta è la voglia di partecipare, di parlare, di condividere che anima quest’Italia che non odia e non schiuma rabbia. Il peggio sembra essere passato. Almeno per stasera.
Antonio Padellaro