Le Regioni insistono: basta colori. Speranza: “Fateci voi le proposte”

C’è l’accordo sui negozi in cui si potrà accedere senza Green pass: al termine di una riunione tecnica a Palazzo Chigi sul nuovo Dpcm, ancora in definizione e che dovrebbe esser pronto fra tre o quattro giorni, si sarebbe convenuto su una lista non troppo lunga di acquisti che continueranno a essere pass free: oltre ad alimentari e sanitari, ci sarebbero anche i negozi di ottica o l’acquisto di pellet o legna per il riscaldamento, così come i carburanti. Tra gli esentati anche le edicole e i mercati all’aperto.

In ogni caso le Regioni continuano a spingere per l’abolizione del sistema dei colori e il ministro della Salute Roberto Speranza, per sciogliere questi e altri nodi, ha chiesto alla commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni di individuare cinque rappresentanti col compito di buttar giù una bozza di proposte per la rimodulazione dei nuovi parametri da inserire nel Dpcm. E con le restrizioni, o per aggirare le stesse, le Regioni premono per cambiare le comunicazioni dei dati del bollettino quotidiano, sostanzialmente eliminando dati. E sembrano averla già avuta vinta, dal momento che ieri il sottosegretario alla Salute Andrea Costa si è espresso così a Sky-tg24: “Credo si tratti più di una scelta politica che di una scelta scientifica. Non si tratta di censurare nulla, ma di elaborare dati che possono avere un’efficacia nei confronti dell’opinione pubblica e fare una comunicazione che non dia fiato a coloro che ancora sostengono che il vaccino non sia utile. Se ogni giorno continuiamo a comunicare, in maniera generica, che si contagiano 150.000 cittadini, il rischio è che diamo voce a chi dice che i vaccini non servono perché ci si contagia lo stesso”. Invece, omettendo, non si presterà il fianco a nuove teorie del complotto? Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, solleva dubbi su cosa comporterebbe nell’aspetto pratico la non registrazione come malati Covid degli asintomatici negli ospedali per altro (richiesta dalle Regioni): “Dobbiamo ricordare che la malattia Covid è multi-sistemica, quindi definire lo status asintomatico è molto complesso, specialmente nei pazienti che hanno molte malattie. Se uno entra in ospedale da positivo asintomatico, la positività al SarsCov2 può far sì che contagi gli altri malati. Non capisco come si possano gestire i pazienti asintomatici senza un aumento del personale e una diversa organizzazione degli ospedali”.

Dirigenti scolastici “Abbiamo evitato la catastrofe noi”

E ci sono anche i presidi, il presidente dall’associazione nazionale di categoria Antonello Gianelli, prende carta e penna e attacca palesemente il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ma anche le Asl e di riflesso il ministro della Salute, Roberto Speranza. “Se la catastrofe è stata sino a oggi evitata lo si deve al lavoro immane dei dirigenti scolastici, dei loro staff, dei referenti Covid, dei collaboratori scolastici e del personale di segreteria – scrive Gianelli – Per essere più chiari, quello appena trascorso è stato l’ennesimo fine settimana che ha visto molti colleghi impegnati, senza soluzione di continuità, nel processare le richieste di tracciamento, nel predisporre le comunicazioni per le famiglie e per gli studenti, nel definire le disposizioni. Il tracciamento, in particolare, ha un carattere sanitario del tutto estraneo alla dirigenza delle scuole e deriva dalla clamorosa latitanza delle Asl e dalla loro inaccettabile propensione a delegare ai colleghi i relativi adempimenti. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: l’autonomia scolastica non riguarda le misure sanitarie”.

Violati i dati Chiesti gli atti al sindaco ravennate

Sul fronte della privacy si muove l’Autorità garante con una nuova istruttoria aperta in relazione alle recenti notizie di stampa secondo le quali la polizia municipale di Ravenna tratterebbe dati personali relativi alla geolocalizzazione dei soggetti positivi per verificare il rispetto della misura dell’isolamento: il Comune dovrà fornire al garante la documentazione.

Poche conferenze e incassi. Renzi dimezza i guadagni

L’effetto Covid ha colpito anche gli incassi di Matteo Renzi. Che come conferenziere non deve aver avuto molta fortuna nel 2020. Per quell’anno, infatti, il leader di Italia Viva ha dichiarato un reddito complessivo di 517 mila e 319 euro e ha pagato 189 mila e 885 euro di imposte. Cifre dimezzate rispetto al 2019 quando il reddito complessivo del senatore ammontava a 1 milione e 92 mila euro e anche le imposte versate erano superiori, 425.665 euro. Anche il 2018 era andato meglio: 811 mila euro circa il reddito di quell’anno. “Questa pandemia ha fatto saltare molti contratti. Ma nel 2021 – spiega una fonte vicina al senatore – Renzi ha ripreso a guadagnare di più: è tornato ai livelli del 2019. Ci sono ad esempio anche gli incassi del cda di cui fa parte”.

La cifra di mezzo milione di euro emerge dalla dichiarazione patrimoniale depositata pochi giorni fa e che si riferisce ai redditi del 2020. Come senatore Renzi porta a casa più di diecimila euro al mese. Poi ci sono gli speech svolti in tutto il mondo, che gli sono costati parecchie polemiche. “Svolgo attività previste dalla legge ricevendo un compenso sul quale pago le tasse in Italia”, ha ribadito più volte in passato il leader di Italia Viva. L’elenco di alcune di queste conferenze – come ha rivelato Il Fatto il 6 novembre scorso – è finito in un’informativa della Guardia di Finanza depositata agli atti dell’indagine fiorentina sulla Open, inchiesta che vede l’ex premier iscritto per concorso in finanziamento illecito. In totale, dal giugno 2018 al marzo 2020, secondo quanto ricostruito dai finanzieri, Renzi ha incassato bonifici per complessivi 2,6 milioni di euro circa. Incassi e conferenze non sono oggetto d’indagine. All’informativa è allegata anche una tabella che riguarda le fatture dei primi cinque mesi del 2020. Ne vengono elencate otto “per complessivi 183.085”: sono gli speech svolti da Renzi e che farebbero dunque parte del reddito del 2020. Tra i bonifici in entrata in quell’anno ci sono 8 mila euro e poi altri 36 mila euro circa dalla Celebrity Speakers Ltd, agenzia internazionale che promuove relatori famosi per le conferenze. Poi ci sono 22.729 euro dalla società “global speaker Regno Unito”, Vbq Limited. Ventimila euro vengono dalla Lakestar Advisors, “società venture capital svizzera”, come viene definita nelle carte. Nel 2020 vengono elencati anche i bonifici della Stanford University, ateneo del quale Renzi parlava in una sua enews del 1º ottobre 2018: “Oggi riprendo l’attività di professore a contratto presso la sede fiorentina”. Essendo stati pagati nel 2020, questi speech avrebbero alimentato il reddito complessivo di circa mezzo milione di euro. E nel 2020 potrebbero rientrare anche gli incassi per i libri.

Nella dichiarazione patrimoniale, firmata il 17 dicembre e pubblicata dunque pochi giorni fa, Renzi ha anche annotato la sua quota di 10mila euro nella Ma.re. Consulting srl, la società di consulenza costituita ad aprile 2021 e di cui è amministratore unico.

A Roma il 90% di astensione: vince il Pd, ma i renziani (terzi con 2 mila voti) esultano

Novanta elettori su 100 sono rimasti a casa. Degli altri 10, 6 hanno votato la dem Cecilia D’Elia, che così ha conquistato il seggio lasciato libero alla Camera dal neo-sindaco di Roma Roberto Gualtieri.

Questa è l’impietosa fotografia delle elezioni suppletive che hanno animato – si fa per dire – il collegio Roma 1 fino alle 23 di domenica. Per quanto la politica abbia fatto il callo ad astensioni da record, adesso si toccano picchi forse persino difficilmente peggiorabili. Due anni fa, nello stesso collegio, Gualtieri si era imposto con un 17 per cento di affluenza. Per poco la percentuale non si dimezzata, complice anche una competizione che appariva scontata in partenza, data la forza del Pd nella zona. Simonetta Matone, la candidata di centrodestra, si è fermata al 22,4 per cento, davanti al candidato di Italia Viva, Valerio Casini (13 per cento).

Numeri che, da qualunque parte li si guardi, dovrebbero lasciare pochissimo spazio ai trionfalismi. E invece ieri, fin dal risveglio, il flusso di agenzie politiche ha iniziato a riempirsi di espressioni di giubilo del mondo renziano, entusiasmato dalla prova elettorale del suo candidato e per nulla preoccupato da un’affluenza ai minimi storici. Il primo a esporsi, di buon mattino, è Matteo Renzi: “Ci prendevano in giro sul 2 per cento. Poi mettiamo il simbolo di Italia Viva alle Politiche di Roma 1 e prendiamo il 13 per cento. Italia Viva vale il 13 per cento, chi vive di sondaggi non vale niente”. Luciano Nobili si fa maestro di sarcasmo: “Italia Viva al 13 per cento. Dedicato a te”, scrive allegando un cuoricino e una breve clip di Giuseppe Conte. Gennaro Migliore esulta per “una splendida corsa” e per “il lavoro di squadra”: “Siamo al 13 per cento!”.

Un rito collettivo che ignora il valore assoluto dei voti presi: Italia Viva (che peraltro è finita lontanissima sia dalla D’Elia che dalla Matone) ha raccolto 2.600 adesioni in un collegio che conta 185 mila aventi diritto. Con un’astensione che sfiora il 90 per cento, anche solo mobilitare qualche decina di voti tra amici e parenti sposta il dato percentuale, tanto è vero che il civico Lorenzo Vanni, straultimo con 412 voti, può comunque onorarsi di un buon 2 per cento.

Graviano parla, le Olgettine no e il malato sprinta verso il Colle

2021, 25 maggio. Al Ruby ter romano i legali di Berlusconi assicurano che “è assolutamente impedito a comparire” per la salute “altamente compromessa da un generale peggioramento del quadro clinico”. Dopo Siena, anche il Tribunale capitolino capitola: stralcia la corruzione di Berlusconi e Apicella, rinviata a un nuovo processo dal 2 novembre, e procede contro il menestrello per falsa testimonianza.

26 maggio. Dopo 4 udienze a vuoto, anche il Ruby ter milanese slitta all’8 settembre per il “long Covid” di Berlusconi.

Giugno. Berlusconi torna in gran forma e avvia la campagna elettorale per le Amministrative con una raffica di interventi telefonici per i candidati di FI.

Luglio.Ritemprato dopo il rinvio dei processi, Berlusconi vola in Costa Smeralda.

11 luglio. Riceve a Villa Certosa Adriano Galliani.

18 luglio. Riceve Gianluigi Donnarumma, portiere degli azzurri campioni d’Europa.

3 agosto. A Villa Certosa arrivano Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, che poi racconta: “Silvio si è messo a guidare la macchinetta elettrica come un pazzo in giro per il parco, prendendo le curve come un pilota di Formula 1”.

7 agosto. Berlusconi riceve Zlatan Ibrahimovic.

20 agosto. Ospita Matteo Salvini, che fa una foto con lui in tenuta del Milan.

25 agosto. Riceve Pier Ferdinando Casini e il presidente del Coni Giovanni Malagò.

26 agosto. La ripresa dei processi s’avvicina e Berlusconi si risente male al cuore: ricoverato al San Raffaele per 24 ore.

6 settembre. Torna al San Raffaele per un controllo di un’ora su un’aritmia cardiaca.

8 settembre. Al processo di Milano i suoi legali depositano una corposa documentazione medica che lo descrive come una larva umana con gravissimi problemi fisico-psichici e bisognosa di lungo “riposo assoluto” per fibrillazioni atriali e altro. I pm stavolta si oppongono: “Quest’estate abbiamo visto l’imputato scorrazzare in kart nella sua Sardegna, prendere in mano la situazione dell’Italia, venire fotografato con altri leader. Le sue patologie sono compatibili con la vecchiaia”. Il Tribunale dispone una perizia medico-legale per stabilire le reali condizioni psico-fisiche dell’imputato e la loro compatibilità con la sua partecipazione alle udienze. Intanto rinvia il processo.

16 settembre. Berlusconi scrive al Tribunale di Milano: “La perizia psichiatrica è lesiva della mia storia e onorabilità” e “dimostra, per ciò che ho fatto nella vita in molteplici settori, fra cui l’imprenditoria, lo sport e la politica, un evidente pregiudizio nei miei confronti e ben mi fa comprendere l’esito di questo ingiusto processo”. Dunque, dora in poi, “si proceda in mia assenza”.

6 ottobre. Al Ruby ter milanese Barbara Guerra e Alessandra Sorcinelli annunciano che diranno tutta la verità.

20 ottobre. La Guerra rivela ai giudici: “Il giorno dopo la mia presenza in Tribunale (del 6 ottobre, ndr), ho ricevuto una telefonata da Berlusconi che mi invitava ad Arcore. Io ho rifiutato. I suoi toni non erano molto amichevoli”. Idem la Sorcinelli: “Anche a me il giorno dopo è arrivata una telefonata, ma non ho risposto sapendo che era lui”. L’av. Cicconi non esclude che Berlusconi si faccia interrogare: “Valuteremo in base alla sua salute”. Intanto l’infermo si candida a capo dello Stato (e del Csm), carica che sospenderebbe i suoi processi per sette anni. E inizia a contattare parlamentari con le più svariate promesse.

21 ottobre. Dopo un anno e mezzo di rinvii (otto) per legittimi impedimenti, i giudici senesi del Ruby ter entrano in camera di consiglio. L’avvocato Cicconi tenta di bloccarli sull’uscio, chiedendo di sentire altri tre testi e annunciando la ricusazione dell’intero collegio. Ma il Tribunale respinge la richiesta e – sorpresa! – assolve Berlusconi e Mariani dalla corruzione giudiziaria. Resta la condanna al pianista per falsa testimonianza: disse il falso e ricevette 170 mila euro dal Caimano, ma forse solo perché suonava bene.

27 ottobre. Blitz della Dia, su mandato della Procura di Firenze che indaga su Berlusconi e Dell’Utri per le stragi del 1993-’94: perquisite abitazioni e uffici di una decina di familiari e amici del boss Giuseppe Graviano fra Roma, Palermo e Rovigo. Graviano ha rivelato ai pm di aver incontrato almeno tre volte Berlusconi, l’ultima nel dicembre ’93 in un appartamento a Milano 3. E ha parlato del presunto investimento di 20 miliardi di lire fatto dal nonno (Filippo Quartararo, morto nel 1985) nelle aziende del Cavaliere, con un accordo scritto per il ritorno del 20% della somma: “Mio nonno ha consegnato a mio cugino Salvatore una carta, che mi ha mostrato: era firmata da Berlusconi e dalle persone che avevano fatto l’investimento. Sono convinto che io e mio cugino siamo stati arrestati (il 27.1.’94 a Milano, all’indomani della discesa in campo di Berlusconi, ndr) per impedirci di formalizzare l’accordo economico con Berlusconi e le stragi sono cessate per addossare le precedenti a me”.

3 novembre. Il Tribunale di Milano, con un’ordinanza che contraddice gran parte della giurisprudenza, accoglie l’istanza presentata due anni prima dalla difesa Berlusconi e dichiara inutilizzabili le dichiarazioni rese nei processi Ruby 1 e 2 da 18 “olgettine” ora imputate. Motivo: già sospettate di corruzione, le ragazze furono interrogate come testimoni anziché come indagate. Così evapora per tutte l’accusa di falsa testimonianza, mentre rimane quella di corruzione giudiziaria in concorso con Berlusconi (ma col rischio che il reato si tramuti per lui in “induzione a mentire di indagati in procedimento connesso”, che ha pene più lievi ed è prescritto già dal 2020).

12 novembre. Marysthell Polanco aveva promesso dichiarazioni spontanee per dire la verità su “cene eleganti” e bonifici. Ma, dopo l’ordinanza del Tribunale, annuncia che tacerà: perché confessare una falsa testimonianza ormai svanita?

1° dicembre. Anche Guerra e Sorcinelli si cuciono la bocca: nessuna dichiarazione spontanea sui bunga-bunga e i soldi di Berlusconi. Che intanto prosegue l’arruolamento di parlamentari in vista del Colle, elogiando financo il 5S e il Reddito di cittadinanza. Tra i reclutatori e i facilitatori, Vittorio Sgarbi, Marcello Dell’Utri e Denis Verdini: tutti pregiudicati.

2022, 14 gennaio. Vertice del centrodestra a Villa Grande, nuova residenza di Berlusconi sull’Appia Antica: “I leader della coalizione hanno convenuto che Silvio Berlusconi sia la figura adatta a ricoprire in questo frangente difficile l’Alta Carica con l’autorevolezza e l’esperienza che il Paese merita e che gli italiani si attendono. Gli chiedono pertanto di sciogliere in senso favorevole la riserva”. Alla Corte europea per i diritti dell’uomo pende ancora il suo ricorso contro la condanna definitiva: “Procedimento n. 8683/14 – Berlusconi contro Italia”. Più che un titolo, il motto di una vita.

(36 – fine)

“Mediaset, nulla di irregolare: processo equo”

Silvio Berlusconi non è un perseguitato, vittima di una giustizia politicizzata, come da decenni vuol far credere all’Italia e all’Europa. È, invece, un condannato definitivo per frode fiscale (processo diritti tv-Mediaset) sulla base di un regolare processo, con tutte le garanzie. Lo spiega, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, l’Avvocatura dello Stato, che ha risposto in punto di diritto alla Cedu, la Corte per i diritti dell’uomo, dopo che a maggio ha rivolto al governo italiano dieci domande sulla base di un ricorso di otto anni fa dell’“attuale aspirante” presidente della Repubblica.

La Cedu ha chiesto: “Il ricorrente signor Silvio Berlusconi ha beneficiato di una procedura dinanzi a un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge? Ha avuto diritto a un processo equo? Ha disposto del tempo necessario alla preparazione della sua difesa?”. Nelle cosiddette “osservazioni” dell’Avvocatura dello Stato (oltre 100 pagine di memoria frutto anche degli atti trasmessi dai giudici milanesi e di Cassazione) si legge che Berlusconi ha sempre avuto un processo equo, che non è stato processato “due volte per la stessa offesa sul territorio dello Stato” e che “sempre” ha potuto esercitare il suo diritto alla difesa.

Smontato pure il tormentone sul complotto in Cassazione ai danni di Berlusconi, condannato definitivamente a 4 anni (2 condonati) dalla sezione feriale presieduta da Antonio Esposito: “Non c’è stato nulla di anomalo”, il fatto che sia toccato alla sezione feriale giudicare Berlusconi, documenti alla mano, era “normale”, il collegio della sezione feriale che lo ha condannato è stato indicato “secondo il principio del giudice naturale”. Ci sono poi delle domande come questa: “Il ricorrente si è visto infliggere una pena più grave rispetto a quella applicabile… in ragione della mancata applicazione delle circostanze attenuanti?”. L’Avvocatura dello Stato risponde anche nel merito, ma contesta la natura dei quesiti sollecitati dalla difesa dell’ex premier perché le violazioni ipotizzate “contengono un tentativo di far riaprire una valutazione di merito” dei fatti già compiuta dai giudici italiani e su cui “non può entrare” la Cedu. Fa parte di questa tipologia di doglianze il mancato riconoscimento degli unici tre legittimi impedimenti respinti dai giudici milanesi, in mezzo le leggi ad personam che hanno eliminato dal dibattimento anni e milioni di euro di presunte frodi fiscali e hanno bloccato udienze fino alle bocciature della Corte costituzionale dei vari lodi “ad Berlusconi”. L’Avvocatura dello Stato ha ribadito la correttezza dei giudici: hanno negato quei legittimi impedimenti sulla base della “cornice normativa”. È il caso di quello negato lunedì 1 marzo 2010 quando il collegio del Tribunale di Milano, presieduto da Edoardo D’Avossa, respinse il legittimo impedimento per Berlusconi, presidente del Consiglio-imputato contumace, che lo aveva chiesto per un concomitante Consiglio dei ministri, annullato il venerdì precedente e fissato, guarda caso, per il lunedì successivo, giorno dell’udienza. Ma poiché quell’udienza era stata concordata dal tribunale con la difesa oltre un mese prima, il legittimo impedimento non fu accolto anche sulla base di una pronuncia della Corte costituzionale, “la cornice normativa” riferita dall’Avvocatura dello Stato. La difesa ha già replicato, ribadendo le sue accuse, l’Avvocatura dello Stato sta per depositare una controreplica sull’onda di quella appena raccontata. La Cedu, poi, dovrebbe notificare alle parti la memoria dell’ex presidente Esposito, che si è costituito in giudizio dopo la violenta campagna dei media berlusconiani, che hanno accusato lui e gli altri giudici del collegio di aver composto “un plotone di esecuzione”. Solo alla fine di tutte le repliche previste la Cedu potrà decidere se respingere o accogliere il ricorso di Berlusconi. Passeranno diversi mesi.

Pregiudicati per B.: la banda del candidato

Per dirla con il Goethe o col Manzoni, che ne furono ispiratori, non c’è niente di meglio del proverbio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, per attingere a piene mani a una delle molte ragioni per cui Silvio Berlusconi non è degno del Quirinale. L’elenco delle strette frequentazioni del suddetto, infatti, è un elenco di pregiudicati che metà basterebbe per riaprire l’Asinara. Ecco tutti i condannati con sentenza definitiva.

Vittorio Mangano. Si comincia dallo stalliere di Arcore, 11 anni per mafia e traffico di stupefacenti prima di morire mentre stava scontando due ergastoli in regime di 41-bis per tre omicidi.

Marcello Dell’Utri. L’ex senatore e cofondatore di Forza Italia è stato condannato a 7 anni e mezzo per concorso esterno in associazione mafiosa, 8 mesi per abuso edilizio, 2 anni e 3 mesi patteggiati per fatture false e frode fiscale durante la gestione di Publitalia.

Giampaolo Tarantini. L’imprenditore di Bari è stato condannato a 2 anni e 10 mesi per aver procurato a B. vagonate di escort (favoreggiamento della prostituzione, il resto contestato).

Nicole Minetti. Rimanendo tra le ‘cene eleganti’ nelle residenze di B., l’ex consigliera regionale lombarda è stata condannata a 2 anni e 10 mesi per favoreggiamento della prostituzione nel cosiddetto ‘caso Ruby’.

Emilio Fede. Quattro anni e 7 mesi all’ex direttore del Tg 4 per favoreggiamento e tentativo di induzione alla prostituzione.

Lele Mora. Tra i 7 anni passati in giudicato dopo il primo grado per favoreggiamento alla prostituzione, e i 4 anni e 3 mesi patteggiati per bancarotta, l’agente delle starlette si è fatto riconoscere dalla Corte d’appello la continuazione dei reati e la riduzione della pena complessiva a 6 anni e 1 mese.

Paolo Berlusconi. Il fratello meno famoso del Cav. ha accumulato, tra patteggiamenti e processi, condanne definitive a 2 anni e 1 mese per corruzione, reati societari e false fatture intorno alla gestione della discarica di Cerro.

Denis Verdini. L’ex senatore toscano è stato condannato in via definitiva a 6 anni e mezzo per la bancarotta del Credito Cooperativo Fiorentino.

Valter Lavitola. Il faccendiere salernitano ha patteggiato 3 anni e 8 mesi per la truffa dei fondi al quotidiano L’Avanti ed è stato condannato a 2 anni e 8 mesi per tentata estorsione a Berlusconi, al quale chiese invano 5 milioni in cambio del silenzio nell’inchiesta sul giro di escort a Bari.

Sergio De Gregorio. L’uomo simbolo della compravendita dei senatori, che confessò di essersi venduto politicamente a B. per la somma di 3 milioni di euro, patteggiò per questa vicenda 20 mesi di reclusione.

Cesare Previti. L’ex ministro del primo governo B., avvocato delle aziende di B. e gran corruttore in nome e per conto di B. fu condannato in via definitiva a 6 anni per corruzione in atti giudiziari, per aver corrotto i giudici della controversia civile Imi-Sir. A questi vanno aggiunti 1 anno e sei mesi per la sentenza del lodo Mondadori che ne consegnò a B. il controllo.

Vittorio Sgarbi. Il critico d’arte che in questi giorni conduce con spavalderia le trattative per acquisire voti per Berlusconi al Quirinale, è stato condannato a 6 mesi e 10 giorni per falso e truffa aggravata ai danni dello Stato in relazione a vicende di assenteismo da dipendente del ministero dei Beni culturali.

Salvatore Cuffaro. L’ex senatore ed ex presidente della Regione Sicilia è stato condannato a 7 anni di reclusione per favoreggiamento personale verso persone appartenenti a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio.

Amedeo Matacena. L’ex parlamentare calabrese è stato condannato a 3 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa con l’accusa di aver chiesto l’appoggio elettorale a una famiglia di ’ndrangheta.

Aldo Brancher. Il più volte sottosegretario dei governi di Berlusconi, nei quali entrò dopo essere stato dirigente Fininvest, ha una condanna a 2 anni e 4 mila euro di multa per ricettazione e appropriazione indebita nell’indagine sulla Banca Antonveneta.

Giancarlo Galan. Ex presidente del Veneto, ex ministro delle Politiche agricole dell’ultimo governo Berlusconi, ha patteggiato 2 anni e 10 mesi per corruzione, restituendo 2 milioni e mezzo di euro nell’ambito delle indagini sugli appalti per il Mose.

Roberto Formigoni. Per 18 anni presidente della Lombardia e poi parlamentare, è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi per essersi fatto corrompere da Pierangelo Daccò intorno agli appalti della sanità lombarda.

Nicola Cosentino. Già sottosegretario di B. e coordinatore campano di Forza Italia, per lui è diventata definitiva una condanna a 4 anni per corruzione degli agenti del penitenziario di Secondigliano dove era recluso in via cautelare con un’accusa di estorsione e illecita concorrenza nel mondo della distribuzione dei carburanti, dalla quale fu poi assolto.

Augusto Minzolini. Giornalista parlamentare, promosso direttore del Tg1 durante l’ultimo governo B. e poi da questi catapultato in Parlamento, l’attuale direttore de Il Giornale è stato condannato a 2 anni e 6 mesi per peculato, per aver usato scorrettamente la carta di credito dell’azienda Rai, totalizzando 65 mila euro di spese in un anno e mezzo.

Renato Farina. Detto anche ‘Betulla’, nome in codice conquistato sul campo come informatore dei servizi segreti militari, ha patteggiato 6 mesi per favoreggiamento nella vicenda del sequestro di persona dell’ex imam di Milano, Abu Omar: tentò una falsa intervista ai magistrati che indagavano sul rapimento.

Luigi Bisignani. Eminenza grigia del sottobosco del potere nascosto, ha accumulato una condanna a 2 anni e 6 mesi per finanziamento illecito dei partiti nel processo Enimont e un patteggiamento di 19 mesi per le accuse di favoreggiamento e rivelazione di segreto contestate nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Napoli sulla cosiddetta P4.

Flavio Carboni. Al centro di alcuni misteri della storia di questo Paese, e accostato nell’inchiesta dell’eolico in Sardegna a Denis Verdini, il faccendiere sardo è stato condannato a 8 anni e 6 mesi per il crac del Banco Ambrosiano.

Gianstefano Frigerio. Ex parlamentare berlusconiano, la sua carriera politica ebbe un brusco stop negli anni di Mani Pulite, durante i quali fu accusato di tangenti: 150 milioni di lire da Paolo Berlusconi per la discarica di Cerro, una concussione da 1 miliardo di euro.

Accumula così condanne definitive per 3 anni e 9 mesi per corruzione e concussione, 1 anno e 4 mesi per finanziamento illecito ai partiti, 1 anno 7 mesi per finanziamento illecito e ricettazione. Eppure viene candidato ed eletto in Forza Italia nel 2001. Ed entra in Parlamento come pregiudicato. Ha partecipato ai lavori parlamentari quattro volte al mese, in quanto affidato ai servizi sociali. In seguito ha patteggiato 3 anni e 4 mesi per alcuni appalti pilotati dell’Expo di Milano.

Luigi Grillo. Ex senatore democristiano e poi azzurro, politico di lungo corso che ha attraversato la Prima e la Seconda Repubblica, ha patteggiato 2 anni e 8 mesi per accuse intorno agli appalti dell’Expo.

Licio Gelli. Il fondatore e Maestro Venerabile della P2, che ebbe tra i suoi iscritti Silvio Berlusconi (tessera 1816), l’uomo nero di mille trame, prima di morire a 96 anni è stato condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione per la bancarotta del Banco Ambrosiano e a 10 anni per calunnia aggravata con le finalità di terrorismo per aver tentato di depistare le indagini sulla strage del 1980 alla stazione di Bologna.

Bettino Craxi. Il presidente del Consiglio dei governi che negli anni 80 riaccendevano per decreto le tv di Berlusconi spente dai pretori, è morto latitante in Tunisia dopo essere stato condannato a 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai e ad altri 4 anni e 6 mesi per il finanziamento illecito del Psi tramite le tangenti sui lavori della Metropolitana Milanese.

La mail spifferata nella Toscana di Denis

Questa volta interrogarsi sulla genesi dello scoop significa anche indagare sul significato politico della notizia. Perché la lettera scritta da Denis Verdini, dai domiciliari, agli amici Marcello Dell’Utri e Fedele Confalonieri – una mail con le “strategie” per portare Silvio Berlusconi al Colle e rendere Matteo Salvini king maker dell’operazione – ha sorpreso prima di tutto il quartier generale di FI, tanto è vero che ieri Antonio Tajani è parso scocciato: “Non so nulla, non decide lui come si vota”. A scrivere della mail è stato per primo Il Tirreno, giornale con base in Toscana a pochi chilometri dalla villa dove Verdini sta scontando i domiciliari. Il luogo da cui – sospetta più di un forzista – potrebbe essere stata spifferata la notizia. Il Tirreno peraltro, dal 2020 non fa più parte del gruppo Gedi, che lo ha venduto alla Sae. Il direttore, Luciano Tancredi, ha lavorato a lungo con l’ex sottosegretario Giovanni Legnini. Ai tempi in cui Verdini era in maggioranza.

Mentirono sui festini: a processo 4 ragazze delle cene di “Gianpi”

Erano habitué delle feste a Palazzo Grazioli, Villa Certosa e Arcore. Escort che l’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini reclutava per l’ex premier Silvio Berlusconi. Ora la procura di Bari le manda a processo con l’accusa di falsa testimonianza. Nei guai finiscono Vanessa Di Meglio, Sonia Carpentone, Roberta Nigro, Barbara Montereale e un quinto imputato Bernardino Mastromarco, ex autista di Tarantini. È stato il gup Rossana De Cristofaro a disporre il rinvio a giudizio richiesto dalla procura: secondo l’accusa avrebbero sostanzialmente mentito su quelle feste che tra il 2008 e il 2009 si sarebbero svolte tra Roma e le residenze in Sardegna e Lombardia. A incastrare in particolare le quattro donne, secondo gli inquirenti, sarebbero state le intercettazioni telefoniche di quel periodo con “Gianpi”: conversazioni dal contenuto profondamente discordante con le dichiarazioni poi rilasciate dalle imputate durante la fase indagini e confermate in aula nel processo che ha portato alla condanna di Tarantini. Dopo la sentenza di primo grado del 2015 nei confronti di Tarantini, quindi, il tribunale dispose la trasmissione degli atti per falsa testimonianza per i cinque che ora dovranno affrontare un processo che prenderà il via il prossimo 7 aprile.

Un rinvio a giudizio che arriva a quattro giorni dall’udienza che invece vedrà come imputato, sempre a Bari, proprio Silvio Berlusconi, accusato di aver pagato Tarantini per mentire ai pm baresi che indagavano sui festini. Secondo l’accusa tra l’estate 2010 e l’agosto 2011, Gianpi avrebbe ricevuto da Berlusconi, tramite Lavitola o uomini del suo entourage, la somma totale di 500mila euro, le spese legali, l’affitto di un appartamento ai Parioli, e anche un lavoro fittizio che spiegasse il suo elevato tenore. Il processo, già rinviato numerose volte, potrebbe subire un nuovo slittamento: la difesa potrebbe chiedere un nuovo rinvio, come avvenuto per le elezioni politiche del 2018 e le europee del 2019.

Silvio ha paura: 35 voti “positivi” e il no alle “firme”

In autoambulanza fino a Roma pagando di tasca propria il trasporto. No, meglio il voto a domicilio o al massimo ai seggi volanti allestiti nel Comune di residenza: il gran rebus per chi chiede di far votare anche i grandi elettori quirinalizi colpiti da Covid o in isolamento causa virus, non è ancora sciolto. Ma le proposte impazzano scrutando il bollettino in altalena dei positivi: si teme l’esplosione dei contagi con un picco massimo ipotizzato proprio nei giorni cruciali, quelli che si apriranno dal 24 gennaio data fissata per l’avvio del primo scrutinio.

Ieri la conta era di 26 deputati e 9 senatori ko, anche se non si può prevedere quanti lunedì saranno in grado di esser presenti a Montecitorio per la fatidica prima chiama, alla quale sperano poi di partecipare anche i parlamentari no-vax e no-Green Pass che risiedono nelle isole e che sperano che la Consulta accolga la loro richiesta di sospensiva sull’obbligo del certificato verde per raggiungere Roma .

Quel che è chiaro da giorni invece è che il centrodestra intende insistere perché si trovi il modo di far votare tutti i positivi o in quarantena, chi invocando un protocollo di sicurezza ad hoc, chi la circolare del ministero della Salute del 13 gennaio che consentirebbe a tutti di raggiungere, anche al prezzo di un viaggio in autoambulanza, la Capitale dove si eleggerebbe appositamente domicilio, chi a spingere per un emendamento a un decreto quale che sia per consentire anche per l’elezione del Capo dello Stato il seggio volante già previsto in una legge agostana varata per non escludere dalle elezioni previste nel 2021 gli elettori sottoposti a trattamento domiciliare o in isolamento fiduciario.

Altro nodo è la modalità con cui si procederà allo spoglio: Roberto Fico non ha ancora deciso se si limiterà a leggere il solo cognome vergato sulle schede oppure l’intera dicitura scelta dai grandi elettori e si saprà solo a ridosso del primo scrutinio. “La decisione sulla lettura delle schede sarà adottata dal presidente Fico a garanzia della correttezza e del buon andamento dei lavori per l’elezione del Presidente della Repubblica. Ogni eventuale decisione non ha dunque nulla a che vedere con le singole personalità e qualunque speculazione politica sulle modalità di scrutinio è in totale malafede”, ha specificato ieri il suo portavoce in riferimento a un articolo di Repubblica. Che hanno attribuito al presidente della Camera la volontà di prevenire le manovre attribuite a FI per contare il grado di fedeltà degli alleati a Silvio Berlusconi attraverso l’antico rito del voto reso riconoscibile.

Chi presiede lo spoglio delle schede quirinalizie ha ampi margini di manovra: non esiste una prassi consolidata, ma i precedenti pesano. Nel corso dello scrutinio che portò nel 2015 all’elezione dell’attuale inquilino del Colle, Laura Boldrini decise di leggere pedissequamente l’intero contenuto della scheda, che si trattasse di voti a perdere come quelli andati a Michele Cucuzza, Giovanni Trapattoni, Rocco Siffredi, o quelli andati a segno per Mattarella, declinato in tutte le salse: con il cognome, come “Sergio Mattarella” o “onorevole Mattarella” e “on. Mattarella”.

Luciano Violante, alla guida di Montecitorio dal 1996 al 2001, in occasione dell’elezione di Carlo Azeglio Ciampi, nel 1999 si limitò invece a pronunciare il cognome vergato sulla scheda. Mentre Fausto Bertinotti nel 2006, in una elezione che avrebbe incoronato Giorgio Napolitano, era stato costretto a chiedere ai grandi elettori di “usare nell’espressione di voto la forma più sobria e più essenziale, per esempio quella del nome e del cognome della persona, al fine di assicurare la massima trasparenza di comportamento e di voto. Perché dalle schede poteva venir fuori come al solito di tutto essendo praticate tattiche a tutto campo: per assicurarsi che gli uomini del centrodestra non disobbedissero all’ordine di votare scheda bianca, per dire, B. aveva chiesto che i suoi che sfilassero sotto il catafalco a passo di carica, manco fossero bersaglieri. Tempi andati: ora l’ex Cav. spera nei Corazzieri.

Salvini prova a liberarsi di B. Ora per il Colle risale Draghi

Silvio Berlusconi scende. Mario Draghi torna a salire. È questo il borsino del Quirinale dopo un lunedì in cui Matteo Salvini prende le distanze dal capo di Forza Italia, mentre Matteo Renzi ripete che lui il Caimano non lo voterà e i centristi, con Giovanni Toti, citano Draghi come “rifugio di tutti se Berlusconi fallisse”. La salita del premier al Colle torna lo scenario più probabile. Con un accordo per un nuovo governo con dentro non i leader dei partiti, ma piuttosto i primi ufficiali al posto dei tecnici. E magari che comprenda anche la legge elettorale. Berlusconi è pieno di dubbi, medita addirittura di rinunciare alla corsa prima della riunione del centrodestra fissata per giovedì. Il tam tam arriva dalla sua cerchia stretta. Berlusconi, raccontano, riflette se virare su Mario Draghi, facendo per primo il suo nome, tramutandosi così in kingmaker. Ma è il leader della Lega che cambia la giornata politica. Vuole dettare la rotta, e lo dice: “La settimana prossima, quando si comincia a votare, la Lega farà una proposta che potrà essere convincente per tanti, se non per tutti”. Sembra una bocciatura della candidatura di Berlusconi. Tanto che fonti di Forza Italia lo rintuzzano, definendo il Caimano il più adatto. Gli azzurri sono irritatissimi. In serata dal Carroccio raccontano di “una lunga e cordiale” telefonata tra il Capitano e B. per tamponare. “Ribadisce il sostegno”, dicono da FI, senza crederci. L’altalena è destinata a durare, così come il percorso di distacco di Salvini.

I suoi nomi restano Marcello Pera e soprattutto Letizia Moratti. Ma dal M5S glieli hanno già informalmente cassati. Altre opzioni, da Maria Elisabetta Casellati a Franco Frattini fino a Pier Ferdinando Casini, non avrebbero mai il placet di B. Ieri il leghista avrebbe incontrato anche il 5Stelle Riccardo Fraccaro. Di certo gioca in tandem con Renzi, che ha in mente due vie: un nome di centrodestra o Draghi. Sul leader leghista ha influenza, e con lui lavora al rimpasto di governo. Va poi notata una certa soddisfazione del Nazareno per quanto detto dal senatore di Rignano al Corriere della Sera, dalle cui colonne ha lodato Letta. Il segretario del Pd gioca per Draghi, anche se potrebbe perfino accontentarsi di tenere Berlusconi lontano dal Colle. E del resto a Draghi ieri ha aperto anche Goffredo Bettini: “Va verificata la disponibilità che il premier ha lasciato intuire”. Ma pochi se ne sono accorti. Del colloquio uscito ieri sul Corsera a colpire sono state le sillabe puntute del veterano dem sul suo abituale interlocutore, Giuseppe Conte: “È in un momento di notevole difficoltà, è più leader di governo che capo di un partito”. Un giudizio che fa esplodere le chat del M5S, dove in tanti rimproverano da tempo a Conte il rapporto strettissimo con il demiurgo del Pd romano. Molti parlamentari scrivono all’ex premier, rinfacciandogli l’intervista. E tra dimaiani e malpancisti è un fiorire di sorrisi sardonici.

Così Conte fa trapelare sulle agenzie di essere “adirato”. E in chiaro escono due contiani come il vicepresidente Riccardo Ricciardi e Stefano Patuanelli: “Se l’unità d’intenti in vista del Quirinale è rappresentata da colloqui con la stampa in cui si esprimono giudizi sul M5S e il suo leader, la direzione di marcia della coalizione non è quella giusta”. Per qualche ora vacilla l’asse con il Pd, da dove seguono con fastidio la vicenda. Ma Bettini fa pubblica ammenda: “Il lavoro di Conte è prezioso, il rapporto Pd-Movimento è fondamentale”. E anche privatamente, assicurano, “i due si sono riconciliati”. Il dato è che anche l’ex europarlamentare sta convergendo su Draghi, sempre a patto di costruire un governo per arrivare al 2023. Tanto è vero che i rumors raccontano di Nicola Zingaretti pronto a entrare. Magari al posto di Andrea Orlando, o di Dario Franceschini. Mentre Lorenzo Guerini appare blindato.

Un nuovo esecutivo è fondamentale per Conte, che non riuscirà a portare tutti i suoi parlamentari sul premier, anzi. Ma che potrebbe limitare i voti contrari garantendo la continuità della legislatura. Dovrebbe discuterne domani in un vertice con Letta e Roberto Speranza. Nel quale magari si parlerà anche di un futuro premier, la casella più difficile da riempire.