La bomba di piazza Fontana servì a far tacere il Sessantotto
Cinquant’anni fa la strage di piazza Fontana (12 dicembre ’69) e tre giorni dopo (15 dicembre) la “morte accidentale di un anarchico”, Pino Pinelli, nei locali della questura di Milano. Il ’67 aveva visto nascere la contestazione studentesca a Milano, iniziata con l’occupazione della facoltà di Architettura ed “esplosa” poi, nel ’68, con le occupazioni della facoltà di Medicina e delle facoltà umanistiche, contestuali alle manifestazioni continue in tutta Italia. La rivolta studentesca andava di pari passo con quella operaia. Tutta l’Italia era in sommossa. Il “potere” tremava, bisognava mettere a tacere la contestazione. La strage di piazza Fontana e la successiva morte di Pinelli, e la persecuzione di Valpreda, vanno viste in quest’ottica.
Bisognava mettere a tacere non solo gli operai, ma anche e soprattutto gli universitari, perché erano i figli di chi deteneva il potere e rappresentavano quella che sarebbe stata la classe dirigente del domani. Ecco la bomba e il tentativo di buttare la colpa sugli anarchici. Perché gli anarchici? Perché non erano difesi da nessuno, non erano amati nemmeno dal Pci, solo il Psi (bisogna dargliene atto) si era schierato contro la semplificazione bomba = anarchici. Pinelli è stato fermato lo stesso giorno della strage (che velocità nelle indagini!) ed è stato tenuto in questura, privato dei più elementari diritti, dal venerdì al lunedì notte quando è volato giù dalla finestra; eppure si sapeva benissimo che non c’entrava nulla con le bombe e che aveva peraltro un alibi di ferro. Era chiaro a tutti che non erano stati gli anarchici, seguire tale pista è stato utile solo al consueto depistaggio.
Albarosa Raimondi
Solidarietà al “Fatto”, vittima di intimidazioni dei potenti
Ho visto una volta l’attuale presidente del Senato – all’epoca era solo una parlamentare di Forza Italia – polemizzare con Marco Travaglio dalla Gruber, tanto per cambiare su Berlusconi, a suo dire trattato ingiustamente dal giornalista.
Naturalmente non mi avevano convinto le motivazioni della Casellati, che mi erano apparse pro Berlusconi al di là di ogni ragionamento, riproponendo la solita litania che i difensori d’ufficio dell’ex Cavaliere hanno sciorinato negli ultimi vent’anni. Certo non mi sarei aspettato che a un personaggio del genere fosse conferita addirittura la seconda carica dello Stato: ma la politica attuale ci ha abituati a queste mediazioni, che talvolta non propongono “il meglio”.
A conferma di questo ho letto ciò che questo giornale (unico a non genuflettersi davanti al potere) ha raccontato del presidente del Senato (ascensore, foto con condannati, ecc.) e ho letto del tentativo di intimidazione nei confronti dei giornalisti e naturalmente del direttore del Fatto Marco Travaglio.
Ho a cuore la libertà di stampa, a maggior ragione di un quotidiano come il Fatto che ci informa e ci fa capire le trame non sempre limpide della politica: quindi vorrei informare la seconda carica dello Stato che io e tutti quelli (e sono molti di più dei lettori di questo giornale) che credono nella libertà di stampa e nella democrazia faremo tutto il necessario affinché questi principi non siano calpestati e condizionati. Ai giornalisti e al direttore Travaglio tutta la mia solidarietà e appoggio.
Leonardo Gentile
Evasione, a essere indecente è anche l’inerzia dei partiti
Il presidente Mattarella è stato chiaro e duro: “Evadere il fisco è indecente”. Ma l’indecenza riguarda soltanto il singolo evasore oppure anche la politica?
Nonostante gli elementi e i mezzi a disposizione, la nostra classe dirigente proprio non riesce a stanare questi “signori”, i quali, tra l’altro, sfruttano i servizi pagati dal contribuente onesto.
È forse un mistero che in Parlamento sia presente qualche forza politica pro-evasori?
Pasquale Mirante
Sardine, nessuno spazio a CasaPound in manifestazione
Ho deciso di andare in piazza San Giovanni per sostenere le Sardine. Poi ho letto una dichiarazione sconcertante al Fatto da parte di uno degli organizzatori, il giornalista Stephen Ogongo. “Per me, almeno per ora, chiunque vuol scendere in piazza è il benvenuto. Che sia di sinistra, di Forza Italia o di CasaPound. Ai paletti penseremo dopo”.
No, signor Ogongo, non sono affatto d’accordo. C’è già qualcosa di più di un “paletto”, da cui non si può prescindere: la Costituzione. Quindi chiedo al signor Ogongo una rettifica netta della sua dichiarazione, perché o accetta CasaPound o le persone democratiche come me. Se non c’è questo chiarimento, io non andrò.
Con vigilanza democratica,
Massimo Marnetto
I NOSTRI ERRORI
Ieri nel richiamo in prima pagina del commento di Massimo Fini abbiamo scritto per errore Istat anziché Censis. Ce ne scusiamo con gli interessati e con i lettori.
Fq