“Mamma, voglio fare l’istituto aeronautico”. Il mio centro di gravità permanente si sbriciola in un giorno feriale di fine autunno. Non certo per l’istituto aeronautico in sé, ovviamente. Ma perché ci mancava solo questa ad alimentare la confusione che a casa nostra regna sovrana dall’inizio dell’anno scolastico.
La confusione ha le sembianze di una ragazzina di terza media, mia figlia, che già vive nel caos adolescenziale, tra un “che palle, ci stanno massacrando di compiti e di verifiche” e un “ora devo pensare agli esami, non posso pure scegliere cosa fare dopo”. Ai nostri tempi – non troppo vicini, ma neppure nel Dopoguerra – a decidere cosa avremmo dovuto studiare erano soprattutto i genitori, coadiuvati dai docenti che decretavano con rigore la destinazione finale: classico, scientifico o professionale. Molte possibilità di errore, ma sicuramente anche (molte) meno ansie. Adesso no. Adesso lo chiamano “orientamento” perché la scelta della scuola superiore è determinante e perché, per esempio, esiste lo scientifico tradizionale, quello delle scienze applicate, con curvatura biomedica, a indirizzo sportivo o informatico. Per esempio. Il rischio è finire “disorientati”. “Amore, sei una lettrice accanita, ami la matematica, ti piace studiare e vuoi fare l’astronauta. Opta per lo scientifico, o se vuoi bene a mamma per il classico”, ho esordito a settembre, con il candore di una laureata in Lettere. A Roma ci sono 48 licei classici e 77 scientifici, e già è una giungla. Vale dunque il criterio di vicinanza, o meglio di logistica: quanti e quali mezzi pubblici dovrà prendere per non arrivare a scuola sempre tardi. Il raggio d’azione si riduce. Secondo step, la qualità del liceo, e allora vai con le classifiche, le offerte formative, gli scambi culturali, la sezione Cambridge, il potenziamento di alcune materie. A questo step avevo già il mal di testa, se ci penso adesso mi viene da ridere. Già, perché poi si apre il capitolo Open Day: come nelle giornate di promozione degli aspirapolveri, ogni istituto lucida l’argenteria, mette in proscenio gli studenti migliori e organizza tour per conquistare nuovi clienti, pardon studenti. Sui siti delle scuole sono indicate almeno due o tre date. Poi però, il sabato che ti sei preso libero dal lavoro, scopri che bisognava prenotare. Oppure c’è talmente tanta gente che non riesci a capire se la professoressa che annunciava “porteremo i ragazzi in India” si riferiva al Paese oppure al viale capitolino. Ma ancora non è nulla. In classe i ragazzi vengono affiancati da tutor che sottopongono loro alcuni test attitudinali, in base ai quali li “orientano”: che scientifico sia, la nostra sentenza (la stranezza è che nelle domande il classico manco era citato, ma qui potrebbe esserci la “manina” di mia figlia). L’insegnante di matematica conferma, “purché non si tratti del Liceo X”, cioè giusto quello che avevamo in mente. Ma pazienza, mancano ancora due mesi alle iscrizioni. E un’ultima, fatidica giornata, quella in cui le superiori vanno alle medie: opuscoli, spiegazioni, annunci per mostrarsi. E proprio quando pensavi di essere giunto al traguardo, scopri che è una figata prendere il brevetto di volo all’istituto aeronautico. Capitano, voglio scendere.