“Human Technopole è un sistema chiuso”

Da Casa degli Scienziati a quella per i “senza tetto” della ricerca: la manovra di Bilancio e il mondo della ricerca provano a mettere in discussione il finanziamento ventennale (140 milioni di euro all’anno assicurati) che il governo Renzi ha assegnato, nel 2017, allo Human Technopole (Ht), il centro di ricerca che sta sorgendo nell’area Expo di Milano.

Un emendamento attualmente in discussione — a firma, tra molti altri, di Laura Granaro (M5S), dei Senatori a vita Elena Cattaneo, Carlo Rubbia e Liliana Segre – propone che almeno la metà dell’investimento sia vincolata alla creazione e al mantenimento, dentro Human Technopole, di laboratori e strutture aperte all’intera comunità scientifica nazionale, con una procedura trasparente , competitiva e meritocratica di selezione dei progetti. insomma, università, enti pubblici e ospedali di eccellenza con finalità di ricerca (gli Ircss) potrebbero così concorrere. E il mondo scientifico è pronto a sostenerlo.

“Sono previste risorse certe e ingenti per un unico ente di ricerca, assegnate senza competizione o confronto con il resto del mondo scientifico nazionale – si legge in un appello inviato al Fatto Quotidiano a firma di cinque tra professori ordinari e ricercatori —. Walter Ricciardi (ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità da cui si è dimesso nel gennaio 2019, e a novembre ha accettato la nomina di coordinatore del Consiglio Scientifico di HT) ha dichiarato alla stampa che ‘HT è la casa degli scienziati’. Quel che si vede è una nuova, bellissima casa per alcuni scienziati. Quel che non si vede è che le sue ricerche sono finanziate in modo privilegiato, mentre fuori tentano di sopravvivere gli homeless della ricerca”. In sostanza, spiegano gli studiosi, di Human Technopole, si postula a priori l’eccellenza, “mentre nelle nostre aule insegniamo che per essere definiti eccellenti si debba essere valutati da altri”. La ricerca italiana ha già tante eccellenze diffuse in tutto il paese e competitive con il resto del mondo. “Tutto questo nonostante i fondi scarsi e incerti e le difficoltà burocratiche che lo stesso Ricciardi ritiene incompatibili con una ricerca di qualità, nonostante la ricerca pubblica italiana da anni sia lasciata agonizzare”.

Ecco perché chiedono che “Human Technopole assuma il ruolo di epicentro di facilities e tecnologie” al servizio delle “migliori idee della ricerca nazionale, valutate per merito e in modo trasparente” pur rispettando la missione originaria. In tal modo, il nuovo centro non sovrapporrebbe le proprie ricerche interne a quelle già sviluppate con successo nel resto d’Italia. Col rischio, vista la sproporzione di mezzi, di fagocitarle. “Alla politica, oggi, sta questa scelta” concludono, “se mantenere zone franche” che godano del privilegio di ingenti risorse sottratte a qualsiasi controllo e sulla base di generici principi di fiducia che troppo spesso hanno sconfinato nell’arbitrio, e che porterebbero al collasso del sistema. O se stabilire, una volta per tutte, un principio di selezione competitiva, trasparente e condivisa. Sarebbe una dimostrazione a lungo attesa, di lungimiranza ed equità”.

Reddito è senza software: ora la battaglia è sul prezzo

Va lenta la fase due del Reddito di cittadinanza, che dovrebbe accompagnare al lavoro i beneficiari, e si incarta ancora sulla piattaforma che i centri per l’impiego dovranno usare per incrociare le offerte d’impiego e le candidature. All’Agenzia per le politiche attive del lavoro (Anpal) non è chiaro come procedere. Manca “Italy Works”, la piattaforma su cui il M5S aveva puntato molto, tanto da scegliere Mimmo Parisi alla guida dell’agenzia: aveva collaborato alla nascita dell’archetipo “Mississippi Works” e per questo, quando è comparsa l’ipotesi di importarlo, le acque si sono agitate per un possibile conflitto di interessi. Che torna prepotente.

Tutto inizia in primavera: la legge che istituisce il Reddito di cittadinanza dà ad Anpal la possibilità di servirsi di società in house per acquisire sistemi informativi attraverso Consip. I critici sollevano un dubbio: perché ad Anpal serve un’altra società? Parisi ha bisogno di un cavallo di Troia per far acquisire ad Anpal il software a lui caro? Dal ministero del Lavoro rispondono che l’agenzia non ha contratti Consip in essere “volti alla creazione di case management e labour exchange” e che quindi serve un ente già attivo sul quel fronte. Anpal chiede allora a Invitalia (l’agenzia pubblica per lo sviluppo d’impresa) un piano per acquisire il sistema. Invitalia propone un progetto che costerebbe 17 milioni. Così, il direttore generale e il cda di Anpal chiedono – come raccontato da linkiesta.it – una valutazione alla società di consulenza Ernst & Young. Si stima così che quel progetto costerebbe “tra 387.411 euro e 561.926 euro”. Una clamorosa sproporzione rispetto all’indicazione di Invitalia che, in uno scambio di note, contesta i calcoli di Ernst & Young portandola a chiarire che il suo non va considerato un parere di congruità ma “una mera analisi tecnica”. A metà novembre, quindi, Anpal approva una delibera che prevede di riprendere i contatti con Invitalia. Interpellata dal Fatto, l’Agenzia spiega che “è in corso una verifica interna” sul da farsi e “non è stata presa alcuna decisione definitiva”. Insomma, non si vede la luce. Intanto, al 21 ottobre risultavano 17.637 contratti di lavoro e tirocini attivati per i percettori del Reddito di cittadinanza. È un dato fisiologico, sono posti nati anche prima dell’inizio delle convocazioni) e quindi non univocamente attribuibili al lavoro dei navigator. Su questo punto, invece, l’Anpal dovrebbe diffondere i dati a breve. I navigator sono attivi e reattivi: uno di Mantova ha scritto una lettera poi mostrata alla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo. Ha raccontato della povertà estrema, dell disoccupazione di lunga durata e della difficoltà dei percettori a ricollocarsi. “Sentiamo il peso della responsabilità rispetto alla buona riuscita della manovra”, ha detto. Una circolare Anpal ha chiarito cosa sia l’offerta di lavoro da sottoporre ai percettori: in pratica la proposta di candidatura per una posizione vacante. Il destinatario dovrà accettare di farlo per non perdere il Reddito, anche se poi non avrà la certezza di essere selezionato.

Sullo sfondo, c’è il problema dei precari dell’Anpal Servizi. Le Camere del lavoro autonomo e precario (Clap) protestano perché non vengono ammesse alle trattative per le stabilizzazioni. Temono che la volontà di assumere data scientist possa assottigliare lo spazio per gli attuali precari (i 654 di cui il decreto Imprese prevede l’assunzione). Il piano dell’Anpal – spiegano dall’agenzia – “permetterà di assumere a tempo indeterminato 400 unità; 400 posti tutti per i precari”. Ma la rassicurazione difficilmente sederà gli animi.

Landini cambia le news con l’uomo della Alemanno

Le notizie sono tre: la Cgil rivoluziona la propria comunicazione e punta a fare un giornale online diretto da Gabriele Polo, ex direttore del manifesto; Maurizio Landini per la prima volta imprime un suo segno sull’organizzazione interna, con un uomo di fiducia e tocca gli assetti definiti finora dagli ex segretari generali; per farlo, però, si è dovuto rivolgere a un’agenzia privata, la AssistGroup che svolge attività di marketing e comunicazione per aziende come Coca Cola, Ferrero, Samsung, Pirelli, Volkswagen e così via. I padroni, insomma. E in questa impresa ha impiegato una consulenza atipica come quella di Mario Occhi, già ufficio stampa dell’Agenzia del Territorio con Gabriella Alemanno, sorella dell’ex sindaco di Roma.

La novità l’ha spiegata lo stesso Landini in una lettera a tutte le strutture: “Ho avuto la fortuna – scrive Landini – di conoscere Gianni Prandi, presidente e amministratore delegato di Assist Group, società che da 32 anni svolge la propria attività nel settore. Gianni ha accettato l’incarico da me proposto e ha deciso di mettere a disposizione gratuitamente la competenza e l’esperienza propria e del suo gruppo”.

Prandi è un vecchio compagno di scuola di Landini e come inviato sul campo ha scelto Mario Occhi, già responsabile comunicazione dell’Agenzia del Territorio diretta da Gabriella Alemanno, sorella di Gianni, le cui note spese erano schizzate da 80 mila euro a un milione nel 2010 e a un milione e mezzo nel 2011. Sono le “spese pazze” che comprendevano anche uova di struzzo decorate. Quella vicenda è passata e oggi Occhi è un libero professionista: “Sono solo l’undicesimo protagonista di questo progetto, AssistGroup la conosco da 25 anni, da quando lavoravo in Philip Morris” spiega al Fatto. “Con Occhi mi sono trovato bene”, dice Polo, “mi è sembrato competente” e lo stesso Occhi dice di aver trovato in Cgil “grandi professionalità” su cui è stato basato il progetto della nuova piattaforma.

L’idea è di riunificare tutto quello che la Cgil già fa e produce in una “nuova organizzazione” basata su: “Centro di produzione, relazioni con i media, promozione e marketing, amministrazione, finanza e controllo, servizi esterni”. E su una “piattaforma digitale, strumento aggregante della nuova area di comunicazione”.

Polo è euforico: “Abbiamo buttato un sacco di risorse in passato e senza una struttura esterna non avremmo cominciato. “Riuniremo insieme le varie attività: radio, ufficio stampa, casa editrice, rassegna, social e avremo dei terminali in tutte le sedi e nelle categorie, come una sorta di corrispondenti: faremo quello che ci piace fare, i giornalisti”. E l’Agenzia privata? “Ci aiuterà nella fase di avvio, per circa un anno e mezzo, ma poi saremo completamente indipendenti: il mio editore saranno gli iscritti e i delegati”.

A contestare dall’interno è l’area di opposizione capeggiata da Eliana Como: “La nuova gestione è in parte affidata a una società privata, dopo una vera e propria esternalizzazione del settore comunicazione, considerata sempre più a criteri privatistici, più da marketing che da propaganda sindacale: ma noi mica vendiamo merendine”. La critica si estende non solo all’impiego di strutture private, ma anche al pericolo che queste collaborazioni insidino l’enorme banca dati degli scritti della Cgil, circa 5,5 milioni di persone. Rischio che Landini ha escluso parlando all’Assemblea generale dell’altroieri e che Polo non prende in considerazione.

Landini, che è titolare del progetto di riorganizzazione, scrive che si sono tenuti ben 147 incontri a tutti i livelli e a quanto è possibile ricostruire anche la questione “esuberi” – la struttura complessiva dovrebbe passare da 50 a 40 unità – si risolve con ricollocazioni interne e pensionamenti. Ma il personale dovrebbe passare alla nuova società che sarà partecipata dalla Cgil, per il 59%, e dalle strutture di categoria per il 41. L’amministratore delegato non è stato ancora individuato, ma si è fatto il nome di Giuseppe Spadari, area Camusso.

Conflitti interni al momento non ce ne sono, ma i mal di pancia esistono. Solo che per ora, a parte la minoranza interna, scelgono il silenzio.

La nuova guerra dei gestori: multate Wind 3 e Vodafone

“Pronto, signor Rossi? Sono il suo ex gestore telefonico”. “Ma chi? Quello che mi ha attivato servizi non richiesti e fatto pagare super costi per la disdetta anticipata?”. “Ehm… sì. Ma proprio per questo, ora ci vogliamo far perdonare offrendole un nuovo piano tariffario, solo per lei”. Peccato che ad accettare di sottoscrivere questa promozione particolarmente allettante (tecnicamente si chiama winback) siano stati migliaia di clienti che si sono ritrovati con una tariffa poco chiara e servizi pre-attivati senza il consenso espresso. Questo il motivo che ha spinto l’Antitrust a multare Wind Tre e Vodafone per oltre 10 milioni di euro complessivi. Secondo l’Autorità della Concorrenza e del Mercato, nei messaggi che i due gestori hanno inviato ai clienti “hanno omesso di indicare gli ulteriori costi e i vincoli di fruizione del contratto”. Insomma, anche se Vodafone “ritiene di aver implementato misure di trasparenza complete e adeguate – che sono anche state proposte come impegni che l’Autorità non ha voluto accettare – e confida di poter dimostrare la correttezza del proprio operato nelle sedi opportune”, secondo l’Antitrust si tratta dell’ennesimo esempio di poca trasparenza a danno dei consumatori e dell’ennesima multa per i due gestori (anche contro Tim è stato acceso un faro) che, comunque, non avranno problemi a pagarla. Nonostante la contrazione del fatturato innescata dalla guerra dei prezzi sul mobile, secondo l’analisi di Mediobanca il mercato delle Tlc nel 2018 ha realizzato 31 miliardi di ricavi, l’1,9% del Pil.

Fin qui la cronaca. Quello che però ha portato al procedimento è assai più avvincente. Facciamo chiarezza, almeno noi. Ad aver attivato l’Antitrust, denunciando Wind Tre e Vodafone, sono stati Altroconsumo e, soprattutto, Iliad, ovvero il gestore sbarcato in Italia 14 mesi fa e che ha già superato 4 milioni di clienti grazie a tariffe low cost.

Insomma, una pesante stoccata da parte del gruppo presieduto da Benedetto Levi che sembrerebbe essersi adeguato ai numerosi sgambetti degli altri gestori. Del resto è del 5 dicembre la notizia che, dopo una denuncia pervenuta da Wind Tre, il Giurì della Pubblicità in Italia (Iap) ha ordinato a Iliad la cessazione dell’attuale campagna pubblicitaria per “comunicazione commerciale ingannevole”. Un po’ come successo lo scorso luglio, quando a denunciare la mancanza di trasparenza in uno spot sempre di Iliad, erano state Tim e Vodafone. Poteva finire qui il valzer delle ripicche? A ripartire all’attacco è stato l’ad di Iliad che l’altroieri in un tweet ha scritto: “Mancava solo Wind Tre, dopo Tim e Vodafone, e siamo al completo con le ricariche “speciali” o anche magiche direi: paghi 5 e prendi 4 euro di credito”. Il riferimento è chiaro: di recente gli operatori hanno messo in commercio delle ricariche da 5 e 10 euro di credito che però danno un euro in meno di credito, ma alcuni servizi aggiuntivi in cambio. L’Antitrust è avvertito.

Il 2018, quando il Parlamento fu umiliato (mica come ora)

Un anno fa di questi tempi c’era un grosso allarme sui giornali e nell’allora opposizione. La legge di Bilancio, riscritta a Bruxelles dopo la vana resistenza dei gialloverdi, era infatti arrivata in Parlamento proprio in questi giorni: “È la prima manovra extraparlamentare nella storia della Repubblica”, sosteneva non senza ragioni (e non senza ipocrisia) il capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci. Gli alti lai dei meglio commentatori fecero coro: le Camere umiliate di qua, le Camere umiliate di là, la Costituzione, la Resistenza e tutto il resto appresso. Tutto giusto, tutto vero, anche se – ci pare di ricordare – certe magagne nel triangolo governo-Ue-Parlamento erano più antiche del dicembre 2018. Un anno dopo, invece, c’è solo silenzio. E dire che la legge di Bilancio, scritta preventivamente a Bruxelles e riscritta nelle parti meno rilevanti in una stanzetta da maggioranza e governo venerdì sera, approderà nell’aula del Senato solo domani (forse) per un via libera col voto di fiducia in 24 ore e questo senza che Palazzo Madama, in oltre un mese, sia riuscita a votarla in commissione. Alla Camera, a quanto pare, avranno invece una decina di giorni per guardare la manovra e farci sopra due chiacchiere, ma senza cambiarla, onde evitare un altro passaggio sotto le feste in Senato, luogo in cui – visti i numeri – ogni pulce può sentirsi leone. Sicuri che stavolta nessun sincero democratico voglia scrivere due parole su una Repubblica parlamentare in cui un ramo del Parlamento non può neanche approvare emendamenti?

Caro Fini, Hegel non era affatto un illuminista

Ho letto con attenzione la risposta di Massimo Fini (sul Fatto del 29 novembre) a una mia obiezione critica. L’autore di La ragione aveva torto? scrive con stile, ma oggi per amore della verità gli contesto alcuni punti:

1. Anzitutto la sua convinzione che “morto il pensiero aristotelico è stato sostituito da quello illuminista di cui Kant e Hegel sono i principali esponenti”. L’obiezione ha un fondamento testuale: le opere di Hegel – dalla Fenomenologia dello spirito alla Scienza della logica – sono un duro attacco al pensiero illuminista, le critiche a Kant sono celebri e tutti i manuali di filosofia indicano l’idealismo hegeliano come antitesi dell’Illuminismo. Mi sembrano argomenti forti.

2. Fini arruola Hegel tra gli illuministi affermando: “Ho interpretato l’Illuminismo come un progressismo. E nel progressismo stanno sia Kant che Hegel”. Come dire: uno dei cento aspetti dell’Illuminismo è il progressismo; Kant e Hegel credono nel progresso; entrambi sono illuministi. Non va bene. C’è un salto logico pazzesco in questa lettura. Il progressismo non racchiude in sé la complessità dell’Illuminismo (il fatto che Adorno e Horkheimer abbiano parlato di Illuminismo “nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso” non fa di Hegel un filosofo illuminista): la filosofia nasce, opera e vive nel linguaggio, è bene tenere distinti i termini. Di più: a) Hegel critica il carattere astratto della razionalità illuministica, “l’intelletto astratto gonfio del suo dover essere” che pretende di dare lezione alla Storia stabilendo come essa dovrebbe essere (Enciclopedia); b) Il criticismo di Kant “è filosofia del finito, ermeneutica della finitudine”; Hegel è, invece, filosofo dell’infinito, “cadono le barriere tra soggetto e oggetto” e parla di “conoscenza della realtà nella sua assolutezza”.

Infine, Fini afferma di aver sempre pensato “che Hegel fosse un perfetto imbecille o un pazzo”. Poveri lettori di Hegel, dunque, che si sono confrontati seriamente (anche da posizioni critiche) col suo pensiero, da Cacciari a Severino; e miseri quanti l’hanno studiato per anni (trascuro i classici Hyppolite e Kojève): Bodei, Sistema ed epoca in Hegel; Bloch, Soggetto-Oggetto. Commento a Hegel; Bobbio, Studi hegeliani . Tra gli studiosi del filosofo tedesco, inoltre, c’è Salvatore Veca curatore dell’ottimo Hegel e l’economia politica. Posso sbagliarmi ma Veca, che ha scritto la presentazione a La modernità di un antimoderno (Marsilio) di Fini, non approverebbe la frase sulle capacità intellettive del filosofo idealista. Intendiamoci, Veca apprezza il lavoro dell’“inviato” Fini – “che scrive un reportage antilluministico sulla Modernità” –, ne coglie il desiderio di verità e la solitudine metafisica e sociale. Scelta. Voluta. Ma aggiunge: “Le sue ragioni possono sollevare confutazioni nello spazio pubblico del libero confronto delle idee”. È quel che sto facendo, suggerendo una più attenta lettura dell’Illuminismo (e una netta distinzione tra Kant e Hegel).

Tema complesso la filosofia dei Lumi. Foucault in Che cos’è l’Illuminismo? (che riprende nel titolo un celebre testo di Kant) riconosce che la Scuola di Francoforte ha posto una serie di problemi, tra i quali quello di una ragione che si trasforma in strumento di dominio autoritario. In questo contesto colloco la critica della modernità di Fini: ci sono pagine lucide e intuizioni interessanti nei suoi libri, e invito a leggerli. Spesso condivido (quando si sente “l’eco de L’uomo in rivolta di Camus”); a volte no quando eccede nella volontà dissacratrice – “Hegel, un imbecille” –; ma Massimo Fini è fatto così, il suo “è” “il pensiero di un Ribelle” che ama le affermazioni paradossali. Ne prendo atto e continuo a volergli bene.

L’Immacolata oggi ci dice di non giudicare la vita in base alle sue fragilità

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo Regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei. (Luca 1,26-38)

È bello pensare che la missione dell’angelo Gabriele in risposta al mistero del progetto di Dio per la salvezza del mondo ha dovuto cambiare direzione. Al tempio si era scontrato con l’incredulità di un sacerdote, Zaccaria, e dirotta quindi il suo volo verso Nàzaret, presso una giovane donna credente, ma che vive fuori del tempio, nella sua povera casa, luogo della vita semplice e normale di tutti gli uomini. L’Immacolata suggerisce di non giudicare la vita a partire da ciò che l’ha resa fragile, ma di riscoprirne la bontà e la bellezza tornando a contemplare il progetto di creatore e custodendone il progetto di salvezza in Gesù di Nàzaret.

Il “rallegrati” del saluto angelico ci riporta, quindi, alla gioia del principio, quando Adamo ed Eva furono posti al centro del giardino della vita. Gioisci perché sei piena di grazia, Dio è qui con te, in un abbraccio di fedeltà perché sta per compiere la Promessa fatta ai Padri e la Sua felicità torna a essere la gioia degli uomini. Dio ha posto il suo sì in te, e senza condizionamenti tu sei diventata amata-per-sempre, feconda di quell’Amore che tutti attirerà a sé. Maria ha detto il suo sì, ma la buona notizia è il sì di Dio che affida un futuro nuovo all’umanità e al creato. “Il Signore è con te” significa che tutti gli uomini e donne saranno benedetti da Dio. Egli prepara e consegna per grazia una speranza nuova, ardua, ma fecondata dalla morte e risurrezione di Cristo. La donna Maria, nella sua responsabilità, intuisce l’imprevedibile e inconcepibile contenuto nelle parole udite, perciò pone una domanda: come avverrà questo, poiché non conosco uomo?

La sua fede consapevole sa di non offendere il suo Dio quando lo interroga. Anzi, lo chiama in aiuto per rendersi conto che la vita che nascerà in Lei e quella che da sei mesi sta aspettando la cugina Elisabetta, le due vite hanno bisogno di servizio generoso e pronto: ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola! Maria testimonia che la vita si può vivere con una libertà che induce a rispondere positivamente al diverso che non si era programmato. Questo esercizio apre il cuore a una comprensione nuova, riconciliata, fiduciosa della vita. Affidando il suo presente a Colui che salva, ha riavuto la sua vita trasfigurata, compiuta e piena di grazia.

Maria santissima, con il suo eccomi, diventa l’alleata di Dio e contribuisce a rinnovare la storia dell’umanità. Per questo intercede a nostro favore, perché possiamo anche noi rispondere di sì al disegno salvifico di Dio.

*Arcivescovo emerito di Camerino – San Severino Marche

Chi vuole abolire l’antifascismo

Non ci sono più edicole. Sappiamo tutti che le edicole chiudono (o vendono acqua minerale e ricordi di Roma) a causa della crisi dei giornali, che perdono copie e alleggeriscono il personale. Tutto ciò accade perché hanno perso le fonti. Ci sono molte teorie sulla crisi dei giornali. Oscillano tra il cattivo management e i brutti tempi, il tutto immerso in una nebbia detta “digitalizzazione” che sembra la grande promessa, ma va per la sua strada, portandosi dietro e cambiando radicalmente tutto ciò che tocca, e puoi solo seguire, fingendoti entusiasta. Ma, come vedete, c’è poco da raccontare. La realtà (fatti, prove, verifiche, testimonianze, contraddizioni, conferme) va via.

Se le domande giornalisticamente importanti sono “chi, quando, come, perché”, anche il più bravo reporter resta spiazzato su almeno uno dei punti di riferimento che orientano. Non sappiamo mai chi è il vero autore – o meglio, il mandante – di fatti enormi. Per esempio: chi ha dato il via e perché alla grande galoppata di destra che sta cambiando i Paesi chiave del mondo? Ci sono episodi che sembrano irrilevanti ma qualcosa rivelano. Pensate alla protesta di Giorgia Meloni che si indigna fino alla rabbia quando apprende che alcuni commissari europei hanno cantato Bella Ciao. Nessuno le ha detto che Bella Ciao era il canto dei partigiani che hanno vinto il fascismo e perciò hanno reso anche Giorgia Meloni una donna libera? Pensate allo spregevole professore della Scuola Normale di Pisa che cerca notorietà con dichiarazioni di disprezzo per la Shoah e le sue vittime. Pensate al rifiuto delle pietre di inciampo, deliberato senza imbarazzo da consiglieri e assessori leghisti del comune di Schio. Pensate alla catena quasi continua di episodi di aggressione, insulto, disprezzo. Avvengono oggi perché oggi è possibile, e anche facile, e c’è chi apprezza. Non sappiamo chi ha dato il via, ma la galoppata della destra è appena cominciata e chi non fa parte di questa prima vampata distruttiva che promette di diventare un incendio, non sa con chi corre e perché. È una corsa che sta creando il più folle degli equivoci: l’antisemitismo strabico. Si sta diffondendo, con qualche incoraggiamento sorprendente, nei Paesi dei confini chiusi, dove l’immigrazione è un reato e la religione cattolica è sovranista e unica, pena l’esclusione da tutto (Polonia, Ungheria, Austria…). L’antisemitismo strabico da un lato respinge l’ebraismo come “non nazionale”, come “straniero”, e sfiora il negazionismo quando ricorda di rado e malvolentieri l’immensa persecuzione a cui i rispettivi Paesi hanno partecipato negli anni d’oro del fascismo. Dall’altra (insieme a politici di altri Paesi che stanno rapidamente fascistizzandosi) dichiarano amicizia e sostegno per lo Stato di Israele in quanto Stato forte e bene armato. È lo stesso trucco di finta alleanza dei fondamentalisti americani che detestano e respingono gli ebrei vicini di casa, e se possono li uccidono. Ma ostentano il loro sostegno quasi patriottico per gli israeliani in armi.

Ai giornali non resta che narrare per episodi isolati e senza contesto (l’insulto, il canto, la lapide profanata, la targa stradale imbrattata, la pietra di inciampo proibita, o rimossa, l’insegnante che cerca di ravvivare l’antisemitismo degli allievi, il ripetersi continuo degli insulti ai “negri” di tutte le squadre in tutti gli stadi, con rare interruzioni delle partite) come se ciascun evento accadesse una volta sola. Si evita così di allargare l’inquadratura sul disastro morale del Paese, che appare esausto e rinchiuso nella stanza delle ansietà personali. Ma il contesto disastroso non è solo morale. C’è il disastro economico che non è né vero né falso, abilmente costruito come una corsa sul cerchio dei criceti, che finisce sempre dove è cominciata, anzi, non finisce mai. Si crea così una serie di incrinature, separazioni, divisioni, rabbie e vendette che percorrono ogni parte della vita pubblica, e spaccano opposizioni e maggioranze, con una continua falsificazione di quel poco di fatti veri che si conoscono.

Ogni tanto c’è uno “scandalo” come Bibbiano, che in realtà è una squallida serie di episodi di ciò che accade continuamente nel sottomondo della burocrazia e della giustizia dei bambini e di chi dovrebbe proteggerli. Qualcuno ricorda il caso di Serena Cruz, la bimba adottata e felice punita dai giudici (i carabinieri l’hanno portata via dall’amata casa adottiva all’alba e fatta sparire) perché il padre adottivo, amatissimo, aveva mentito su una procedura? Ma Bibbiano viene trasformata senza scrupoli in pauroso, diabolico evento politico a fini elettorali. Un giornalismo che non può trovare il punto e la ragione in cui iniziano e restano a lungo in scena storie come queste, dimostra che ci sono regie ignote e accurate che conosciamo con falsi nomi e a cui non siamo in grado di attribuire i veri fini. Una cosa sembra certa: devono a tutti i costi eliminare l’antifascismo. Senza edicole è più facile. E senza giornali si può fare meglio.

Mail box

 

Giganti del web, serve una legge europea contro l’evasione

Le aziende informatiche americane che operano in Italia rispettano la legislazione fiscale italiana e comunitaria? Oppure la violano, non pagando le imposte nei Paesi in cui operano ma pagandole nei paradisi fiscali europei (es. Irlanda o Lussemburgo)?

Se la violano sono evasori fiscali e il fisco deve reprimere questi abusi, se invece la rispettano non mi sembra giusto colpire queste attività con un’imposta sul loro giro di affari, e sarebbe giustificata la reazione di Trump che minaccia l’introduzione di dazi alle importazioni dall’Italia.

In conclusione, se è la legislazione fiscale dell’Ue a consentire di evadere le imposte (chiunque sia il beneficiario) allora è tale legislazione a dover essere modificata.

Pietro Volpi

 

La strategia di Renzi per ricattare il Conte 2

Appaiono sempre più chiare le strategie che hanno portato Renzi a uscire dal Pd e fondare (Forza) Italia Viva. E si capisce anche meglio perché abbia sponsorizzato con forza la nascita del Conte 2. Anzitutto, se si fosse andati alle elezioni, il gruppo dei suoi seguaci sarebbe stato falcidiato dalla nuova maggioranza Pd. Sarebbe stata una iattura per il suo progetto, già in fase avanzata, che aveva bisogno di un periodo di tranquillità per potersi organizzare.

Così, invece, una volta nato il nuovo governo, può scoprire le carte. Fatti due conti, non gli è stato difficile realizzare che la sua pattuglia sarebbe stata decisiva. Verificato anche questo, ora può dettare l’agenda, porre

veti e ricattare in modo cinico e spregiudicato, la sua specialità.

Comunque vada, lui ha ottenuto una visibilità impensabile e il tempo che voleva per porsi in una posizione centrale come referente di

poteri che contano e che possono sponsorizzarlo. Ora può pensare

anche di andare al voto. Chapeau!

Mario Frattarelli

 

Nato, a Londra sgarbo all’Italia esclusa dal vertice sulla Libia

Durante il vertice Nato a Londra il nostro Paese è stato escluso dall’incontro tra i capi politici di Francia, Germania, Gran Bretagna e Turchia per parlare della situazione libica.

Uno sgarbo per l’Italia, esclusa dal negoziato internazionale al quale in passato aveva sempre partecipato. Non è una mancanza di rispetto nei nostri confronti?

Gabriele Salini

 

La parabola di Orlando spiega l’avversione alle leggi 5 Stelle

Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia. Politicamente nasce nel Pci, per poi seguire i passaggi che porteranno la maggioranza dei parlamentari di sinistra nel Pd, partito che apparentemente attaccava Berlusconi mentre in realtà ci inciuciava.

Quando ha seguito Zingaretti per formare il Conte 2, ho capito che avrebbe attaccato le leggi di Bonafede. Ricordo che sostenne la proposta di Violante e Ghedini (2008), il cui obiettivo era tagliare le unghie alla magistratura inquirente trasferendo la polizia giudiziaria alle dipendenze del ministero della Giustizia. Non ci voleva molto a capire che posizione avrebbe preso sulla legge Spazzacorrotti e sul blocco alla prescrizione.

Luciano Gualtieri

 

Il nostro Paese ama l’uomo forte solo per farlo fuori

Caro Fatto,

pare che circa la metà degli italiani auspichi l’avvento dell’uomo forte al governo, magari fornito dei famosi pieni poteri.

Peccato che il rapporto Censis non dica che gli stessi italiani, una volta trovatolo, non vedano l’ora di ributtarlo giù così come accaduto in passato. E sarà sempre così!

Con molti saluti,

Vincenzo Covelli

 

DIRITTO DI REPLICA

In merito all’articolo “Manital, 10 mila tremano con l’imputato del crac Idi”, che riporta mie dichiarazioni, chiarisco alcuni aspetti. Per quanto concerne i lavoratori della Campania, dopo scioperi e manifestazioni, il Miur ha avviato, a inizio ottobre, le procedure previste dal Codice degli Appalti per il pagamento in surroga dei lavoratori, procedure lunghe e complesse che hanno trovato vari ostacoli (banalmente l’azienda non consegnava le buste paga) anche per la cessione del credito che Manitalidea ha fatto nei confronti di una finanziaria. Dopo lunghe pressioni e trattative la situazione si è sbloccata e il Miur provvederà a pagare direttamente i lavoratori i primi giorni della prossima settimana, dando una prima risposta positiva ad una situazione diventata insostenibile.

Cinzia Bernardini
Segretaria nazionale Filcams Cgil

 

Grazie per il chiarimento. Scrivendo che “Il ministero non ha avviato i pagamenti in surroga” intendevamo dire che non sono ancora stati versati fisicamente gli stipendi per i lavoratori. È positivo sapere che, su pressione del sindacato, la situazione si sta sbloccando. Ci scusiamo per non aver sintetizzato il suo pensiero con la dovuta precisione.

Rob.Rot.

Zalone, giullare politicamente scorretto. Pure sul razzismo

“Immigrato, chi ha lasciato il porto spalancato? Immigrato, ma non ti avevano rimpatriato?”.

Dal nuovo video di Checco Zalone “Immigrato”

Sul razzismo non si scherza. Ma sull’antirazzismo un tanto al chilo, non solo si può ma si deve. Per esempio, l’incomprensibile levata di scudi sul titolo “Black Friday” del “Corriere dello Sport”, che presentava Inter-Roma attraverso le foto delle due star di colore rivali, Lukaku e Smalling: scelta giornalistica forse opinabile, ma non certo razzista, che ha sollevato l’indignazione di società di calcio e istituzioni sportive. Le ultime a poter protestare, come ha scritto Michele Serra, dopo che per anni hanno tollerato di tutto, “svastiche, antisemitismo, saluti romani, il verso della scimmia contro i calciatori ‘negri’”. Adesso tocca a Checco Zalone essere preso tra i due fuochi per “Immigrato”, un motivetto che con poche e divertenti strofe infilza tutta la cianfrusaglia contenuta nella politica sovranista contro gli immigrati. E tutta la fuffa ipocrita del politicamente corretto modello: integriamoli, ma non a casa mia. Loro che li trovi sempre lì davanti al supermarket, al distributore o con la pezza al semaforo a chiederti “2 euro per un panino”. Loro che ormai occupano tutti i piani del palazzo tanto che quando te ne ritrovi uno “senza permesso nel soggiorno” con tua moglie, “che non è spaventata, anzi”, ti sfugge un lamento struggente e rassegnato: “Sembra proprio che ti sei integrato, ora dimmi perché mi hai puntato, potevi andare dal mio vicino pachistano, o da quel rumeno in subaffitto al terzo piano, ma hai scelto me, il mio deretano, perché perché perché prima l’italiano!”. Prendiamo atto che il video, uscito venerdì scorso, è già in testa alle hit promo per il suo quinto film “Toto Tolo”. E ci chiediamo pure: non è che stiamo dando troppa importanza a uno sketch sia pure spassoso? Forse, ma è pur sempre un Checco doc il cui stile sembra ricollegarsi alla perfida innocenza di una celebre fiaba di Hans Christian Andersen: “I vestiti nuovi dell’imperatore” (il re è nudo). Come il bimbo che grida al mondo ciò che gli altri cittadini, per pigrizia o acquiescenza, preferiscono non vedere, la finta ingenuità di Zalone ci racconta alcune verità urticanti che si preferisce tacere. Per compiacere la narrazione della politica dominante, ma anche del suo esatto contrario. Ci pensa Zalone a suggerirci che il re è nudo, visto che Matteo Salvini è ospite soltanto nei talk a suo uso e consumo dove nessuno osa informarlo che, a parte le consuete volgarità, la sua presenza al Viminale non ha lasciato tracce visibili: i porti sono rimasti “spalancati” e dei 600 mila rimpatriati soltanto l’ombra. Ugualmente ci pensa Zalone a identificarsi con quel 50 per cento di italiani che si sentono accerchiati dallo straniero, capace nei loro peggiori incubi di qualsiasi nefandezza. C’è chi l’ha presa malissimo, come l’associazione Baobab che lavora con i migranti (“è solo spazzatura”). Mentre c’è chi dice di non aver capito se la canzone è “fascista e razzista oppure prende in giro chi lo è”. Entrambe le cose, ed è giusto così, come nella migliore tradizione dei giullari, esseri multipli e maestri del pensiero non controllato. Ai tanti sepolcri imbiancati che usano razzismo e antirazzismo per tirare l’acqua ai loro mulini di partito consigliamo di leggere (e di capire, se ci riescono) “La danza della parola”, saggio del filosofo Giulio Giorello sull’arma dell’ironia contro schemi e dogmatismi. Segnatevi questa frase: “Non esiste una sola idea importante di cui la stupidità non abbia saputo servirsi” (dall’“Uomo senza qualità” di Robert Musil).